[ESPERIENZA 10] - mayday

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    [Esperienza 10]
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    M A Y D A Y

    chapter 1

    Attraverso i grandi occhi nocciola di Helena Afterwards il mondo appariva come un parco giochi di possibilità e buone intenzioni, un posto magico che la cattiveria del mondo dei grandi non aveva ancora infettato con il suo velenoso essere, un mondo che poteva essere dipinto con questi colori di speranza soltanto da una bambina di 7 anni. Alla sua età la più grande preoccupazione che avesse era fare in modo che Gerlad, il gatto dal pelo fulvo dei vicini, non spaventasse la piccola comunità di gnomi che infestavano il prato antistante alle loro case e il suo più grande sogno era poter avvistare una fata o un unicorno. Sapeva che era molto difficile che potesse accadere di vederli in una cittadina affollata e piena di insediamenti umani come era Hogsmede ed era per questo motivo che con sua mamma, Lia Graham, si avventurava ogni fine settimana oltre i confini della cittadina per andare alla ricerca di fate. Era il momento della settimana che preferiva, più della cioccolata calda con panna e dei pancake, lo aspettava con la stressa trepidazione con la quale ogni bambino babbano aspetta l'arrivo del Natale e dei suoi doni. Purtroppo, per un periodo di tempo che al suo giovane spirito era sembrata un'eternità, non avevan più potuto andare alla ricerca delle fate, ma la madre le aveva assicurato che d'inverno con la neve era improbabile che uscissero dalle loro case sugli alberi, preferendo il tepore domestico e per Helena questa spiegazione aveva perfettamente senso.

    Ma c'erano crude verità che agli occhi nocciola dell'innocenza venivano celate, verità che avrebbero strappato troppo presto dalla spensierata infanzia il cuore puro della bambina che doveva essere protetto. Era per questo motivo che Lia aveva raccontato alla figlia che dovevano interrompere le loro passeggiate per qualche mese, il fatto che fosse accaduto in inverno le aveva dato la possibilità di raccontarle quanto poco le fate amassero il freddo e che fino alla primavera non si sarebbero fatte vedere, una storia che aveva convinto quasi immediatamente la bambina, togliendo la madre dall'incombenza di dirle la verità. Infondo, si era detta rigirandosi nel letto in una delle molte notti insonne, era una bugia a fin di bene, non aveva senso preccupare Helena per il suo stato di salute, una questione che si sarebbe risolta nel giro di qualche mese. L'incidente, così definiva tra se e se il fatto, era avvenuto in un pomeriggio di lavoro nel suo laboratorio di manufatti. Lia Graham adorava collezionare manufatti babbani e magici, antichi e misteriosi, studiarne la magia che li animava o i componenti di tecnica innovativa che stavano sviluppando i babbani, comprenderla ed estrapolarla per re-inventarla e adattarla. Era un lavoro molto dispendioso, sia mentalmente che economicamente, ma la passione che l'animava non l'aveva mai fatta pentire della scelta di vita intrapresa. Certi periodi erano duri, da quando il marito era morto il suo stipendio bastava appena a mettere in tavola due pasti e per finanziare le sue ricerche, ma capitava di inventare oggetti che le venivano pagati diversi galeoni. Erano eventi occasionali e mossi da mera fortuna, si riteneva quasi miracolata se questo avveniva più di una volta l'anno. Ma la fortuna le aveva voltato le spalle quando, in una mattina di inizio ottobre, esaminando un misterioso manufatto di natura celtica - poteva dirlo per via di alcune incisioni che ricordavano le rune, ma non era nulla di simile al Fuþark antico- era esploso tra le sue mani. Istintivamente aveva lasciato cadere la scatole e la deflagrazione aveva intaccato con centinaia di schegge la sua gamba destra. Per questo motivo non aveva più potuto camminare per lunghi tratti per diversi mesi, impedendole di accompagnare Helena a cercare le fate. Mentirle era stato difficile, per una madre è sempre difficile nascondere qualcosa alla figlia, persino se è convinta che si tratti di una menzogna a fin di bene.

    Mano nella mano, Helena molto contenta di tornare a caccia di fate e mamma Lia a passo più lento del solito, stavano attraversando il cuore del villaggio magico passando per una High Street quasi deserta.
    Domenica mattina di un inizio primavera per le vie di Hogsmeade scorreva lentamente e placida, con volti ancora assonnati e solcati da profonde occhiaie, con gente ancora vestita come la sera prima, una ragazza che tornava a casa - o era appena uscita da una porta non sua- con i tacchi in mano incurante di camminare a piedi nudi in una strada che era sporca, fredda e probabilmente piena di germi. Un ragazzo con i primi bottoni della camicia allentati affrontava incurante il vento gelido, forse con troppo alcol in corpo per rendersi conto delle rigide temperature. C’era un gruppetto di studenti con alcuni libri sotto braccio che si dirigevano verso i Tre Manici di Scopa, discutendo già su come scaglionare le portate di cibo e caffè per garantirsi un perfetto apporto energetico durante il gruppo di studio. C’era una nonna che usciva da Mielandia, con una busta piena di caramelle e dolciumi per corrompere qualche nipotino. C’era l’intrecciarsi di volti nuovi e vecchi, di conoscenti e sconosciuti, di passanti ignari l’uno dell’altro ma tutti comparse del quadretto che tratteggiava la vita del villaggio magico. E c’erano una madre con una gamba rigida e con qualche difficoltà a camminare e una bambina che, come un cane a guinzaglio che tira troppo trascinando il suo padrone, non vedeva l’ora di spostarsi dalla vita cittadina per avventurarsi in qualche sentiero alla ricerca di creature incantate.
    «Mamma, mamma, guarda!» cominciò a gridare Helena in un climax vocale in crescendo, tirando la madre con forza e poi lasciando andare la presa, divincolandosi dalla mano materna. «Helena, non ti allontanare. Helena! » la voce della madre si levò stanca e rassegnata, autorevole ma con la patina di chi conosce il suo interlocutore e sa che non lo ascolterà. La bambina, così come qualche passante richiamato da questo siparietto che bruscamente aveva interrotto il placido scorrere mattutino, non sentiva nemmeno più la voce della madre, troppo concentrata a rimirare il fantastico scintillio d’argento. Tra i presenti qualcuno riuscì a cogliere il «May-d-a-y» che proveniva a tratti dal colibrì argentato.

    Helena Afterwards in vita sua non aveva mai visto un Patronus. Non sapeva nemmeno cosa fosse, a cosa servisse, perché si doveva generare e soprattutto che ogni mago e strega abbastanza forte da generarne uno in forma completa poteva affidargli un messaggio. Nella mente della bambina quindi quel bagliore d’argento non poteva che essere una fata. Il cuore della piccola aveva preso a battere così forte che non riusciva a sentire i suoi stessi pensieri, si era dimenticata persino di dove si stesse trovando e della madre lasciata alle spalle, mentre aveva preso a correre a perdifiato dietro alla scia d’argento, scomparendo rapidamente dalla vista della mamma. Il sentiero che aveva intrapreso iniziava con la consueta pavimentazione di High Street ma si faceva via via più impervio e dismesso, e dove prima c’era il selciato di pietra lastricata ora iniziava a sorgere del muschio sempre più fitto e man mano la natura aveva preso possesso della via percorsa dalla bimba. Anche il Patronus, già troppo debole alle porte di Hogsmeade, si era dissolto lasciando la piccola disorientata e incapace di capire da dove fosse venuta.
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    -Mh.-

    Lo sguardo bicromatico di Adeline, seguiva con scrupolosa attenzione i movimenti agili e leggeri di quel nuovo – anche se in effetti tanto atteso – membro della sua stretta stretta ma davvero stretta famiglia.
    Se ne stava lì, seduta sul suo morbido divano bianco stracolmo di cuscini, le gambe e le braccia incrociate sebbene l'intera esile figura fosse nascosta da una di quelle calde e gigantesche coperte che lasciava sempre in giro, pronte per ogni evenienza – quando si dice “circondarsi dei beni di prima necessità”-.
    Da quel fagotto di cuscini e coperte spuntava solamente il naso, lo sguardo marino e la sua spettinata chioma dorata, anch'essa ad ogni modo semi nascosta da uno dei suoi cappelli con pon pon grigio/azzurri.
    Era così strano avere qualcuno in giro per casa.
    Così strano accidenti.
    E badate bene, non che Adeline non ne fosse contenta: per Merlino, aveva atteso quel giorno così tanto da quando si era trasferita in quel suo nuovo bilocale, era.. era a dir poco entusiasta. Sprizzava gioia da ogni poro.
    Ma ecco.. ecco era comunque così strano.
    -Signorina, vuole che le porti una tazza di thè?-
    Adeline si riscosse con un piccolo sobbalzo dai suoi pensieri, riportando l'attenzione là dove l'aveva persa un attimo prima: -No Abe, grazie. E sul serio, puoi chiamarmi Adeline, o ancora meglio, Ad.-
    Sorrise, mentre il laborioso elfo domestico tornava alle sue faccende e – pensò mentre il sorriso si faceva più ampio – al suo enorme enorme quantitativo di chiacchiere.
    Aveva messo piede nel suo modesto appartamento da appena un paio d'ore, e quella piccola creatura dai grandi occhi azzurri era riuscita già a metterla completamente a soqquadro – nel senso più buono e parlottaro del termine.
    Seppur estremamente cordiale e scrupoloso nei suoi confronti e nello svolgere le proprie mansioni, Adeline già adorava quel che pareva essere una delle caratteristiche portanti di quel piccolo concentrato di simpatia, puntiglieria, autonomia e sicuramente ancora qualche altro termine con finale in -ia.
    In altre parole, sconcerto o non sconcerto per avere finalmente qualcuno in casa che non fosse sua zia Ada, Adeline in trenta secondi netti si era follemente innamorata di quella creatura:
    -Abe io.. credo che ora uscirò un po', per fare due passi sai. Non aspettarmi per pranzo ma .. beh serviti pure, ovviamente.-
    Esordì quindi poco dopo, un po' titubante circa le modalità con le quali si sarebbe dovuta rivolgere all'elfo, ma rassicurata immediatamente dopo dall'idea che, in fondo, l'unica cosa veramente importante era che si trovassero bene assieme loro due e basta, a modo loro.
    -Ma.. ecco, la signorina Ad uscirà così?!-
    Gli enormi occhioni celesti si sgranarono un poco mentre Adeline, ancora avvolta nella sua coperta e con tanto di cappello con pon pon, scoppiava a ridere: -Oh no accidenti, andrò a cambiarmi prima!-



    Nel complesso, Adeline quella domenica mattina era particolarmente contenta.
    Contenta perchè finalmente non era più sola in casa, contenta perchè già adorava quel qualcuno che d'ora in avanti avrebbe trovato in casa ad aspettarla, l'avrebbe aiutata nelle faccende di tutti i giorni ma con cui, soprattutto, avrebbe condiviso le gioie - e le tragedie, ma anche le banalità – del quotidiano.
    Sua zia Ada nel corso dell'infanzia non era stata di certo la coinquilina ideale sotto questi aspetti, la scuola ormai era finita da un pezzo, e gli ultimi anni Adeline in un modo o nell'altro lì aveva trascorsi così..in solitudine. Da quando aveva traslocato però, la scelta di cambiare certi aspetti della sua vita era stata ferreamente assoluta.
    Il bilocale che aveva comprato era in pieno centro, proprio davanti ad uno dei pub più rinomati di Hogsmeade e quindi sulla sua strada principale, High Street.
    Sul lavoro è vero, si stava ancora impegnando tanto concentrandosi più sulle mansioni effettive da svolgere che sulla socializzazione, ma d'altronde ci sarebbe stato il tempo anche per quello.
    Al di fuori del lavoro poi.. c'erano quelle. Le passeggiate domenicali.
    Che Adeline voleva far divenire un'abitudine fissa, soprattutto di prima mattina, quando l'aria era ancora frizzantina, la popolazione magica riversa per le strade era più stravagante che mai e lei... lei si sentiva davvero al suo posto.
    Dopo aver optato per dei pantaloni in simil pelle e cuoio neri, stivali al ginocchio e maglioncino nero per un look total black in perfetto contrasto con il suo umore, Adeline era scesa in strada inspirando a pieni polmoni l'aria fresca che subito le aveva punto le guance.
    Questa volta il cappotto grigio era rimasto nell'armadio, sostituito da un classico chiodo che per una mattinata, seppur decisamente fresca, primaverile le era sembrato più che appropriato: avrebbe fatto una passeggiata lungo l'intera via principale del paese e, se ne avesse avuto voglia, si sarebbe anche fermata a comprare qualche leccornia per lei ed Abe.
    Era con questo spirito e con le mani rigorosamente in tasca quindi, che una volta giunta circa a metà della tortuosa ma ampia stradina, persa come suo solito nello scrupoloso studio delle persone a lei circostanti..
    -Helena, non ti allontanare. Helena!-
    Adeline inizialmente sorrise, seguendo con lo sguardo quella bimba tanto curiosa e vivace quanto probabilmente lo era lei alla sua età – per non parlare di adesso.
    Le iridi bicromatiche saettarono così dalla bambina, alla madre, a.. ciò che in effetti, tanto aveva suscitato scalpore nella piccola: dal peculiare baluginio di riflessi argentati, seppur piccolo e debole, quello doveva essere sicuramente un Patronus. Stava recapitando un messaggio magari? Da quella distanza, Adeline non riusciva a sentirlo sebbene il quadretto rientrasse comunque nel suo campo visivo.
    La strega si incuriosì, inclinando di un poco la testolina dorata e cercando velocemente lo sguardo della madre della bambina - a cui, tuttavia, nel susseguirsi rapido degli attimi seguenti non fece caso se effettivamente fu ricambiato o meno: il Patronus infatti si stava allontanando, seguito in fretta dalla piccola streghetta, che in testa probabilmente aveva tante cose, ma di certo non la figura materna che a stento le poteva stare dietro.
    Senza pensarci due volte, la ex Corvonero così si mise all'inseguimento della piccola: -Ehy, aspetta!-
    Tentò invano, consapevole che se quella bambina aveva anche solo la metà della curiosità che da piccola muoveva lei nelle sue esplorazioni.. avrebbe anche potuto bombardarla ma di certo non si sarebbe fermata.
    E meno male che aveva detto ad Abe di lasciar perdere il pranzo.
     
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    Aries Black
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    “Brave and cunning
    Seduto su una vecchia panchina al lato della High Street, Aries se ne stava quasi stravaccato sullo schienale. La gamba destra era accavallata con la caviglia all'altezza del ginocchio della sinistra, mentre tra le mani stringeva la copia odierna della Gazzetta del Profeta, curioso di conoscere le ultime notizie provenienti dall'Inghilterra. Per fortuna, i collegamenti tra Ilvermorny, la scuola che frequentava e Hogwarts erano ancora attivi, permettendogli di visitare il villaggio inglese, e viceversa, di far venire studenti inglesi in territorio americano durante i fine settimana. Ecco perchè, quella mattina, Aries si trovava lì. Era da quando era tornato a scuola dalle vacanze di Natale che non vedeva l'ora di visitare nuovamente il villaggio di Hogesmeade, così come visitare Londra, che si stava riprendendo, da quanto poteva vedere dal giornale, da un inverno piuttosto rigido in cui la neve era caduta copiosa rallentando le attività sia magiche che babbane. In quel piccolo angolo di Scozia, per un qualche scherzo del destino, la temperatura era più alta della media stagionale. Insomma, si stava bene. Gli occhi scuri si alzarono per guardarsi attorno quando una risata gli arrivò all'orecchio. Sembrava che un gruppo di studenti, libri alla mano, si stessero recando ai Tre Manici dall'altro lato della strada rispetto a dove si trovava. Avrebbe potuto anche lui entrare nel locale, ma perchè non godersi quei tiepidi raggi di sole che erano così rari in Inghilterra? Tutto il contrario di quanto accadeva, di quei tempi, sul monte Graylock, che invece era pieno di neve che quasi arrivava al ginocchio. Gli occhi colsero la figura di una donna che si allontanava di fretta sul lastricato della via a piedi scalzi, le scarpe in mano. Se si fosse basato sui pregiudizi, avrebbe detto che si trattasse di una che esercitava uno dei mestieri più antichi del mondo, ma chissà, forse era solamente una ragazza le cui frequentazioni non erano approvate dalla famiglia. Aries era appena tornato con gli occhi sul giornale, quando una voce appartenente ad una bambina, che si alzava in un crescendo di volume nelle sue vicinanze, lo costrinse ad abbassare il giornale per scoprire il motivo di tanta agitata gioia. Fu in quel momento che scorse quello che sembrava una piccola palla di luce allontanarsi e la piccola seguirla contenta nonostante le rimostranze della donna alla quale la bambina era scappata di mano.
    Aries piegò il giornale e lo abbandonò sulla panchina, per poi posare la mano sull'impugnatura della bacchetta mentre seguiva la ragazzina. Sopra le grida di giubilo della piccola Helena infatti, Aveva colto una voce provenire da quella specie di sferetta opalescente, qualcosa che suonava come un “May d-a-y” Poteva essere un segnale di qualche tipo, un codice oppure, più probabilmente, una richiesta d'aiuto. Aveva abbastanza conoscenza del mondo babbano per sapere che quella frase era usata dai piloti di aerei per segnalare di star precipitando. Era forse quello il caso? Qualcuno aveva mandato un messaggio in qualche modo a lui sconosciuto per segnalare che era caduto dal proprio manico di scopa da qualche parte? Aries aggrottò le sopracciglia e passò vicino alla donna
    «Stia tranquilla signora» disse, stavolta sfoderando la bacchetta. Se avesse trovato qualcuno più in là, ne avrebbe avuto bisogno per lanciare un segnale di pericolo e cercare, per quanto potesse di dare una mano allo sventurato «Vado a vedere che succede e le riporto sua figlia» Esclamò, infilando anch'egli la strada dove aveva visto sparire la piccola ed un'altra giovane donna, probabilmente come lui lanciatasi all'inseguimento della bambina.
    «Ehi bambina, aspetta! Fermati!» Avrebbe detto, nella speranza un po' vana che la piccola Helena obbedisse al suo richiamo.

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    M A Y D A Y

    chapter 2

    Non aveva mai pensato, mai nemmeno ne aveva contemplato la possibilità, di potersi perdere. Eppure Helena, ora che l'adrenalina che scorreva nel suo esile corpo stava svanendo, cominciava a realizzare di essere in un posto che non conosceva. Non sapeva dove si trovasse e guardandosi intorno riusciva solo a vedere arbusti dalle forme inquietanti e spaventose, pini dagli aghi verdi e alberi spogli che si stagliavano introno a lei. Riusciva solo a vedere vegetazione, altri arbusti, altre piante, ma girando intorno - aveva calpestato così tanto l'erba e le felci da appiattirla come se ci avesse dormito sopra un capriolo - non sapeva dire da che parte era arrivata. E continuare a girare introno la disorientava sempre di più. Helena Afterwards avrebbe voluto piangere, gli occhi le pizzicavano mentre tratteneva le lacrime, perchè sapeva che se non fosse tornata quanto prima dalla madre sarebbero stati guai severi. L'idea di dover passare altri mesi chiuse nella loro casa, ampia ma per lei troppo stretta e oppressiva, la terrorizzava più di quanto non lo facesse l'idea di essersi persa. Se restare ferma in attesa che la madre la raggiungesse era la più saggia delle sue alternative, ammesso che l'avesse pensata, decise di non coglierla: la fata che aveva visto sarebbe riapparsa, ne sarebbero giunte altre, e poi lì da qualche parte c'era Hogwarts. Si abbassò per passare sotto - o dentro era poco chiaro- un fitto arbusto e continuare a muoversi, nella speranza di raggiungere la madre o il popolo delle fate. Una ciocca di capelli restò impigliata in uno spino, ma lei si era mossa così rapidamente che non si era quasi accorta del dolore alla nuca provocato dallo strappo.

    Intanto la situazione sulla High Street si evolveva rapidamente. La madre aveva provato a muovere dei passi veloci, ma la ferita alla gamba le impediva questo tipo di sforzo e anche lei era consapevole di non poter reggere per troppo tempo questo tipo di sollecitazione. Ma si trattava di Helena, la sua bambina, quello che restava della sua famiglia, del suo amato marito. Due giovani vennero in suo soccorso, una donna che era partita quasi immediatamente all'inseguimento della bambina, un ragazzo che aveva prima cercato di rassicurarla e poi era corso anche lui verso il sentiero intrapreso dalla sua Helena. «Merlino vi benedica! » augurò all'improvvisata squadra di ricerca, mentre anche lei, lenta ma determinata, si incamminava sulla medesima direttrice.

    Adeline Walker correva veloce, più veloce di una bambina di sette anni che inseguiva le fate, ma dovette ben presto arrendersi all'agilità dimostrata dalla piccola Helena, rimasta in vista per un po' di tempo e poi persa nell'erba alta che aveva ricoperto la strada per Hogwarts, facendola diventare un tutt'uno con la foresta. Steli d'erba ingialliti per il freddo inverno si stagliavano ricordando quasi una savana, mente rovi si attorcigliavano su se stessi e correvano sul terreno, emettendo sordi colpi ogni volta che la ragazza li calpestava. Lei stessa non avrebbe saputo vedere a punta dei suoi piedi, tanto fitta e impervia si faceva la vegetazione. Ma guardando con attenzione avrebbe notato il punto esatto in cui la bambina era passata, anche se poco robusta era sufficiente per appiattire la strada e indicare la via, seguendo questo sentiero avrebbe trovato il punto in cui Helena si era fermata a riflettere prima di intraprendere un nuovo percorso. E proprio capire la direzione che la bambina aveva preso era la nuova sfida che le si presentava dinnanzi.

    Poco più indietro anche Aries Anaken Black metteva in moto tutti i suoi muscoli per partire all'inseguimento delle due, ma sulla strada che lo avrebbe portato dritto da loro individuò un bagliore d'argento. Lui, studente di Ilvermorny, sapeva perfettamente riconosce un Patronus anche quando non appariva in forma completa, con il tipico bagliore argentato che stava di nuovo dissolvendo la figura del colibrì. Troppo lontano per poter coglierne il messaggio questa volta. Se avesse deviato a sinistra, verso alcuni pini e cespugli, sarebbe andato incontro al patronus, proseguendo dritto invece si sarebbe mosso intraprendendo il medesimo percorso della strega che lo aveva preceduto.
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    “Brave and cunning
    Fu tentato di rispondere per educazione alla signora, pur chiedendosi come Merlino avrebbe potuto benedirlo se non era un santo. In ogni caso, Aries non perse tempo e cominciò a procedere spedito, correndo ma allo stesso tempo attento a dove metteva i piedi. Il terreno era abbastanza sconnesso, e mentre il suo cuore pompava ad un ritmo più veloce del normale, aveva già deciso di accodarsi alla giovane donna che lo aveva preceduto e del quale non sapeva neppure il nome quando con la coda dell'occhio vide uno scintillio argentato alla sua sinistra, che lo portò immediatamente ad arrestare i suoi passi, bloccandosi nel mezzo della piccola strada dissestata.
    Aveva studiato abbastanza Difesa contro le Arti Oscure, una delle sue materie preferite, tra l'altro, per riconoscere in quel bagliore argenteo un incanto Patronus. Certo, non era completo e non aveva assunto la tipica forma dell'animale che solitamente maghi capaci riuscivano ad evocare. Che fare, dunque?
    Aries prese in fretta una decisione, dirigendosi verso la macchia di pini e cespugli dove aveva visto sparire il patronus. Cautamente, estrasse la bacchetta di faggio dalla tasca in cui la teneva riposta, la levò in modo che la punta si trovasse all'altezza del petto e cominciò ad avanzare, gli occhi scuri che cercavano di catturare un qualsiasi dettaglio che gli appariva fuori posto mentre procedeva con cautela, cercando di fare il meno rumore possibile. Confidava nel fatto che l'altra ragazza avrebbe presto trovato la bambina e l'avrebbe riportata da sua madre: d'altronde, sembrava più grande di lui ed era sicuro che una strega adulta avrebbe potuto cavarsela egregiamente anche da sola.

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    -Merlino vi benedica!-

    Adeline diceva tante cose con Merlino in mezzo ma quasi mai queste implicavano una benedizione.
    Questione di abitudine - o di maleducazione, l'avrebbe rimproverata qualcuno, anche se di certo non sua zia Ada visto che era stata la prima ad iniziarla al vocabolario più forbito che la strega conoscesse tutt'ora.
    C'est la vie.
    La biondina, già di di corsa, aveva velocemente alzato un braccio in segno di muta risposta alla strega che, ormai rimasta decisamente indietro, aveva ringraziato lei e .. boh.
    Le iridi bicromatiche della ex Corvonero infatti, non volendo perdere di vista quella cucciola di strega più svelta ed agile del previsto, non avevano potuto vedere il giovane mago che similmente a lei, era accorso in aiuto della sconosciuta, ma quantomeno i neuroni bronzo blu ebbero il tempo di ipotizzare l'idea un istante prima che Adeline tornasse a rivolgere completa attenzione al suo bersaglio mobile.

    -Mphf.-
    Si lasciò scappare dalle labbra socchiuse, ringraziando diverse divinità per la quantomeno sufficiente preparazione atletica – chiamiamola così, dai – che le permetteva, scarponcini non adatti alla corsa inclusi, di restare dietro alla streghetta... per i primi quindici secondi circa.
    Adeline si fermò, arrendendosi all'idea che aveva appena perso completamente di vista la bambina.
    L'aveva inseguita sino ad imboccare quella che era l'ormai incolta e serpeggiante strada che portava ad Hogwarts, la sua vecchia scuola, ma attualmente della piccola sembrava non esserci più traccia.
    Un velo di sudore ad imperlarle la fronte – troppo buona ad averla chiamata preparazione atletica mh - le mani da pianista furono portate ai fianchi, mentre la testolina dorata si muoveva leggermente e lo sguardo marino osservava attento l'ambiente circostante:
    sembrava di essere in una foresta. L'erba lasciata crescere, abbattuta unicamente dal gelo e dalla neve delle ultime settimane, si presentava lunga, troppo lunga, ingiallita e disordinata.
    I rovi che ne facevano da padrona poi complicavano ancor di più la situazione, ed Adeline non si sorprese quando notò che la vegetazione infittita le arrivava sin sopra alle caviglie.
    Prese un lungo respiro, e veloce afferrò con la mancina la bacchetta, sino a quel momento al sicuro nel suo rifugio in cuoio legato alla coscia sinistra.
    Si guardò indietro, là da dove era venuta, mormorando subito dopo un -Guidami- al catalizzatore perchè tramite l'incanto quattro punti avesse presente la direzione dalla quale era arrivata e.. la direzione che stava per prendere.
    Agile, veloce e piccola quanto voleva quella streghetta, ma d'altronde ogni corpo ha un suo peso ed una sua massa, ed Adeline- già abituata per lavoro all'inseguimento e ritrovamento delle più disparate creature, magiche e non – sapeva che in fondo si trattava come al solito di trovare e seguire delle tracce: e in quello per fortuna, sì che era allenata sul serio.
    La londinese riprese così a muoversi, seguendo quello sfocato sentiero creato dai passi leggeri della bambina avanti a lei che un suo sguardo più attento era riuscito a distinguere in quel groviglio di erba e piante selvatiche.
    Poi, una manciata di minuti dopo, un lieve abbozzo di sorriso sul volto diafano della ex Corvonero, finalmente di fronte ad un piccolo nido di confusione.
    La chiamò così, tra sé e sé, quella limitata parte di vegetazione schiacciata dal peso del dubbio e della confusione per l'appunto, che probabilmente – ipotizzò la biondina – aveva visto poco prima la streghetta indecisa sul da farsi: accidenti quante volte le era capitato da bambina, nelle sue escursioni in solitaria degli ampi appezzamenti di terreno che circondavano il manor di famiglia.
    La strega si pose al centro di quel “nido” e si abbassò, molleggiando un poco sulle ginocchia per porsi all'ipotizzata altezza di quella piccola sconosciuta, osservando così lo spazio circostante da quel punto di vista: piante. Piante ovunque, arbusti, rovi, altre piante.
    Una bambinetta sola, lontana dalla madre, all'inseguimento di un lontano bagliore che agli occhi di una giovane adulta come Adeline era chiaramente un fioco patronus, ma a quelli ingenui e inesperti di una bimba come lei.. cosa poteva essere, se non sinonimo di avventure, scoperte e Morgana sa cos'altro?
    Lo sguardo verde azzurro scrutava attento, alla ricerca di dettagli, indizi, qualsiasi cosa le fosse tornata utile in quel bizzarro inseguimento: poi, così simile al leggero tracciato seguito sino a quel momento, il segno di arbusti spostati di lato ed un peso leggero, ma pur sempre un peso, ad appiattire l'erba sino a ..e quello cos'era?
    La strega si ritrovò inginocchiata sul terreno, il naso ad un soffio da un arbusto spinoso: il pelo di creature magiche e non poteva variare sotto tanti aspetti, lunghezza, colore e sfumature, persino l'odore poteva cambiare. Ma quelli.. quelli erano capelli. Ed essendo all'improvvisata ricerca di una streghetta fuggitiva.. per ora, quella sembrava essere la strada migliore da intraprendere.
    Adeline si guardò ancora un po' attorno, per poi finalmente rialzarsi in piedi e prendere la sua decisione: si sarebbe mossa seguendo l'ipotizzata direzione della bambina, considerando quella piccola ciocca di capelli come un flebile punto di partenza.. seppur il vero obbiettivo rimaneva trovarne ben altri di indizi come quelli, e infine la streghetta stessa, possibilmente illesa.
    Un ultimo sguardo al sentiero dal quale era giunta e poi.. la selva – si sperava – non così tanto oscura.
     
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    M A Y D A Y

    chapter 3

    Nord. Al comando della strega la punta della bacchetta si diresse in quella direzione tendendosi in maniera eloquente nella direzione del punto di estremo settentrione. Le tracce della ragazzina l'avrebbero condotta a Nord-Est.

    Più avanti, nel fitto della vegetazione, improvvisamente la terra sotto ai piedi della piccola Helena aveva iniziato a tremare, scossa come in presenza di un terremoto. Ma le calamità sismiche, più in generale qualunque cataclisma, erano cosa estremamente rara nel mondo magico e in particolare in Inghilterra, ma ancora più ignote erano per una ragazzina di appena sette anni. Istintivamente la piccola si abbassò, inginocchiandosi al suolo e mettendosi carponi, le mani protese in avanti toccavano la terra ricoperta di fango e foglie. Le impronte delle sue mani restarono impresse nel fango per poco tempo, perchè si trascinò in avanti, per sporgersi attraverso i rovi e osservare la causa di tanto trambusto. Zoccoli di cavalli, ne contò almeno una decina, passarono a pochi centimetri dal suo volto, distruggendo il groviglio di rovi e calpestando, fino a ridurlo a una poltiglia che si era mescolato con fango e con le foglie cadute durante l'autunno e che il rigido inverno non aveva spazzato via, rimaste sepolte sotto la neve che era caduta anche di recente. Helena Afterwards non era certamente una bambina da cavalli, altro discorso sarebbe stato se si fosse trattato di un unicorno, ma sapeva, perchè le era stato raccontato dalla madre come per le fate, che erano creature solitarie e che non si muovevano certamente in branco come aveva visto. La terra aveva smesso di tremare e la piccola esploratrice aveva deciso di seguire la strada spianata lasciata dai cavalli, era stanca di sentire le spine infilarsi nella sua pelle o tirarle i capelli. E le fate, creature miti e paurose, sicuramente erano andate in senso opposto a quello dei cavalli.

    La bacchetta estratta da Aries Anaken Black puntava dritta davanti a lui, nella direzione ovest - anche se lui non poteva sapere il suo orientamento in senso cardinale - pronta a scattare alla prima avvisaglia di pericolo. La strada intrapresa dal giovane mago non appariva impervia quanto quella che aveva percorso sulle tracce della bambina, ma andava via via a mutare. Il sottobosco di rovi ed erbacce era meno fitto, lasciava spazio a cespugli di mirtillo e a qualche felce che non raggiungeva i cinquanta centimetri di altezza, intorno fusti di pini si alzavano verso il cielo, rendendo la parte verso la quale si stava avviando il Wampus sulle tracce del Patronus particolarmente oscura rispetto alla luce chiara del mattino. Qua e là c'era qualche giovane pino, più basso e dai rami che toccavano terra, intralciavano la vista e non permettevano una visione ampia del paesaggio in se, ma la visibilità era abbastanza buona. E in questo contesto il mago vide chiaramente arrivare la nebbia argentata formarsi a mezz'aria, a meno un metro di distanza da lui, pulsare di luce propria e agglomerarsi. «C'è poco tempo, aiuto.» questa volta si udì chiaramente una voce acuta, probabilmente femminile, provenire dalla forma del Trochilide che era riuscito a compattarsi. La direzione da seguire a ritroso sulle tracce del Patronus era visibile davanti al ragazzo.

    La Medimag Walker, accovacciata al suolo, individuò i capelli rimasti impigliati nello spino di un rovo indicarle la direzione intrapresa dalla bambina. Eureka! Aveva una traccia da seguire, ma quando si rialzò in piedi, lo sguardo fisso sulla strada da compiere, avvertì chiaramente, anche senza individuare subito la nota stonata di quella situazione, il repentino cambiamento nell'aria. C'era qualcosa di diverso, qualcosa di insolito. D'improvviso il cinguettio allegro degli uccelli che sentivano l'aria di primavera cessò di creare il brusio di sottofondo che anche se non notato c'era sempre stato. E la sua assenza era assordante. E mentre nella sua mente veniva processata questa informazione, il suo istinto avrebbe dovuto reagire a tempo record per schivare l'indefinita sagoma oblunga che puntava dritta su di lei. Passato pericolo avrebbe capito essere una freccia.

    aries anaken black ✖ adeline walker

    ABILITÀ /INCANTESIMI usati nel turno:


    Adeline Walker
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    -Accidenti a me, a Merlino, a Morgana e alle stupide arachidi!-
    D'accordo.
    Adeline Walker amava gli animali, amava le persone, amava la natura anche se per forza di cose non amava le arachidi.
    Ma Adeline Walker sicuramente, non-amava-i-ragni.
    Già.
    Quelle piccole creaturine ad otto zampe, né animali, né tecnicamente insetti.. solo -Stupidi, stupidi ragni!-
    Con un gridolino tutto fuorchè adatto ad una strega della sua età e per giunta nel ruolo di adulta-in-missione-di-salvataggio, la biondina per un attimo si era spettinata furiosamente i capelli, rabbrividendo lungo la colonna vertebrale: con la coda nell'occhio infatti, un secondo prima aveva intravisto un minuscolo aracnide zompettare tranquillamente lungo la sua spalla destra.. e tanto le era bastato per scatenare quella piccola crisi di nervi.
    Ma tant'è. La londinese così aveva poco dopo recuperato il respiro non di certo la dignità, quella ormai era andata e la concentrazione perse per quella breve manciata di secondi: aveva riconosciuto i capelli sottili della bimba sperduta e quindi ipotizzato la direzione presa dalla streghetta. Si era alzata, aveva aperto e chiuso quell'imbarazzante parentesi ad otto zampe ed isteria ed ora..

    Lo sguardo verde azzurro sondò ancora una volta l'ambiente circostante, i polmoni che si riempivano lentamente di quella fresca aria boschiva, rilasciando poi un tiepido miscuglio di anidride carbonica e preoccupazione come moneta di scambio.
    Le era sempre piaciuto quel profumo di fiori, erba e terreno.
    Certo, il clima non era dei più favorevoli.. d'improvviso, c'era qualcosa che non tornava, qualcosa di estremamente disturbante per la londinese.
    Immobile, al pari di una statua di marmo, le iridi bicrome sondavano lo spazio verdeggiante, le mani dalle dita gelide sfioravano piano delle larghe foglie verdi di un arbusto lì accanto.. e le orecchie, tese sotto i capelli scarmigliati della giovane strega ..non captavano nulla.
    Letteralmente, nulla. Ammutolite da un silenzio surreale, che mise così completamente sull'attenti la ex Corvonero: niente di buono poteva mai sfociare da un glaciale quadretto qual'era quello che le si parava di fronte agli occhi e tutt'attorno, in effetti.
    Istintivamente la mancina, già da prima armata di bacchetta, strinse ancor più saldamente la propria presa sul catalizzatore: poi, in quello che parve un appena accennato battito di ciglia.. un rapido movimento di un qualcosa, in sua direzione, troppo, davvero troppo veloce.
    -Immobilus!-
    Scandì quindi la strega a voce alta, muovendo la bacchetta più rapida che potè e pregando Merlino – si, questa volta lo pregò – perchè l'incantesimo utilizzato funzionasse a dovere – e soprattutto in tempo – rimbalzando sull'oggetto estraneo e quindi immobilizzandolo a mezz'aria.
    Il tempo parve rallentare per la bionda, mentre con le membrane timpaniche a pulsare per l'improvviso aumento di pressione sanguigna, l'adrenalina in circolo, le pupille dilatate erano alla ricerca di quel..quella freccia. Era una freccia.
    Una freccia in un bosco, scoccata con una mira quasi infallibile.
    Le iridi cristalline della strega si spalancarono, mentre la testolina dorata iniziava a lavorare febbrile e in pochi attimi collegava le rapide informazioni che le erano giunte alla mano, sfruttando le conoscenze ingerite nel corso degli anni e del suo lavoro ..Centauri.
    Ferita o non ferita che fosse, mossa da gelida e ferrea consapevolezza se la sua ipotesi si fosse rivelata corretta, la strega ripose il più velocemente possibile il catalizzatore nella sua custodia, ben ricordando quanto la magia non fosse amata da quella affascinante popolazione di creature magiche.
    Alzò lentamente le braccia, mostrando i palmi aperti e vuoti, in segno di resa, a quelli che potevano essere decine di occhi invisibili puntati su di lei..occhi, e non solo, considerata la freccia di qualche istante prima.
    -Perdonatemi- iniziò quindi, scandendo la voce chiara e lasciando che si spargesse il più limpidamente possibile tra quelle fronde ombrose -Non sono qui con cattive intenzioni. Mi chiamo Adeline Walker e sto.. sto cercando una bambina. Si è persa, sto aiutando la madre a ritrovarla, prima che le accada qualcosa. -
    Cercò di essere chiara, gentile, mentre dietro a quello sguardo marino infuriava la tempesta: ferita o non ferita, se dietro a quegli alberi, tra le ombre si celavano davvero dei centauri.. sperava si, che non la attaccassero. Ma soprattutto, loro, occhi boschivi che tutto di quelle foglie ed arbusti conoscevano..sperava che potessero aiutarla.
     
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    Aries Black
    Strinse i denti, mentre procedeva con cautela nel sottobosco, che ora non si dimostrava più così fitto. Era stato abbastanza fortunato: nonostante tutto, i cespugli di rovi e ed erbacce apparivano adesso molto meno di frequente rispetto alle felci e ai cespugli d mirtillo che le avevano sostituite. In un'altra occasione, il giovane anglo-americano si sarebbe fermato a coglierne e ad assaporarne qualcuno, ma di certo in quel momento non poteva certo permetterselo: non quando era sulle tracce di qualcuno che, per lo meno come diceva il suo patronus, si era cacciato in qualche guaio. il giovane continuò a guardarsi attorno, cercando di scrutare in quel bellissimo paesaggio quasi idilliaco. Fusti di pino si alzavano dal sottobosco, rendendo la parte verso cui si stava dirigendo abbastanza oscura, sebbene la visibilità fosse comunque abbastanza libera. Il giovane non voleva utilizzare alcun incantesimo prima che ce ne fosse davvero bisogno, quindi si limitò a fermarsi e a dare un'occhiata più approfondita, cercando di scrutare tra i rami bassi della vegetazione, cambiando posizione e avanzando ogni tanto per avere diversi punti di visione. Fu solo allora che il patronus del colibrì si materializzò nuovamente a meno di un metro da lui, prendendo forma dalla solita nebbiolina argentata. Stavolta, il giovane poté riconoscere una voce femminile: mettendosi di tre quarti rispetto al boschetto e alla direzione in cui era venuto, sperava di poter osservare se qualcuno lo stesse seguendo, pur senza perdere d'occhio il boschetto, prima di dirigersi con cautela nella direzione che aveva chiaramente individuato, seguendola con cautela, occhi e orecchie pronte a captare qualsiasi rumore o stimolo visivo che avrebbe potuto allarmarlo.

    Narrato - «Parlato» - pensato

    "Brave and Cunning"
     
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    M A Y D A Y

    chapter 4

    Chiunque fosse stato ad evocare l'incanto Patronus sembrava essere ostinato a farsi trovare. Il giovane Wampus aveva appena percorso qualche metro, facendo molta attenzione a tutto quello che lo circondava, all'ambiente circostante, che un nuovo, tenue, bagliore d'argento sembrò muoversi verso il corpo del ragazzo, esaurendosi troppo presto per svelare la sua forma completa e per portare a destinazione il suo messaggio. Ma anche se silente, sarebbe stato utile a svelare la direzione dalla quale proveniva, rimarcando la traccia che conduceva attraverso una foresta altrimenti uguale in tutto e per tutto.

    Nell'innaturale quiete che si era creata tutta intorno ad Adeline Walker, la formula magica da lei pronunciata risuonò con forza, tanta quanta era la sua determinazione ad arrestare qualunque cosa le stesse per venire addosso. Del pericolo che aveva corso non restava altro che un lieve segno sul chiodo indossato dalla ragazza, appena scalfito dalla punta della freccia, a indicare quanto potenzialmente pericoloso - e mortale, visto che se fosse andata a segno le avrebbe trafitto il petto appena sotto al muscolo cardiaco- era stato il lancio di quella freccia. Nel mondo magico ben poche creature usavano archi e frecce come armi a difesa dei territori e soltanto una specie abitava in quelle foreste scozzesi. Centauri. E avendo sentito pronunciare un incantesimo, avevano immediatamente riconosciuto di avere a che fare con una strega e a loro i maghi non andavano molto a genio. Uscirono allo scoperto dopo poco, in due: il primo tendeva un arco con freccia incoccata, aveva il pelo fulvo e rossiccio, mentre il secondo, poco più defilato del primo, avanzava con passo cauto e ciuffetti grigi si stagliavano qua e là sul manto color noce. «Non ci sono bambine.» parlò il secondo con voce calma ma severa, mentre il primo tendeva la corda del suo arco come a sottolineare lo scetticismo riguardo alla storia raccontata dalla Walker. «Hai a che fare con quell'altro?» tuonò ancora una volta il centauro che aveva parlato in precedenza, senza specificare chi fosse questo altro di cui stava parlando ma era evidente che una risposta sbagliata da parte della strega avrebbe fatto scattare la freccia che pendeva su di lei come una spada di Damocle.

    Era il più giovane ed il più forte del gruppo, per questo motivo si era staccato dall'avanguardia guidata da Nemion e Meletorio, per dirigersi verso Ovest, per estendere la zona di ricerca. Actetes mal sopportava gli ordini di Nemion ed era stato ben contento di poter galoppare libero e lontano dal suo viso pieno di sospetto. Tuttavia non metteva in dubbio che stessero capitando cose strane, che vi fossero delle presenze sospette che turbavano la calma della foresta. Puntò bruscamente gli zoccoli al terreno quando un fascio d'argento gli tagliò la strada con l'aria di non averlo nemmeno visto. Magia. Il tempo di constatarlo che era nuovamente partito al galoppo, scalpitante e irruento al punto lasciare un profondo solco sul terreno nel punto dal quale era partito. Lanciato all'inseguimento della scia d'argento che lasciava una traccia a mezz'aria, arco e faretra sulle spalle pronte a scattare, interruppe ancora una volta in maniera brusca la sua corsa, sollevando un gran polverone quando la traccia si dissolse. La nuvola di polvere sollevata dalla creatura fu tutto quello che Aries Black fu in grado di vedere, prima che questa si dissipasse svelando il corpo da cavallo e il busto di un uomo, giovane quasi quanto il mago e sorpreso allo stesso modo dalla presenza inaspettata. «Sei con l'altro?» domandò immediatamente il centauro di nome Actetes, piegando il braccio oltre la sua spalla per sfiorare le piume di una delle frecce nelle sue faretre. Di quei tempi i rapporti tra centauri e maghi erano più che mai tesi.
    aries anaken black ✖ adeline walker

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    Adeline Walker
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    Meraviglioso, il corpo umano.
    Ad uno stimolo stressogeno, il sistema nervoso centrale e periferico si attivano ad una velocità a dir poco disarmante: per favorire le risposte più favorevoli alla sopravvivenza dell'individuo – fine primario e ultimo dell'organismo mero a sé stesso – ovvero principalmente o l'attacco o la fuga, in appena un battito di ciglia si susseguono varie risposte neuroanatomiche.
    Innanzitutto, il battito cardiaco aumenta. Il cuore deve pompare più velocemente il sangue, che si deve fare carico di più ossigeno da trasportare in giro per il corpo.
    In giro, ma non a caso, questo mai: vengono infatti prediletti gli arti inferiori e superiori, per far sì che siano funzionali e pronti al movimento.
    Passano invece in secondo piano, processi quali la digestione, il bisogno di espletare i propri bisogni, la sudorazione, il senso di fame e/o di sete.
    Tutto il sangue possibile, viene diretto dalla forza motrice primaria, a braccia e gambe. Ossigenato, quindi anche i polmoni iniziano a lavorare di più.
    Entra in circolo l'adrenalina, grazie al sistema endocrino ormonale, che facilita questi passaggi.
    Le pupille si dilatano, diminuisce la salivazione, l'attenzione si fa altamente focalizzata.
    Ogni parte di quella persona, si modifica, si adatta, perchè l'organismo abbia le più alte possibilità di sopravvivenza in quelle condizioni di minaccia e pericolo avvertiti.

    E Adeline, eccome se avvertiva il pericolo.
    Le membrane timpaniche pulsavano, al ritmo sostenuto di quel muscolo cardiaco che tanto aveva sfiorato la morte come mai sino a quel preciso momento.
    La giacca, appena toccata dalla freccia, mostrava un graffio appena visibile sulla superficie, ma che alla strega sembrava bruciare tanto quanto una ferita aperta.
    Dopo aver riposto la bacchetta il più velocemente possibile nella sua custodia, avendo compreso la delicata situazione in cui probabilmente si era andata a cacciare, la londinese aveva alzato lentamente le braccia e le mani sopra la testa, andando così a spiegare pressochè alla cieca le sue intenzioni a quegli invisibili occhi boschivi.
    Qualche attimo dopo, un sospiro di sollievo e tensione al tempo stesso: centauri.
    Aveva visto giusto.
    Non che questo migliorasse la situazione, anzi.
    -Non ci sono bambine.-
    Con sguardo adorante – perchè si, prossima alla morte o meno, l'adorazione di Adeline rivolta alle creature magiche e non era inscalfibile – la ex Corvonero aveva lasciato scorrere lo sguardo bicromatico lungo le possenti figure per metà umane e per metà equine: la prima, armata, mostrava un morbido pelo fulvo, il corpo muscoloso e prestante, in entrambe le sue parti, dalle braccia tese dietro all'arco, alle zampe con lucidi zoccoli in fondo.
    Il secondo invece, che aveva appena parlato, di un marrone chiaro, pastoso e brizzolato, seppur serio e con voce ferma, sembrava evidentemente più disposto al dialogo.
    Adeline, con i palmi sempre ben aperti e in alto in segno di buone intenzioni e pacifica resa, cercò di abbozzare un breve sorriso al primo centauro, non volendolo ignorare sebbene non avesse proferito parola e le stesse puntando contro un'arma bianca non da poco per poi rivolgersi al secondo che le stava rispondendo: -Non mi inoltrerei mai nei vostri territori, se non con davvero delle buone motivazioni.- iniziò quindi la strega, con voce chiara e quanto più tranquilla le riuscisse. Sapeva che specificare il suo ruolo nel Ministero come dipendente del livello che effettivamente si occupava anche dei rapporti tra la popolazione magica e la loro.. sarebbe stato completamente inutile. Questo però, non significava che non averebbe potuto sfruttare le conoscenze che derivavano, da quel lavoro. Come ad esempio, il fatto che i Centauri oltre che estremamente non amanti della magia e quindi dei “portatori di bacchette”, fossero anche estremamente territoriali e sospettosi di fronte a sconosciuti invasori.
    Nonchè, a dispetto di ciò, fossero anche fondamentalmente pacifici, amanti della natura.. proprio come lei. E buoni con i cuccioli. Di qualsiasi natura egli fossero.. proprio come la bambina che stava cercando.
    -Non credo che darvi la mia parola vi farebbe fidare davvero di me e più che la resa non saprei come altro mostrarvi le mie buone intenzioni. Poco lontano da qui, ad Hogsmeade, ho visto una bambina iniziare a correre per seguire un baluginio argentato, probabilmente un Patronus. La madre l'ha chiamata più volte ma non è stata in grado di seguirla. Così ho cercato di aiutarla, rincorrendola, ma è scomparsa alla mia vista poco dopo.. sono arrivata sino a qui seguendone le tracce, sul terreno.- Cercò di spiegare in breve, seppur con calma e sincera sino all'ultima virgola -Si chiama Helena. Ha capelli castani, una giacca blu e dei pantaloni scuri. Io l'ho vista solo da dietro e di sfuggita ma.. le tracce che ho seguito io sino a qui, potreste benissimo riconoscerle anche voi stessi.-
    Tentò in ultimo, ben consapevole che, se avessero voluto, quelle che a lei erano parse flebili tracce del passaggio della streghetta, ai loro occhi sarebbero spiccate come orme di un Dorsorugoso Norvegese nel bel mezzo di una pianura desertica. Con tanto di frecce indicatrici multicolore.
    -Hai a che fare con quell'altro?-
    La seconda domanda della creatura, spiazzò tuttavia la strega: dalla risposta al plurale della madre della bambina, aveva intuito che una seconda figura era accorsa in aiuto.. magari si riferivano a lei o lui che fosse?
    -Io.. mi dispiace ma non so a chi vi stiate riferendo. Credo che una seconda persona stia come me cercando di aiutare la bambina ma..- quel Patronus, che poco prima aveva citato nel cercare di spiegarsi ai centauri.. da qualche parte doveva pur venire. Era comparso ai margini del paesino magico, flebile, ma Adeline lo aveva riconosciuto bene sin dai primi istanti sebbene poco dopo si fosse diretta a rotta di collo dietro alla bambina.
    Bambina che cercando di inseguirlo.. si era ritrovata lì, proprio come Adeline che stava inseguendo lei. Un amo, a cui aveva abboccato un pesce, a cui aveva abboccato un pesce ancora più grande. Ma da qualche parte, quell'amo doveva essere stato lanciato, e se il Patronus stava tornando dal suo creatore così come l'esca – e tutti i suoi pesci - torna alla canna...Significava anche che chi aveva prodotto l'incanto, doveva trovarsi nel bosco, sia che la bambina fosse sulla direzione giusta, sia che si fosse persa sotto ogni aspetto possibile della situazione. Un po' come Adeline dietro di lei.
    -Il Patronus che ha cercato di inseguire la bambina che sto cercando, l'ha portata sino dentro a questi boschi. D'altronde è solo.. è solo una bambina, probabilmente non lo ha riconosciuto, nè ha pensato alle conseguenze dei suoi gesti. Ma questo può significare che qualche altra persona si è persa, o è in difficoltà tra questi alberi, ancora prima di Helena. Per favore, voi avete visto qualcosa o qualcuno?-
    Le mani, ancora con i palmi aperti sopra la testa, avevano le punte delle dita ormai intorpidite dal freddo e dalla posizione scomoda.
    La freccia puntata ancora contro e la bacchetta nascosta nella sua custodia poi, di certo non miglioravano il senso di sicurezza della strega.
    Ma piuttosto che cedere a quell'istinto primordiale di attacco o fuga che tutto il suo corpo le stava implorando da secondi parsi interminabili.. piuttosto, la morte. Questa era la motivazione ferrea della ex Corvonero. Inscalfibile, come la roccia.
    Ma non come la sua giacca.
     
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    Aries Black
    Procedeva con calma, sicuro, una volta appurato che non ci fosse alcun pericolo per la sua salute, ma ancora non riusciva a veder dove diamine fosse chi avesse evocato quel patronus per una richiesta d'aiuto. Stava pensando che chiunque avesse lanciato l'incantesimo dovesse essere piuttosto lontano quando sentì un lieve tremore sotto alle scarpe, accompagnato da un suono sordo come di un cavallo al galoppo, senza capire tuttavia cosa stesse accadendo finché non vide un polverone sollevarsi ad una ragionevole distanza da lui, depositandosi a poco a poco. Da quella nube, pian piano emerse la figura di un corpo umano, un ragazzo alto e giovane all'apparenza, che aveva una faretra ed un arco sulle spalle, cosa che lasciò Aries tra il perplesso e lo stupito. Chi ancora usava arco e frecce? Tutto gli divenne più chiaro quando il polverone si abbassò a svelare la parte sotto la cintola del giovane, rivelando un corpo equino. Aries fece un passo indietro, stupito di trovarsi davanti ad un centauro, ignorando completamente di essere nel loro territorio, o anche solo nei loro pressi. Con gesti lenti, in modo che il centauro potesse vedere ciò che stava facendo, rimise la bacchetta al suo posto nel passante interno del pantalone, per poi, sempre lentamente, alzare le mani come in un chiaro cenno di resa, per far vedere al centauro che non aveva intenzioni ostili. «No.» Esclamò, cercando di mantenere un tono calmo. I centauri erano abbastanza intelligenti da saper distinguere il sesso umano quindi, dalle sue parole, Aries aveva dedotto che stesse parlando di un uomo. Lui stava seguendo una bambina che stava seguendo un patronus e l'unica che come lui si era lanciata in quell'impresa che ora si stava rivelando più pericolosa di quanto aveva inizialmente pensato era una giovane donna, quindi la risposta gli era venuta spontanea e naturale. «Mi chiamo Aries Black. Chiedo scusa se sono inavvertitamente entrato nel vostro territorio. Non so se tu abbia visto un colibrì argentato, era una richiesta d'aiuto da qualcuno che nemmeno conosco e lo stavo seguendo» rispose, senza muoversi, le mani in alto all'altezza delle orecchie e ben distanti dal corpo. Prese un respiro appena più profondo, prima di lasciarlo andare mentre il suo cervello elaborava la successiva frase «Potresti aiutarmi a fare luce su questo mistero?»

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    edit del master: ho sistemato il codice che era rimasto sotto QUOTE.

    Edited by Wizarding World Master - 18/4/2020, 17:09
     
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    M A Y D A Y

    chapter 5

    Nel corso della sua lunga vita di Centauro, Nemion aveva imparato a non fidarsi degli esseri umani. Aveva conosciuto troppi esponenti della razza umana, che fossero maghi o babbani a lui poco cambiava, che avevano cercato di guadagnarsi la sua amicizia e fiducia, per poi tradirlo. Qualcuno per credenze sulle proprietà magiche del suo crine, altri avevano cercato di condurlo in trappola, altri ancora avevano cercato di approfittarsi delle sue arti divinatorie per scopi personali, moltissimi altri invece avevano semplicemente rotto un patto o infangato in qualche modo la fiducia instaurata. Per quanto lunga possa essere la vita di un Centauro, sono molti rari gli incontri tra questo popolo e quello umano, perchè i primi sono molto schivi mentre i secondi hanno imparato con il tempo se non a rispettarli quanto meno a temerli abbastanza da non addentrarsi nel loro territorio. Si domandava quindi a che categoria appartenesse la donna, strega, che aveva davanti: o non li rispettava abbasta o era tanto presuntuosa da credere di poterli convincere a collaborare. Disprezzando gli esseri umani la creatura boschiva si rifiutava persino di provare a comprendere i sentimenti umani, parte dei quali comunque apparteneva anche alla sua specie, ma questo era per lui un motivo sufficiente per non ammettere altre categorie nelle quali classificare la strega. «Non ci sono bambine.» ripetè categorico, ma con il capo fece un cenno, appena percettibile, a Meletorio di verificare la storia della strega. Questo abbassò l'arco e la freccia venne riposta nella faretra che portava sulle spalle, dalla quale spuntavano almeno un'altra ventina di punte pronte a essere scagliante contro il nemico. Nemion, che era palesemente il capo di quella spedizione, era rimasto in silenzio ad ascoltare e a studiare l'esemplare umano che aveva davanti, senza essersi ancora deciso se crederle o meno, per questo avrebbe dovuto aspettare il responso del suo compagno, motivo per cui decise di prendere tempo sottoponendo la strega a una domanda. «Le donne del nostro branco fanno attenzione ai cuccioli, perchè voi non fate lo stesso?» una vena polemica traspariva dalla sua voce, che era comunque rimasta fredda e perentoria come in precedenza, più che una conversazione sembrava un'interrogatorio a senso unico, con il Centauro che si sentiva in diritto di fare domande e di pretendere risposte, ma non di assicurare le sue all'umana. Meletorio si era allontanato di qualche passo, girando introno alla donna, con il busto piegato in avanti mentre con gli zoccoli scostava gli steli d'erba per verificare la presenza di tracce. Alle spalle di Adeline Walker il Centauro annuì, confermando la storia delle tracce. Anche se aveva colto il segnale affermativo del sottoposto, l'atteggiamento di Nemion nei confronti dell'invasore non era cambiato: anche se non aveva mentito non significava che ci si poteva fidare. Alzò il capo oltre le spalle della bionda, rivolgendosi direttamente a Meletorio « Se prova a usare la magia...» non concluse la frase a parole ma il gesto del braccio che si tendeva su un'arco invisibile era abbastanza evidente circa il destino della dipendente ministeriale se non avesse sottostato alle regole imposte dall'alto. « ... questa magia, Patrono, a cosa serve?» domandò riportando lo sguardo dritto negli occhi della strega, un'altra domanda della quale pretendeva una risposta, ma nonostante tutto il suo congegno ferreo la sua voce si incrinò, non solo voleva avere una risposta, sembrava che la conoscenza su questo Patronus fosse un dovere da acquisire.

    Nel corso della sua breve vita di Centauro, Actetes non aveva mai avuto una sola prova concreta per la quale avrebbe dovuto non fidarsi degli esseri umani. Oltre a questa assenza di esperienze negative, tutte le cose orribili fatte dagli umani erano giunte alle sue orecchie sotto forma di storie e leggende, il suo carattere orgoglioso non gli faceva temere gli esseri umani come faceva il vecchio Nemion. Osservando l'esemplare di umano che aveva davanti, così piccolo e indifeso, non sembrava fosse qualcosa di cui aver paura. Si trattava di uno dei primi umani con cui entrava in contatto e l'esuberanza adolescenziale gli fece perdere qualunque tipo di restrizione imposta da credenze e reprimende che arrivavano dagli insegnamenti degli anziani del suo branco. Tronfiamente Actetes credeva che niente e nessuno potesse eguagliare la velocità e la precisione con cui avrebbe scoccato una freccia, se si fosse rivelata una situazione di pericolo. Fiducioso quindi il giovane Centauro abbassò la mano sollevata per prendere la freccia senza estrarla, lasciando il braccio ricadere lungo il busto. «Io sono Actetes.» si presentò, pensando che il mago avesse un nome davvero buffo e singolare, nella comunità dei Centuari probabilmente sarebbe stato deriso a vita per avere un nome che ricordava una capra. «È così che chiedete aiuto?» c'era un mezzo sorriso a incurvare le labbra della creatura, una lieve peluria copriva il mento in modo rado e occasionale, ma mancava di ironia o di rimprovero, semplicemente un giovane che si imbatteva in una cultura che non conosceva e della quale non comprendeva le buffe usanze. Questa informazione contribuì a gonfiare il petto del giovane, la magia che tanto stava scombussolando i Centauri era una semplice richiesta d'aiuto. «Sai arrivare da quest'altro?» domandò, scalpitando sul posto, perchè se avesse svelato il mistero sicuramente avrebbe ottenuto una promozione, o almeno evitare di finire ancora in pattuglia con quel rompipalle di Nemion. Alla risposta affermativa del mago avrebbe aggiunto un entusiasta «Mostramelo» per incoraggiare l'essere umano a fare strada verso la fonte di questa magia.
    aries anaken black ✖ adeline walker

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    Ghiaccioli
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    Nella psicologia babbana, emeriti professori che Adeline non avrebbe mai potuto conoscere, alle loro primine classi ad inizio anno portavano bene o male un quesito simile a questo:
    “Ci sono tre ragazzi, proprio come voi, seduti al loro banco, ciascuno con una tazza d'acqua in mano, tesa di fronte a loro.
    Il primo riferisce di essere perfettamente tranquillo, con nessun tipo di problema fisico o mentale.
    Il secondo invece accusa un malessere principalmente di natura fisica, al braccio teso di fronte a sé che sta reggendo la tazza.
    Il terzo, sfinito, a malapena risponde, riferendo un significativo dolore a tutto il braccio, più un generico malessere sia fisico che mentale.
    Qual'è la variabile dal valore diverso che rende tanto differenti le condizioni di questi tre ragazzi, dal semplice compito di reggere una comune tazza d'acqua di fronte a loro?”
    E via di spiegazione sulla percezione soggettiva di una comunissima e basilare lezione di psicologia generale.

    Adeline in quel momento avrebbe decisamente compreso le condizioni del ragazzo numero 2, e probabilmente avrebbe intuito la possibilità di giungere a quelle del numero 3.
    Il tempo. La pressione effettiva e quella percepita. La percezione della realtà, interna ed esterna, più in generale.
    Queste erano soltanto alcune delle principali variabili influenti il non poco sottile stato di disagio di Adeline – come quello dei tre ragazzi d'altronde.
    Provate a tenere una tazza d'acqua dritta di fronte a voi per due minuti, senza potervi muovere.
    Provate a tenerla nella stessa posizione per 45 di minuti.
    Provate a tenerla per cinque ore.
    Provate a tenerla per 24.
    Il tempo percepito inizia a dilatarsi enormemente. La pressione aumenta e tutta la vostra attenzione e tutte le vostre energie vengono dirette verso quella stupida stupida tazza che deve stare lì, senza muoversi, semplicemente dritta di fronte a voi. Ma Merlino, quella tazza pesa sempre di più. E' la realtà o solo la vostra percezione di essa? Dove si pone il confine tra queste? Perchè per i primi 30 secondi quella tazza sembrava pesare nulla, mentre ora pare un'incudine serrata alle vostre dita, al polso irrigidito, ai muscoli del braccio in fiamme.
    Avrete dolori alla schiena per giorni, stando ora fermi, come marmorizzati in quella posizione senza potervi muovere solo per una stupida, stupida tazza.
    Adeline, era semplicemente in piedi, fasciata da vestiti che quella mattina aveva trovato confortevoli e funzionali.
    Adesso, però, immobile sul posto qual'era da ormai diversi minuti, il freddo iniziava ad intirizzirle i muscoli.. Per non parlare poi delle mani.
    Le braccia alzate, i palmi rivolti verso i suoi particolari interlocutori, inizialmente non le avevano dato alcun tipo di problema, anzi: ma adesso.. le dita iniziavano a formicolare, là in alto, senza potersi muovere, la piccola circolazione iniziava a risentirne e non poco.
    I palmi erano gelidi, e anche i muscoli di braccia e spalle, iniziavano a dire la loro, rigidamente indolenziti per quella scomoda posizione.
    Quei tre ragazzi dell'esempio poi, erano comodamente seduti nei banchi della loro calda aula, con amici e compagni attorno.
    Adeline, al freddo, da sola, in un ambiente a lei ostile, era peraltro messa con le spalle al muro da due creature che minacciavano la sua vita, con tanto di arco e frecce la cui velocità, forza e direzione aveva già potuto saggiare. La schiena, irrigidita dalla posizione e dallo stress percepito, già le doleva.
    Ma mai, avrebbe abbassato quelle dannate braccia.
    Piuttosto, si sarebbe ridotta come un ipotetico ragazzo numero 4: collassato mentalmente, i muscoli e le articolazioni in pezzi, ma con la tazza irremovibilmente di fronte al suo naso.
    -Non ci sono bambine.-
    Aveva ripetuto ferreo il Centauro.
    Nessuna inflessione, nessuna possibilità, nessuna scappatoia.
    -Le donne del nostro branco fanno attenzione ai cuccioli, perchè voi non fate lo stesso? -
    Adeline, seppur decisamente avesse passato momenti migliori di quello, cercava con una motivazione inscalfibile di mantenere quantomeno il volto il più rilassato e sereno possibile. Certo, non era cosa da poco mentre lo sguardo boschivo del centauro la sondava millimetro dopo millimetro, ma le iridi verde azzurre - lungi dal voler apparire aggressivamente invadenti - non volevano ad ogni modo cedere alla paura, considerando anche il fatto che – se avesse distolto lo sguardo – avrebbe magari potuto dare l'errata impressione che stesse mentendo o cercando qualche scusa.
    I Centauri, da sempre una delle popolazioni più complesse data la loro natura bi modale, per metà umana e quindi dotata di raziocinio, per metà animale e quindi votata alle pulsioni ed istinti, erano creature incredibilmente intelligenti, e al tempo stesso anche tese a conoscenze e stili di vita molto differenti sia dai “puri umani” che dai “puri animali”. Dalle articolate conoscenze divinatorie, estremamente diffidenti, a sé stanti e quindi anche territoriali e difensivi, se si riusciva ad ottenere la loro fiducia si ci poteva considerare dalla fortuna più unica che rara.
    -Lo facciamo.- rispose tranquilla la ex Corvonero -Ma questa donna era in evidente difficoltà, zoppicava.. per questo sono accorsa io in suo aiuto. E si sa, i cuccioli sono tali anche per le loro tendenze e voglie di giochi, di avventure..si amano anche e soprattutto per questo d'altronde, no?-
    Nei suoi pre-deliri che la vedevano altamente concentrata nel dissociare paura, stress ed agitazione per cercare di dare invece spazio a lucidità e serenità d'animo da trasmettere in linea con le sue sincere buone intenzioni, alle sue stesse parole dietro le iridi marine si materializzò come un fantasma, eco lontana del suo passato, una piccola Adeline che in quei boschi si sarebbe probabilmente data all'avventura come quella streghetta di cui era all'inseguimento. Sarebbe corsa di albero in albero, nascondendosi tra i cespugli, arrampicandosi ovunque le fosse riuscito, in barba a qualsiasi noioso adulto o noiosa regola, per il puro e genuino divertimento e gioia di fare, scoprire, correre e cadere, per rialzarsi o per rotolare.
    Il secondo centauro, al cenno del primo, aveva abbassato temporaneamente l'arco, ma la stava circumnavigando per avere prova delle sue precedenti parole.
    Adeline però, consapevole che ulteriore agitazione non solo avrebbe peggiorato la situazione ma per altro non sarebbe risultata utile a niente e a nessuno – Merlino benedica il raziocinio dei Bronzo Blu – stava cercando di concentrare la propria attenzione sugli ampi respiri che le riempivano i polmoni di quella fresca aria boschiva, che tanto le era sempre piaciuta, e che tra le altre cose l'aiutavano a focalizzarsi su quella sé bambina che probabilmente di fronte ad una creatura tanto bella, le avrebbe chiesto se avesse potuto accarezzarle il manto peeeeeer faaavooooreeee.
    Fu solo per questo quindi, che all'ulteriore non tanto velata minaccia del Centauro, Adeline non rabbrividì una terza volta.
    Piuttosto, si concentrò invece sulla domanda successiva che le venne posta.
    -L'incanto Patronus- iniziò quindi chiudendo gli occhi, attingendo a quella sete di conoscenza che sembrava aver mosso la creatura tanto quanto quotidianamente quella forza muoveva lei sin dagli albori- e quella piccola caratteristica in comune con il centauro fece persin sorridere internamente per un attimo la strega --è una magia che si origina dai pensieri e dai ricordi felici del mago o della strega. Dato che nasce da una parte tanto intima della persona, se sufficientemente potente il ricordo o pensiero felice, il Patronus che ne deriva assume una caratteristica forma animale, che riflette la natura, la personalità di quell'individuo. Appare più come luce, una luce brillante che assume tratti animali.-
    Prese un altro respiro, sempre ad occhi chiusi a metà tra la fiducia in quelle creature che alla fine in vero provava e che quindi voleva trasmettere, e la concentrazione nel cercare di spiegare un incanto tanto complesso a qualcuno che di quel genere di magia sapeva di fatto ben poco.
    -Questo Patronus, può esserci utile in vari modi. Spesso viene utilizzato per comunicare, affidandogli anche la nostra voce per recapitare un messaggio a distanza. Una volta che questo messaggio viene recapitato, il Patronus torna al suo creatore, oppure svanisce se non è sufficientemente forte o se la persona interrompe il flusso di magia. E' anche l'unica difesa che abbiamo contro i Dissennatori. -
    Riaprì lentamente gli occhi, curiosa – sempre e comunque – rispetto alla reazione dei suoi interlocutori.
    -E' una magia buona.- concluse sincera, prima infine, di fare la sua richiesta: -Datemi la possibilità di dimostrarvi le mie buone intenzioni, vi prego. E non tanto per me, ma per quella bimba.. vi supplico.-
     
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    Aries Black
    Per qualche lunghissimo istante, Aries temette che il giovane centauro lì davanti a lui avrebbe deciso che non era degno di fiducia e quindi d'impalarlo con una delle sue frecce. Che fine ignobile sarebbe stata quella per il giovane Black: morto nelle campagne scozzesi, ucciso da un centauro che gli aveva piantato una freccia nel petto. Perciò emise un sospiro sollevato quando l'animale abbassò la mano sollevata che stava quasi carezzando l'impennaggio di una delle sue frecce. Il nome del centauro, quando esso si presentò, gli suonò piacevole all'orecchio: richiamava qualcosa di antico e suonava molto saggio e greco. «Alcuni. Non è una magia alla portata di tutti, è piuttosto difficile da eseguire» spiegò il giovane, cogliendo i l mezzo sorriso sul volto del centauro. Dalla stazza e dall'aspetto, dovevano praticamente quasi essere coetanei. Aries aveva sentito che i centauri erano spesso maldisposti verso i maghi per una vecchia diatriba che li aveva divisi per secoli ovvero se considerare o meno i centauri animali o meno, un conflitto che non era mai scemato nel tempo: ancora al giorno d'oggi c'erano maghi che consideravano i centauri poco più che bestie primitive che abitavano all'interno dei boschi. Actetes scalpitò sul posto, impaziente di aiutarlo nella ricerca, al che un sorriso si aprì sul volto del giovane Black, che aveva trovato nel centauro un insperato alleato. «Se seguiamo il colibrì, sono certo che ci arriveremo» esclamò pacato il giovane, ravviandosi un ciuffo di capelli ribelle dalla fronte. Si voltò ed estrasse la bacchetta, voltando poi il capo verso il centauro mentre cominciava a muoversi. Gli fece cenno di accostarsi a lui e cominciò a parlare piano. «Non so chi o cosa abbia messo in pericolo l'altro mago costringendolo a chiedere aiuto, quindi tieni pronte arco e frecce» Gli disse, serio. Di certo, l'ultima cosa che voleva era che il centauro non riuscisse nemmeno a difendersi da un possibile attacco perché lui aveva mancato di avvisarlo. Solo allora Aries avrebbe aggrottato le sopracciglia e avrebbe rivolto una domanda fondamentale ad Actetes, una domanda che gli era quasi sfuggita ma che adesso sembrava più importante che mai. «Prima mi hai chiesto se ero con l'altro. Quale altro?» Chiese, mentre si muoveva piano, gli occhi che cercavano nuovamente d'individuare la traccia argentea del patronus e possibili pericoli, fidandosi del suo istinto di guerriero e dell'istinto da cacciatore del centauro

    Narrato - «Parlato» - pensato

    "Brave and Cunning"
     
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