[ESPERIENZA 9] - Escape from Last Year

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    James Kennegan
    Era tornata a volteggiare alta sopra le torrette del campo di Quidditch, come sempre faceva la sua mente, dinnanzi alla porta chiusa che avrebbe aperto o strada a una nuova squadra per James Kennegan. O almeno così pensava la figlia d’Irlanda, ma la realtà dei fatti andò in maniera molto differente da quanto si era immaginata. Non aveva mai gestito troppo bene il vuoto della Materializzazione e pari modo anche quello creato durante il trasporto con Passaporta non era tra i suoi preferiti. Fu il suo stomaco a lamentarsi, piegato come appena colpito da un pugno, dinnanzi a quel inaspettato salto nel nulla. Fu una questione di pochi istanti, istanti in cui la mente della Serpeverde fu bruscamente riportata sulla terra ferma, prima di arrivare davanti a una stanza. Di per se uno studio per l’irlandese equivaleva a un’altra, gli elementi a corredo e arredo di questo le erano tutti uguali, ma avrebbe saputo riconoscere un campo da Quidditch soltanto osservando gli steli di erba, o la terra rossa perché aveva imparato che non tutti avevano il prato. Deformazione personale. E così ci mise qualche istante prima di connettersi con il neurone sano e capire che cosa stava succedendo. Notò una donna bionda e poi con suo grande stupore Brad McNeal. Sorrise al uomo prima ancora che il cervello stoppasse questa reazione involontaria dinnanzi al campanello di allarme che aveva iniziato a risuonare nell sua mente. Ma la comparsa di un Patronus, la strega aveva studiato molto questo incantesimo e il bagliore argentato fu immediatamente riconosciuto, di un gatto la distrasse, portandola a tornare composta al suo posto, osservando quasi in cagnesco - di fatto il suo Patronus era un Cane Lupo Cecoslovacco- il famiglio d’argento. La voce melliflua del mago, la stessa che era appartenuta alla maschera, risuonò nell’ambiente procurandole comunque una serie di brividi - lei li riconduceva al suo istinto che la avvisava di avere un bolide in coda, ma non c’erano bolidi in quella stanza - e mettendola in allarme. Assorbí ogni singola parola espressa dal Patronus, prestando attenzione al loro contenuto, osservando i maghi presenti nella stanza - si accorse solo in un secondo momento della presenza di in secondo mago oltre al McNeal- e domandandosi quali qualità avesse portato il Von Cavaliere a creare questo strano gruppo assortito. James Kennegan reagì in maniera inusuale a quello che a tutti gli effetti era un sequestro di persona, perché le parole del Von Der Schwarz avevano innescato nella competitiva giocatrice la miccia della sfida. L’animo competitivo della Kennegan si accese subissando tutto il resto. Non le interessava conoscere le doti di coloro che erano nella stanza, capire le intenzioni dietro quella reclusione forzata o scovare il secondo fine del Cavalier. Era come sventolare una bandiera rossa davanti un toro: se vedeva oro la figlia di Salazar correva per l’oro. E aveva visto, meglio dire che aveva sentito, una competizione accendersi nell’aria, animare la fiamma del fuoco d’Irlanda troppo a lungo costretta ad affievolirsi per via del suo incidente. E quando il Patronus aveva abbandonato la stanza, tanto rapidamente quanto era arrivato, la vibrante fiamma della competizione era lì ad ardere nel suo petto. Non le interessava sapere i motivi per la quale era stata scelta, ignorando quasi che anche gli altri erano stati scelti, ma le interessava soltanto vincere la sfida che il gatto d'argento le aveva posto. Le iridi di smeraldo avevano già iniziato a perlustrare la stanza, soffermandosi sul ritratto appeso dietro il gatto, sulle coppe che erano esposte sulla mensola tra le quali riconobbe il calice di fuoco e la coppa tre maghi, quasi certamente una riproduzione, quando la voce dell'altra bionda richiamò la sua attenzione con una serie di domande. << Io sono James Kennegan>> rispose, come se bastasse il suo nome per sottolineare le doti che lo accompagnavano, un marchio di fabbrica che tutti conoscevano. Una delle più forti battitrici della sua generazione, in grado di riportare Serpeverde alla vittoria durant eil suo primo anno da Capitano, poi sbalzata nel mondo della Legue quando ancora non aveva completato gli studi, una giocatrice instancabile e insaziabile. Micidiale come lupo solitario, ma ancor più invincibile come Alpha, al comando del proprio branco. James Kennegan possedeva doti di leadership, carisma e una cattiveria sul campo che avevano portato la sua stella a brillare alta nel firmamento del gioco del Quidditch. Credeva, egocentrica come pochi, che non servissero presentazioni al suo nome. E non aggiunse altro, dando per scontato che più o meno tutti i presenti avessero sentito parlare di lei almeno una volta. << Controllerò la scrivania e il caminetto>> annunciò, senza integrarsi nel gruppo. Certo, una leader innata, ma non sapeva se quel gioco prevedesse una vittoria di squadra o in solitaria e per il momento per lei contava solamente vincere. Anche facendo affidamento unicamente alle proprie forze.
    Si sarebbe mossa rapida, verso la zona che aveva indicato come suo luogo di ricerca, iniziando ad analizzare visivamente l’ambiente che la circondava. Si sarebbe concentrata sulla scrivania, semplicemente perché era la prima cosa a ricoprire il suo campo visivo. Avvicinandosi e scrutando con attenzione il ripiano della scrivania. Le iridi di smeraldo erano focalizzate ad analizzare la superficie lignea di questa, cercando imperfezioni e tratti inusuali, senza mancare di registrare anche gli elementi comuni. Forse scioccamente ma ancora il suo sguardo si posò sul punto dove prima era posato il gatto in forma di Patronus come se si fosse aspettata di vedere una traccia, un’arma o un alone in grado di suggerirle qualcosa sulla creatura argentata. Dopo una prima analisi prettamente visiva, si sarebbe mossa per toccare con mano ogni centimetro della scrivania. Tastandola come se si fosse trattato del corpo di un amante, sarebbe stata delicata e decisa, facendo scorrere i polpastrelli lungo i cassetti che aveva notato durante il discorso del Cavalier, aprendone uno ad uno e controllandoli. Avrebbe cercato qualunque cosa ci fosse contenuta, avrebbe tastato i bordi del lato e verificato la presenza di un doppio sotto fondo o se non ci fosse stato qualcosa incollato sul fondo del cassetto superiore. Un’analisi meticolosa e studiata, con un filo logico a condurla. Avrebbe controllato i cassetti che aveva visto, poi, senza intralciare il McNeal e la sua conversazione con il quadro, avrebbe cercato se anche sul altro lato della scrivania vi fossero o meno dei cassetti, verificandone il contenuto anche il quel caso. Avrebbe poi analizzato la superficie di legno, spostando la candela che stava al angolo per vedere se ci fosse un alone a suggerire che fosse presente da diversi giorni o no. Poi di sarebbe concentrata sulla parte succulente esposta in bella vista. C’era un libro rosso, piuttosto grande, al centro della scrivania. Da Negoziante del Ghirigoro poteva dire con una certa certezza di essere in grado di catalogare un libro anche senza conoscerne titolo e autore. Aveva appreso sul campo della libreria che le pergamene hanno un odore, una consistenza al tatto, differente a seconda del anno in cui sono state scritte, che l’inchiostro assume diverse tonalità di nero a seconda del tempo trascorso chiuso nella sua prigione di carta. E poi la polvere depositata sulla copertina o nelle pagine avrebbe detto alla Kennegan il tempo che aveva trascorso lì immobile. Analisi medesima avrebbe fatto per il libro aperto sul leggio appoggiato sul lato estremo della scrivania, i rotoli di pergamena e quello che sembrava un boccino con ali di carta. Abbassandosi avrebbe poi controllato sotto al tappeto, magari c’era una botola o qualche passaggio segreto da controllare, verificando gli assi del parquet e simili.
    Già che si trovava accovacciata a terra si sarebbe spostata per verificare la presenza o meno di una sedia, controllando l’imbottitura o il cuscino, sopra e sotto e anche dentro. E poi, visto che non aveva paura di sporcarsi le mani, avrebbe infilato la testa nel camino, controllando se la canna fumaria era stata chiusa, se ci fosse cenere o tracce di metropolvere. Se le mattonelle del camino avessero presentato irregolarità avrebbe verificato se nascondessero qualcosa. Dopo questo si rimise in piedi, deviando la propria attenzione ai gingilli e cimeli posti sulla mensola del camino. Partendo da sinistra avrebbe verificato l’originalità, l’aspetto ed eventuali difetti sugli oggetti. Una foto, una statuetta con due figuranti, quella che sembrava la Coppa Tre Maghi - avrebbe verificato in particolar modo la sua originalità e se ci fosse qualcosa al suo interno-, la specie di carillon posto proprio sotto al riquadro con l’uomo, altre due statue, quello che sembrava essere il Calice di Fuoco - avrebbe usato la medesima verifica fatta sulla Coppa- e il busto di uomo all’estrema destra. Avrebbe provato a spostare gli oggetti, verificare il materiale di cui erano fatti e la presenza di quello che potevano sembrare angoli in cui nascondere qualcosa. Curiosa come pochi poi si sarebbe soffermata ad osservare quello che sembrava un porta bacchetta con lo stemma del M.A.C.U.S.A.

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    Callum Mahoney

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    Lo avevo ripetuto soltanto una volta ad alta voce, ma me lo ripetevo spesso nella mente. In guerra la sola cosa che mi aveva salvato era stato l’immagine del volto di Grace. Quando toccando la porta attivai la passaporta quello che vidi nel frangente del trasporto fu soltanto il volto di mia sorella, mentre la consapevolezza che non l’avrei trovata in quella stanza mi trascinava a terra.
    Atterrai su un pavimento di legno, circondato da estranei, o quasi. Riconobbi l’irlandese della quale avevo origliato l’accento e l’uomo con il quale stava conversando. Ma l’altra bionda non mi diceva nulla.
    Fu un Patronus, un gatto di argento, ad attirare la mia attenzione e quella dei presenti. Ascoltai con sgomento e un misto di rabbia, da quando ero tornato dalla guerra ero molto irascibile, le parole del gatto e mentre la traccia d’argento iniziava a svanire gli urlai contro « Dov’è Grace?!», rimasto inascoltato.
    Osservai con sconforto gli altri tre intrappolati dal Cavalier, cercando di capire come agire. Le due donne capirono prima di tutti come agire. « Callum Mahoney, sergente maggiore del decimo reggimento. » mi presentai distendendo la schiena come a dover fare il saluto militare, ma fermandomi prima di portare la mano alla fronte perché i maghi non avrebbero capito. « Un semplice mago anche io» feci eco al uomo che si presentò come Brad McNeal. La bionda irlandese rivelò il suo nome con teatralità e capii di averla già vista su qualche giornale. Era tipo la giocatrice femmina più forte d’Irlanda, anche se gli idoli della mia nazione erano sempre stati uomini, il Quidditch femminile era ancora poco considerato. Ma questo non lo dissi, godendomi ancora l’accento che mi ricordava casa. Seguendo le istruzioni dell’altra bionda mi spostai a sinistra, analizzando quella parte di stanza. Avrei iniziato con la libreria vicino al camino, controllando libri e insenature, cercando nei cassetti e sopra ai volumi. Nella controllando intorno alla visto nero della statua, controllando anche nella libreria all’estrema destra alla ricerca di qualcosa di sospetto o che potesse essere utile. Poi mi sarei concentrato sul aspetto più interessante, un libro aperto con uno strano segnalibro. Avrei cercato di capire se si trattava di rune o di un altro linguaggio, osservando e studiando la strana figura che era anche rappresentata nella pagina aperta.

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    [ESPERIENZA 9]:

    Escape from Last Year
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    TURNO 4

    Jazz, accompagnato dalla stupenda voce di Astrid Sparks - nome d'arte, ovviamente- stava intrattenendo una folla di entusiasti ospiti che mossi dallo champagne e dal clima festoso che iniziava a respirarsi muovevano i primi passi di charleston sulla pista da ballo. E mentre Astrid iniziava a cantare la prima strofa di "I'll See You In My Dream" da qualche parte, nascosta nelle viscere del M.A.C.U.S.A. un gruppo di privilegiati ospiti aveva il suo bel da fare per uscire dalla stanza nella quale erano stati intrappolati.

    Sir Dagonet Stannard, nato nella tormentata regione dell'Alberta, pioniere della pozionistica d'avanguardia e docente di Ilvermorny verso la fine del XVIII secolo, non era sicuramente la persona più loquace del mondo, ma il ritratto che gli avevano fatto -risalente alla sua investitura come Sir dal Re in persona- era particolarmente loquace e prolisso nelle rare occasioni in cui aveva ospiti. In silenzio stava osservando il gruppo di quattro che si era infiltrato nello studio dove risiedeva ormai da quasi trent'anni, quando era stato vinto all'asta da questo tale Atwell Day, un disonore per lui ma con il tempo era andato migliorando. «Chi è lei con tutte queste domande e nemmeno un titolo da proporre?! Generazione bruciata, gioventù irrispettosa. Io sono Sir Dagonet Stannard, terzo del suo nome, Cavaliere del Grande Stato del Canada, nominato da Re Eduardo in persona, della gloriosa Red Deer, e Lei, lei, mi domanda chi sono senza nemmeno avere la decenza di introdursi? Quali sono i suoi titoli? Le sue qualifiche? Vi avviso, voi inglesi, si il vostro ripugnante accento vi tradisce, non mi andate affatto a genio e potrei anche decidere di andarmene a Ilvermorny, lì si che mi apprezzano. Il mio quadro è esposto nell'ufficio del Professor Diggbert, collega pozionista, che mi tiene sempre in considerazione quando si tratta di veleni e antidoti. Voi giovani, pensate di risolvere qualunque cosa con un Bezoar. » per quanto l'aspetto sul ritratto era quello di un uomo composto e rigoroso, merito anche della pesante cipria che ricopriva la sua pelle e della parrucca bianca tipica del suo periodo storico, il mago del quadro sputò per terra, all'interno della sua cornice per sottolineare il suo disappunto. Se fosse a causa del Bezoar o della mancata presentazione del McNeal era difficile dirlo. Ma la paternale, quell'uomo aveva davvero bisogno di chiacchierare più spesso, non era ancora conclusa e dopo un'attimo riprese. « E queste donne» indicò entrambe le streghe presenti nella stanza « Nemmeno le cortigiane avrebbero osato tanto ai miei tempi. E credetemi quest'ufficio ne ha viste parecchie, certo all'epoca era la base delle nostre guardie ah, farabutti della peggior specie, prostitute... tutta la ciminalità americana passava di qui, rilevante o meno, prima che...non nominatemi quei bastardi degli Auror, della peggior specie! Un'unica forza di polizia per combattere il crimine ah, ma ve lo dico io, sono tutti corrotti. Complottisti inglesi, ancora non gli è andata giù quella questione del thè!» scatarrò ancora a terra, questa volta arrivando ben oltre la cornice del suo quadro, invadendo quello del paesaggio confinante. Tornò a guardare il mago che aveva osato parlargli, scrutandolo con aria severa e indignata. « Ma non dirò nulla finché non saprò le vostre qualifiche.» aggiunse con solennità, incrociando le braccia ad altezza del petto.

    Nella sua scrupolosa analisi della stanza James Kennegan trovò tracce di metropolvere, ma già arsa dal fuoco e non utilizzabile per poter scappare in un nuovo luogo. Questo era comunque già un indizio, ma quello che la ragazza trovò all'interno della canna fumaria fu ancora più interessante. Era incollato al muro, poteva sentirlo chiaramente con la mano, qualcosa che aveva la forma triangolare ed era in rilievo.

    Anche Callum Mahoney aveva ispezionato alcuni elementi della stanza ma non trovò nulla d interessante se non il segnalibro che teneva tra le mani. Ad analizzarlo con maggiore attenzione si sarebbe accorto che si ripetevano due file di simboli, non runici ma più che altro geroglifici, in maniera che sembrava assolutamente casuale.

    La recluta Auror Walsh si era messa all'opera per cercare qualcosa di inusuale, e spostando il busto di marmo si rese conto che questo era leggero, come se fosse stato vuoto al suo interno.
    BRAD MCNEAL ✖ CALLUM MAHONEY ✖ JAMES KENNEGAN ✖ CHLOE WALSH ✖
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    chloe walsh
    Osservavo, tra una ricerca e l'altra nella stanza, con un certo scetticismo i miei compagni di sventura: era incredibile come quattro perfetti sconosciuti senza apparenti legami si fossero tutti trovati rinchiusi nella stessa stanza ad opera di un pazzo scellerato, o almeno questa era l'opinione personale che mi ero fatta del tanto famigerato Von Cavalier. Se solo avessi dato ascolto a Wright per una buona volta in tutta la mia vita forse non mi sarei mai trovata in un simile guaio. Ecco che cosa si otteneva a sfuggire sempre alle regole e a questo portavano anni e anni di disubbidienza a mia madre, ora questa forma di ribellione si era trasferita sulla mia mamma Auror, anche se nel volto scuro e serio di James Archie Wright non avevo mai intravisto nulla di materno o premuroso. Le mie ricerche furono infruttuose: nessun elemento di particolare importanza salì alla mia vista, nessun indizio fece scattare la mia mente da investigatore, semplicemente trovai un busto di marmo più leggero di quanto pensassi. Stavo valutando se fosse il caso o meno di farlo precipitare a terra, quando la voce irritate e carica di rimproveri proveniente del quadro mi bloccò la mano a mezz'aria. Distruggere un busto di marmo non avrebbe sicuramente messo la compagnia in buona luce e ora come ora il vecchio burbero dipinto sembrava essere il solo indizio degno di nota. Interruppi le mie operazioni per ascoltarne le parole, compreso anche il punto in cui a me e all'altra bionda veniva dato della puttana che mi fece arrabbiare, ma lo sproloquio sugli auror mi zittì completamente. Non ero sicuramente la persona giusta per fare domande al quadro e ritenni più saggio tacere. Avrebbe lasciato a Brad McNeal l'onore e l'onere di discutere con il vecchio del quadro. Ritornai a perlustrare la stanza, facendo affidamento sulla mia abilità di cercare tracce per poter far risaltare qualche cosa che mi fosse in qualche modo utile. Osservai i miei compagni: la giocatrice di Quidditch sembrava aver trovato qualcosa e anche il militare aveva tra le mani alcuni fogli di carta d'interesse e l'altro mago avrebbe potuto ottenere qualche risultato utile. Ancora non capivo cosa ci facessimo lì, cosa volesse il Cavalier da persone così diverse tra di loro e con così pochi punti in comune. Avevo studiato nell'addestramento auror che un serial killer solitamente ha un modello tipo, uno stereotipo da seguire. Solo le bionde, solo le donne, soltanto persone ricche, soltanto gente che è collegabile a un trauma. Osservavo i presenti nella stanza, me compresa, e cercavo di capire se eravamo solo casuali vittime o se c'era qualche punto in comune. "Abbiamo qualcosa in comune" avrei detto approfittando della fine del colloquio con il quadro, non mi sarei mai permessa di intromettermi "Dobbiamo aver qualcosa in comune che abbia convinto il Cavaliere a volerci qui" dissi ripensando al fatto che avessi sentito un solo accento americano e che il solo fatto di essere tutti inglesi poteva significare solo una cosa "Hogwarts... Siamo tutti inglesi giusto? In che casa eravate?" domandai cercando di seguire il filo dei miei pensieri e dargli una connotazione logica "Io sono Grifondoro, ho giocato come cercatore, ho vinto un campionato al quarto anno. Ho un gemello, era a Corvonero: Chris Walsh. Uhm... ero pessima a divinazione e in trasfigurazione." cercai di aprirmi, rivelando gli elementi del mio passato che mi sembravano maggiormente significativi da raccontare a degli sconosciuti.

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    ▬Brad McNeal▬
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    Ricevere una risposta del genere da un quadro fu piuttosto inaspettato per McNeal che, nella sua vita, era sempre stato abituato a conoscere personaggi disponibile oppure molto timidi. Difficilmente si arrabbiavano e se lo facevano era per una giusta causa. Certo, i ragazzi rinchiusi nella stanza l'avrebbero potuto disturbare, ma erano comunque stati gentili. Il razzismo nei confronti degli Inglesi - completamente inopportuno - era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso; Brad non si sarebbe più trattenuto dall'essere il bravo mago. In un modo o in un altro sarebbe riuscito a strappare informazioni utili. Già le parole che si era lasciato sfuggire Sir Stannard avevano dato all'ex Corvonero una buona partenza. Odiava inglesi, odiava gli auror e probabilmente odiava chiunque non avesse un titolo importante. Non poteva presentarsi come semplice mago, senza dare un titolo di prestigio. Inoltre, il collegamento ad Ilvermorny con il Professore di Pozioni aveva fatto accendere la lampadina al McNeal che aveva notato la saliva uscire leggermente dal bordo della cornice. Era possibile entrare e andare alla scuola americana. Dovevano solo convincerlo.
    Brad pensò ad una scusa plausibile e immediatamente gli venne in mente Vincentius e quella parola nella famosa lettera che gli aveva spedito. Inoltre, la ricerca che aveva fatto nella biblioteca di Edimburgo gli aveva permesso di conoscere a fondo la scuola. Non avrebbe più permesso che un egocentrico canadese, con un titolo palesemente inglese, potesse insultare ancora una volta James e tutti gli altri, lui compreso. McNeal si concentrò nuovamente sulla mensola che aveva davanti a sé. Probabilmente erano ancora in america, visto il simbolo del M.A.C.U.S.A. attaccato alla parete, ma perché erano presenti due coppe legate alla tradizione scolastica britannica?
    "Professor McNeal." - disse con tono serio e diretto, senza pensarci. - Sono il Professor Brad McNeal, insegnante di Arti Oscure presso la scuola di Ilvermorny, proprio dove dice che il mio collega l'apprezza. L'apprezzo anch'io se per questo, Sir Stannard."
    Era tutta una menzogna, ovviamente, ma era l'unica cosa che Brad, in quel momento, potesse fare. Vincentius aveva dato quel nome, lui si era informato e ora doveva solo mettere in pratica quanto appreso.
    "E, tra l'altro, non sono Inglese, ma Scozzese."
    Ci tenne a precisare subito dopo, perché sapeva che i Canadesi erano molto patriottici e scambiarli per Americani era per loro come un'offesa.
    "Se per piacere, Sir Stannard, ora può rispondere alle mie domande. Sa dove ci troviamo? Conosce il Cavalier Von Der Schwarz che ci ha rinchiusi qui dentro? E, soprattutto, sa come possiamo uscire da qui?"
    Domandò, ancora una volta. Erano le stesse domande già poste, con una piccola aggiunta. Il Cavaliere era legittimato a stare in quella stanza dove si trovavano i ragazzi o ne aveva preso il possesso in modo del tutto illegale?
    "Ultima cosa, poi le giuro che non le darò più fastidio. Perché critica tanto gli inglesi, quando in questa stanza sono presenti due coppe che sono tradizionalmente appartenenti al sistema scolastico britannico?"
    Incuriosito, indicò il Calice di Fuoco e la Coppa Tremaghi. Non era certo di ricevere risposta a tutto, ma sperava di aver convinto il Canadese a collaborare, quanto meno.
    Brad osservò ancora la mensola, sperando di trovare qualcosa di strano. Il carillon, il mezzo busto e la fotografia accanto alle coppe non sembravano aver grossa importanza, ma McNeal si sarebbe avvicinato ulteriormente per capire se ci potessero essere elementi utili, compreso il mezzo busto. Magari anche lui poteva parlare.
    La ragazza che per prima aveva chiesto chi fosse tutta quella gente presente in stanza, parlò di nuovo, cercando un nuovo ragionamento. Tutti avevano delle qualità che servivano al Cavaliere... Sì, ma quali? Tuttavia, l'aspetto in comune che la ragazza trovò poteva essere un buon punto di partenza.
    "Io ero Corvonero, abile in Difesa Contro le Arti Oscure e appassionato di Antiche Rune. Erano le mie materie preferite."
    Rispose, sperando di averla aiutata a trovare qualche indizio.

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    Callum Mahoney

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    Della guerra mi ero portato in patria molte cose: un disturbo post traumatico, innumerevoli incubi e notti insonni, la diversa concezione del tempo. In guerra si vive di istanti, di qui ed ora. Un'alterazione che raramente tornava alla consueta suddivisione dettata dalle lancette di ora e minuti. In questa astrazione temporale mi sembrava di essere in quella stanza da giorni e contemporaneamente di essere appena arrivato. Non potevo fare a meno di osservare, con un certo scetticismo, le figure di coloro che mi stavano attorno. C'era una bella bionda che si era messa a cercare nella parte lontana da me, arrampicandosi su uno scaffale vicino a un busto. Sembrava poco espansiva e tuttavia avrei riposto in lei maggiore fiducia. C'era l'irlandese, difficile non riconoscere l'accento accompagnato da quel fisico che avevo visto nella sala principale del evento prima che... Poi c'era l'altro mago, il semplice mago come si era definito lui stesso. Non so se era una questione di maschilismo sviluppato tra le trincee della guerra, ma c'era qualcosa in lui che sembrava suggerire che fosse più che un semplice mago, mi chiesi quali fossero i suoi segreti. E la relazione con l'irlandese. Avrei dovuto provare ad approcciarmi a quest'ultima, per una semplice questione di patriottismo, per cercare di rispondere alla domanda che per una mente traumatizzata come la mia era di fondamentale importanza: potevo fidarmi? Sembrava che di queste persone potessi fidarmi, non erano state loro a portarmi lì con l'inganno. Grace, i begli occhi azzurri che mi avevano salvato dal tormento della guerra tornarono a riaffiorare nella mia memoria, speravo che fosse lontana da quel posto.
    Le mie ricerche mi condussero ad avere un segnalibro tra le mani, con strani simboli che sembravano volermi dire qualcosa ma che non riuscii a collegare a nessuna runa nota. Mi affrettai verso i libri di testo sorretti dal leggio dove li avevo trovati, iniziando a cercare qualcosa sulla quale ci fossero i medesimi simboli, una chiave di decifrazione, un alfabeto, un nome da collocare. Qualunque cosa. Ascoltai, senza interrompere le ricerche, la conversazione con il quadro e con Brandon, per lui non si stava mettendo bene. Lo lasciai parlare e porre le sue domande, prima di avvicinarmi anche io, speravo di avere una risposta al mistero del segnalibro arrivati a questo punto. « Sir Dagonet Stannard, mi permetta di introdurmi: sono Callum Mahoney d'Irlanda, ho combattuto anche io in guerra, ma non sono stato insignito di alcuna medaglia o titolo... Mi rammarico di non conoscere gli onori che l'hanno portata al Cavalierato, ma mi piacerebbe sentirlo. Non di meno, avere da lei le risposte alle nostre domande non potrà che farci onore.» cercai di agire come un soldato, umile e riverente verso un magigore di grado, nella speranza che l'adulazione rendesse più malleabile e propenso a ricevere alcune risposte.
    Mi sarei poi congedato con tutti i rispetti dalla conversazione con il quadro, rivolgendo la mia attenzione ancora una volta sul segnalibro, ma assecondando il ragionamento della Grifondoro, la bella bionda. Aveva un senso e in effetti anche io avevo notato solo in quel momento che eravamo tutti quanti inglesi. « Io ero a Tassorosso.» mi unii a quella conversazione «Ho altre due sorelle e un fratello, uno per casata. Grace, Daisy e Freddie. Nessuna materia mi piaceva particolarmente.» aggiunsi sperando di fornire un quadro abbastanza chiaro.
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    Metropolvere. Era bastato sfregare tra di loro i polpastrelli di indice e pollice della destra, che aveva immerso nei residui di cenere del focolare ormai spento del caminetto per verificare se ci fossero resti d'interesse, per constatare che non si trattava solo di legna arsa. Quel camino era dotato di un collegamento tramite metropolvere con un altro luogo e questo poteva significare solo una cosa: qualcuno se ne era già andato da quella stanza. Le era impossibile con i pochi elementi a sua disposizione risalire al quando questo caminetto era stato utilizzato per l'ultima volta, ma sicuramente era un modo per andarsene. Non aveva mai pensato a se stessa, almeno sul campo di Quidditch, come a un cercatore, tuttavia in quel frangente si sentiva come un cercatore d'oro del vecchio far west alla ricerca di pepite d'oro da poter inseguire. E lo avrebbe fatto con la stessa costanza con la quale i suoi Cercatori inseguivano l'alato boccino per tutto il tempo che era necessario alla sua cattura. Quando James Kennegan si metteva in testa qualcosa, la determinazione con la quale si scagliava e si impegnava per il sul raggiungimento non conosceva eguali. L’animo inquieto dell’irlandese non solo bramava la competizione ma era come un combustibile che le permetteva di avvampare e sopravvivere. Le sfide, come le chiamava lei, erano la sola cosa che aizzavamo la sua fiamma e la faceva ai divampare. E in una trance agonistica non guardava in faccia assolutamente nessuno, figurarsi se avrebbe pestato attenzione a non rovinare il bel vestito d’argento che indossava. Aveva avuto la lungimiranza, prima di mettersi carponi davanti e dentro al caminetto, di togliere la costosa pelliccia bianca, egocentrico e vanesio acquisto, che era stata poggiata su una sedia in modo da non intralciare le fasi di ricerca, sue principalmente, degli altri poco le importava. Era stata ricompensata con il ritrovamento della metropolvere, ma la quantità trovata sarebbe stata insufficiente a portarli fuori di lì. Colta da un colo di genio, o semplicemente dalla sindrome di accumulatrice seriale, si impegnò comunque per recuperare quanti più granelli possibili e depositarli con cura su un foglio di pergamena intonso recuperato dalla scrivania che molti ne offriva. << Metropolvere. È insufficiente ma...>> un gesto rapido che voleva concludere la frase con un non si sa mai, mentre comunicava a quella che era la sua squadra - ancora non aveva capito se si trattasse di una fida individuale o di gruppo, come battitore si sarebbe adattata in ogni caso - quanto aveva trovato. Era tornata poi a concentrarsi sul caminetto, in particolare sulla canna fumaria perché le sue dita avevano trovato qualcosa. Avrebbe dapprima tastato tutto intorno per assicurarsi che non vi fosse altro e che la forma triangolare percepita in maniera così chiara non fosse parte della struttura, dopo di che avrebbe provato a tirarlo fuori. Banalmente avrebbe stretto tra le dita della mancina ciascun lato: su uno il pollice, indice e medio sul secondo e anulare con il mignolo sul terzo ed ultimo. Avrebbe poi provato a fare pressione per estrarli. Sopra la sua testa percepiva la voce del quadro che discuteva animatamente con Brad, le parole giungevano ovattate e non precise, tuttavia non perse il senso generale del discorso. Compresa la parte dove le veniva dato della cortigiana per il modo in cui, a dire del vecchio dipinto, era svestita. Per sua fortuna non era una che si interessava delle opinioni altrui.
    Riemerse dal caminetto, soltanto per unirsi alle congetture che le erano giunte dall'altra strega della compagnia, lasciando poi intervenire i due maghi ed infine aggiungendosi come ultima ruota nella congettura portata avanti dalla bionda.
    << James Kennegan, sono irlandese, Serpeverde. Sono stata sia Caposcuola che Capitano della Squadra di Quidditch.- si presentò con un sorriso teso sulle labbra a sottolineare quanto fosse orgogliosa di questi obiettivi raggiunti, anche se a dir la verità non aveva mai ambito a conseguire la spilla di Caposcuola, aveva lottato duramente per il posto in squadra e per le vittorie ottenute nel campionato scolastico - Battitore.>> concluse il breve ritratto di se stessa, omettendo parentele - perché era figlia unica e non aveva cugini o simili andati a scuola con lei- e sopratutto perché i meriti ottenuti sul campo di Quidditch per lei erano più importanti di qualunque altra cosa, materie scolastiche e parente incluse. Non ci volle un intelletto degno di Rowena Corvonero per constatare immediatamente una cosa, una verità che comunque si sentì di esprimere ad alta voce. << Uno per casa. Potrebbe essere una coincidenza ma... se significasse qualcosa? Vedete qualcosa dei fondatori in giro?>> lo sguardo di smeraldo si posò immediatamente sulle coppe esposte sulla mensola appena sopra al caminetto, perché se l'ambizione era tipica dei figli di Salazar le coppe era la rappresentazione più materialistica di questa qualità.


    edit del fato: James non ha potuto unirsi alle congetture degli altri perchè risucchiata nel caminetto.

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    Edited by Wizarding World Master - 19/4/2020, 16:57
     
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    TURNO 5

    Era rimasto con il cipiglio imbronciato, le braccia conserte e aveva sollevato un sopracciglio folto come se si trattasse di un baffo, mentre scrutava con aria quasi di sfida il suo impertinente interlocutore. Come tutte le persone di una certa età, e quel quadro di anni ne aveva davvero molti, con la vecchiaia si crede di aver diritto di dire qualunque cosa nel modo più sgarbato possibile, incuranti di reazioni e conseguenze, convinti che l'avanzata età possa arrogare questo ed altri diritti. Sir Dagonet Stannard della gloriosa Red Deer, terzo del suo nome, Cavaliere del Grande Stato del Canada, non faceva eccezione e persino in vita, nonostante tutta la boria che mostrava attraverso il dipinto, era stato un mago piuttosto sgarbato. Ma il pronto cambio di rotta e registro del McNeal placarono, almeno per il momento, il suo desiderio di redarguire la gioventù bruciata con la quale aveva a che fare. Espresse la sua approvazione con un sordo uhmpf mentre ascoltava le richieste del mago. «Molto meglio Messere McNeal, scozzese dite? Potrei quasi tollerarlo, lassù nelle Highlands non avete mai amato l'invasore inglese. Una piaga che ha afflitto entrambi i nostri mondi, ma qualcuno è stato più resiliente nel respingere l'invasore.» Il fatto che fosse più propenso a condividere informazioni con lo scozzese non avrebbe certo esimato la compagnia dei quattro dal sorbirsi frasi al vetriolo e critiche poco costruttive circa la società moderna, questa volta la frecciatina era stata rivolta direttamente al suo interlocutore. «Tuttavia ha esaudito il mio desiderio quindi risponderò alle sue domande, per quanto mi è possibile.» Questa volta non vi era traccia ironica nelle parole pronunciate dal mago del dipinto, che aveva riposto le braccia lungo i fianchi, come rassegnato ad assecondare le richieste dello scozzese. «Ufficio Indagini Rilevanti del M.A.C.U.S.A. che domanda sciocca...»aveva ripreso la via delle fecciatine ma per qualche motivo sembrò interrompersi «In particolare siete nell'ufficio di Maya Bradshaw, Capo Indagini Nazionali dal 1925. Mi stupisce che una donna sia arrivata molto in alto, ma ha dimostrato una certa competenza che mi ha fatto ricredere circa i metodi che l'hanno condotta qui.» Era evidente come la stima per il genere femminile del Cavaliere di Red Deer fosse molto bassa «Prima d'ora non ho mai sentito nominare questo Von Der, come Cavaliere posso vantarmi di conoscere tutte le alte cariche insignite di tale onore e mai, mai, mi è stato nominato tale Schwarz.» l'orrore nella voce del uomo era pari all'indignazione con la quale si era lanciato in un primo momento sul McNeal. «E posso assicurarle, croce sul cuore, che mai un Cavaliere avrebbe l'ardire di rinchiudere qualcuno senza un valido motivo. Ebbene chi siete voi, farabutti forse?» il cipigli indignato del Canada era tornato ad affiorare sul volto del mago in giubba rossa, che non aveva mai dato molto credito ai presenti, ma il fatto che si trattasse di quattro ladri lo preoccupò parecchio e sembrò votarsi al silenzio senza rispondere ulteriormente alle domande del docente di Ilvermorny.
    Sentire l'accento irlandese del Mahoney, che avendo servito in guerra comprendeva bene le gerarchie e quanto pomposi potessero essere coloro al vertice, procurò un brivido evidente nelle spalle del dipinto che dopo un attimo di esitazione, fu convinto a parlare dalle adulazioni del secondo interlocutore, non prima di avergli mosso un'ulteriore critica. «Non mi sorprende che a gente come voi non sia stata data alcuna medaglia, sarebbe stato un'affronto alle precedenti, tuttavia, vista la vostra affiliazione all'esercito, mi sento in obbligo di rispondere a una domanda. Ma scegliete bene perchè ho tutte le intenzioni di andarmene a Ilvermorny prima che uno di voi ladri provi a rubarmi la cornice per rovistare nella cassaforte. »

    La recluta Auror fu più fortunata nel cercare, la sua abilità di Spezzaincanti le permise di trovare un'impronta di scarpa che scompariva contro il muro, alla destra del gruppetto che stava parlando con il dipinto di Sir Dagonet Stannard . L'impronta presentava chiaramente il tacchetto della scarpa ma la pianta del piede risultava mozzata, come se avesse attraversato la parete nella quale si trovavano. Doveva soltanto capire cosa quest significasse e utilizzare il suo istinto di Auror, quello stesso che aveva portato la Walsh al domandarsi perchè proprio loro.

    Chinata all'interno del camino la stella del Quidditch stava cercando con tutte le sue forze di estrarre qualunque cosa ci fosse incastrata nella canna fumaria. Afferrato il triangolo che era in rilievo con la mancina aveva provato a tirarlo, ma la pressione applicata fece ruotare su se stesso l'oggetto. Nella stanza si percepì un cigolio metallico e dopo uno scatto sordo: James Kennegano non si trovava più con loro. E nella canna fumaria il triangolo che aveva attivato l'innesco sembrava essere sparito.



    Anche con gli allenati riflessi da battitore la Kennegan non poté nulla contro il repentino cambiamento che era stato innescato dall'oggetto trovato nel caminetto. Non avrebbe nemmeno saputo dire se era scesa, salita o se fosse sbalzata all'indietro. Barcollò sul posto prima di trovarsi inginocchiata a un pavimento freddo e liscio, avvolta nella più totale oscurità e da sola.

    BRAD MCNEAL ✖ CALLUM MAHONEY ✖ JAMES KENNEGAN ✖ CHLOE WALSH ✖
    ABILITÀ /INCANTESIMI

    Chloe Walsh
    OrQ1AR5 CERCARE TRACCE [- 5 SAG]
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    chloe walsh
    Origliavo, mentre ero impegnata nelle operazioni di ricerca di qualche traccia o di un appiglio, la conversazione che si stava svolgendo con il quadro. C’era voluto l’intervento dei due uomini della nostra improvvisata compagnia per riuscire a mettere insieme qualcosa di utile. Nascosta dietro una ciocca bionda roteai gli occhi al cielo in un moto di esasperazione. Non potevo fare a meno di vedere che se il quadro fosse stato di una figura femminile a quest’ora avremmo sicuramente tirato fuori qualcosa di utile, invece di una filippica senza capo né coda, di sentirmi dare della cortigiana e della truffatrice in quanto auror, ma se ripensavo alle parole del pomposo personaggio che era stato ritratto non riuscivo a trovare nulla che ci fosse utile in quella situazione che mi sembrava assurda e irreale. L’unica informazione che mi giunse come utile all’orecchio era la nostra ubicazione, eravamo ancora a New York, nella sede del M.A.C.U.S.A. e questo significava che l’ufficio aveva una certa vita negli orari al di fuori dalla festa, la speranza era che se non fossero riusciti ad uscire autonomamente qualcuno la mattina sarebbe ed forza entrato per le solite commissioni. Anche se era capodanno questo genere di uffici non conosce festività o vacanze, come mi aveva recentemente ricordato il Wright con una deliziosa ramanzina. Decisi di credere quanto meno in lui, nell’addestramento che mi era fornito e mi rincuorai con la fantasia che anche il capo auror non avrebbe amato il pomposo Sir Dagonet. Mentre la lotta a base di testosterone continuava, avevo distolto lo sguardo perché da un momento all’altro mi aspettavo tirassero fuori il loro membro perché il Sir avrebbe fornito ulteriori informazioni solo se lo avessero avuto più lungo i due gentiluomini inglesi, il mio sguardo vigile accarezzava ogni superficie alla ricerca di dettagli fuori posto. L’istinto mi stava dirigendo in quella direzione e non potevo credere che non fosse la più giusta da seguire. Stavo quasi abbandonando le speranze quando un dettaglio sul pavimento colse la mia attenzione. Un’impronta a metà, come se qualcuno fosse stato in grado di attraversare il muro dimenticandosi il tacco della scarpa alle sue spalle. Un gridolino di gioia uscì dalla mia bocca ma fu sommerso dal cupo suono proveniente dal caminetto. ”Cos’è stato?” la domanda uscì di getto dalle mie labbra senza passare a una revisione da parte del cervello, mentre l’orrore nel realizzare che James Kennegan non era più nella nostra stanza si faceva sempre più reale. Ripensai al cigolio poi allo scatto metallico. ” Deve aver trovato un meccanismo, deve aver attivato qualche trappola!” ancora i miei pensieri presero immediatamente la forma di parole, poi la mia mente analitica si mise velocemente in moto per unire tutti i pezzi mancanti. ” Deve esserci un’altra stanza di là... guardate! Ho trovato questa impronta che è troncata di netto dal muro, forse c’è una stanza segreta, un passaggio...” strinsi i pugni con forza, l’istinto mi avrebbe portato a interrogare il Sir per avere informazioni ma vista la bassa opinione che aveva di me, e che io avevo di lui, era meglio lasciare agli uomini la possibilità di chiederlo. ”Forse ne sa qualcosa “ avrei aggiunto indicando il quadro alle spalle dei ragazzi. Mi misi di nuovo alla ricerca di tracce e sopratutto di meccanismi che potessero essere simili a quello trovato da James. Per questo motivo mi sarei avvicinata al caminetto per capire dove e cosa avesse trovato la ragazza prima di sparire nel nulla. Forse lei era messa meglio di noi, aveva risolto il mistero del Cavalier. Forse in questo momento stava rispondendo alle domande del perché ci stava capitando questo, volevo credere in questa versione ottimistica a quella più realistica che le fosse successo qualcosa. Non la conoscevo ma la possibilità che potesse essere nei guai riattivava il mio istinto di paladina della giustizia e in tutta questa faccenda c’era ben poca giustizia! La mia osservazione sulle nostre affinità con Hogwarts mi sembrava tutto di un tratto così infantile e stupida.

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    James Kennegan
    Posta dinnanzi a una sfida James Kennegan reagiva solamente in un unico modo: la competizione. Non aveva mai avuto molta importanza il tipo di sfida che si poneva dinnanzi ai suoi occhi, lei doveva avere successo e vincere. Ecco perché, da quando erano rinchiusi nella stanza, non si era mai chiesta per quale motivo il Cavalier Von Der Schwarz volesse avere tutti loro lì presenti nella stanza, non si era messa a pensare che fosse strano o che addirittura fosse un rapimento, aveva soltanto visto la sfida che le poneva davanti. Accecata dallo spirito di competizione aveva fatto gioco di squadra, ma non si era mai davvero interessata ai componenti di questa, nemmeno aveva lasciato che il suo animo di leader si impossessasse della comitiva e la guidasse secondo il suo volete. No, aveva capito fin da subito - e la presenza del vestito elegante, ma scomodo, e dei tacchi a spillo, anche questi eleganti, ma scomodi, era stato un promemoria quanto mai indicativo della situazione nella quale versava - di non trovarsi in un Campo di Quidditch, ma di trovarsi in un’arena dei Gladiatori. Non era appassionata di storia babbana, ma la sua predilezione per la materia le aveva permesso di approfondire aspetti ignoti e sottovalutati delle civiltà che avevano convissuto con i coevi magici contribuendo alla creazione del mondo moderno, così come loro lo conoscevano. Era rimasta particolarmente colpita dalla lungimiranza della piccola popolazione romana che era arrivata a conquistare l’intera Europa, unendola sotto un’unico regime, mentre il mondo dei maghi era sempre rimasto fermo a minuscole e molto chiuse comunità. Vero, si erano risparmiati guerre e battaglie, ma la grandezza di Roma aveva fatto si che durante quegli anni la tecnologia e molte alte scoperte facessero passi da gigante, invenzioni che erano state precursori di diversi secoli, se si paragonavano le difficoltà tecniche del secolo, di innovazioni future. Ma al di là di tutta questa grandezza, un aspetto che aveva affascinato lo sguardo di smeraldo della Kennegan erano state proprio le arene dei gladiatori, che per la loro brutalità le ricordavano il Quidditch. Al gioco del Quidditch si vince o si muore, ad essere precisi. Una versione individuale ma era proprio questa la carica che necessitava per proseguire in quella missione, che non aveva cercato e nella quale si era infilata per puro caso. Qualcuno però l’aveva notata, così aveva detto il Patronus del Von Der Schwarz, le sue qualità l’avevano fatta scegliere per quel sadico gioco dove era rinchiusa con altre persone, conosceva solo Brad, un gioco sociale che poteva anche finire molto male. E poi c’era stato il triangolo nel muro. Non aveva potuto fare a meno di concentrare tutti i suoi sforzi - tenace e testarda come pochi- sull’estrarre il misterioso oggetto dal camino.

    Non ebbe nemmeno il tempo di festeggiare il successo della sua costanza nel perseguire l’obiettivo che il pavimento e le pareti intorno a lei avevano cominciato a tremare, le dita erano scivolate dalla presa sull’oggetto, e di colpo si era trovata avvolta nel buio. Disorientata dall’improvviso cambiamento, non era stato come saltare nel vuoto della smaterializzazione, non era stata in grado di mantenere l’equilibrio ed era caduta a terra, profondando con le ginocchia su un pavimento duro. Un sbuffo uscì dalle sue labbra, svuotando i polmoni per l’improvviso impatto. Non vedeva nulla. Non sapeva nemmeno in che direzione si era spostata. Riteneva plausibile che fosse scesa in basso, nel caminetto era in posizione chinata ma era arrivata in piedi, ma non poteva escludere che si fosse mossa lateralmente, magari era stata spinta fuori dal caminetto. Poco ma sicuro, quell’oggetto era un innesco e aveva attivato un passaggio segreto. Si chiese quale malato di mente potesse pensare di fare una simile operazione, ma se c’era un innesco per arrivare, forse c’era un bottone da trovare per tornare indietro. Dubitava fosse una direzione a senso unico… E se anche fosse stato così c’era sicuramente un’uscita dal misterioso luogo dove era arrivata. Pochi secondi, centinaia di elucubrazioni che avevano messo i neuroni della Kennegan, accelerando le connessioni neurali grazie alla spinta dell’adrenalina che ormai circolava a grande velocità nelle sue vene. Inginocchiata al suolo trovò la forza di organizzarsi mentalmente sui primi passi da fare per procedere. Le dita della mancina corsero con naturalezza al punto in cui aveva assicurato la bacchetta di ebano, inseparabile compagna anche sotto a un vestito tanto elegante e attillato come quello d’argento che indossava quella sera, serrandosi con naturalezza sull’impugnatura del catalizzatore. Con un gesto fluido e veloce del braccio lo avrebbe sfoderato, tendendolo davanti a sè. Ovviamente doveva vedere qualcosa prima di capire come procedere, anche se il primo istinto era quello di mettersi a urlare a chiamare aiuto, ebbe la lungimiranza di cedere al ragionamento ponderato. Si sarebbe focalizzata sul risultato che sperava di ottenere, un poderoso fascio di luce che sarebbe fuoriuscito dalla punta della sua bacchetta inondando di un chiaro bagliore il luogo in cui si trovava, permettendole di vedere in maniera ottimale e perfetta la stanza dove si trovava. Inspirò e poi espirò, un rituale che faceva sin da quando era una studentessa alle prime armi nelle fila di Serpeverde, ma che non l0aveva mai delusa. << Lumos Maxima! >> avrebbe esclamato con quanto più fiato possedesse nei polmoni, incitando così le particelle di energia che albergavano come parte integrante del suo essere a confluire nel catalizzatore magico, sprigionando poi la loro essenza luminosa al richiamo della formula magica. Non aveva dubbi sulla sua riuscita, un incantesimo semplice che si imparava forse al primo anno e quindi la certezza che da lì a poco avrebbe visto esattamente dove si trovava le infondeva forza e sicurezza, maggiorando l’effetto della sua riuscita.
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    Finalmente il maleducato personaggio del quadro, seppur millantava di essere un grande Cavaliere del Canada, rispose ad alcune delle sue domande. La conferma della loro posizione arrivò e, come previsto, i quattro ragazzi si trovavano ancora al M.A.C.U.S.A., nell’Ufficio Indagini Rilevanti, in particolare nell’ufficio di una certa Maya Bradshow. Quindi il luogo non mentiva, ma allora che ci facevano lì, in America, il Calice di Fuoco e la Coppa Tremaghi? Erano forse dei falsi sequestrati dal Capo Indagini Nazionali? In ogni caso, quelle informazioni non erano importanti per Sir Stannard che non rispose minimamente a quei quesiti: un motivo in più per Brad per trovare alquanto arrogante la figura dipinta in quella cornice. McNeal, infatti, aveva ignorato la critica velata che il Cavaliere aveva lanciato verso gli Scozzesi, per non rischiare di perdere l’unica realtà che avrebbe potuto dir loro informazioni in più. Ciò che invece attirò l’attenzione dell’ex Corvonero fu proprio la risposta successiva: Von Der Schwarz non aveva nulla a che fare con quell’ufficio e con quell’ambiente e li aveva rinchiusi, probabilmente, all’insaputa del M.A.C.U.S.A. chissà per quale motivo.
    Ci ha rinchiusi qui proprio Von Der Schwarz, senza l’autorità di farlo. Siamo brava gente. Sono un Professore, per l’amor di Merlino!
    Si apprestò a rispondere dopo l’accusa di essere un furfante e un ladro. Certo, aveva mentito e lo stava continuando a fare, ma non sentiva proprio nessun senso di colpa. Sir Stannard doveva tirare fuori il rospo alla svelta e l’unico che poteva riuscire a strapparglielo da bocca Callum Mahoney, che sembrò piacere allo strano personaggio raffigurato. Brad stette quindi zitto, per far parlare l’irlandese ed evitare di rubargli una domanda che poteva risultare fondamentale per uscire di lì. Lo sguardo del McNeal si spostò quindi sull’Auror, Chloe Walsh, che sembrava aver notato qualcosa. Ma nemmeno il tempo di chiedere cosa fosse che un rumore da dietro fece girare di scatto il ragazzo.
    James!
    Pensò all’istante, lanciandosi sul caminetto dove si trovava la Kennegan, ora vuoto. Il cuore cominciò a battere all’impazzata, spaventato per l’ex Serpeverde. Brad si accovacciò, cercando di vedere e capirci qualcosa, ma sembrava essere sparita nel nulla.
    JAMES! MI SENTI?
    Urlò, quindi, a squarciagola, sperando di poter arrivare alle orecchie dell’amica. L’auror arrivò a controllare e Brad la lasciò osservare. Era giusto, lei ne sapeva più di lui sicuramente. Era addestrata per quelle situazioni. Ascoltò le parole, rabbrividendo anche solo a sentire la parola trappola. Chissà dove si trovava la Kennegan in quel momento. Annuì poi alle parole successive, girandosi verso Callum e verso il quadro. Forse lui ne sapeva qualcosa, forse quella era una possibile domanda: c’era un modo per uscire di lì? C’era un’altra stanza? La famosa cassaforte citata dal Canadese che cosa racchiudeva?
    Comunque James è stata una Serpeverde… Non ha avuto il tempo per risponderti.
    Disse successivamente a Chloe, ricordandosi della domanda precedente a cui la Kennegan non aveva risposto perché si era ritrovata chissà in quale strano posto. L’unica speranza di Brad era quella di arrivare a James anche con le parole, così da darle un punto di riferimento. Per cui decise di urlare ancora.
    JAMES, JAMES!
    Gridò solo il suo nome, in attesa di ricevere una risposta o un segno di qualsiasi genere.

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    Callum Mahoney

    AGE 29 - EVOCATORE
    Sotto le armi avevo incontrato fin troppi tenenti come Sir Dagonet Stannard per non riconoscerne lo stampo, sebbene secoli lo separassero dai successori che avevo conosciuto nelle vesti di militare durante la Grande Guerra. Una razza di bastardi della peggior specie, tutti noi della fanteria li detestavamo, un'antipatia che non era forgiata dalla mera invidia per i loro chilometri percorsi a cavallo, ma per come si comportavano nei nostri confronti. Oltre a essere irrispettosi, volgari e quasi tirannici nel impartire ordini che per lo più sembravano umiliazioni, ancora ricordavo quando mi avevano obbligato a pulire gli stivali sporchi di sterco di uno di questi tenenti usando un lembo della mia manica, in assenza di qualcosa di più pulito, senza alcun valore militare se non quello di essere dei reali. Solitamente erano degli incapaci di buona famiglia che grazie alle conoscenze della loro famiglia venivano piazzati su cavalli e tenuti ben lontano dal campo di guerra, salvo poi comparire dalla trincea ad avanzamento completato per prendersi lodi e gloria. Forse con loro ero stato troppo duro, i peggiori erano stati i Colonnelli che se ne stavano con il culo caldo a Londra, ricevendo comunque le stesse medaglie al valore che si erano conquistate sul campo. Bran McNeal, al mio fianco, non doveva aver seguito in guerra, non doveva conoscere il fegato amaro che poteva far venire questa gente, per questo motivo si stava surriscaldando con imprecazioni a Merlino: accennai un timido sorriso per la prima volta da quando ero in quella stanza. Ma la vita mi ricordò che non si poteva essere felici e il rumore sordo di un marchingegno mi riportò nelle trincee francesi, paralizzandomi sul posto. Disturbo Post Traumatico, mentre Brad e Chloe si affaccendavano al camino dal quale era sparita l'irlandese James, non potevo fare altro che restare paralizzato sul posto davanti al quadro. Avevo una domanda da potergli porre ma la mia mente appariva svuotata di ogni parola e riempita da colpi di mortaio, non il massimo quando si deve restare concentrati. Brad sembrava disperato dalla sparizione della ragazza, mi chiesi se fossero innamorati, ricordandomi di come li avessi osservati arrivare assieme alla festa di capodanno. Se il mio cuore non si fosse spezzato in Francia, forse sarei stato anche io in grado di provare qualcosa. Ma il terrore mi manteneva ancora paralizzato, anche se la mente cominciava a essere più lucida e sentii le parole dell'Auror. Il suo discorso aveva un senso e io non sapevo che chiedere a Stannard, farlo aspettare lo avrebbe solo indispettito, più di quanto le urla del mago avessero già fatto.
    « Mi perdoni Sir, purtroppo la sparizione della ragazza ci ha scosso profondamente, ma le assicuro che non ci saranno più schiamazzi e fonti di disturbo. La prego quindi di restare, non la disturberemo.» iniziai come premessa, perchè sapevo la pasta di cui era fatto quell'orgoglioso cavaliere militare, un po' di servilismo lo avrebbe messo nella giusta prospettiva «La domanda che vi pongo è la seguente: come facciamo a raggiungere la bionda? Abbiamo visto che c'è un'impronta tagliata dal muro, c'è una stanza segreta...Come ci arriviamo? E badi, sono due domande ma la risposta che mi deve dare è solo una, valida per entrambe.» Forse l'irlandese aveva casualmente trovato il modo di evadere, mentre noi eravamo ancora rinchiusi a perdere tempo con il quadro.
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    TURNO 6

    Appariva come qualcosa di completamente insolito e inaspettato il siparietto che andava presentandosi dinnanzi agli occhi di Sir Dagonet Stannard, che non si era mai divertito tanto come in quella sera da quando era stato appeso in quella stanza, certo anche a Ilvermorny c'era un certo divertimento e aveva modo di scambiare piacevoli conversazioni e disquisire a lungo su questioni che conosceva alla perfezione. Ma i personaggi che quel giorno erano giunti a disturbare la solita quiete erano sicuramente degli attori più imprevedibili della sua chiacchierata serale con il Professor Diggbert circa il miglior antidoto per un avvelenamento. La scomparsa di una delle due bionde, che fosse quella vestita in maniera più peccaminosa doveva essere una punizione divina, destabilizzò il suo interlocutore in maniera particolarmente rumorosa, tanto che i suoi timpani di dipinto potevano giurare di non essere mai stati sollecitati a tanto stress da quando erano stati tracciati con il pennello del suo artista. Lo stato confusionale durò più di quanto i nervi del Sir potessero sopportare, tanto che fu tentato di andarsene e per un paio di volte diede le spalle alla stanza dove si trovava i superstiti di quella avventura. Fu trattenuto soltanto dall'elevata dedizione alle buone maniere e al buon costume, che gli imponevano moralmente di congedarsi con una certa ufficialità, senza sparire come un ladro nella notte dal momento che dopotutto quella era casa sua e che gli altri erano stati ospiti indesiderati e piuttosto fastidiosi, a dirla tutta. Fu il militare a prendere la parola, il docente o presunto tale era troppo preso a chiamare l'amata nel tentativo di farsi sentire, rivolgendole delle astute domande che sottolineavano un intelletto smisurato. «Non sarete forse imparentati con Priscilla? Ebbene, la sua domanda piena d'arguzia ha sicuramente compensato il trambusto creato giusto per il tempo di rispondervi, ma badate bene che anche se la mia risposta non vi soddisferà, non potrete farci nulla perchè ho tutte le intenzioni di andarmene.» fatte queste premesse Sir Stannard inspirò a fondo, incrociando le dita delle mani e portandosele al petto, come se stesse per fare una rivelazione di tale e grande portata da poter sconvolgere l'esistenza stessa del mondo magico. «Basta chiederlo nella lingua degli antichi.» aggiunse con una certa solennità. «E ora me ne vado, addio!» si affrettò ad aggiungere non appena colse l'insorgere di ulteriori domande sui volti dei presenti e proprio come aveva minacciato più volte e annunciato prima di rispondere, girò sui tacchi e scomparve. Sir Dagonet Stannard non aveva più nulla da dire loro, rimasti soli con un'enigmatica frase da decifrare.



    La luce si riversò su ogni cosa nella stanza, illuminandola come un raggio di sole: davanti a lei una parete coperta di moquette che un tempo era stata rossa ma ora era così impolverata da coglierne a stento le note cremisi, il pavimento era fatto di parquet, usurato da molti passi e con la cera quasi assente, il legno ne aveva attutito la caduta. Sulla moquette si vedeva chiaramente che il corpo della ragazza durante la caduta aveva trascinato via polvere a sufficienza, ma i segni erano visibili a partire a quello che sembrava un quadro posto troppo in alo per essere raggiunto dalla ragazza. Dentro la cornice si vedeva solo uno specchio che rifletteva il resto della stanza. Fu in quel momento che un'ombra si mosse, furtiva, tradita dalla superficie rifrangente. [CONTINUA QUI]


    BRAD MCNEAL ✖ CALLUM MAHONEY ✖ JAMES KENNEGAN ✖ CHLOE WALSH ✖
    ABILITÀ /INCANTESIMI

    James Kennegan
    OrQ1AR5 Lumos Maxima [- 5 INT]
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    Edited by Wizarding World Master - 16/7/2020, 22:09
     
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    James, evidentemente, non poteva sentirlo. Aveva provato a gridare più e più volte il suo nome, senza però ricevere indietro nessuna risposta. Niente era andata. Il meccanismo che doveva aver attivato un passaggio segreto doveva essere di certo ben pensato, sebbene la difficoltà di un Incantesimo Insonorizzante non fosse così difficile, pensarlo per evitare di comunicare da una parte all'altra era qualcosa non da tutti. Si trovavano al M.A.C.U.S.A. dopotutto, non in una camera di un ragazzino che frequentava Ilvermorny.
    Brad si rassegnò, cercando di tornare ad essere lucido e razionale. Farsi prendere dall'ansia e dal senso di protezione verso la Kennegan non sarebbe servito a nulla, se non proprio ad ottenere l'effetto contrario di quello che voleva fare. Si girò, quindi, verso la figura dipinta nel quadro. Aveva sempre avuto un atteggiamento arrogante, tipico dei quadri: solo perché qualcuno li aveva dipinti loro dovevano mantenere un aspetto importante, quando, magari, potevano essere cordiali e raccontare la loro storia senza quel tono di superiorità che li rendeva solamente antipatici e nessuno, poi, si sarebbe interessato a loro a differenza di un personaggio più calmo e amichevole. Ascoltò le sue parole, pronunciate quasi con tono solenne, come se quello fosse un altro indizio: un altro tassello da aggiungere al puzzle. Brad osservò l'Auror. Lei, più di tutti, poteva riuscire a risolvere quel maledetto caso e raggiungere James o, addirittura, raggiungere il Cavalier e capire cosa volesse da tutti loro e perché li aveva rinchiusi in un ufficio del M.A.C.U.S.A. insieme ad un quadro scortese e a oggetti di certo non americani.
    Proprio l'Auror aveva detto che aveva trovato un'orma che passava attraverso il quadro. Sir Stannard aveva detto che bastava chiederlo nella lingua degli antichi. Cosa, ancora, non si sapeva. Callum Mahoney, poco prima, invece, aveva toccato un segnalibro con dei simboli strani, sicuramente non runici. Dovevano trovare velocemente una soluzione, motivo per cui Brad prese la parola, per riunire un po' le idee e dire la sua, nella speranza che l'Auror o l'ex militare avessero già risolto l'arcano mistero.
    "Secondo voi a cosa si riferiva Sir Stannard? Cosa dovremmo chiedere? - domandò di getto, magari lo avevano capito. - La lingua degli antichi potrebbero essere le Antiche Rune, ma in base a ciò che ha trovato prima Callum sul segnalibro forse si riferisce a quello. Potremmo provare a decifrarlo oppure cercare qualcosa di simile."
    McNeal aveva finito il discorso iniziale, ma non voleva fermarsi solo a quello.
    "Dobbiamo anche capire perché dei Calici prettamente Europei si trovino in uno studio del M.A.C.U.S.A. che si collega con Ilvermorny. Tutto questo è molto strano."
    Si guardò attorno utilizzando la sua abilità di OrQ1AR5cercare tracce per sperare di trovare qualcosa di interessante che potesse concludere finalmente il puzzle e ricongiungerli a James e trovare il Cavalier.

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    Callum Mahoney

    AGE 29 - EVOCATORE
    Ero rimasto a fissare il punto dove si trovava lo sguardo di Sir Dagonet Stannard soltanto per scontrarmi sul paesaggio che gli faceva da sfondo. Se ne era andato, esattamente come aveva detto, eppure ne ero rimasto stupito. Non credevo che quel vecchio cavaliere fosse davvero capace di un’azione simile, insomma ero convinto che sarebbe rimasto a spuntare sentenze e a parlare di cose soltanto perché si sentiva in diritto di farlo dal alto delle sue medaglie e vecchie glorie. Invece aveva dato una risposta abbastanza soddisfacente e se ne era andato, sparito insieme con la sua spocchia. Fu il fidanzato, o uomo in ogni caso particolarmente legato alla irlandese scomparsa, a parlare per primo dando adito alle stesse domande che erano venute in mente anche a me. Con una congettura sulle coppe che mi forni un illuminazione. « Forse parla degli antichi europei- questo spiegherebbe perché delle coppe? Forse dobbiamo cercare qualcosa in latino o greco? Sul segnalibro non mi sembravano rune ma se volete verificare, ammetto che non fosse la materia dove eccellevo.» spiegai, avvicinandomi poi al segnalibro per esaminarlo meglio e verificare che tipo di rune fossero.
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