dirty dishes

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    Cheyenne Luna Black
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    Una sfilza imponente di stoviglie sporche occhieggiava nella sua direzione. Riusciva a distinguere il sugo dei maccheroni ai quattro formaggi di due sere prima, la pentola con il burro bruciato da Liv nel tentativo di preparare non si sa quale dolce, il piatto incrostato di passata verde e la pentola unta di grasso di bacon fritto che la sua coinquilina riutilizzava puntualmente ogni mattina. Tra le mani le era stata messa una strana paglietta di metallo, che CLB osservava con una certa perplessità mentre dall’altra stanza la ragazza con la quale viveva annunciava che mentre avrebbe lavato i piatti lei si sarebbe occupata di stirare la biancheria di entrambe. Ecco questo problema non lo aveva considerato quando aveva affittato la stanza nell’appartamento di Olivia, un modesto trilocale che si componeva delle loro due stanze, sempre chiuse a chiave perché i newyorkesi non si fidano nemmeno delle loro madri, ed un ampia stanza che fungeva da cucina, sala da pranzo e salottino. A New York ogni spazio era angusto. Cheyenne continuava a chiedersi a cosa servisse quella paglietta di ferro. Aveva sempre approfittato dell’assenza di Liv che lavorava in qualche campo della moda per pulire casa con un rapido colpo di bacchetta, apprezzando appieno l’incantesimo Gratta e Netta, ma di quella cosa che le era stata messa in mano non aveva alcuna idea.
    «Liv, cazzo, mi sono dimenticata che ho un aperitivo con i colleghi oggi...» iniziò la frase davanti ai piatti sporchi, accanto ai quali posò anche la paglietta, per poi spostarsi nella stanza della coinquilina un meraviglioso tripudio di stoffe e vestiti che coprivano ogni centimetro di stanza, dalla mobilia ai pavimenti, a concludere la frase
    «Pulirò i piatti appena torno, prometto.» aggiunse perché non voleva essere scacciata di casa o essere bollata come una pessima coinquilina. Risolto dunque con Liv si affrettò per uscire di casa in una New York che aveva già abbracciato le tenebre. Non sapeva esattamente dove andare ma di stare circondata da No-Maj non le sembrava una buona idea. Si accese prima di tutto una sigaretta, inspirando a pieni polmoni il fumo ed iniziando ad incamminarsi lungo la Avenue.
    Vagabondò per quasi un ora, fino a perdere la cognizione del tempo e soprattutto del posto in cui si trovava. Fu un pensiero e si trovò materializzata davanti al The Blind Pig, unico posto magico aperto a quell’ora dove avrebbe potuto materializzarsi. Entrò nel locale e prese posto al bancone. Quella era una sera da dedicare all’alcol prima di pensare ai piatti sporchi in casa da lavare, alla Wizarding Way.

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    DEAN LAWRENCE
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    Dietro al bancone non c’era mai un attimo di tregua, soprattutto quando c’era Bob-Bevi-Tutto nei paraggi. Eccolo là, Dean riusciva a distinguerelo dalla nuca spelacchiata, seduto ad osservare Amelié cantare. Lo spettacolo della sera, quando tutti erano a cena prima in un posto decente prima di riversarsi al pub, era abbastanza deludente. O almeno lo era per Dean ed i suoi padiglioni auricolari stanchi di sentire l’accento forzatamente francese con cui cantava la strega di quello spettacolo. Dietro al bancone teneva d’occhio Bob che gli dava una mancia extra per portargli un bicchiere di gin in sostituzione quando avesse finito quello che già teneva in mano. Per il momento il ghiaccio di quello attuale tintinnava sul vetro al ritmo di musica, mentre il liquido restava ad un livello ottimale. Per ora stava rispettando la sua media di 1 drink ogni 20 minuti e questo ne avrebbe assicurati altri 15 di tregua al Lawrence. Aveva dato le spalle alla sala per asciugare qualche bicchiere e quando si era voltato per controllare il livello di gin una nuova cliente si era appollaiata su uno sgabello non molto distante.
    "Ciao! Sono Dean, posso serviti qualcosa o aspetti qualcuno?" chiese, un modo non molto discreto per sapere se era in compagnia, notando che la strega che stava per servire era davvero molto particolare e bella.

     
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    Cheyenne Luna Black
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    Era un bicchiere sporco quello abbandonato sul piano di lavoro? Osservò la stoviglia posato dall'altra parte del bancone, che aveva un je ne sais quoi di accusatorio. Quel bicchiere la stava forse giudicando? Probabile. Era stato da vigliacchi andarsene dall'appartamento che condivideva con Olivia per evitare di pulire, ma proprio non sapeva adattarsi a spugnetta e detersivo. Veramente terribili, le irritavano anche la pelle, soprattutto se paragonate al ben più rapido ed efficiente gratta e netta. Non aveva mai creduto di dirlo ma cominciava ad essere il suo incantesimo preferito. Il bicchiere, pieno di una sostanza che sembrvaa ppicicosa e verde, continuava a giudicarla, ma fortunatamente la camicia a quadri del barista bloccò la visione del maledetto. Non ci mise molto a concentrarsi sul viso dai lineamenti squadrati del ragazzo. Sorrise, rassegnata e al tempo stesso sospirando con un po' di spensieratezza «Ciao Dean, io sono Cheyenne, sono solo e avrei proprio bisogno di una Malebolge.» Di colpo capì che era una di quelle sere che chiedeva molto, tanto alcol. Una birra non sarebbe mai stata abbastanza forte per lei. Doveva dimenticarsi dei piatti sporchi, di Liv, del fatto che doveva trovarsi un lavoro e che era in un pessimo bar a bere. «No, niente birra. Ho bisogno di qualcosa di più forte. Fammi un Jupiter's Rum.» l'occhiolino rivolto con malizia a Dean faceva parte del suo carattere espansivo e sfrontato, ma non ci stava veramente provando. Certo le intenzioni potevano essere fraintese, le capitava spesso a dirla tutta, ma era proprio una serata no per la Black.

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    DEAN LAWRENCE
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    Aveva sorriso istintivamente nel sentire le parole della strega seduta davanti a lui. Aveva un nome particolare, davvero insolito, ma non era questo che aveva colpito il barista di Londra: gli occhi pece della donna era incantevole, così come la sua bellezza mediorientale. Era sola. Voltandosi a cercare una birra non aveva potuto far a meno di sorridere ancora nel ripeterselo.
    "Un nome insolito Chey" aggiunse, sperando che la ragazza non si offendesse per questa abbreviazione. Aveva la bottiglia della Malebolge, nel suo caratteristico color ramato, in una mano mentre l'altra armeggiava con il coltellino svizzero per estrarne il cavatappi. Si fermò, a metà strada per aprire la bottiglia, interrotto dalle parole della ragazza. Si era voltato appena in tempo per ricevere l'ammiccamento malizioso della ragazza ed in tempo per ricambiarlo con un sorrisetto storto.
    "Giornataccia? Scusa se chiedo, ma a quanto pare è prassi scambiare i baristi per psicologi e così..." alzò le spalle, come a dire che si era semplicemente adeguato a questa strana usanza newyorkese. Il suo accento britannico tradiva la sua patria natale.
    Bob-Bevi-Tutto non aveva alcuna possibilità con l'avvenente cliente che si era appena seduta al bancone, eppure, per qualche strana reazione provocata dal suo gin si era alzato dalla poltrona, era barcollato fino al bancone, ci si era appoggiato come se questo fosse l'unica cosa a farlo stare in piedi (probabilmente era davvero così) e trangugiato il suo gin in un colpo solo, azzerando i dieci minuti di vantaggio che aveva sul prossimo refill, ne aveva richiesto un'altro sbiacicando. Aveva annuito con il capo al ubriacone del Blind Pig.
    "Se ti importuna, avvisami..." disse alal ragazza, allontanandosi per qualche istante dal bancone per preparare i cocktail. Allungò il gin a Bob facendo scorrere il bicchiere sul tavolo, poi propose il Rum alla strega.
    "Ecco qui. Sono 12 galeoni." +12 CAR

     
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    Cheyenne Luna Black
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    Finire a letto con il barista sarebbe stato un clichè davvero troppo scontato, persino in una pessima serata come quella che stava affrontando la Black. Non voleva insinuare che Dean, questo il nome che le era stato riferito dal ragazzo, fosse messo al bancone solo perchè aveva un bel faccino e poteva portarsi a letto le clienti. Anzi. Una rapida occhiata al locale aveva potuto confermare quanto già si sapeva sulla nomea del The Blind Pig: un postaccio più adatto a uomini e malaffari che non a donne come si deve. Questo faceva rientrate CLB direttamente nella cerchia delle donnacce... Scosse il capo, per poi rabbrividire alla storpiatura del nome usata dal barista, agghiacciante come il suono di unghie su una lavagna. «No.» replicò secca scuotendo il capo per sottolineare maggiormente il disappunto «No. Insolito ma mi piace così lungo... Piuttosto chiamami Black se dirlo tutto ti confonde ma...» raggelò, scuotendo volutamente le spalle e abbracciandosele come se sentisse freddo «No. Quella specie di verso da chewing-gum no.» mise in guardia il ragazzo. Poteva essere un nome lungo e complesso da pronunciare ma quella cosa masticata era uno stupro per padiglioni auricolari. Tralasciato il piccolo incidente di inizio conversazione, un tentativo di attaccare bottone, il ragazzo sembrava essere una compagnia simpatica. «Penso non ti paghino abbastanza per ascoltare i miei problemi» sorrise notando solo al momento della scrollata di spalle del ragazzo che l'accento era inusuale per il posto. Lei era del sud, straniera per giunta, la sua pronuncia era così particolare che si era abituata a capire se stava parlando con un texano o con un newyorkese. Così snob che parlano tutti stretti e veloce, di corsa anche nel formulare frasi. Perse il senso del discorso quando un tonfo fece sobbalzare lei ed il bancone sul quale aveva posato gli avambracci. Un uomo in età avanzata era piombato sul banco, appoggiandosi con l'intero peso. E non era certo un fuscello! Fu Dean a metterla in guardia, o meglio ad offrirle una mano in caso di aiuto. Evidentemente doveva rientrare in quel tipo di clientela abituale per quel posto. E allora perchè al bancone non c'era un'avvenente Deana a servire con il reggiseno di fuori? Il suo Jupiter's Rum arrivò. Cheyenne estrasse l'importo esatto e lo porse al ragazzo, assicurandosi di farlo cadere nel palmo delle sue mani mente esponeva una semplice questione «Senti posso farti una domanda?» non attese risposta che subito proseguì «Ma se il tipo di clientela è questo qui» sussurrò per non attirare le ire del tizio intento a scolarsi il bicchiere appena servito «com'è che non c'è una super tettona a servire?» non avere peli sulla lingua spesso si traduceva nel esprimere pensieri non richiesti e soprattuto esprimersi senza vergogna. Salvo poi realizzare quanto potesse essere imbarazzante dover rispondere ad una tale domanda. Ops.

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    DEAN LAWRENCE
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    Dalle labbra delle donne era abituato a sentire uscire numerose parole. Solitamente queste potevano racchiudersi in si, o mio dio, continua, più forte perciò capirete il certo stupore che lo assalì nel sentirsi dire no, un no ripetuto per molte volte. Sorrise sconcertato, scoprendo con il labbro superiore soltanto la dentatura sulla sinistra, scuotendo lievemente il capo. Quella ragazza era davvero impossibile! "Okay, okay. Colpa mia. Ti chiedo scusa, Black." Ed ecco che nel giro di pochi minuti Dean era entrato in possesso di none e cognome della bella ragazza. Il prossimo passo era farsi amici potenti ed indagare su di lei. O passare il tutto a Nathaniel, che avrebbe chiesto al suo investigativo privato, ogni uomo potente ne aveva uno e si immaginava che i malvagi Crawford non facessero eccezione, per scoprire se la strega avesse qualche losco segreto. Cheyenne Black appariva troppo perfetta per non avere qualche difetto. "Visto che mi hai detto il tuo ti dirò il mio: Lawrence." Era lui quello che avrebbe versato altro alcol nel bicchiere della ragazza, questo gli conferiva già un vantaggio più che sufficiente, così aveva riequilibrato le cose. Ora anche Madame Black poteva indagare su di lui, passare le sue credenziali ad un investigatore privato. Non avrebbe trovato nulla di più compromettente che il suo lavoro al Blind Pig o la sua amicizia con i Crawford. Infondo Dean si circondava di pessime compagnie ma era un bravo ragazzo. "Beh sono qui se hai voglia di parlare... e per il pagamento puoi lasciare una bella mancia, denaro o baci, questi ultimi li accetto solo dalle belle donne..." ammiccò verso la donna, consapevole di aver fatto un complimento di basso livello che tuttavia ben si addiceva alla bettola dove entrambi si trovavano. La Black poteva ringraziare che fosse qualcuno come lui a rivolgerglielo e non qualcuno come Bob.
    Osservò il livello di alcol nel bicchiere del ubriacone del bar per assicurarsi che non lo avrebbe distratti molto presto: il lieve ronzio che emanava suggerì al Grifondoro che si fosse addormentato. Questo significava un po’ di tregua per entrambi, almeno fino a quando non sarebbe collassato con un tonfo sordo. Dalla pendenza e dall’inclinazione della testa il Lawrence stimò che avessero circa 20 minuti prima di doversi occupare del bernoccolo sulla fronte di Bob-Bevi-Tutto. I suoi occhi provarono sollievo nel sparsi di nuovo su Cheyenne e sulle tintinnati monete che furono depositate nel palmo della sua mano. Le contò rapidamente per assicurarsi che fosse l’importo esatto e mentre stava registrando in cassa l’incasso una domanda lo paralizzò a metà strada.
    Per via dei sussurri che usò la donna il giovane mago si era sporto in avanti, arrivando a sfiorare la testa della donna e percependone il profumo. Rise divertito dalla domanda, dall’immagine di se stesso con lunghi capelli biondi ed un prosperoso seno. "Preferiresti una donna?" domandò aggrottando le sopracciglia, mentre nascosta sotto il bancone si faceva strada con un certo indurimento l’eccitante idea di due donne insieme, taboo mai conquistato dal Lawrence. Cheyenne era lesbica?
    La prospettiva di non suscitare in lei quel tipo di attrazione non lo rattristò, perché l’idea di vederla mentre baciava un’altra donna compensava la tristezza per non poterlo fare lui stesso. "Comunque... sono così ubriachi che ogni tanto mi infilo il panno sotto la maglietta e sono convito abbia le tette. Pensa che nemmeno si accorgono della barba! Uno spettacolo esilarante..." decise di rispondere alla domanda per stemperare l’attenzione. In effetti aveva riso per poi realizzare quanto fosse patetico che degli uomini fossero tanto morti di figa, oltre che sbronzi, da sbavare per un coglione con un rotolo rigonfio sul petto. "Vuoi vedere?" chiese con l’aria da complice e con l’inespressa sfida che si sarebbe rivelato come una donna che faceva più conquiste della Black. Il fascino delle barista.
     
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    Cheyenne Luna Black
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    Pizzicava sulla sua lingua e si infilava nella sua gola come un fuoco liquido, bruciando le pupilla gustative al suo passaggio e portando un lieve torpore, piacevole ed allo stesso tempo fastidioso. Alcol, la panacea a tutti i mali. Scivolava giù per la trachea che era un piacere cancellando i dispiaceri di quella giornata e sgrassando dalla sua mente il ricordo dei piatti sporchi rimasti in cucina. Se fosse tornata a casa abbastanza tardi poteva anche sperare di cavarsela con un rapido gratta e netta, non esisteva al mondo che usasse quella sudicia spugnetta. Il gusto intenso del cocktail, subito si accorse di quanto fosse ad alta gradazione, avvolse la sua bocca eliminando ogni altro retrogusto. Posato il bicchiere sul bancone ascoltò la proposta del Lawrence. Ora che conosceva i suoi dati anagrafici poteva sempre indagare e scoprire qualcosa di più sul barista se le fosse interessato. Indugiò per qualche secondo più del dovuto sulla forma a cuore delle labbra del ragazzo e evitò eventuali domande con la tecnica dello struzzo. La tecnica dello struzzo, pratica affinata sapientemente dalla Black nel corso dell’adolescenza, consiste nel nascondersi (letteralmente) di fronte a domande e situazioni non congeniali o imbarazzanti. Ad esempio quando la spietata Madame Rottermyer iniziava ad interrogare a sorpresa sugli Antidoti chissà come e chissà perché magicamente CLB si tuffava nella cartella alla ricerca di chissà che per evitare lo sguardo killer della professoressa. Sperava che non essere vista evitasse di essere chiamata e alla fine si era anche convinta di questo. In realtà, una realtà che la Black non avrebbe mai ammesso esistesse, questo non aveva avuto grande incidenza sulle interrogazioni della Rottermyer: nessuno era in grado di sfuggire al suo occhio di vetro. Ma la tecnica dello struzzo era stata anche utile per sfuggire al lancio randomico di oggetti, abilità in cui era la madre era particolarmente avvezza, nascondendosi tatticamente dietro alla mobilia o a muri per non essere colpita. Funzionava nel 98% dei casi perché una volta uno zoccolo di legno era stato più veloce e lei era stata colpita proprio in mezzo alla schiena. Ouch. La Black trovò istintivo rifugiarsi dietro lo spesso fondo di bicchiere, nascondendo quasi completamente il volto al suo interno, per bere un altro sorso di gin e allo stesso tempo per evitare di dover giustificare l’indiscreto sguardo rivolto alle labbra del barista. Era convinta che sarebbe bastato questo per evitare l’insorgere di qualunque domande. La tecnica dello struzzo, signori e signore!
    Fu una questione di nervi saldi quando il ragazzo tornò verso di lei e si avvicinò così tanto al suo volto per confabulare che sarebbe bastato così poco per verificare se effettivamente le labbra del barista fossero tanto morbide quanto sembravano. Sentì sul suo naso il soffio della risata di Dean, il suo profumo misto al pungente odore di alcol che emanava il locale inebriò le narici di CLB per qualche istante mentre la forte tensione sembrava accumularsi come elettricità nell’aria. Nessuno spazio di manovra per la sua tecnica dello struzzo la lasciava esposta a mostrarsi e questo, insieme al mezzo bicchiere di gin, la spinse ad agire con malizia di sguardo e parole « Preferisco un uomo» senza indugi e senza imbarazzo il suo sguardo accarezzò i lineamenti del suo volto poi tornò a rivolgersi verso il bicchiere quasi vuoto. Lo sollevò, scuotendolo per far tintinnare i pezzi di ghiaccio ormai sciolto che erano rimasti, poi lo bevve in un solo sorso con rapidità. Intanto era stata avanzata una proposta, indecente e totalmente assurda, che Cheyenne, ubriaca o meno, non si sarebbe mai fatta sfuggire. « Voglio» rispose arricciando il labbro superiore in un mezzo sorriso malizioso. « E, Deanna, un altro di questi, grazie» ormai calata nella parte soffiò un bacio verso di lui, cioè lei, forse le sarebbe servito qualcosa di più grosso dietro al quale nascondersi quando l’indomani mattina, terminati i fumi dell’alcol, si sarebbe rivista comportarsi così.
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    DEAN LAWRENCE
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    Dean Lawrence era di gran lunga lontano dal ricoprire gli standard anche più basilari del buon barista. Si impegnava con grande determinazione, aveva fruttato la sua passione alcolica per imparare a creare i cocktail più disparati, ma per il resto si dimostrava il solito cafone. Offriva spesso i cocktail alle belle donne, una rarità in quel locale, che si allungavano sul bancone con tutta la mercanzia, capitava spesso che le corteggiasse e certe volte, se era fortunato, riusciva anche a portarsele a casa. Quando toccava a lui il turno del mattino, quello sfigato di chi doveva pulire i casini della notte brava, arrivava in ritardo e si beccava una decurtazione dallo stipendio. Per non contare bicchieri rotti, bottiglie cadute o dimenticate sul bancone e rubate senza scrupolo da qualche furbetto. Insomma, riusciva ad avere ancora un lavoro solo perché nessun altro accettava di lavorare per quella miseria che Gnarlak chiamava stipendio e in una simile topaia. Poteva ritenersi fortunato quando capitavano donne interessanti e belle come Cheyenne. Proprio questo era il suo problema. La Black, appollaiata sullo sgabello del bancone con il suo cocktail quasi finito in mano, stava iniziando un gioco della seduzione e lui, uomo semplice e da istinti primordiali, stava subendo ogni colpo senza riuscire ad incassarne nessuno. Per quanto basso fosse il livello toccato sul suo lavoro non gli era mai capitato di ritrovarsi con un eccitazione crescente nei pantaloni e la voglia di andare nel magazzino a farsi piacere per allentare questa tensione. Al lascivo preferisco un uomo il suo cervello registrò qualcosa che suonava come un “andiamo a letto assieme” e questo mandò in tilt le parti basse del ragazzo. Inspirò bruscamente, come se avesse preso un cazzotto in pieno petto e tutta l’aria fosse uscita dai polmoni, mentre percepiva una fitta al petto e qualche brivido sulla schiena. "Un punto a mio favore, qui ci sono soltanto uomini pietosi, eccetto me" sorrise cercando di ricomporsi ma a stento. Il bottone dei suoi pantaloni premeva proprio sulla sua erezione e iniziava a fargli un male cane. Si voltò armeggiando con i bicchieri da lavare nel lavello, poi sotto il grembiule che indossava come se fosse una gonna, ma serviva per asciugarsi le mani e pulirle senza lavarsele ogni 2 minuti, sbottonò il primo bottone e questo bastó ad allentare la tensione. Si sentiva in fiamme e doveva in qualche modo cercare di calmarsi, perché era da quando aveva 15 anni che non si veniva nelle mutande e voleva evitare di farlo ancora.
    Con il suo bottone slacciato era tornato al bancone e cercava di reggere il gioco con la Black il più a lungo possibile. Quella ragazza emanava un magnetismo irresistibile e se l’era ormai già immaginata in tutte le posizioni possibili anche se dalla sua prospettiva riusciva soltanto a vederle il busto non aveva alcun problema a sviluppare fantasie su di lei. A quanto pareva anche lui stuzzicava certe fantasie in lei che si rivelò intenzionata a vedere Deanna. E ad avere un cocktail nuovo. Una persona saggia avrebbe cercato di convincerla che uno era già troppo forte e che era già visibilmente brilla, ma il Lawrence aveva sempre odiato i bacchettoni. "arriva subito!" rispose riferendosi alla sua versione femminile e al drink.
    Prese un bicchiere pulito e la bottiglia di rum "ghiaccio o liscio?" chiese voltato di spalle. Avrebbe versato il rum fino all’orlo, aggiungendo il ghiaccio se lo avesse voluto. Poi si slacciò il grembiule, prese due limoni ancora interi, che tagliati a fette sarebbero stati utilizzati come guarnizioni, li mise nel grembiule che poi arrotolò su se stesso a formare un salame con due protuberanze. Sollevò la maglietta, sempre di spalle verso Cheyenne, e si posizionò la finta protesi ad altezza dei suoi capezzali. Riabbassò la maglietta che però restò un po’ sollevata rispetto al solito, lasciando scoperto una parte di addominali e soprattutto il bottone slacciato. Incurante del suo aspetto fisico, prese in mano il drink per Cheyenne e tornò da lei. "ecco qui cara" civettò con voce acuta e femminile, una caricatura oscena a dir la verità "scusa se non ho nemmeno un po’ di rossetto ma mi hanno chiamato di corsa" giusto per aggiungere un tocco di drammaticità e perché Deanna non avrebbe saputo di altro sulle femmine che non citare i rossetti come trucco.
     
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    Cheyenne Luna Black
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    Seduta sullo sgabello, a dir poco malconcio ma apparentemente stabile, iniziava a sentire il mondo girare attorno a lei, complice l’effetto del rum. Non era una ragazza dedita all’alcol, non a livello tale da dire di soffrire di alcolismo, ma le piaceva questo effetto inibitore che sbloccava ogni remora dalla coscienza lasciandola libera di agire soltanto d’istinto. Nel mondo no-Maj l’alcol era stato proibito, non a vado quegli anni erano chiamati proibizionismo, ma sotto casa aveva visto spesso persone in quasi coma etilico e gente che barcollava puzzando di distilleria. Da quando questo proibizionismo era incominciato aveva visto più gente ubriaca di quanta ne avesse mai vista prima di questa grande trovata no-Maj. Era comunque certa di non essere mai arrivata a questi livelli di sbronza e manteneva la vaga convinzione che sapesse fermarsi prima di arrivare a questo punto, quando l’alcol non era soltanto una meravigliosa sostanza che ti fa vivere con più scioltezza ma diventa un grosso problema. Questa convinzione era ancora abbastanza radicata dentro di lei, fumi alcolici a parte, mentre terminava il primo bicchiere e ne ordinava un secondo. In un contesto normale forse non sarebbe stata così tanto esplicita, per quanto estroversa fosse. Osservò attentamente l’uomo Dean che si allontanava, aveva ragione a dire che era uno (forse unico) dei più decenti del locale, con le sue spalle larghe e i muscoli della schiena che tendevano la maglietta, e mentre aspettava di vedere questa trasformazione in Deanna si trovò anche ad apprezzare il fisico del barista. Cazzo, stava cascando in un banale cliché.
    « Con molto ghiaccio, sono già bollente» rispose alla domanda che il ragazzo le fece di spalle, del tutto ignara del doppio senso appena fatta ma convinta del calore che il suo corpo iniziava a produrre, investendola con vampate di calore a intervalli irregolari.
    Rimase ad osservare la preparazione del suo cocktail e della trasformazione in Deanna nel tentativo di distrarsi. Vide il ragazzo sciogliere il nodo del grembiule, aveva un bel culo, ed afferrare due limoni, troppo espliciti forse? Si perse, distratta da questa stupida domanda, come esattamente si arrivó alla maglietta sollevata e al seno sbocciato sul petto del ragazzo. Indugiò a lungo sulla figura del barista, sulle nuove curve che tendevano la stoffa della sua maglietta e che per grazia divina scoprivano in parte gli addominali, e complice anche il cocktail che teneva in mano e che arrivó sul bancone davanti a lei si sentì decisamente attratta da Deanna. O Dean. Forse persino da entrambi. Sorrise alla voce acuta che il ragazzo stava provando a fare e subito ingolló un generoso sorso di Juniper Rum. L’acquavite ghiacciata le diede alla testa, duplicando la sua efficacia sulla mente della Black. Le sembrava di essere sospesa in uno spazio tempo non definito, sulle nuvole avrebbe descritto qualcuno, ma furono le parole di Deanna a riportarla quasi con i piedi per terra. Un largo sorriso si allargò sulle sue labbra e cogliendo di sorpresa il ragazzo e se stessa si sporse sopra il bancone, mettendosi in piedi sulle barre del suo sgabello, e posò le labbra su quelle del ragazzo. Fu un bacio semplice, le labbra premettero tra di loro abbastanza da trasferire il rossetto di Cheyenne su quelle di Dean, ma comunque fu molto veloce. Quando tornò a sedersi altrettanto velocemente di quando si era alzata sentì la testa girarle ma riuscì comunque a mascherare la poca sobrietà con un sorriso malizioso. « Problema rossetto risolto» aggiunse come se avesse giusto prestato il lipstick ad una sua amica. Sollevò di nuovo il bicchiere e nascose nel liquido ambrato i suoi dubbi e il martellante che cazzo stai facendo? che pulsava nella sua mente da quando aveva baciato Dean.
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    DEAN LAWRENCE
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    Tutto era iniziato come un semplice gioco, in perfetta linea con lo spirito da spaccone del Lawrence. Aveva sempre fatto schermo con battute e risate per non avere a che fare con qualcosa di più complesso come sentimenti ed emozioni, con delle fragilità che lo avrebbero fatto sembrare meno virile. Dean era sempre stato così. Non voleva apparire in maniera diversa dall’immagine, mentale, che si era costruito nel corso degli anni. Lui, almeno secondo quelli che erano i suoi ideali, incarnava il prototipo del “Grifondoro tipo”: era strafottente, coraggioso ma quasi scellerato nelle sue azioni, intollerante verso le regole e soprattutto nulla poteva scalfirlo. Per quanto la vita potesse provare ad abbatterlo lui rimaneva fermo al suo posto, con l’aria di chi ha sempre la battuta pronta e il sorriso stampato sulle labbra. Nessuno al mondo, nemmeno sua madre o il suo migliore amico, avrebbero potuto dire che cosa provasse davvero. Dean era quello del “non ti preoccupare”, del anteporre costantemente il piacere davanti al dovere e quindi la sua immagine aveva perso di serietà, di spessore. E a lui piaceva così. Era stato anche un modo per bilanciare l’importanza del suo cognome, da prestigiosa famiglia purosangue, e per sentirsi in qualche modo accettato nella culla dei Crawford. Da sempre Nathaniel, persino ad Hogwarts, era stato permeato da questa aura di terrore e serietà, lui era “l’amico buffo”, il cazzone che non si sa bene che sta a fare lì intorno. A lui andava bene non essere il protagonista dello spettacolo, essere la spalla su cui ripiegare, la roccia alla quale appoggiarsi. Apparentemente nulla scalfiva Dean Lawrence e quel suo sorriso contagioso. Quello stesso sorriso che ora compariva sulle labbra di Deanna. Non avrebbe mai potuto prevedere quello che successe da lì a poco. Non la vide quasi muoversi, se la trovò istintivamente a portare le mani sulle spalle della strega che gli si era letteralmente buttata addosso, slanciandosi sullo sgabello e arrivando senza indugi alle sue labbra. Gli piacevano le donne decise, ma questo non faceva che compromettere la sua posizione nei confronti di Cheyenne. Non chiuse gli occhi per quel bacio, annegando dolcemente nelle iridi color cioccolato fondente della Black, così vicina eppure così lontana a causa del bancone che gli separava. Si era sporto anche lui per assecondare il loro bacio, forte ma troppo fugace. Restò frastornato da quella interruzione troppo rapida. sentendo il balsamo appiccicoso del rossetto sulle labbra, lo aveva provato altre volte nella stessa circostanza e tendenzialmente lo aveva detestato. Ora invece il trucco femminile assumeva un connotato del tutto nuovo e completamente eccitante. Confuso, stordito, con la testa che pulsava quasi come se avesse bevuto lui fino a quel momento, ritrovò la voce. "pensavo preferissi gli uomini" riuscì a dire dopo qualche silenzio di secondo, con la voce acuta di Deanna che si faceva più roca per via del poco controllo di Dean. E proprio la parte più maschile del Grifondoro iniziava ad essere un problema evidente. Voleva di più. Più Cheyenne. Il sorriso malizioso sfoderato dalla strega non era altro che sale gettato su una ferita scoperta, bruciava di ardente fervore. Bastava così poco per suscitare in lui eccitazione, aggiunto il fatto che fosse una delle donne più belle mai viste in quella bettola e il gioco era fatto. Tutto era iniziato come un gioco, ma si stava domandando quanto avrebbero ancora giocato e quando avrebbero iniziato a fare sul serio. "credo che il rossetto abbia bisogno di un ritocco" e fu di nuovo sulle sue labbra, dopo averle abbassato il bicchiere sul ripiano di legno, assaporando il gusto scottante di Jupiter's Rum. Ora si che avrebbe anche potuto affogare e fregarsene altamente. Questa volta mise da parte tutta la sceneggiata da donna e baciò con forza le labbra carnose della Black, stampandole forte contro le sue. Il barista che si porta a letto le sue clienti era un cliché quanto mai radicato, ma non gli sarebbe affatto dispiaciuto che diventasse qualcosa di reale. Scostò il volto da quello della ragazza, il fiato corto, ma erano ancora abbastanza vicini per riprendere da dove avevano iniziato. Doveva ragionare in fretta e fare in modo di azzerare le distanze di quel bancone. E doveva convincere la Black a lasciare il porto sicuro del suo posto a sedere. Se voleva ballare, lo avrebbero fatto da in piedi. "Vuoi provare a vedere il mondo da questo lato del bancone? Potresti prepararmi tu un Jupiters" domandò in un sospiro, cercando di calmare i bollenti spiriti. Se avesse accettato sarebbe stato più difficile controllarsi e molto più semplice cedere agli istinti animaleschi che già animavano il suo basso ventre.
     
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    Dæntastic non hai evidenziato l'acquisto del secondo Juniper Rum come hai fatto per il primo, modifica il messaggio per valorizzarlo.
     
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    Cheyenne Luna Black
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    Cazzo. Che cazzo hai appena combinato? La voce della coscienza era riaffiorata tra i fumi dell’alcol giusto in tempo per far crescere nella Black i sensi di colpa. Ma dove era sta puttana a fermarla prima che facesse lei la puttana? No, non aveva una così bassa opinione di se stessa ma era consapevole di reggere poco e nulla all’alcol e che aveva affidato tutta la colpa al etanolo quando in realtà sapeva di aver preso coscientemente la scelta di baciare il barista. Okay, forse non proprio in maniera lucida, ma nel suo subconscio aveva subito pensato che fosse un gran bel ragazzo. Non si poteva negare che avesse dei lineamenti molto affascinanti, due occhi magnetici e un sorriso rassicurante. Immaginava che queste fossero anche le stesse caratteristiche che avevano determinato la sua assunzione nel locale, infondo un bel barista attira molte donne e in un posto squallido come il Blind Pig serviva un tocco femminile per riprendersi un po' dalla sua fama di bettola infame. Per quanto riguardava la sua esperienze non poteva dire che non fosse stata piacevole: il bicchiere dal quale aveva bevuto non presentava aloni, il bancone di legno sul quale aveva appoggiatoi gomiti non era appiccicoso e non c'erano strane sostanze ad incollare le suole al pavimento. Poteva ritenersi soddisfatta e questo giudizio non era influenzato dal baco appena dato al barista. Cazzo. Il senso di colpa tornò a bussare alla sua coscienza, agendo di nuovo sulla sua morale e rimproverandola. «ma mi accontento anche delle donne»eccola di nuovo, la voce civettuola di chi sta sfacciatamente provandoci con il ragazzo che serviva alcol. Ancora una volta il senso di colpo le arrivò come un'ondata di calore, provocandole un fremito, ma ancora una volta quella puttana della coscienza era arrivata con largo ritardo, non facendo il suo lavoro per impedirle di dire stronzate. E invece di stronzate stava dicendone anche troppo, considerati i suoi standard elevati. Il loro gioco stava continuando e una Black ubriaca portava a una Black molesta e niente affatto disposta a perdere. Le sue sinapsi, rallentate dalle molecole di rum, ci misero qualche tempo ad elaborare la frase pronunciata da Dean, tanto che ormai le labbra del ragazzo si premettero con grande forza sulle sue. Inspirò per la sorpresa, per la forza di quel gesto, per la veemenza con cui la passione di Deanna aveva travolto la Black. Brividi di piacere corsero lungo la sua schiena, mentre un lieve giramento di testa la raggiungeva, se fosse colpa dell'alcol o delle doti del baciatore non avrebbe saputo dirlo, quando il bacio finì. Aveva il fiato corto, il petto si alzava e abbassava a un ritmo superiore al normale. Si chiedeva quale carta sfoderare ora, infondo era il suo turno, ma il ragazzo si mosse per primo. Con una proposta allettante. Da qualche parte nella sua mente una vocina la rimproverò di non cedere a questa trappola-tentazione, ma ad un tono così basso che attraverso i fumi dell'alcol che annebbiavano la sua mente non arrivò alcun monito. Afferrò il suo bicchiere e terminò di bere il rum rimasto al suo interno, svuotando il contenitore del liquido ambrato, poi si alzò in piedi, posando le mani sul bancone per reggersi in piedi e con una mano di appoggio girò attorno al bancone che la separava da Dean e dal reparto alcolici. « Mostrami come si fa.» allungò la mano libera verso il ragazzo per farsi portare nel luogo vietato agli estranei e dove sicuramente i clienti non erano ammessi. Almeno non quelli ordinari. Che cazzo stai combinando?

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    DEAN LAWRENCE
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    Coraggio liquido. Era così che goliardicamente chiamavano l’amico alcol durante gli anni di Hogwarts dove come minorenni non avrebbero potuto bere una sola goccia di alcol e il solo nominarlo avrebbe causato loro guai. Era stato qualche secchione di Corvonero, loro erano i più alcolizzati di tutti, a prendere il nome dalla Felix Felicis che invece è fortuna liquida. Nella torre di Grifondoro, sede del coraggio, ovviamente non poteva mancare questa componente liquida. Sotto un asse del pavimento del suo dormitorio nascondeva la sua personale scorta, ma con un po’ di ingegno si potevano trovare riserve di coraggio liquido nelle intercapedini sul muro o nascosti dietro qualche quadro con la cornice particolarmente spessa. La Signora Grassa era una grande amante di un liquore rosè e in cambio di una sua personale bottiglia manteneva il silenzio dei cravattini rosso-oro. Questo episodio gli ritornò in mente notando lo slancio con il quale la Black ingollò l’ultimo sorso di rum rimasto nel suo bicchiere. Coraggio liquido. Ora scorreva nelle vene della donna che si alzò dallo sgabello reggendosi al bancone. Dean sorrise, anche se in realtà stava impazzendo dentro per che già si immaginava cosa sarebbe successo nel giro di poco, quando lei sarebbe arrivata dietro al bancone. Anche se sapeva che stava commettendo una serie di errori, dal portare una cliente nel retrobottega al approfittarsi di una donna palesemente ubriaca, afferrò la mano della strega e la guidò lungo lo scalino che sopraelevava il pavimento del bancone, poi con una frustata la attirò verso di se. Era come un passo di danza che nella sua mente doveva essere anche elegante da vedere, ma si rivelò un totale disastro, entrambi erano impacciati e lui si ritrovò la Black a impattare sul suo petto. Un brivido corse lungo la sua schiena e tutto intorno al punto in cui, attraverso la maglietta che indossava, sentiva I calore della donna. Come sta il rossetto? domandò con voce ironica, un tono basso in un sospiro perché sapeva bene a cosa aveva portato questa frase detta in precedenza.
    Cercó di comporsi anche perché non gli andava di attirarla con una palese bugia. “ Ti reggi in piedi?” chiese prima di lasciarle la mano e allontanarsi da lei o se la sarebbe presa proprio in quel momento, sul bancone del locale ignorando clienti e il suo capo.
    “Bicchiere” spiegò prendendone due e mettendone uno nella sua mano. “ Ghiaccio” indicò la vaschetta con dentro Infiniti cubetti di ghiaccio e una paletta apposta. Ne mise un po’ nel suo bicchiere, poi gliela lasciò. C'era bisogno di una vasca intera di quei cubetti per placare il bollore che ancora invadeva il suo spirito e anche qualcos'altro laggiù.“Rum, è questo qui color ambra” afferrò la bottiglia e con uno scatto del polso la mise a testa in giù, riempiendo il bicchiere fino a metà “ fino a metà” spiegò per poi lasciarle la bottiglia appoggiata vicino. “Soda” aggiunse quella che sembrava acqua frizzante per un altro quarto “fino qui. Poi mettiamo la polvere di stelle” prese una bottiglia blu con delle scintille argentate e ne aggiunse fino a riempire quasi del tutto il bicchiere “mescoli ed è fatto.” Concluse la preparazione con un cucchiaino a gambo lungo con il quale giró in ampi vortici il cocktail appena fatto.
     
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    Cheyenne Luna Black
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    Tutto intorno alla Black il mondo vorticava vistosamente in una confusa macchia dai colori sfalsati, troppo veloce per convertirli in sagome e forme. Aveva ingollato due bicchieri di Jupiter Rum, ancora non aveva avuto modo di valutare se questo fosse stata una decisone saggia o meno ma una certa voce critica nella sua mente le stava suggerendo - urlando - che quella sera non era la decisione meno saggia che avesse preso. Muoversi sui tacchi fino al bancone, oltrepassando quel limite invalicabile o che tale era sempre sembrato, era sicuramente da annoverare tra quelle scelte poco sagge di cui sopra, oltre ad essere più difficile del solito. Solo l’appoggio al bancone, per quanto appiccicoso e lurido, le aveva impedito di franare rovinosamente al suolo. Il mondo riprese a girare velocemente, prima lontano e poi vicino, poi caldo. Sentí il calore di Dean avvamparle addosso, mentre prendeva consapevolezza dei loro corpi vicini, la sua mano stringeva forte quella del barista che ora era il suo unico appiglio. Gli occhi scuri della Cheyenne indugiarono su quelli del uomo, belli e penetranti, così intensi da cogliere appena di sfuggita la sua domanda. La sua attenzione, che corrispondeva anche alla sua messa a fuoco, si posò sulle labbra colorate di rossetto del uomo. Era leggermente sbavato ma non le importava, le labbra carnose della Black - incorniciate dallo stesso rossetto- si schiusero in un sospiro carico di Eros. In quel momento tutto l’alcol che aveva in corpo annebbiava ogni suo ragionamento e le mere pulsioni prendevano il sopravvento. Fu brusca l’interruzione di quel momento: Dean lasciò la sua mano e si allontanò, mentre la voce nella sua mente le stava dando della stupida idiota per essere stata così tanto attratta da un ragazzo che probabilmente aveva a che fare con belle donne ubriache oltre il bancone tutte le sere. Ritrovata una certa lucidità annuì vigorosamente con la testa alla su domanda se si reggesse in piedi e leggermente instabile si spostò per seguirlo nei movimenti esperti. Il mago si muoveva con grande naturalezza e scioltezza dietro al bancone, non era solo il suo lavoro ma lo appassionava, si trovò a pensare e per l’ennesima volta in quella sera si trovò anche a pensare che non fosse poi solo un bel faccino, anche se restava la sua qualità migliore. Si trovò con un bicchiere in mano, tristemente vuoto, a seguire le indicazioni precise e puntuali del barista: prese del ghiaccio e lo mise nel bicchiere, poi il rum venne versato ben oltre la metà consigliata e suggerita, molta meno soda e molta più polvere di stelle. Girò il cocktail nel bicchiere e lo guardò con sguardo critico. « Bisognerebbe aggiungere un limone » osservò puntando lo sguardo dal cocktail al ragazzo, con aria di sfida e un sorriso malizioso a incurvare le labbra, avvicinandosi non troppo stabile. Nella sua mente probabilmente stava rabbrividendo per la sua sfacciataggine unita alla battuta di poca classe che aveva appena fatta, oltre ad essere squallida assolutamente patetica. Tanto valeva che si fosse spogliata lì all’istante per far capire le sue reali intenzioni.

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    DEAN LAWRENCE
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    Dopo l’ultima strigliata ricevuta da Gnarlak per aver permesso a un gruppo di goblin ubriachi, parenti suoi in qualche modo, di svaligiare mezza cantina aveva deciso che sarebbe stato più attento e un barista maggiormente diligente. Nessun cliente dietro al bancone era in qualche modo diventata la sua regola d’oro, un mantra da seguire pedissequamente senza alcuni sgarro, ma tutti i suoi buoni propositi erano andati in fumo da un pezzo. Non era ubriaco eppure si sentiva inebriato dalla situazione che stava vivendo, come se non avesse reale controllo delle sue azioni che erano una traduzione senza freni delle sue pulsioni più animali. Osservava Cheyenne muoversi instabile sulla piattaforma rialzata dietro al bancone, pensando alle implicazioni che avrebbe potuto avere se fosse caduta e avesse battuto la testa o se si fosse tagliata con un bicchiere rotto e decidendo infine di mandare al diavolo ogni banale regolamento di antinfortunistica che persino The Blind Pig avrebbe dovuto seguire. Quel locale era la feccia più feccia di tutta New York, una topaia che pure aveva grande successo grazie al suo stile trasandato. Prima di ricevere una multa perché un cliente era dietro al bancone ci sarebbero state altre decine di infrazioni ben più gravi, dal lampadario storto che pendeva come una soda di Damocle sopra la testa di Earl, ai chiudi che sporgevano da alcune serie punzecchiando le chiappe dei clienti o strappando la stoffa dei vestiti, senza considerare le condizioni igieniche di quel posto e questo pensiero bastò per rafforzare il suo mandare affanculo tutti i suoi buoni propositi. Il Lawrence non era un cattivo ragazzo, non aveva brutte intenzioni e non si era mai spinto oltre a questo limite ne lo avrebbe mai fatto, anche considerando che la strega che stava armeggiando con il ghiaccio era visibilmente ubriaca e disinibita non avrebbe approfittato di lei soltanto per trarre vantaggio da questa situazione. Dean aveva un cuore nobile, oltre alla certezza di non aver bisogno di una violenza sessuale per stare con qualcuno, il solo pensiero lo aberrava, motivo per cui stava prendendo la situazione per quella che era: un gioco. Un gioco dove il sesso aleggiava ne l’aria insieme alla cortina di fumo che rendeva sempre appannata l’aria del locale, una sfida che andava a stimolare certi desideri e che accendeva alcuni fuochi, ma in quanto partita andava giocata da entrambi gli sfidanti. Se Cheyenne avesse dato forfait il gioco sarebbe finito e bom, senza alcun risentimento. Ma la strega dalla pelle d’ambra non sembrava avere alcuna intenzione di lasciare il gioco.
    “L-limone?” interdetto dallo sguardo malizioso e da quel sorriso, quelle labbra che aveva baciato e che voleva ancora baciare, cogliendo una esplicita richiesta ci mise un attimo ad elaborare. Era pur sempre un uomo e quando il sangue è concentrato altrove il cervello viaggia più lentamente. Inspirò a fondo, cercando di capire lo stato psicofisico della donna: era davvero in grado di intendere e di volere? Si avvicinò, sfilandole il bicchiere con il cocktail dalle mani e portandosela alle labbra. Era forte, davvero carico, constatò bevendone un grosso sorso. Fortuna liquida. Forse ne avrebbe avuto bisogno, anche se sembrava che tutto stesse giocando a suo favore. Prese tempo riordinando le idee, appoggiando il cocktail della Black sul bancone con un “È buono” disse con voce incrinata dalla roca passione che si addensava nel suo corpo. Voleva di nuovo quelle labbra, voleva prendersele ancora una volta anche con il rossetto sulle labbra, anche a costo di aver rossetto ovunque e sapeva bene quanto fosse difficile lavar via il rossetto. Ma si trattenne, ancora legato per un sottile filo ai suoi buoni propositi nonostante stessero andando tutti al diavolo.
    Indugia per qualche istante, abbastanza da permettere alla strega di seguire il suo sguardo, su una ciotola con dei limoni posata sotto la vetrina con tutte le bottiglie, poi posa di nuovo lo sguardo sulla donna, indugiando a lungo sulle sue forme. Mente poi spudoratamente, di proposito “Sono nella dispensa” ammiccò, avviandosi verso la porticina che separa il locale dal magazzino. Se Cheyenne lo avesse seguito, consapevole che sia una palese scusa, si riterrà libero di cercare ancora una volta le sue labbra altrimenti...sarà stato un bel gioco con una fine accettabile.
     
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