lost girl

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  1. hawke.
     
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    h a w k e - divinatore


    Dove sono? In un battito di ciglia il mondo si apre davanti ai miei occhi, comparendo in una forma sfocata e dai contorni non definiti. Una seconda volta le palpebre calano, riportandomi nell'oblio visivo per qualche secondo: questa volta il mondo mi appare più nitido.
    Chi sono? Questa domanda è accompagnata da un profondo fischio che martella la mia mente, dolente per un forte mal di testa. Se non altro so dare un nome a questo dannato dolore che si propaga sulle tempie e lungo la fronte. Vorrei cavarmi gli occhi fuori dalle orbite se questo servisse a farle cessare. Porto una mano sulla tempia, massaggiandola con i polpastrelli di due dita, nella speranza di ricavarne sollievo. La manica scivola lungo il braccio, svelando un tatuaggio che affiora come una macchia nera sul candore della mia carnagione. hawke recita la scritta, in stampatello minuscolo sul mio polso. Mi guardo attorno, con aria smarrita e lo sguardo concentrata. Dove sono? ancora quella domanda, mentre il mio sguardo si aggrappa ai muri di case in mattone. Provo a rimettermi in piedi, sono seduta ora, appoggiandomi al muro per aiutarmi ad alzarmi. Ora il mal di testa è accompagnata da un profondo senso di nausea. Ho un capogiro e mi viene da vomitare. Serro le labbra per impedire di riversare il conato in terra. *Dove sono?* questa volta la domanda non è più nella mia mente ed io sento per la prima volta il suono della mia voce, roca e graffiata, come se non bevessi da giorni.
     
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    Diagon Alley poteva avere un non so che si speciale se presa a piccole dosi. Il problema stava tutto nel riuscirla a prendere a piccole dosi: prendete me ad esempio, affascinante funzionario della Gringott addetto al registro transazioni. Mi trovavo puntualmente a fare il giro di tutti i negozi della cittadina, credetemi sono tanti, per recuperare i registri vendita dai negozianti per verificare la veridicità delle loro transazioni. Insomma non ero certo l'uomo più in voga della città per via di questo lavoro.
    Quel giorno non mi trovavo a DA per questo motivo, anzi, era più per una visita di piacere. Avere un lavoro, stavo imparando, significava avere delle responsabilità da...adulto. Qualcosa che non avevo mai avuto occasione di scontrarmi contro fino a che non ero stato assunto al Ministero. Ecco, quel posto mi aveva reso di colpo più maturo. La gente arrivava in orario a lavoro, senza puzzare di alcol e del profumo della conquista notturna, con i vestiti stirati ed in capelli ingellati. Insomma una vita da adulti. E un adulto non può vivere con mamma e papà.
    Avrei cercato un appartamento a Diagon Alley, dove gli affitti erano meno cari di Londra e mi avrebbero permesso di eseguire magie indisturbato. Era la scelta più coerente.
    Mi ero infilato in un vicolo lontano dalla va dei negozi, perchè il casino della gente che faceva shopping non mi avrebbe permesso di dormire fino a mezzogiorno inoltrato. Vagavo, appuntandomi affittasi e vendesi su un foglio di pergamena, in attesa che si faccia ora di pranzo per mangiare qualcosa ai Tre Manici prima di tornare a lavoro. Svolto un angolo quando noto una bellissima creatura bionda a terra, che si sta alzando in piedi.
    - Oh, oh attenta... non sembri avere una bella cera-
    mi avvicino, notando che si regge a stento in piedi, con la testa tra le mani
    - una bella sbronza? Ne so qualcosa... ti aiuto.-
    sono arrivato vicino a lei, a pochi passi, cerco il contatto visivo e gli porgo un braccio per aiutarla sorreggersi in piedi, anche io mi ero trovato in questo stato nelle mie migliori notti brave.
    - riesci a stare in piedi? a camminare?-
    domando con gentilezza alla sconosciuta che è bella come un raggio di sole.
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  3. hawke.
     
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    Dove sono? Chi sono? Perché non ricordo nulla? Immagini sfocate appaiono come flash intermittenti nascosti dalle mie palpebre. Barlumi di colore che non riesci ad afferrare. Tanto rosso, giallo e blu. Riesco a dare un nome ai calami di colori che mi capitano davanti. Mi appoggio al muro di mattoni, sconfortata, afflitta dalle continue fitte di mal di testa che attraversano le mie tempie. Qualcuno si è accorto di me, il mio sguardo spaventato si posa sul volto di un uomo. So che lui è un maschio mentre io sono una donna, una donna adulta. Conosco la differenza tra di noi, le differenze anatomiche che ci distinguono. Ho già fatto sesso. L’immagine di un uomo nudo si fa strada nei miei ricordi confusi. Come posso ricordarmi di una cosa così marginale come il sesso e non avere idea di chi sono? Il ragazzo si avvicina a me, sento paura, l’impulsò di scappare ma sono immobilizzata sulle mie gambe. Non sembra avere brutte intenzioni, la sua voce è calma e gentile. Anche loro erano calmi e gentili suggerisce una voce nella mia mente, accolta dal panico che si instaura nel mio cuore. Il muscolo cardiaco batte più forte, in preda alla paura. *aiuto* faccio eco ad una delle ultime parole del ragazzo, ma parlare mi fa male, graffia la gola arsa. Istintivamente porto le dita li, dove fa male.
    Il giovane uomo si è avvicinato e ora allunga un braccio verso di me, mi ritraggo come un animale in gabbia. Ferito e che conosce solo violenze. *Non mi toccare* intimo mentre la paura prende il sopravvento. Cosa vuole farmi?
    Mi chiede se posso stare in piedi o camminare, abbasso lo sguardo sulle mie gambe come se fosse la prima volta che le vedessi. Dal ginocchio in giù sono scoperte e solo in quel momento noto di essere a piedi nudi. Ma la domanda posta è di tipo funzionale, le mie gambe stanno bene. *Si* una smorfia di sofferenza attraversa il mio volto, ancora la mano si posa sulla gola *chi sei tu?* confusa e con la trachea irritata trovo il modo di formulare la prima domanda al estraneo gentile. Non ho ancora capito se è un buono o un cattivo. Chi sono quei loro nella mia testa? Chi sono io?
     
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    Vero, vero. Non ero il tipo di ragazzo che arriva in soccorso delle damigelle in difficoltà: solitamente sono io quello che le mette in difficoltà. Non sono una cattiva persona, non mi approfitterei mai di una ragazza che non lo voglia, ma non nego di aver allungato una manica a qualche barista per caricare maggiormente il drink della fanciulla.
    Ma ero un predatore notturno, principalmente perchè detesto trascorrere la notte da solo e sono in cerca costante di una compagnia sotto le lenzuola, ed eravamo in pieno giorno.
    -Ti aiuto, non..non avere paura-
    Ne sono davvero convinto? provo a sorridere in quello che è un goffo tentativo per mostrarmi gentile.
    -Non ti tocco, ma se ti serve aiuto a stare in piedi...sono qui-
    ritraggo immediatamente il braccio come a mostrare che non ho alcuna intenzione di toccarla, di ferirla. La osservo con sguardo confuso, analizzandola. Non sembra ferita, ma sul suo viso è innegabile la traccia di paura che lo corruccia.
    - Sono Nathaniel Tristan Crawford.. e tu sei?-
    mi presento, senza allungare la mano per non imporle un contatto fisico. Forse riconoscendo il cognome, siamo una nobile stirpe purosangue e siamo decisamente famosi noi Crawford, si tranquillizzerà.
    -Come ti senti?-
    chiedo ancora per verificare che non sia ferita o altro.

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    Chi sono io? Un mal di testa che non accenna a diminuire. Avverto ancora una volta una fitta trapassarmi le tempie, attraverso la fronte. A stento riesco di nuovo a mettere a fuoco l0immagine del ragazzo che mi sta davanti. Si presenta, wow so cos'è una presentazione, ma il nome non mi dice nulla. *Non ricordo* dico pr tutta risposta. A tutto. Al suo chiedermi chi sono e al suo nome. Crawford. Nathaniel. Nulla, nessuna lampadina si illumina nella mia mente, martoriata dal tamburellante dolore. *Chi sono io?* domando, la voce ingenua di una bambina che chiede spiegazioni elemantari ai genitori. Non credo che il ragazzo abbia la risposta a questo. Sostengo per un po' il suo sguardo confuso, riflesso della mia stessa perplessità, per poi abbassarlo. Il primo istinto è quello di piangere. L'ansia, la frustrazione di non potermi aggrappare a qualcosa di noto, mi fa impazzire. Sento le lacrime affacciarsi sulle mie ciglia e mentre una goccia cade lungo la guancia riesco ancora una volta a trasformare in voce un penisero che mi gira per la testa *Dove sono?* questo è un quesito al quale Nathaniel può rispondere. *Ho mal di testa* rispondo alla domanda che mi aveva posto precedentemente sulla mia salute. Gorrugo la fronte cercando di fare mente locale, un inventario anatomico delle mie parti fisiche. Mi accorgo di sentire male ad un braccio, il destro, che brucia ad altezza del polso. *Fa male* aggiungo, scostando la manica bianca dalla zona interessata. Una scritta appare incisa sulla mia pelle, ancora arrossata tutt'intorno ma con le lettere che hanno già il sangue coagulato in crosticine. Sembra la mia scrittura, è il mio primo pensiero. Ironico no? Non un che diavolo ho scritto, come me lo sono procurata. Devo avere proprio un cervello bacato. Leggo le lettere. h a w k e . Perplessa allungo il polso verso il mio interlocutore, come se potesse darmi una risposta. Aspetto.
     
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    Dio mio quella ragazza è di una bellezza da togliere il fiato. Osservo di sottecchi gli occhi di ghiaccio che mi fissano preoccupati, distogliendo lo sguardo per non metterla in soggezione, anche se è difficile trovare qualcosa da guardare nella ragazza che non possa mettere in soggezione me.
    Sguardo di ghiaccio, seno da paura, lineamenti molto particolari. In effetti non so dove guardare. In preda ai vaneggiamenti dei miei ormoni ottengo risposta: la ragazza non ricorda. Non sa chi è.
    -Cazzo devi aver preso una bella sbronza, sorella... io... non so chi tu sia-
    Perplesso guardo la ragazza, infilando le mani nelle tasche del vestito e facendo spallucce.
    Sorella.... mi domando se Hedel si sia mai ridotta così... è la sorella di qualcuno la biondina?
    -Sei maggiorenne? Ti ricordi se hai...un amico o un fratello?-
    Io stesso sono confuso dalle parole della ragazza che mi sta di fronte.
    -Sei a Diagon Alley-
    A questo so rispondere, forse l’unica domanda alla quale almeno uno dei due può rispondere.
    Cerco di non far caso alle ciglia imperlate di lacrime della giovane donna, una situazione che mi mette alquanto a disagio. Non so come comportarmi con le donne che piangono, non senza avere davanti litri di alcol da somministrare loro. Ma nemmeno io potrei approfittare di una ragazza così incapace di intendere e volere.
    -Sarà il post sbronza-
    Mi trovo a rispondere al fatto che ha mal di testa. Per me ha tutto senso, ma mi chiedo solo chi sia il bastardo che ha lasciato per strada una ragazza tanto indifesa... certi potrei essere io il primo a comportarmi così. Mi allarmo sentendo la voce della donna che mi comincia che ha male... la osservo mentre tira su la manica della camicia svelando qualcosa. Non noto sangue. Intuisco dalle rughe della sua fronte che c’è qualcosa che la preoccupa, poi allunga il braccio verso di me. Guardo. Immediatamente i miei occhi intercettano una scritta incisa sulla sua pelle.
    -Hawke... tu sei Hawke?-
    Domando confuso.
    -Posso...posso toccarti?-
    Chiedo e di fronte a risposta affermativa avrei afferrato il suo braccio per tenerlo fermo ed esaminare più da vicino la ferita.

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  7. hawke.
     
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    Chi sono io? Non sapevo rispondere a questa domanda, nemmeno Nathaniel poteva. Lo sconforto che fino a quel momento avevo cercato di non provare mi assale impietoso, mentre due lacrime si affacciano dalla rima inferiore dei miei occhi, pronte a scivolare sul viso dopo aver saltato la corona di ciglia.
    *Sono adulta* rispondo quasi senza rendermene conto. Osservo con un misto di stupore e speranza il mio interlocutore. L'impulsività andava bene, sembrava essere una chiave di lettura al mio personale disastro. Scuoto il capo negativamente alla successiva risposta del ragazzo: Diagon Alley è un nome che non mi dice nulla. *Non ho mai sentito questo nome...* sbatto le palpebre un paio di volte, evidentemente confusa.Mi rendo conto di fare la figura della pazza e che probabilmente Nathaniel non si aspettava certo di incontrare una come me durante quel giorno, ma per fortuna o per sfortuna devo ancora capirlo, è stato lui a trovarmi e... io non so chi sono. Un senso di angoscia si fa largo nella mia gola, dove però ogni tentativo di urlare muore sulle corde vocali. Le cose basi le so, oddio, mi mancano molte cose basi ma su alcuni concetti ci sono. Ad esempio questa fantomatica sbronza di cui continua a parlare so cosa intende, ma io non sono una persona che beve, non tanto da svenire. Tengo per me questa analisi introspettiva sul mio carattere riconoscendo però che è un tratto della mia personalità che può definire chi sono. Chi sono io? non una ragazza ubriaca, almeno non credo di esserlo.
    Annuisco flebilmente con la testa alla domanda del ragazzo, che forse è ancora scosso dal modo in cui mi sono ritratta al suo primo approccio fisico. Io sono Hawke. Nella mia testa non suona poi tanto male a dirla tutta. Lascio cadere senza forze il braccio nella mano di Nathaniel. Il contatto è caldo ed accogliente, un brivido corre lungo l’avambraccio e poi sulla schiena.
    *Io sono Hawke* faccio eco alla sua domanda con quella che sembra una affermazione ma ha l’inflessione interrogativa. Non lo so neanche io. Cerco conforto nel suo sguardo. *Puzzo?* domando per distogliere l’attenzione dall’intensa analisi del mio braccio e della strana scritta che lo accompagna, la scritta che è la mia calligrafia, o almeno così credo. Che abbia scritto il mio nome per non scordarlo? O è il responsabile di chi mi ha fatto questo? Tante domande che affollano la mia mentre confusa. Chi sono io? Io sono Hawke
     
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    Dovrei farmi qualche domanda, dandomi altrettante risposte, circa la mia moralità, quando tornerò a casa. Già, dovrei proprio. Un senso di sollievo, ben più profondo di quanto dovrebbe essere, si fa largo nel mio petto.
    La bella bionda è maggiorenne.
    Senza memoria, disorientata, senza nome e ferita, ma almeno è maggiorenne... questa informazione non ha alcuna utilità per la donna, ma l'egoista che risiede in me riesce a cogliere l'aspetto positivo del fatto che sia in maggiore età e quindi... quindi quando starà meglio....
    La debole carne umana prende il sopravvento: la strada del buon samaritano è lastricata di pessime intenzioni.
    Mi trovo a chiedermi se non avesse potuto trovare di meglio che il sottoscritto in una simile condizione.
    Metto da parte questo lussurioso e al contempo osceno pensiero, perchè in me si fa strada una certa paura. L'espressione del mio volto si fa cupa, con la fronte contratta per la profondità del pensiero.
    -Sei una strega?-
    E se fosse una babbana?
    Merda.
    Sarebbe un casino.
    Ma poi come ci è entrata? Chi l'ha portata lì.
    Percepisco la presenza della bacchetta magica attraverso i vestiti, una forza magica che vibra sottopelle.
    Non ho mai cancellato la memoria a nessuno.
    Questa volta il mio sguardo si addolcisce, facendosi quasi carico di compassione per la povera creatura.
    Forse è per questo che ha perso la memoria... qualcuno ha trovato la babbana a Diagon Alley, ha pensato di cancellarle la memoria, il risultato è stato pessimo, e l'ha lasciata lì.
    Si è risvegliata, ha trovato me, con la stessa pessima idea del precedente avventore. La magia spiegherebbe la perdita di memoria.
    Mi mordo il labbro inferiore, anzi lo stringo forte con il superiore, per cercare di non dare questa soluzione.
    Prima devo sapere... è dotata di magia?
    -No!-
    esclamo d'istinto di fronte alla domanda inaspettata che mi rivolge la bionda.
    -Come ci aiuta questo?-
    chiedo, confuso.

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    H.A.W.K.E. Era strano come nome. Lo ripetevo nella mia testa, come un mantra. Hawke. Hawke. Ekwah, avanti e indietro. Hawke. Ekwah. Hawke. Era normale che dopo un po' che si ripeteva una parola questa assumeva un'aria bizzarra e quasi irreale? Probabilmente si.
    Sconcertata, confusa, con l'aria sempre più smarrita e con la convinzione di essermi presa una bella botta in testa, osservavo Nathaniel, il ragazzo che mi aveva trovata.
    Era sciocco sperare che lui potesse avere le risposte alle mie domande, che si facesse carico della pazza Hawke (in effetti ora suonava bene) che aveva perso la memoria.
    La domanda che mi fu posta fu alquanto strana. Aggrottai le sopracciglia, poi la fronte le seguì in un onda di rughe, provocndomi un iniziale stupore. Io ero una strega?
    Ci pensai su, spostando lo sguardo per terra, osservandomi la punta dei piedi, poi riportando lo sguardo sul ragazzo davanti a me.
    *Io sono una strega* feci eco alla sua domanda, dopo qualche istante di riflessione. Si, dovevo essere una strega. Mi sembrava in effetti che mi mancasse qualcosa... un aparte di me che però non era legata al mio corpo. Non fisicamente quanto meno. *La mia... bacchetta* mi venne in mente in un lampo il nome, la forma del bastoncino di legno, la sensazione del legame che la univa *Io non so dove...* ora ero confusa, mi sentivo se possibile ancora più smarrita sebbene avessi iniziato ad aggiungere qualche tassello al puzzle.
    Risi, sentendo per la prima volta quella che era la mia risata spensierta, credo di essere stata una persona allegra, cercando di non apaprire più redicola del dovuto agli occhi di Nathaniel. *Non saprei proprio...* la domanda e l'espressione confusa del mago, era un mago no?, me lo fecero apparire quasi tenero. Dovevo proprio essere la pazza Hawke. Chi sono io? Io sono Hawke, sono una strega.
     
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    Non ero brava con l'incantesimo della memoria.
    Certo questo non avrebbe fatto molta differenza visto lo stato in cui avevo trovato la ragazza.
    Probabilmente non era la prima volta che aveva avuto un risveglio del genere. Forse era entrata in un loop infinito di risveglio-obliviate e così via, nessuno era ancora stato in grado di cancellarle decentemente la memoria.
    Povera donna.
    Dovevo pensare ad un piano prima di doverlo fare... innanzitutto fuori da Diagon Alley, una babbana a Londra aveva più possibilità di non essere obliviata. Era già qualcosa.
    Quanto alle mie pessime doti magiche beh, avrei fatto del mio meglio...almeno per farle scordare di me.
    Ecco si, non dovevo espormi troppo.
    Certo sapeva già nome e cognome...merda. Aveva risposto di essere una strega ma sembrava più che altro un autonomo riflesso alla mia domanda...infondo si chiamava Hawke perchè così avevo detto io.
    Poteva anche essere Clarabella o Elizabeth per quanto ne sapevamo... non mi diede molta speranza.
    Ma poi lo sguardo confuso e la bacchetta... non avevo sugerito in alcun modo quel nome, doveva essersene ricordata spontaneamente.
    -Sei una strega, questo è già un sollievo... mi stavo già preoccupando di come castar eun Obliviate....-
    aggiunsi immediatamente, mentre la ragazza esponeva un problema su dove fosse la sua bacchetta.
    -Tranquilla, la troveremo... Accio Bacchetta... -
    avrei provato a lanciare, dopo aver estratto il mio stesso catalizzatore creato da Gregorovitch in persona, che andava a sostituire il precedente.
    -Possiamo sempre passare da Ollivander a prendere un'altra... -
    proposi, in attesa che la bacchetta sfrecciasse ancora nelle mie mani.
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    Chi sono io? Io sono Hawke, sono una strega. Non ho una bacchetta. tasselli del puzzle cercavano di combinarsi nella mia mente per dare forma ad una certa immagine, uno scenario che avesse un ch di famigliare, ma di quello che restava di Hawke, sempre ammesso che questo fosse il mio vero nome, nulla mi appariva famigliare. Un paio di volte le palpebre calarono sulle mie pupille, annullando l'esistenza del mondo per pochi istanti e facendolo riemergere insieme con le parole di Nathaniel. Ascoltavo senza capire. Una reminiscenza scolastica, non ero mai stata brava scuola, anche se ero nella casa della saggezza, suggerì che si trattasse di un incantesimo per cancellare la memoria.
    Come un meccanismo che si era inceppato per poi ripartire con una serie di sobbalzi anche la mia mente si preparava a far uscire una serie di sbuffi e domande, mentre il Crawford cercava la bacchetta magica. Per ora era il minore dei miei problemi, anche se la sua assenza mi dava un senso di sconforto, sembrava inutile avere questo potenziale senza saperlo usare. Non ricordavo che ero, come avrei potuto arrivare a conoscere un incantesimo, qualche formula? Ma non era questa la domanda principale e mentre il ragazzo si adoperava per trovare la bacchetta sembra importante per lui, forse dovrebbe esserlo anche per me cominciavo a vomitare domande *L'incantesimo per cancellare la memoria? Pensi che me lo abbiano fatto?* i miei grossi occhi lucidi si spalancarono nel tentativo di farmi esaminare con maggiore attenzione dal mago. *Ero nella casa dell'intelligenza, ma non sono mai stata brava a scuola* rievocai il precedente ricordo, palesatosi sotto forma di rimprovero nella mia mente. Forse avrebbe potuto aiutarmi a capire chi ero. Chi sono io? Io sono Hawke, sono una strega. Non ho una bacchetta.
     
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    Se con la destra tenevo ancora la bacchetta puntata nel vuoto circostante, l’altra mano se ne stava con le dita tese, un ricettore pronto a ricevere qualcosa ma della bacchetta non vi era alcuna traccia.
    Questa volta non si poteva incolpare la mia pessima indole magica, soprattutto perché Accio era il mio incantesimo preferito. Uno di questi giorni non mi sarei stupito a ritrovarmi ad appellare persino il mio cervello.
    Non ero solo smemorato ma anche l’alcol si metteva s’impegna ad annebbiare la mia memoria e trovarmi in posti diversi quasi ogni notte mi faceva spesso scordare dove appoggiassi chiavi, portafoglio, eccetera. Se la bacchetta fosse stata nei paraggi sarebbe rimbalzata sulla mia mano.
    Scossi le spalle, poi il capo: niente.
    -La tua bacchetta non è qui...-
    Aggiunsi con aria rassegnata. Doveva essere brutto perde la bacchetta magica, io lo avevo provato sulla mia pelle almeno quattro volte. Possedevo l’ultima arrivata da qualche mese e mio padre aveva minacciato di bandirmi da qualunque negozio di bacchette se ne avessi ancora persa una. Eppure perdere la dodici pollici di Tasso che mi aveva accompagnato negli anni scolastici era stato un trauma da superare. Era come se con lei perdessi parte delle mie esperienze, come se un amico d’infanzia morisse. Ah le cose che aveva visto quella bacchetta..!
    Il mio malinconico ricordo di Hogwarts venne soppiantato dalle domande del Angelo biondo e senza memoria davanti a me.
    -Potrebbe essere...forse al San Mungo saprebbero dirlo con certezza-
    Ragionai indagando sul suo corpo con lo sguardo più per bearmi di una simile bellezza che non per una qualche competenza medica
    -Vuoi andare in Ospedale?-
    Chiesi rendendomi conto che avrebbe forse dovuto essere il mio primo pensiero nel trovare qualcuno in tali condizioni.
    Seguì un ragionamento che non sapevo da dove fosse uscito ma sembrava definire meglio la personalità di Hawke.
    -Corvonero!-
    Esclamai come se io stesso fossi stato il Cappello Parlante responsabile degli smistamenti
    -La tua casata era Corvonero... beh ammesso che tu sia inglese e che eri ad Hogwarts -
    Aggiunsi provando a ricordare se ci fosse qualcuno tanto bello tra i blu. Infondo Hawke sembrava essere mia coscritta, non passava certo inosservata soprattutto al piccolo Nathaniel con gli ormoni a mille. Persino una Mandragola urlante sarebbe stata in grado di farmi eccitare al epoca. E se Hawke fosse minorenne? Il pensiero mi disturbò.

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    Io sono Hawke. Non ho una bacchetta magica. Piccoli tasselli andavano a ricreare il mosaico che era la mia vita, anche se il paio di informazioni utili trovate con il Crawford non erano abbastanza. Ancora non si capiva cosa sarebbe uscito dal mosaico, in realtà non sapevo nemmeno se quei pezzi facessero parte dello stesso mosaico. Annuii, accondiscendente, consapevole che probabilmente la bacchetta magica era perduta per sempre. Qualcosa si ruppe nella mia mente, come un bicchiere di vetro crepato ad un certo punto inizia a trasbordare, una consapevolezza infida che si era intrufolata. Subdolo come un semplice pensiero possa mandare in blackout un intero sistema. Non avrei più riavuto la bacchetta. Vacillai, destabilizzata da questa informazione, oscillando avanti e poi indietro e poi ancora avanti: fui costretta a cercare il sostegno di Nathaniel al quale mi appoggiai con la mano. * Scusa.. io...io* qualunque grande pensiero avessi intenzione di esprimere morì nella mia gola, mentre gli occhi mi si velavano di lacrime * Non è per la bacchetta ma... poteva dirmi chi sia... o chi fossi* tirai su con il naso, nascondendo qualunque lacrima con una sfregata di polso sulla pelle. Deglutii nello scostarmi dal mago. Forse non avrei più riavuto indietro nulla della mia vita. Hawke, probabilmente non era mai esistita prima di quel incontro. Forse avevo un altro nome. Non ero mai stata Hawke prima di quel giorno. Forse non avrei più saputo chi ero. Non avrei mai saputo chi fossi. Il peso di queste considerazioni era piuttosto difficile da sostenere. Improvvisamente sembrava che la mia testa girasse, non mi sentivo bene. *Io... non so...* sfregai la testa, una bambina che non sapeva come comportarsi, sopraffatta da una nuova fitta di emicrania non ricordi chi sei, ma queste parole difficili le sainon sapevo che rispondere alla domanda del ragazzo. Ancora una volta cercai un qualche supporto nel suo sguardo, in questa situazione lui era l’adulto responsabile.
    *Non mi dice nulla di famigliare e ... non ricordo dove sono nata* aggiunsi con voce triste, rassegnata dalla precedente convinzione. Avrei mai scoperto chi ero veramente? Forse dovevo rassegnarmi al fatto di aver perso la mia precedente vita e, un po’ come la bacchetta che avrei rimpiazzato da questo Olyvader, dovevo semplicemente andare avanti e scordare chiunque fossi prima di essere Hawke. Ora sono Hawke, non so chi sono ma sono Hawke.
     
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    Intento come ero nel rimirare i lineamenti delicati di quel viso nascosto dietro a boccoli dorati non avevo messo in considerazione un probabile tracollo di Hawke.
    Accadde proprio davanti ai miei occhi, come succede dinnanzi a qualcosa di catastrofico non lo vidi arrivare, in un attimo i suoi occhi apparvero velati ed era come assistere ad un vetro che si infrangeva.
    Nel suo caso sarebbe stato più adeguato il paragone con una porcellana, anche se non era inquietante quasi quanto una bambola di porcellana, vista la bellezza che appariva irraggiungibile. Cercai di allungare la mano, avvicinando le dita alle sue guance di maiolica, per poi ritirarle come se un contatto troppo brusco come quello delle mie ruvide mani avrebbe potuto infrangerla.
    Sì, sembrava così fragile mentre balbettava frasi sconnesse che a stento potevo seguire con un filo logico degno di essere chiamato tale.
    L’espressione di smarrimento che aveva stampata in volto, unita a quei due enormi occhioni di ghiaccio, trafiggeva il mio cuore con una fitta di responsabilità che avevo già provato nei confronti di Hedel. La mia sorellina non aveva mai avuto reale bisogno di protezione, anzi probabilmente erano gli altri ad aver bisogno di essere protetti dalla più piccola di noi Crawford, ma avevo sempre nutrito una sorta di obbligo morale bei suoi confronti. Ma quella ragazza... Hawke, non sapeva nemmeno se quello fosse il suo reale nome, era come se fossi stato io a suggerire che fosse il suo nome. Mi sentivo in dovere verso di lei... era sola al mondo e nutrivo questo insolito sentimento di... affetto.
    Non era pietà, non era qualcosa di così meschino e basso, no... era un sentimento nobile che mi faceva sentire veramente legato alla bionda strega.
    -La bacchetta non ti definisce come mago e... anche se non l’abbiamo trovata ci sono altri modi per capire chi sei. -
    Ci credevo veramente ed era questo il motivo per cui la mia voce risultava profonda e convincente, quasi suadente mentre esprimevo questo pensiero.
    Mi trattenni dall’impulso di abbracciarla, in primo luogo perché questo tipo di effusioni non era nel mio stile ed in secondo luogo perché ancora la mente mi propose questa immagine di una Hawke che si sbriciola al vento, in mille granelli di sabbia.
    -Hawke, credo che dovremmo andare in Ospedale magari... magari sanno persino chi sei. -
    Aggiunsi, forte della precedente convinzione che avevo usato per esporre la precedente frase. Persino di questa ero convinto fosse la cosa giusta, ma per qualche motivo l’idea di staccarmi da lei, affidarla ad altri... mi faceva sentire insicuro.
    -Io non so che altro fare -
    Espresso ad alta voce questo pensiero, racchiuso nella profondità della mi gola, abbassando il capo e scuotendolo con una certa rassegnazione.
    Mi sentivo inutile, completamente inutile in un frangente dove invece avrei voluto poter fare di più.
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  15. hawke.
     
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    h a w k e - divinatore


    Oggi è nata Hawke, prima non si sa cosa fosse. Essere al mondo senza sapere perché era qualcosa di insopportabile. Da dove venivo? Dovevo pur essere nata da qualche parte, qualcuno doveva avermi amato nella sua vita, non potevo essere spuntata fuori come un fungo dalla terra. No. Qualcuno doveva sapere chi fossi. Dovevo essere la figlia di una madre e di un padre, potevo essere la sorella di qualcuno, l’amica di un altro. Dove erano tutte queste persone che avrebbero dovuto amarmi e quindi conoscermi? Qualcuno mi aveva cercato? Provando a ricordare quanto tempo fossi stata via percepii una nuova scossa di mal di testa. Questa volta la pelle sulla fronte si accartocciò sollecitata dal dolore. La bacchetta non mi definiva ma forse lo facevano le persone a me care. Se esistevano. Di colpo un’idea nata chissà dove si tramutò nell’ennesima domanda * Non ci sono persone scomparse sui giornali? Qualcuno... mi avranno cercato?* domandai appellandomi a questo confuso e strano concetto che qualcuno dovesse tenere a me, che dovesse esistere sulla terra qualcuno in grado di fornirmi risposte, risposte alla domanda su chi fossi. Lo sguardo smarrito si stava ancora una volta aggrappando alla figura di Nate, dandogli un peso che probabilmente non gli apparteneva. Ecco, ero una persona egoista, disprezzata e allontanata da tutti... nessuno aveva sentito la mia mancanza, nessuno mi aveva cercato. Il pensiero mi diede la nausea, un voltastomaco tanto forte che l’idea del ospedale non sembrava poi così male.
    Ma qualcosa, un’ancora più emotiva che fisica, mi tratteneva dal muovermi. Non sembrava male l’idea di qualcuno che si perdeva cura di me, magari cercando di capire anche se stessi bene, ma qualcosa mi paralizzava sul posto. Gli occhi leggermente sgranati si posarono sulla figura di Nathaniel. * Ho paura* scossi il capo, cercando la protezione delle ciocche di capelli per nascondermi, interrompendo il contatto visivo. Ero viva, stavo a stento in piedi , e per qualche motivo non mi andava di sentirmi così debole. Forse a Nate non importava che fossi una tale lamentona, addirittura poteva trovarlo un atteggiamento comprensibile ma io provavo un forte fastidio verso me stessa. *Non farmi andare da sola* appariva come una supplica perché in effetti era quello che era. Una supplica. Avevo appena trovato qualcuno, qualcuno che mi aveva dato questo nome e non volevo più trovarmi sola e persa. Certo ero ancora sola e persa ma... un po’ meno con Nathaniel lì.
     
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