Cardiff

Soffiava da ovest, ma avrebbe riconosciuto il gelido vento del nord ovunque. Impetuoso, come il suo spirito, selvaggio e indomito le scuoteva la chioma leonina, intrecciata in spesse ciocche, provocandole brividi lungo il collo e la schiena. In piedi, davanti a lei il mare si allungava fino all'orizzonte, in un freddo grigio che riempiva tanto il cielo quanto lo specchio d'acqua. Le nuvole, cariche di pioggia che presto si sarebbe abbattuta al suolo, correvano veloci, inseguendosi, mostrando la statica illusione che fossero quiete come il mare, che con il suo moto ondoso costante appare sempre calmo, anche s enon lo è mai. Freydís rispettava la tacita minaccia che si nascondeva dentro le scure acque oceaniche, celando squali e orche, e l'oscura cortina nuvolosa che potrebbe abbattersi sulla terra con alluvioni e forti tuoni.
Aveva avuto un presagio, lo aveva visto in un sogno, era un sogno ricorrente e nella sua terra questo significa che il futuro cerca di farsi sentire e di mostrarsi a noi. Sapeva anche che la vita ci sottopone a prove per le quali siamo pronti, per quanto difficili gli dei ci assegnano soltanto sfide che possiamo superare e vincere, e per questo motivo non temeva il futuro, nè tanto meno i sogni. Ma questo in particolare l'aveva turbata profondamente: un leone volante che scende verso il mare per afferrare un pesce ma viene inghiottito da un'onda. Si era ripetuto diverse volte nel corso delle notti passate e la fine era sempre rimasta invariata. Il leone con le ali era morto annegato. Certe sere era stata soltanto un'osservatrice, anche lei alata, altre volte marina. Ma una volta era stata il leone, aveva sentito il vortice d'acqua attirarla verso il fondo marino, aveva percepito l'acqua entrarle in gola, la necessità di respirare, il senso di soffocamento. Poi il nulla. Il profondo senso di vuoto l'aveva accompagnata per diversi giorni fino a quando non aveva deciso di materializzarsi lì: le alte scogliere di Cardiff si estendevano a vista d'occhio sotto il suo profilo.

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