[ESPERIENZA 0] - it's a family business

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    Dalla cucina, adiacente alla maestosa sala da pranzo, provengono profumi ed aromi squisiti. Si sente ad esempio l'avvolgente aroma di rosmarino e salvia, accompagnati dal suadente profumo di arrosto mentre una nota di cioccolato e caramello si innalza da alcuni budini posti a riposare sull'unico spazio di lavoro ancora libero. Davanti ai fornelli un elfo domestico si affaccenda nel pelare le patate più velocemente che può, sul suo volto si nota una ruga preoccupata che incide la sua fronte. La padrona di casa vuole che il pranzo domenicale sia pronto per l'una esatta e lui è già in ritardo sulla sua solita tabella di marcia. Quel weekend tuttavia i Lynch non aspettano ospiti, mentre le finestre della villetta che si affaccia su una via defilata di Dragon Alley mandano agli abitanti del numero 4C l'immagine di una giornata di pioggia battente. Con un tempo così, si trova a pensare Twiggy, qualunque ospite avrebbe disdetto il pranzo. La sua famiglia, Twiggy compreso, ha servito per intere generazioni la famiglia Lynch. Sua nonna Heriett ha servito la madre del signor Darren per molti anni, finchè non le sono subentrati i genitori di Twiggy. La vedova Lynch è una anziana strega bisognosa di molte attenzioni. Twiggy si ritiene molto fortunato di dover servire il padrone Lynch con sua moglie e la piccola Maxine, cioè Max. Loro sono poco a casa, Twiggy ha molte occupazioni per tenere la casa in ordine ed accogliente in attesa del loro arrivo, solitamente il weekend. La madama Lynch è una persona importante, Preside di ilvermorny, e riceve molte lettere che Twiggy provvede sempre a recapitare al castello.
    Con questi pensieri in testa il piccolo elfo domestico si affaccenda intorno al tavolo da pranzo, apparecchiandolo con il servizio della domenica - non quello per gli ospiti però!- e sistemando con cura i tovaglioli intorno al grande tavolo rotondo. Twiggy si reca nello studio della signora Lynch, informandola che il pranzo sta per essere servito, poi comunica la medesima informazione anche al signor Lynch che si trova in salotto con i suoi giornali ed anche alla signorina Max, che invece è chiusa nella sua camera.
    L'arrosto e le patate sono pronti e impiattati con cura. Twiggy osserva dallo spioncino della porta che tutta la famiglia si sia seduta a tavola prima di entrare in Sala da Pranzo, seguito dal vassoio che vola a mezz'aria. << Buon appetito, signori.>> aggiunge dopo aver servito ciascun componente e si dilegua in cucina.

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    Pozioni. Max sbattè la testa un paio di volte sul ripiano della scrivania, producendo due colpi sordi: era possibile che nel cervello di Max Lynch non ci fosse nulla? Visto il suo andamento scolastico pessimo era molto probabile. Tuttavia era la stessa Lynch a non voler indagare oltre sulla questione. Una nuvola di fuoco si allungò sui suoi appunti, mentre lingue sbarazzine di allungavano sull’inchiostro nero della formula appena scritta, con tanto di ingredienti ed equazioni. Quando tirò il capo su, oltre a trovarsi con alcune ciocche macchiate di nero inchiostro, i suoi appunti erano diventati un groviglio sbavato di lettere. La mano della Lynch aveva affetato con salsa decisione la boccetta d’inchiostro aperta sulla sua scrivania, levandola alta sopra la sua testa. La Wampus era pronta a scagliarla contro il muro, con le guance furenti di rabbia, quando qualcuno aveva bussato alla sua porta: non aveva fatto tempo a pronunciare che un timido "si" che Twiggy, l’elfo domestico dei Lynch aveva fatto il suo ingresso annunciando che il pranzo era pronto. Annuì silenziosamente, abbassando con lentezza l’oggetto-quasi-contundente prima che fosse presa per pazza e poggiandolo al suo posto. Fanculo Pozioni.
    Aggiunse sbuffando, chiudendo il libro in un tonfo sordo e dirigendosi verso la sala da pranzo. In quel momento aveva realizzato di indossare ancora la divisa scolastica tra le quattro mura domestiche, beh almeno mamma non si sarebbe lamentata. Scivoló sulla sua sedia, quella posta sul lato del tavolo, mentre alle due estremità frontali sedevano i due genitori di Max. Li osservò mentre sapientemente Twiggy serviva loro il pasto di quel giorno: arrosto con patate. Era sicuramente uno dei piatti preferiti di Max che sorrise con dolcezza alla creatura, per lei era al pari di un fratellastro, quando questa augurò loro di trascorre un buon pranzo. Si trattenne dal mimare con le labbra un "anche a te" perché era consapevole che l’elfo domestico faceva un abbondante pasto soltanto dopo che tutti si erano coricati a letto, con quello che era rimasto della cena. Si era scontrata con la madre per tale motivo, ma la Preside non aveva ceduto di un millimetro sostenendo che sarebbe stata una violazione della cultura di Twiggy trattarlo con più cortesia di quanto si sarebbe aspettato. A suo avviso erano solo sciocchezze. Inforcò un boccone e se lo portò alla bocca, mangiando silenziosamente.


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    Edited by Wizarding World Master - 2/12/2018, 17:49
     
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    Tornare a casa era sempre strano per Lena Aldea Lynch, che ormai considerava il castello di Ilvermorny come se fosse la sua vera casa. Era affezionata al villino al numero 4C di Dragon Alley: erano ancora giovani ed innamorati, lei e Darren quando avevano unito gli stipendi di due anni (lui come neo assunti del macusa, lei come ricercatrice in campo dell’erbologia ) per acquistare una casa che fosse adeguata al nascituro in arrivo. Lena non aveva in programma di diventare madre, per quanto il marito avesse da sempre manifestato l’intenzione di diventare genitore, la strega sperava che quell’idea andasse scemando con il trascorrere degli anni: ma la vita è beffarda e così, una domenica d’estate aveva scoperto che quel ritardo era l’annuncio dell’arrivo di una nuova vita. Aveva avuto nove mesi per accettare quella figlia, per sviluppare quell’amore materno che non le competeva, che non credeva di avere... ma quando il suo sguardo si era posato per la prima volta sulla piccola Maxine non aveva potuto far altro che innamorarsene perdutamente. Era malinconica in quella domenica mattina, seduta nel suo studio a sistemare delle pratiche burocratiche sulla scuola, per l’assunzione di nuovi insegnanti che provenivano dall’estero. Il governo americano era molto chiuso in quando accoglienza e questo produceva sempre un numero infinito di fogli di pergamena da compilare, firme da apporre. Da elegante e raffinata, curata e ricercata, la sua firma era diventata poco più che uno scarabocchio sul quale erano appena visibili le iniziali L.A.L. ed ormai il suo polso sapeva muoversi per ricalcare alla perfezione scarabocchio dopo scarabocchio e riportarlo uguale in ogni singola pergamena. Si era arrestata, la punta della piuma intrisa d’inchiostro sospesa a mezz’aria con una goccia pericolosamente vicina alla caduta, su una lettera che poco aveva a che fare con la burocrazia di Ilvermorny: le lettere tonde e curate erano tipiche di una scrittura femminile, ed un Caro Darren dava inizio alla missiva. Non era stata lei a scriverla. Non era stata una studentessa in quanto richiedevano che vi fosse una certa formalità nelle conversazioni tra docenti ed alunni. Chi era? Le pupille della Lynch si fecero più ampie sulla riga successiva sono stata molto bene con te l’altro due rintocchi sordi alla sua porta la costrinsero a non proseguire oltre. Portò lo sguardo di ghiaccio su Twiggy, il loro elfo domestico che comunicava che il pranzo era pronto. Si alzò come un automa dalla sua scrivania, lasciando la lettera sospetta alle sue spalle, ma non potendo fare a meno di non pensarci. Raggiunse la sala da pranzo dove l’aria profumava di arrosto con patate. Le diede la nausea. Cercò di non pensarci di mentre Twiggy serviva sui piatti le porzioni per ciascuno il suo sguardo si focalizzò sulla chioma rossa della figlia, tratto distintivo dei Lynch, che presentava una ciocca nera - Che ti è successo ai capelli, Maxine?- domandò posando un gomito sul tavolo, ed appoggiando il volto sulla mano, osservando la figlia, cecando di non pensare al piatto pieno di cibo.
    - Buon appetito.... - aggiunse, sbattendo le palpebre mentre la nausea si faceva più persistente. Avrebbe preso in mano le posate, sistemandosi davanti al piatto ed iniziando a tagliare la carne in piccoli quadretti, allontanando i residui di grasso. - Darren...- aggiunse mentre il tridente della forchetta si infilava in una patata, sollevando poi lo sguardo sul marito - di là ho una lettera indirizzata a te. Deve essere finita tra le mie cose... sembra una questione personale- la linea delle labbra, già molto sottili di loro, si era fatta ancora più stretta nel tendersi in un espressione priva di felicità o tristezza, mentre la durezza del suo sguardo avrebbe dovuto suscitare un campanello di allarme nel Lynch che le sedeva di fronte.

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    Una cosa restava sacra per il Lynch: leggere il giornale della domenica senza distrazioni. Era un rituale quasi sacro per Darren già dai tempi in cui frequentava Ilvermorny, dove gli piaceva starsene in Sala Comune, magari dinnanzi al fuoco del caminetto, a sfogliare la nuova edizione del The New York Ghost. All’epoca a dirla tutta la sua principale attenzione era dedicata agli articoli sportivi, eccezionalmente a qualche notizia di carattere internazionale, ma con il passare degli anni lo sport era diventato soltanto un contorno marginale. Così nella fretta di dover svolgere una lezione o di doversi recare al M.A.C.U.S.A. aveva iniziato a dedicare il poco tempo a disposizione per aggiornarsi sui fatti di cronaca e di politica. Se intravedeva uno spunto interessante in ambito trasfigurastivo faceva uno strappo a questa regola, altrimenti il tempo imponeva la lettura della prima pagina e di un paio di altri articoli. Ma la domenica la lettura integrale del giornale restava sacra, avvolta nel fumo amaro del caffè, puntualmente a tazzina veniva lasciata a metà se la lettura si rivelava interessante o Twiggy era costretto a portargliene altre sue tazze se invece non veniva catturato dalle pagine di giornale. La domenica non c'era alcuna fretta, nessuna aula gremita di studenti poco desiderosi di apprendere la nobile arte della Trasfigurazione lo attendeva, nessuna scartoffia burocratica sulla sua scrivania del M.A.C.U.S.A. a richiedere la sua attenzione. Sua figlia solitamente dormiva, o comunque se ne stava chiusa in camera, fino ad ora di pranzo e sua moglie restava nel suo studio, sempre troppo impegnata. Era sceso in salotto con indosso la vestaglia da notte in velluto porpora, con la copia del The New York Ghost sottobraccio, e si era accomodato, per leggere con calma la nuova edizione. Aveva sorseggiato mezzo caffè appena, perdendosi nella lettura delle ultime notizie dalla Germania - la rivolta dei centauri nella Foresta Nera destava qualche preoccupazione- poi prima di giungere alla cronaca locale aveva deciso di vestirsi in maniera più presentabile, ed era tornato a finire il mezzo caffè freddo. Si era dedicato con passione alla lettura dello sport e dell'oroscopo, prendendo una matita per dedicarsi alla compilazione del cruciverba impossibile domenicale, perchè soltanto un uomo che non deve fare nulla può permettersi di perdere tempo con uno stupido gioco di parole. E Darren Lynch avrebbe apprezzato ogni istante del suo riposo settimanale. Mancava soltanto una parola per completare il gioco di enigmistica quando Twiggy lo invitò a pranzo. Soltanto in quel momento realizzò il profumo di arrosto che aleggiava nella stanza adiacente, che lo condusse fino al tavolo. Prese posto. Maxine era silenziosamente china sul suo piatto. Osservò la moglie, ma il suo sguardo era imperscrutabile. I suoi occhi di ghiaccio si posarono sul cibo ed iniziò a mangiare, assaporando il sapore dell'arrosto. Sollevò lo sguardo al richiamo della voce di Lena, chiedendosi che avesse fatto la figlia ai capelli, ma dopo una sommaria analisi non notò spunti degni di nota e tornò silenziosamente a mangiare. Fu interpellato poi direttamente dalla moglie, questa volta con una domanda diretta e vagamente accusatoria.

    Sarà di qualche collega che vuole un giorno di ferie... o scusarsi per la loro inettitudine. Deve essere quella Lilly, incapace persino di eseguire un incantesimo di primo livello!

    Aggiunse, perplesso da questa informazione, sollevando le spalle e scrollando leggermente la testa cona ria di disapprovazione.
    Non aveva nulla da temere, perchè nessuna lettera compromettente poteva finire nella posta di Lena: era stato attento ed insomma, scriversi none ra contemplato. La mente del Lynch volò a Londra, mentre il suo corpo restava seduto al numero 4 di Dragon Alley continuando il suo pranzo.

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    Dallo spiraglio della porta socchiusa Twiggy osservava con attenzione l’evolversi del pranzo che aveva preparato. Twiggy non era un impiccione, sentiva conversazioni che poi teneva per se, non faceva gossip e non parlava con nessuno di quello che sentiva o delle informazioni che trovava. A Twiggy importava soltanto che il suo lavoro fosse apprezzato: quel giorno si trattava proprio dell’arrosto con patate. Sorride dolcemente alla signorina Maxine, con una ciocca nera e che era sempre molto gentile con lui. Si preoccupò che il pranzo non fosse di gusto per la signora Lynch: aveva appena mangiato un boccone. Twiggy doveva rimediare. Fu in quel momento che le sue lunghe orecchie appuntite captarono una conversazione su una lettera indirizzata al signor Lynch e portata a lei. Aveva sbagliato lui? Stupì Twiggy, stupido. Come era consuetudine di questa razza provò l’istinto di punirsi, questa volta sbattendo la testa sul muro accanto alla porta. Due tonfi sordi si sentirono nella sala da pranzo.
    L’elfo domestico si decise ad uscire dalla cucina, interrompendo il rigoroso codice che si era importo di non intervenire durante i pasti della famiglia, ma aveva sbagliato e doveva rimediare. << Twiggy ha cucinato male. Twiggy si scusa con la padrona.>> La creatura aveva subito puntato su Lena Aldea Lynch, colei che stava mangiando meno di tutti. Twiggy era già pronto a sottrarre il piatto dal posto della sua padrona quando dal soffitto provenne un tonfo sordo, come di una sedia che cadeva in terra, seguito da uno scricchiolio. Twiggy guardò preoccupato sopra la sua testa.

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    Per qualche istante il mondo si era fermato. Lena era rimasta con la mano sollevata, il coltello sospeso a mezz’aria come una spada di Damocle pronta ad abbattersi sul collo del marito. Il suo sguardo era ghiaccio, pietrificante come quello di un Basilisco, ma non aveva sortito alcun effetto sul Lynch. In anni trascorsi sullo scranno più alto di Ilvermorny si era abituata a leggere i segnali del corpo, a capire chi mentiva e chi diceva la verità. C’erano particolari posture che venivano assunte dagli impostori, un modo di comportarsi per evitare lo sguardo, un irrequietezza costante nei movimenti. Alcuni sviluppavano addirittura dei tic particolari, che potevano andare dal grattarsi come un cane con le pulci al tormentare i gioielli che indossavano. Si considerava brava nel suo lavoro, nulla le era calzato meglio indosso che la veste di preside, ma quando si trattava di Darren Lynch ogni sua certezza vacillava, In effetti suo marito non era mai stato un uomo troppo espansivo, al suo pari che non aveva mai avuto modo di mostrarsi espansiva. Sfiorava l'apatia, ma la maschera inespressiva che metteva su Darren era spiazzante. Quella lettera, che non aveva letto ma che nel suo inconscio sapeva essere qualcosa di sbagliato, le aveva fatto chiudere lo stomaco, impedendole di trangugiare il benché minimo boccone. Tristemente abbandonato l'arrosto con patate giaceva pressochè intatto sul piatto di porcellana, il servizio da pranzo della domenica e delle feste. Lilly . Tutta la sua rabbia, quel sentimento represso nelle profondità del suo cuore, fu riversato su quel nome, su quella persona della quale nemmeno conosceva il volto, che mai prima d'ora aveva sentito nominare. Lilly era proprio un nome da bassofondo di Nocturn Alley, di donna lasciva e ladra di uomini. In questo caso il suo. Perché se era vero che il loro matrimonio non fosse rosa e fiori, che l'amore aveva abbandonato da un pezzo il 4C e che il grigiore dell'abitudine aveva preso il sopravvento sulla vita coniugale, non poteva certo tollerare, figurarsi accettare, che un'altra donna si portasse via Darren. Avrebbero vissuto una vita senza amore, ma lo avrebbero fatto insieme. - Si trova nel mio ufficio, dopo pranzo andiamo a prenderla - rispose, come se la cosa fosse di poco conto, così di poca importanza che potevano perderla, e leggerla, insieme. Questo avrebbe decisamente messo alle strette il fedifrago Lynch, se davvero si trattava di Lilly la sgualdrina. Due tonfi sordi sopraggiunsero in sala da pranzo, suscitando la curiosità di Lena. - Twiggy?- chiamò, immaginando che potesse essere qualcuno che bussava alla porta di casa. Era estremamente maleducato presentarsi, nemmeno invitati, a casa di qualcuno in un simile orario... a meno che non si fosse tratta di un'emergenza.
    Si sentì un trambusto e in un attimo l'elfo domestico era al suo capezzale, con accuse e scuse, con la voce in evidente stato di panico che la colsero alla provvista. -Per l'amor di Merlino, calmati!- ebbe il tempo di esclamare, mentre le dita nodose della creatura afferravano le estremità del suo piatto. Un tonfo sordo, uno scricchiolio seguirono successivamente. Lena guardò sul soffitto. Non avevano vicini. Non c'era nulla se non il loro solaio al piano superiore. Guardò Darren, questa volta con una esplicita richiesta di aiuto. - Avete sentito? chiese, ignorando per un attimo la creatura che aveva accanto. Cos'era stato?
    Empatia Selvatica. L'attenzione di Lena questa volta si rivolte sull'elfo domestico, mettendo da parte il rumore del piano di sopra, avrebbe potuto controllarlo in un secondo momento. -Twiggy.- cercò di trasmettere serenità a quella povera creatura, pronta a punirsi per qualcosa che non aveva commesso. Doveva calmarlo, e lei era brava con le Creature Magiche - Calmo. Hai cucinato bene....vedi? Gli altri stanno mangiando, io non mi sento molto bene, ma è un problema mio, non del tuo arrosto- parlò come era solita rivolgersi a Maxine quando era ancora tropo piccola per comprendere perchè non poteva aggirarsi per casa con la sua bacchetta in mano.

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    Non ricordava più quando fosse stata l’ultima volta che lui e Lena erano stati a letto, non per dormire, insieme. Qualche anno, un paio erano passati dall’ultima visita della virilità di Darren alle cosce di Lena. Troppo tempo perché una relazione coniugale possa durare. Era un uomo, come tale aveva dei bisogni da soddisfare. Non li aveva trovati tra le braccia della moglie, sempre più fredda e distaccata nei suoi confronti, qualcuno poteva biasimarlo se li avesse cercato altrove?
    Si domandava da dove saltasse fuori tutta questa, che cosa era esattamente?, gelosia? Rimase ad osservare la moglie con aria perplessa, confusa, limitandosi ad annuire al suo “dopo la apriamo insieme” che sembrava essere soltanto uno dei suoi trucchetti psicologici che sortivano effetto solo sui quindicenni. Si voltò verso la figlia, giust’appunto quindicenne, pensando che nemmeno con lei funzionavano più, non sapeva proprio come prendere la figlia. Twiggy entrò in Sala nel nel mezzo del pranzo, una chiara violazione delle regole che erano state imposte dalla famiglia, per appiccicarsi alla moglie con inutili farneticazioni. Si sentì un colpo sordo provenire dal soffitto, seguito da uno scricchiolio, al quale anche Darren rivolse uno sguardo preoccupato.

    Vado a vedere.

    Rispose alla domanda della moglie che sapeva non essere altro che un modo per far credere di avere una possibilità di scelta, ma la democrazia in quella casa non era mai esistita. Poggiato il tovagliolo si sarebbe alzato da tavola per dirigersi al piano superiore, salendo con tutta calma le scale. Avrebbe fatto attenzione per capire se nuovi colpi o suoni sarebbero sopraggiunti alle sue orecchie. Girato il pomello della porta sarebbe entrato nella stanza, non prima di aver sfoderato la bacchetta ed averne illuminato la punta.

    Lumos

    Il fascio di luce avrebbe illuminato la stanza e lui avrebbe iniziato a cercare la fonte del suono.

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    Maxine. Un moto di irritazione, un brivido di disprezzo attraverò la sua schiena, facendola vibrare con uno gnomo carico a molla e pronto ad esplodere. M. A. X. Max. Niente "ine". Che cos'era ine? Che aveva fatto di male per meritarsi un nome tanto ridicolo? Lo detestava, ancor di più detestava i suoi genitori, in particolar modo la madre, che ancora si ostinavano ad usarlo. Che le avevano affibiato questo nome. Schifo.
    Da dove era inizato tutto? Ah, sì. Da cosa avesse fatto ai capelli. Rivolse uno sguardo èerplesos, prima di scuotere il capo con aria da io-non-ne-so-nulla ed osservarsi soltanto in un secondo momento. Una ciocca ramata si era fatta completamente nera. "tentativi per tingermi i capelli, forse nera non capirebbero che sono tua figlia" sibilò, aprticolarmente acida più per la perseveranza di essere ancora chiamata Maxine che per un vero odio per la madre. Già, i capelli rossi erano un tratto distintivo dei Lynch. L'america aveva loro, l'inghilterra i Weasley. Ma se non altro non avevano dovuto sottostare a ridicoli nomi e alla gogna pubblica di essere figlia della Preside.
    Mamma non stava mangiando, troppo presa dai fatti suoi Max lo notò appena. Lo realizzò soltanto con il roccambolesco intervento di Twiggy. A stento sentì il tonfo che però mamma fece loro notare. "Papà, vengo con te" si sarebbe unita a ruota per seguire il padre. Nascosta sotto la divisa scolastica che aveva indossato soltanto perchè era comoda e non voleva cercare altri vestiti, c'era la sua bacchetta. Come un fido segugio lo seguì su per le scale fin dentro la soffitta. "C'è nessuno?" domandò, forse scioccamente, cercando di vedere oltre la luce creata dall'incantesimo del padre.

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    Twiggy era un bravo elfo domestico. Aveva sempre servito con cura la famiglia Lynch in tutti questi anni. Era nella sua natura avvertire sensi di colpa se qualcosa andava male e spesso vedeva le cose con maggiore pessimismo di quanto non fossero in realtà. Twiggy era molto agitato, non aveva iniziato a sbattere la testa sul piatto intonso di Lena Lynch solamente perché il rumore al piano superiore lo aveva distratto. Tutti i presenti si accorsero di quel rumore. Darren fu il primo a salire, seguito da Maxine. Il fascio di luce creato dal docente di Trasfigurazione però illuminava una porzione di soffitta nel quale non notò nulla. Avrebbe dovuto spostare la direzione della bacchetta e della luce verso qualcos’altro e cercare in maniera più specifica, un baule caduto o qualcosa fuori posto. Lo stesso valeva per la piccola Lynch.
    Al piano di sotto grazie all’Empatia Selvatica l’elfo domestico si stava calmando, annuendo in maniera ripetuta con il capo. ” Si padrona...Sta male? Twiggy può fare qualcosa per lei?”


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    Alzando lo sguardo al "vado a vedere" pronunciato dal marito la Lynch aveva annuito in tono di approvazione. Era forse la prima volta in due anni di oscuro declino della vita coniugale che si trovava d'accordo con una scelta presa da Darren. Infondo non si trattava di una vera scelta perchè lei non si sarebbe aspettata niente di meno dopo il suo evidente incitamento ad andare a controllare, ma restava comunque soddisfatta di poter contare ancora sul marito in questi casi. Una nota di preoccupazione invece gliela dava Max. Se aveva ignorato l'evidente affronto alla sua persona, addirittura tingersi i capelli per non sembrare una Lynch, che poteva anche starci negli anni della ribellione adolescenziale non poteva certo consentire alla figlia di seguire il padre al piano di sopra. Anche ammesso che dubitava del fatto vi fosse un reale pericolo avrebbe preferito che la piccola di casa restasse in sala da pranzo. Troppo furba Maxine aveva immediatamente colto questa occasione come ennesimo affronto alla sua autorità, prima ancora che potesse fermarla, era sparita seguendo la traccia del padre. - Non preoccuparti Twiggy...- aveva aggiunto sforzandosi di sorridere all'elfo domestico, in evidente stato ancora confusionale, sebbene fosse riuscita a calmarlo. - Si. Hai spostato qualcosa in soffitta? Cosa pensi possa essere stato quel rumore?- Questa volta la Preside di Ilvermorny si era alzata in piedi, appoggiando il tovagliolo accanto al piatto conteso ed immacolato, pronta a ricevere informazioni dal suo elfo domestico. Le sue domande erano richieste insindacabili, si aspettava una risposta dalla creatura. Si sarebbe mossa anche lei al piano superiore solo se lo avesse ritenuto opportuno.

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    Al piano superiore l’unica figlia dei Lynch osservava il padre in cerca di risposte. Darren Lynch era un abile mago impiegato nel M.A.C.U.S.A. mentre lei beh, lei era solo una sciocca studentessa di Ilvermorny. Ma questo non le impedì di estrarre il catalizzatore, puntarlo verso la sua sinistra e dopo un rapido movimento di polso chiamare a sè la magia per farne illuminare la punta con un "Lumos". Questo incantesimo si imparava al primo anno, qualche bambino riusciva addirittura ad accendere le luci come magia accidentale, quindi sperava di riuscire senza troppi problemi.
    "Controllo di qua" dove il di qua stava per la parte destra della soffitta, il lago corto dove erano ammassati i suoi giochi di bambina. Avrebbe rivolto il fascio di luce che usciva dalla sua bacchetta verso quella zona e si sarebbe messa a cercare. La casa delle bambole era chiusa e senza apparenti danni, immobile nella sua fissità con le persiane sbarrate. Fuori in terra giacevano tristemente alcuni coinquilini che non erano entrati, Miss Winkle con la sua testa platino ma piena di polvere e la domestica Ross una bambola dalla carnagione scura con il vestito da cameriera. Prese in mano Miss Winkle per osservarla meglio, ed esaminare la zona circostante alla ricerca di qualcosa fuori posto.

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    Anche quando era più piccola Maxine aveva la capacità di sbucare fuori all’improvviso. Almeno per lui. Ricordava ancora la paura di calpestarla quando aveva iniziato a gattonare tra le stanze, frullando gambe e braccia sul parquet. Te la trovavi davanti ai piedi senza accorgertene, rischiando di inciampare. Comunicava soltanto per risatine e risolini che solitamente si scatenavano soltanto dopo la caduta del povero disgraziato. Aveva seriamente pensato di metterle un campanello per annunciare la sua posizione. Lena era stata contraria, non avrebbe trasformato la figlia in una capra. Lui non ci aveva visto nulla di male ma aveva assecondato la moglie, procurandosi altre cadute prima che la figlia imparasse a camminare e a parlare.
    Si stupì di trovarsela alle spalle, silenziosa, lo aveva fatto irrigidire con la sua domanda. Stupida. Ovviamente non rispose nessuno. La osservò senza dire una parola, cercando di capire che stesse facendo lì su. Ma Maxine era ormai presa da questa faccenda, quasi fosse un gioco per lei, e si era messa a cercare assegnando compiti e dividendo la stanza. Si limitò ad annuire, stando al suo gioco come faceva quando era piccola e lo costringeva a prendere il tè con le bambole. Aveva mosso altri passi per spostarsi nel lato che aveva di fronte, quello pieno di ciarpame.

    Revelio

    Sarebbe stato il primo incantesimo che avrebbe lanciato dal suo infinito arsenale di conoscenza. Era sicuramente il più adeguato per escludere la presenza di altre persone. Avrebbe mosso la bacchetta con la punta accesa in un abile svolazzo, per innescare l’incantesimo. Successivamente si sarebbe messo a cercare tracce vicino al loro vecchio divano dimesso.

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    Edited by Wizarding World Master - 2/12/2018, 17:49
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    In sala da pranzo erano rimasti soltanto Lena e Twiggy, che stava iniziando a calmarsi. Gli piaceva essere utile per la sua padrona, essere utile ed avere qualcosa da fare erano per lui la più grande ambizione.
    "Twiggy ha portato gli abiti dismessi della signorina Lynch, ma non ha spostato nulla" aggiunse in risposta alla prima domanda della sua padrona. Ricordava di aver portato dei vecchi abiti in soffitta, una divisa di Ilverorny che Maxine, Max, aveva bruciato lo scorso anno a pozioni. Non aveva spostato altro. "Twiggy non lo sa, non lo sa, non lo sa" iniziò a dondolarsi sul posto, preoccupato, sempre più a disagio. Non sarebbe bastata l'empatia della strega per calmarlo questa volta.
    Nel frattempo al piano superiore la piccola Lynch si occupava della parte destra della soffitta, con un flebile lumos ad accompagnarla. Aveva trovato i suoi vecchi giochi, tra i quali una bambola, Miss Winkle. Tenendola in mano però si accorse che la sua consistenza era strana, meno rigida del solito. Sollevandola riconobbe un forte odore di muffa. La testa platinata della bambola cascò in terra, rotolando su se stessa e svelando un fitto strato di muschio verde sul collo.
    Sul lato opposto il padre Darren usava la sua abilità nel cercare tracce per mettersi alla ricerca di qualcosa. L'incantesimo Revelio non aveva avuto alcun effetto. Ma la sua ricerca non fu infruttuosa: trovò infatti una piccola impronta umida per terra. A chi apparteneva?
    LENA ALDEA LYNCH ✖ DARREN LYNCH ✖ MAXINE LYNCH
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    In fin dei conti aveva sempre detestato Miss Winkle e la sua perfetta chioma bionda. Capita quando sei una ragazzina dai capelli rossi di invidiare tutte le altre coetanee con un colore di capelli... normale. Aveva iniziato a detestare tutti i “ginger max” e i peldicarota e arancina che le erano rivolti. I bambini possono essere davvero crudeli certe volte. Ricordava ancora di essere tornata a casa più volte piangendo, correndo via dai vicini vicoli di Dragon Alley e dalle parole che le venivano rivolte. Era stato per questo motivo che una sera aveva tagliato i capelli a Madame Fiona, con la sua riverente chioma castana le mostrava tutto ciò che lei non poteva avere. Insopportabile, anche se poi era stata messa in punizione per aver rovinato il giocattolo.
    Così quando la testa platinata di Miss Winkle era rotolata sul pavimento aveva sentito lo zampino del karma intromettersi. Inneggiava alla giustizia divina. Si era però accorta che le cause erano ben più... terreni. Muffa. "Blea! Che schifo! Miss Winkle si è ammuffita" esclamò per poi far cadere per terra quel che restava del corpo della povera bambola.
    Si accovacciò sulle ginocchia, abbassandosi per esaminare il punto in cui aveva raccolto la bambola alla ricerca di altra muffa.

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