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    Christelle schizzò fuori dall’aula di Difesa contro le Arti Oscure in fretta e furia, nervosissima, ignorando le voci dei suoi amici Grifondoro che chiacchieravano e ridevano tra loro. Quando lì sentì chiamarla, accelerò il passo nello scendere le scale, stringendo forte il libro di Difesa e la bacchetta nel pugno.

    Era incazzata, incazzata davvero. Quel maledetto Serpeverde le aveva fatto perdere la concentrazione e l’esecuzione della Maledizione durante la pratica non le era riuscita – o meglio, le piaceva pensarla così, era sempre più facile dare la colpa a qualcun altro.

    Strinse con più forza la bacchetta tra le mani e urtò per sbaglio un ragazzino Tassorosso del primo anno, con cui si scusò sbrigativa, mentre continuava a scendere le scale in fretta e furia. Non sapeva dove stesse andando, in realtà le sarebbe davvero piaciuto schiantare Draven con tutta la forza possibile o urlargli in faccia, invece appena uscita dall’aula non gli aveva rivolto la parola, né tantomeno uno sguardo, e se n’era andata. Lo stomaco le si attorcigliava dal nervoso, non tanto per la lezione quanto per il suo atteggiamento. Presuntuoso, arrogante, insopportabile come al solito, e… Molto bello. Sbuffò. Capiva benissimo perché Isla si fosse presa una cotta per quell’essere, e questo se possibile la irritava ancora di più.

    Di tornare al Dormitorio non se ne parlava, quindi continuò a scendere le scale e raggiunse il terzo piano. Forse sarebbe andata in Biblioteca per finire i compiti arretrati, o in giardino dagli Ippogrifi.



    Edited by Christelle ~ - 12/5/2020, 17:40
     
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    Draven Shaw

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    Difesa contro le Arti Oscure era tra le sue materie preferite; tutto ciò che riguardasse incantesimi e maledizioni era per lui fonte di morbosa curiosità. Gli piaceva studiare e imparare, migliorarsi era il suo perenne obiettivo giornaliero. Si riteneva maledettamente bravo nell’uso della bacchetta, ma il più delle volte eccelleva maggiormente nel rispondere alle domande dei professori, che ad eseguire le esercitazioni. Per quanto, anche l’esercitazione era andata bene in quella lezione, solo non era andata bene quanto avesse voluto… Questo era il pregio e il difetto più grande di Draven: non era mai abbastanza. Tornato al suo posto però, Tom e Philo, i due compagni della squadra di quidditch di Serpeverde con i quali divideva il dormitorio e, fin troppo spesso, i compiti – che a causa dei troppi bolidi presi, a volte i due si scordavano di fare – gli fecero notare il nervosismo dei Grifondoro e a Draven bastò alzare lo sguardo sulla metà della classe che lo stava guardando in cagnesco per rimettere in sesto il proprio ego. Certo, avrebbe potuto fare di meglio, per soddisfazione personale, ma aveva comunque fatto meglio di loro e tanto gli bastava. Si concesse quel breve momento di gloria, prima di tornare a concentrarsi per il resto della lezione; quando si ritrovò, alla fine, a rimettere a posto le proprie cose per uscire dall’aula, si era praticamente già dimenticato di quella piccola rivalsa nei confronti della Jones e dei Grifondoro e la sua mente stava pensando solo ai compiti. Aveva un’ora di buco e poi due ore di pozioni, con i Tassorosso. Convenne con sé stesso di dover approfittare dell’ora di buco per reperire i libri in biblioteca, avrebbe pensato ai compiti di difesa contro le arti oscure dopo la lezione di pozioni, così da poter eventualmente portare a termine quelli di pozioni dopo cena. Se i suoi calcoli erano giusti – e sbagliava di rado, ma in questo caso c’era l’ignota variabile di quanto impegnativi sarebbero stati i compiti di pozioni – sarebbe riuscito a fare tutto entro le dieci… Magari ci scappavano anche un paio di partite a SparaSchiocco prima di andare a letto.
    In pace con sé stesso, decisamente rilassato, si ritrovò per le scale che nemmeno si era accorto di aver lasciato l’aula di difesa contro le arti oscure; si riscosse dai propri pensieri quando si ritrovò a sbattere involontariamente una spalla contro qualcuno che andava molto di fretta e quasi aveva rischiato di farlo inciampare per le scale: Christelle.

    “Le stai pensando tutte per farmi fuori e dare ai Grifondoro una possibilità a quidditch contro i Serpeverde, eh?” – cominciò a dirle, alzando la voce per farsi sentire da lei nel fracasso che gli studenti fuori dalle classi stavano scatenando, ma nel vederla dirottare verso il terzo piano, lanciò uno sguardo ai due compagni a mo di saluto e si allontanò da loro per andare dietro a Christelle. Non che fosse preoccupato per lei, figuriamoci… Ma sapeva che quel martedì la Grifondoro aveva pozioni nell’ora di buco che precedeva la lezione di pozioni effettiva, perché aveva preso una punizione o qualcosa del genere e Christelle stava andando dalla parte sbagliata.

    “Guarda che da qui non ci arrivi ai sotterranei. Tra meno di dieci minuti ti comincia la lezione, farai tardi…” – le disse, parlando in tono di voce normale ora che si era allontanato dalla calca di studenti per le scale e l’aveva quasi raggiunta, in un corridoio.
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    Edited by Draven Shaw - 19/5/2020, 00:16
     
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    La bacchetta correva il rischio di spezzarsi nella mano della strega, da quanto la stringeva forte e nervosamente. Se ne fregava delle lezioni, ne avrebbe avute almeno altre due dopo Difesa ma decise inconsapevolmente di saltarle, ignorandole, non dedicando loro neanche un piccolissimo pensiero. E se avessero avvisato i genitori, tanto meglio. Un’altra strillettera dalla sua madre petulante le avrebbe solo ravvivato la giornata.

    Stava proprio pensando alla madre quando andò a sbattere contro Draven senza volerlo. Inizialmente non si accorse che era lui, e fece finta di niente, ma quando le rivolse la parola avvampò di rabbia sul viso e lo fulminò con lo sguardo. L’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento era lì a pochi centimetri da lei.

    « Che diavolo vuoi? » abbaiò quasi, o di sicuro gli parlò con tono molto scortese, fissandolo in faccia con sfrontatezza. « Oh, non sai quanto mi piacerebbe » aggiunse subito, ancora più arrabbiata. Le vennero in mente i litigi con i fratelli quando erano bambini, Isla in particolare, che nonostante avesse un anno più di lei aveva anche un carattere molto meno forte e risoluto, e non era mai riuscita a mettere i piedi in testa alla sorella minore. Più volte, soprattutto nel periodo tra i quattro e gli otto anni, Isla aveva definito Christelle “cattiva”. Era vero che quando si arrabbiava diventava peggio di una bomba a orologeria, ma non aveva mai maltrattato la sorella, solo le riusciva bene batterla nei conflitti, fisici, magici o psicologici che fossero.

    « Mi stai seguendo, per caso? Impara a farti gli affari tuoi » disse di nuovo, più dura di prima. « O non ti sei divertito abbastanza durante la lezione di Difesa? Sei davvero un.. » cominciò a dire, ferma al terzo piano, ma le parole morirono in gola. Vide a pochi metri da sé, da loro, Michael Hughes – il ragazzo con cui era uscita per un anno intero, se non di più, e poi lasciato con enorme disappunto e continui litigi estivi della madre – e la sua scintillante divisa di Corvonero. In pochi secondi le scattò dentro un panico invalidante. Per non farsi vedere né riconoscere, fece la prima cosa che le saltò in mente: prese Draven per un polso, con forza, e lo strattonò, trascinandolo con sé fino alla porta d’ingresso al Corridoio proibito. Imprecò più volte a voce bassa quando cercò di aprirla, ma era chiusa a chiave, quindi in un silenzioso ma potente Alohomora! fece saltare la serratura ed entrò nel corridoio spingendo dentro con lei il Serpeverde.



    Edited by Christelle ~ - 12/5/2020, 19:26
     
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    A giudicare dalle rispostacce che ricevette da lei, non ritenne che fosse stata una buona idea interessarsi del suo percorso scolastico. In fin dei conti, che gliene importava se saltava le lezioni? Si disse che era una questione personale: lui non avrebbe mai saltato una lezione, e non lo aveva mai fatto in quattro anni di carriera scolastica, perché non dava per scontata la sua presenza ad Hogwarts, perché si aspettava da un momento all’altro che qualche serpeverde gli si rivoltasse contro per cacciarlo a causa del suo stato di sangue, perché credeva che poter studiare nella scuola di magia e stregoneria migliore al mondo fosse un grande onore e ne aveva il massimo rispetto. Si disse che sarebbe intervenuto contro chiunque avesse scoperto a bigiare una lezione… E, in parte, era vero. Gli era capitato di farlo con altri studenti della sua casa, ne era certo, anche se in quel momento non se lo ricordava, ma perché lo avesse fatto con Christelle non aveva a che fare con un principio: sotto sotto, che volesse ammetterlo o no, gli era dispiaciuto, poco poco, di aver messo a disagio la sua autostima. Ok… Amesso che l’avesse seguita per assicurarsi che stesse bene – cosa che non ammetteva, comunque – ora aveva appurato che stava più che bene, dato che non aveva perso la sua irascibilità. Quindi, se ne poteva anche andare.
    Non aveva idea che in quel momento, alle proprie spalle, le scale stavano cambiando lasciando il terzo piano scoperto dal resto della scuola e nemmeno ebbe modo di rendersene conto, che tutto ciò che conseguì lo sclero di Christelle, avvenne così rapido e inaspettato da coglierlo completamente di sorpresa.

    “Che diavolo ti prende?” – disse, provando a voltarsi per vedere cosa l’avesse zittita, dato che da quel poco che di lei aveva conosciuto, aveva capito che era praticamente impossibile farla restare senza parole, ma lo afferrò per un polso con un tale slancio che quasi le sbattè addosso, impedendogli di guardarsi dietro. E mentre le scale si allontanavano dall’ingresso al terzo piano, un inconsapevole Draven si ritrovò al buio al di là di una porta.

    “Lumos!” – esclamò prontamente, estratta la bacchetta. Intorno a loro non si vedeva nulla con quella flebile illuminazione; sembrava uno spazio troppo largo e lungo per essere avvolto dalla luce di una bacchetta. Qualcosa gli disse che era meglio non restare lì troppo a lungo.

    "Ok, molto divertente, Jones. Ma ho di meglio da fare.” – disse poi, senza nemmeno guardarla. Puntò la bacchetta verso la serratura, esclamando un sonoro Nox, subito seguito da Alohomora; provò circa tre volte di seguito l’incantesimo di apertura, senza successo, e spazientito provò un Bombarda che come conseguenza gli fece schizzare addosso alcune schegge di legno della porta, comunque rimasta ben sigillata. Alzando gli occhi al cielo e sbuffando, decise di non innervosirsi. Se restava chiuso là dentro, qualsiasi cosa quel ‘dentro’ fosse, almeno uno di loro due doveva mantenere la calma e, il buon senso, gli suggerì che probabilmente non sarebbe stata lei. Si voltò a guardare Christelle: costretto dalle circostanze, le si avvicinò per rubarle uno dei ferma capelli, senza chiederle il permesso, e si chinò davanti alla serratura per provare a forzarla.

    “Fammi luce.”
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    Non realizzò completamente di esser entrata nel Corridoio Proibito finché lei e Draven non ci si ritrovarono dentro, al buio, la porta chiusa. Nel rivedere Michael Hughes, erano riaffiorati alla mente tutti i litigi con la madre – a cui voleva bene, certo, e molto anche, ma che l’aveva assillata per un’estate intera ancora più del solito con quei discorsi stupidi su quanto Michael fosse un ottimo partito, un ottimo ragazzo, un ottimo mago. Christelle non sapeva neanche perché avesse accettato di uscire con lui per tutto quel tempo, insomma, non era neanche un così bravo baciatore, di certo nella media, inoltre era noioso e non l’assecondava mai in niente, neanche per una passeggiata al parco. La giovane strega si era annoiata di lui dopo soli tre mesi di idillio, quando aveva capito davvero che tipo fosse, e lo aveva lasciato un anno dopo con enorme stupore dell’intera famiglia, fatta eccezione per il fratello Oliver che lo conosceva bene, essendo compagni di Casa, e sapeva fin dall’inizio che tra loro non esisteva futuro. Nessuno, tuttavia, la prese male come sua madre, sempre così precisa e inflessibile. Non le interessò più di tanto finché non tornò a casa per l’estate, e allora sì che iniziò il tormento quotidiano, in quelle calde giornate persino gli Elfi domestici – i quali, con estrema soddisfazione e gioia di Christelle, avevano tutti confermato di volerle un gran bene – cercavano di giustificarla e si azzardavano addirittura a cercare di far ragionare la signora Jones, ovviamente senza successo. La Grifondoro adesso evitava Michael ovunque lo intravedesse, per le strade di Diagon Alley, nei negozi di Hogsmeade e tra i corridoi di Hogwarts. Non si erano più rivolti la parola da quando lei l’aveva lasciato, con un lungo ed elaborato discorso, sotto gli alberi del parco, sul limitare della Foresta Proibita.

    « Niente, c’era… Una persona che non ho voglia di vedere, sono andata nel panico » si giustificò con il fiato corto, dimenticando per un secondo di essere ancora molto arrabbiata con lui. Osservò a braccia incrociate i suoi tentativi di riaprire la porta, in cuor suo grata che non stessero funzionando. Se il rischio era di incontrare di nuovo Michael ed essere costretta a parlare con lui, avrebbe preferito restare lì a far la muffa per sempre. « Che c’è, non ci riesci? » disse però poi, canzonandolo.

    Ancora a braccia tese, si irrigidì notevolmente quando lui le si avvicinò per sfilarle una forcina dai capelli. « A cosa ti serve? » aggrottò la fronte e lo sguardo si indurì, ma fece come le aveva chiesto.

    « Lumos! » e la bacchetta si illuminò. Lo guardò confusa armeggiare con la serratura, non capiva. Decisamente strano, non aveva mai visto nessuno fare quella roba alle porte, ma non fece ulteriori domande e sbadigliò annoiata già dopo un minuto di nuovi tentativi. La sua attenzione si rivolse alle loro spalle, il corridoio era completamente buio e dal fondo – Christelle non sapeva precisamente dove – provenivano degli strani quanto inquietanti rumori. Ricordava di esser stata lì una volta durante il primo anno, ma non aveva visto granché perché era stata beccata dal fratello, il quale l’aveva trascinata fuori minacciando di portarla dal preside.

    « Hai sentito quel rumore? » bisbigliò, incuriosita ed eccitata insieme. « Senti, forse non dovrei essere io a dirtelo, probabilmente non sei mai stato qui ma… Questo è il Corridoio proibito. Proibito, capito?» concluse sfrontata, senza un briciolo di rimorso nella voce, la bacchetta illuminata ancora puntata alle loro spalle per scorgere qualcosa.

     
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    Era certo che qualcuna di quelle schegge di legno, che gli erano rimbalzate addosso nel tentativo di sfondare la porta, gli si fossero infilate nel golf, perché non appena si mosse, per mettersi chino davanti alla serratura, sentì chiaramente la pelle graffiarsi all’altezza del petto. Approfittando dell’improvviso disinteresse di Christelle – che se solo fosse arrivato due minuti prima, magari, avrebbe fatto in tempo a lasciarla al suo destino e a tornare al proprio – si infilò una mano sotto la maglia e cercò di liberarsene. Il tentativo di scassinare la porta alla vecchia maniera si rivelò totalmente inefficace; non credeva che avrebbe funzionato davvero una tecnica babbana su di una porta palesemente affatturata, ma ci aveva sperato… Viveva a Kensigton da tutta la vita, aveva perso le chiavi di casa e gliele avevano rubate innumerevoli volte; o imparavi qualche trucchetto da strada, o restavi fuori. Non era come a Hogwarts…

    “Ti dispiace?” – disse, irritato, quando la ragazza deviò altrove il fascio di luce. Ma si rialzò subito dopo, lasciando andare ogni speranza, quando il fermaglio di Christelle si spezzò all’interno della serratura. Un po’ divertito, nonostante la situazione, glielo porse, o meglio, le porse l’inutile metà rimasta illesa, sollevando le spalle con disinvoltura. Aveva pronta una battutina mordace per la triste dipartita del suo ferma capelli, ma la voce gli si mozzò in gola: non erano soli. Dei rumori, dapprima lievi, poi leggermente più forti rimbombarono per un istante in quel vuoto oscuro. Istintivamente, avanzò di un passo verso l’oscurità, distaccandosi dalla porta e superando Christelle, impugnò di nuovo la bacchetta.

    “Lumos maxima!” – esclamò e dalla bacchetta si sprigionò un fascio di luce maggiore rispetto al precedente che, unito a quello della bacchetta di Christelle, riuscì ad illuminare una grossa porzione di quello che era…

    “Un corridoio…” – bisbigliò, mentre le parole della Grifondoro sovrastarono la sua voce e gli entrarono nel cervello come lame affilate. Un corridoio proibito? Il corridoio proibito? Ne aveva sentito parlare, ma era una leggenda. Poteva esserci qualsiasi cosa là dentro, avrebbero potuto rimanere chiusi lì per giorni, settimane, chissà per quanto prima che qualcuno potesse accorgersi della loro presenza lì. Ma soprattutto… Avrebbero potuto espellerli per un’azione del genere. Quattro anni di fatica e dedizione per lo studio, per portare onore alla sua famiglia, essere un orgoglio di quella scuola… e… finire… espulso… PER ESSERE ENTRATO NEL CORRIDOIO PROIBITO CONTRO LA SUA VOLONTÀ?!
    Accadde qualcosa, in Draven, che nemmeno lui stesso aveva mai sperimentato prima: il panico. Rimase a fissare la vuota oscurità oltre la luce delle loro bacchetta per parecchi secondi, forse un paio di minuti; se Christelle disse qualcosa, nemmeno la sentì. Doveva uscire da lì prima che chiunque potesse anche solo supporre che Draven avesse avanzato un solo passo verso il terzo piano. Guardò l’orologio che portava al polso: mancavano 20 minuti alla lezione di pozioni. Oddio… I libri in biblioteca. Non avrebbe mai fatto in tempo ad andarci dopo la lezione di pozioni – perché, ok il panico, ma non era nemmeno contemplabile l’ipotesi che non sarebbe riuscito ad andare a lezione di pozioni – quindi il piano d’azione per i compiti era completamente da rivedere… Il suo cervello si rimise in moto. Ottimo segno, stava riacquistando un briciolo di lucidità. Ma lo sguardo, senza che se ne accorgesse, si era abbassato, a fissare comunque il vuoto, ma adesso era un vuoto illuminato. Quando se ne rese conto, comunque, era passato talmente tanto da fargli bruciare gli occhi e fargli apparire macchioline scure attraverso le palpebre ogni volta che chiudeva gli occhi. Si sfregò le palpebre chiuse con due dita della mano destra, mentre quelle dell’altra si strinsero con parecchia forza intorno alla bacchetta, al punto da irrigidire tutta la muscolatura del braccio sinistro, dalle nocche della mano alla spalla… quasi faceva male, ma in qualche modo, quella sensazione lo riportò alla realtà.

    “Troviamo una via d’uscita o ti uccido.” – furono le prime parole, con voce incrinata, che riuscì a pronunciare dopo chissà quanto tempo passato in silenzio a riflettere. Non la guardò; stava ritrovando lucidità e aveva bisogno di concentrarsi sul da farsi. Se quella maledetta porta aveva deciso di non farli uscire, doveva essere perché era settata magicamente solo per consentire degli ingressi: si, era una supposizione valida, molto logica. Quindi, da qualche parte lì tra ombre e rumori sinistri, dove esserci un’uscita.
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    Christelle si guardava intorno con una meraviglia quasi infantile, e quel poco che riusciva a vedere grazie alla luce di entrambe le loro bacchette la stupì. Non ricordava quasi niente di quel posto, era come vivere un’avventura nuova e diversa, di quelle che a lei piacevano così tanto. Non ascoltò Draven ma infilò nella tasca del mantello la forcina rotta, con aria stranita e confusa, a cui però non seguirono ulteriori domande.

    Lo seguì lungo il corridoio quando avanzò, la Grifondoro voleva andare dritta verso la fonte di quei rumori sinistri, a cuor leggero, aveva completamente dimenticato le lezioni del pomeriggio e risultò ovvio che le avrebbe saltate. Niente di nuovo. Con la bacchetta illuminò il soffitto del corridoio, il quale le apparve umido e sporco, oltre che pieno di ragnatele e con annesso qualche ragno.

    « Chissà cosa nascondono qui dentro.. » borbottò tra sé e sé, ma anche rivolgendosi a Draven, e nel non ricevere alcuna risposta da parte sua finalmente si accorse che non la stava ascoltando e, anzi, era completamente immerso nei propri pensieri mentre camminavano.

    « Tutto ok? » gli domandò scrutandolo, per quanto fosse possibile, dritto in faccia e cercando il suo sguardo. Ebbe appena il tempo di sentirlo minacciarla di morte, in fondo se l’aspettava, che un rumore ancora più intenso – e, forse, più lontano del precedente – li sorprese di nuovo, seguito da una luce fioca che pareva provenire da in fondo al corridoio.

    « Voglio andare a vedere » disse senza ulteriori spiegazioni, e lo piantò lì, aggiungendo solo un cenno con la mano come a dirgli di seguirla e rinunciando quindi alla ricerca dell’uscita; si avviò a passo svelto verso il puntino luminoso, ma si guardò anche indietro in cerca di Draven. Il nervosismo era sparito.

     
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    Se nel lasso di tempo che gli ci era voluto per riacquistare la ragione – che comunque, vacillava ad ogni scricchiolio che le assi di legno producevano in risposta ai loro passi – c’erano stati altri rumori sinistri, Draven non se n’era accorto. In condizioni normali, non avrebbe avuto paura; la sua non era nemmeno una paura provocata dal corridoio proibito in sé o da qualsivoglia creatura fosse lì, a nascondersi nell’ombra. Tutto ciò che di inquietante aveva quel posto era che, se non avessero trovato presto una via d’uscita, e per presto intendeva nei dieci minuti a seguire, non sarebbe arrivato in tempo per la lezione di pozioni. Bastava il pensiero a terrorizzarlo e quegli scricchiolii accentuavano solo una suggestione interiore… Christelle, d’altro canto, sembrava fosse appena stata invitata ad una festa. Come poteva prendere così alla leggera una situazione come quella?
    Un rumore, più intenso dei precedenti, come se a loro fosse giunta solo l’eco, spezzò quel temporaneo silenzio. Doveva togliersi dalla testa la lezione: avrebbe risolto la questione una volta uscito da lì. Ora la priorità era…

    “L’uscita! Dobbiamo cercare l’uscita!” – si trovò a gridare alla Jones che, mentre lui era lì come un ebete a rimuginare, depresso, sulla sua carriera scolastica e quell’eventuale assenza che non si sarebbe mai perdonato, con uno scatto lo aveva superato e stava velocizzando il passo, andando verso quella che sembrava la luce di una lanterna. Da dove era spuntata fuori?
    Ad ogni modo, non avrebbe mai permesso a una Grifondoro di superarlo in qualcosa, soprattutto se quella Grifondoro era Christelle… e lo spirito di competizione spinse Draven a seguirla, lasciando stare la razionalità per qualche istante, seguendo solo il proprio istinto. Forse, forse, aveva ragione lei, dovevano andare a controllare da dove provenissero quei rumori. Poteva esserci qualcosa lì che metteva alla prova il coraggio e l’audacia di chi entrava in quel corridoio: un’altra ipotesi assolutamente logica, in effetti, poteva essere che finché non si fosse superata la prova, la porta d’ingresso sarebbe rimasta bloccata. Velocizzò il passo per affiancarsi a Christelle e la raggiunse proprio mentre la luce della propria bacchetta perdeva luminosità… Si era deconcentrato. Prima regola: mai abbassare la guardia. Idiota. Draven scosse la testa come a volersi liberare di tutta quell’introspezione che la circostanza gli stava facendo provare e si volse a guardare la Jones che, inaspettatamente e in maniera totalmente opposta da lui, sembrava elettrizzata. Quasi gli venne da sorridere al pensiero di quanto entusiasmante dovesse essere la vita con un carattere così spensierato, ma un bisbiglio, proveniente alla sua destra, lo destò di nuovo dai propri pensieri.

    “Di qua.” – esclamò, afferrando delicatamente Christelle per un polso, per spingerla in direzione del bisbiglio. Quasi si mise a correre e, cambiando direzione, la ‘luce della lanterna’ si fece più accesa, ma erano ancora distanti.

    “Venny…” – il bisbiglio assunse un tono e pronunciò quel nome. Draven si fermò di scatto, come inchiodato al pavimento.

    “Hai sentito?” – provò a chiedere a Christelle, voltandosi verso di lei a cercare il suo sguardo.
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    Christelle, mentre camminava in quel corridoio lungo, buio, umido e molto probabilmente anche sporco, ricordò tutte quelle piccole avventure vissute con il fratello e la sorella da bambini, molto prima che le loro vite si complicassero inevitabilmente a causa della crescita e di Hogwarts. Avevano vissuto in una casa molto grande, addirittura immensa, fin dalla nascita, la villa di famiglia – o meglio, della famiglia di loro madre. Villa Jones si ergeva su almeno sei piani e ogni stanza era a dir poco immensa, ma d’altronde ospitava molte persone e in quel modo tutti riuscivano ad ottenere la loro privacy e anche di più: sua madre, suo padre, Christelle, Oliver e Isla, e poi i nonni, gli zii, i cugini piccoli, gli Elfi domestici. La giovane strega era abituata a quel via vai, e fin da piccola, soprattutto con Isla, ne aveva approfittato per inventare ogni sorta di gioco e divertimento dentro quelle mura immense: la cosa che preferiva era spaventare sua sorella, pavida da bambina, e lo faceva raccontandole storie di ville infestate dai fantasmi e poltergeist, mollicci, folletti assassini. La portava con sé durante le missioni d’esplorazione, specialmente nel seminterrato buio o nel parco altrettanto gigantesco, in piena notte, per farle prendere dei grandi spaventi che spesso si concludevano in un pianto disperato per Isla e una bella sgridata da parte dei genitori per Christelle. Ripensò alla loro infanzia con un sorriso divertito mentre camminava, cosa che probabilmente dall’esterno la fece apparire ancora più strambamente emozionata. Si chiese cos’avrebbero pensato la sorella e il fratello se avessero saputo che era tornata in quel Corridoio – seppur, questa volta, senza volerlo – nonostante le minacce.

    Quando Draven la raggiunse, gli lanciò un’occhiata divertita, sebbene lui potesse vederla a stento, e riprese a camminare al suo fianco, dritta verso il puntino luminoso in fondo e quei rumori strani: voleva assolutamente vederci chiaro. Restò stupita dalla delicatezza con cui le afferrò il braccio per farle cambiare strada, visti i loro rapporti negli ultimi tempi si sarebbe aspettata come minimo uno strattone.

    « No, cosa? Tu che hai sentito? » gli domandò improvvisamente stranita. Si era distratta per un secondo a pensare a lui, possibile che qualcuno avesse parlato? Possibile ci fosse davvero qualcuno lì dentro? No… Christelle non lo pensava sul serio, insomma, al massimo doveva trattarsi di qualche vecchia infestazione di chissà quale creatura. Lo guardò negli occhi in silenzio, il Serpeverde aveva una faccia strana, quindi con un deciso Lumos maxima! aumentò anche lei la luce della sua bacchetta, forse anche per provare a tranquillizzarlo.

     
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    Draven Shaw

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    Rimase con gli occhi puntati sulla Jones perché temeva di ciò che avrebbe visto davanti a sé. Era sicuro di ciò che aveva sentito, anche se lei non glielo aveva confermato. Due sole persone al mondo conoscevano quel nome, riferito a lui: sua madre, che per troppi motivi era impossibile si trovasse ad Hogwarts, figuriamoci nel corridoio proibito, e suo padre, morto quasi otto anni prima. Quindi, o la soggezione gli stava giocando brutti scherzi, oppure lì c’era una qualche creatura in grado di replicare dei ricordi. Era spaventosa la sola idea, ma quando Christelle accentuò la luce della sua bacchetta, Draven non esitò nemmeno un istante: scartò da lei, praticamente correndo, verso la voce… Fino a trovarsi davanti a un uomo: aveva i capelli castani, come i suoi; sorrise e sulle guance gli si formarono due lievi fossette, proprio come quelle che Draven aveva e mostrava di rado; era vestito in maniera formale, da ufficio, ma aveva gli abiti logori e coperti di sangue. Nonostante Draven rimase a fissarlo, incapace di distogliere lo sguardo, ogni volta che batteva le ciglia con semplice fare istintivo, vedeva nel buio delle palpebre i flash del corpo morto di suo padre. Non aveva mai davvero visto il suo corpo, né era andato al funerale, ma sua madre gli aveva detto che era stato aggredito per strada ed era morto in ospedale poco dopo e lui si era costruito un'immagine di quell'evento. Un uomo babbano, curato da babbano. Ucciso dai maghi, Draven ne era sempre stato certo, pur non avendo mai avuto prove a riguardo. E lo aveva immaginato proprio in quel vestito, coperto di sangue. Come poteva una creatura replicare così perfettamente quella che era solo l’ipotesi di un bambino?

    “Venny... Che ci fai qui, Venny? Questo non è il tuo posto… Lo sai.” – iniziò a dire l’uomo. Anche la voce era esattamente come la ricordava. Non poteva essere vero.

    “Non è reale. Tu non sei reale… Sei morto!” – rispose, nessun accenno di agitazione nel tono della voce. Non aveva paura… Era terrorizzato. E quel tipo di emozione fa uno strano effetto alle persone orgogliose e ambiziose come lui: le motiva. Non avrebbe mai permesso a niente e nessuno di farlo sentire così. Lui meritava di stare a Hogwarts, molto più di tanti altri. Quella creatura che aveva assunto le fattezze di suo padre non sarebbe mai stato in grado di fargli credere il contrario.

    “Questo non è il tuo posto. Non saresti nemmeno dovuto nascere.” – proseguì lui, avanzando verso Draven che alzò la bacchetta verso di lui. Doveva fare qualcosa, ma cosa? Non conosceva nessuna creatura in grado di replicare il corpo e la voce di un morto, come avrebbe potuto contrastarlo? Si guardò intorno. Non vedeva Christelle. Era come se l’oscurità lo avesse inghiottito, nemmeno la bacchetta era più accesa. Quell’attimo di distrazione bastò all’uomo per scagliarsi contro Draven: lo afferrò per la gola, forte, e lo sbattè contro una delle pareti del corridoio.

    “Sei un abominio! Non dovresti essere nato!” – cominciò a ripetere l’essere, nel tentativo di strozzare Draven. Per cercare di fargli sciogliere la presa, strinse le mani intorno ai suoi polsi, facendo cadere a terra la bacchetta.

    “CHRISTELLE! SEGUI LA MIA VOCE!” – urlò, con tutto il fiato di cui disponeva, sebbene la voce venne fuori incrinata e a fatica, per via della stretta intorno alla sua gola.
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    Christelle era confusa, una sensazione che detestava. Non aveva idea di cosa stesse accadendo e ancor meno di cosa avesse visto Draven, ma nonostante ciò restò sull’attenti, la bacchetta puntata e luminosa verso l’ignoto. Quella che sembrava un’avventura facilmente sormontabile, per scampare a una noiosa giornata di lezioni più che altro, si stava lentamente tramutando in qualcosa di, a dir poco… Strano. Draven si allarmò e lei fece altrettanto, il Serpeverde cominciò a correre e cercò di stargli dietro ma non ci riuscì. Si ritrovò sola circondata dal buio, il fetore delle pareti, le ragnatele, l’umidità. Sentiva delle voci lontane ma non capiva cosa stessero dicendo, riuscì solo a intuire che adesso erano in due. Com’è possibile? Chi diavolo c’è oltre a noi nel corridoio? Pensò. Poi lo sentì urlare, di nuovo, il suo nome: Christelle. Le disse di seguire la sua voce, e così fece. Riprese a correre e in pochi secondi si ritrovò accanto al ragazzo.

    Quando lo raggiunse si fermò di botto perché finalmente capì cos’aveva sentito: davanti a loro si stagnava un uomo adulto, composto, capelli castani ed i vestiti pieni di sangue. E quello stesso uomo stava cercando di strangolare Draven. I due si somigliavano in un certo senso, avevano dei tratti ugualmente marcati, parlava e diceva frasi surreali, lo sguardo intriso di follia. Lui sorrise e a Christelle venne la pelle d’oca: non sapeva cosa fare. Flipendo! Urlò con tutta l’energia che aveva in corpo , ma non successe nulla, l’incantesimo sembrava a malapena sfiorarlo. Stupeficium! Stupeficium, stupeficium, stupeficium, maledizione! Urlava ancora, ma non c’era niente da fare.

    Il cervello aveva ripreso a pensare macchinosamente. I due si conoscevano? Impossibile. Quell’uomo era arrivato a Hogwarts per nascondersi in un corridoio schifosamente sporco e aspettare il momento in cui Draven si sarebbe ricordato di entrarci? Non l’avrebbe mai fatto se non fosse stato per lei! C’era qualcosa che non tornava, i conti erano sballati. Chi diavolo era? E poi capì. L’illuminazione le attraversò l’intero corpo in un secondo che quasi sobbalzò sul posto, la bacchetta sguainata.

    « E un molliccio! Draven, è un molliccio! Riddik… » iniziò col dire, anzi urlare, ma le parole finirono per morirle in gola. La creatura adesso si era davvero accorta di lei e, con buona creanza, le si dedicò completamente. Christelle la vide cambiare forma e obiettivo, mutò in pochi secondi, lasciò finalmente andare il collo di Draven. Il cuore prese a martellarle fortissimo nel petto, sembrava stesse per esplodere: il molliccio prese la figura di una ragazzina, piccola e con gli occhiali, il viso gentile ma inquieto, i capelli biondi. Un ricordo della Grifondoro, un ricordo terribile. Le sorrideva genuinamente, sembrava docile. Poi mutò, la bambina divenne fumo e la terra sotto i loro piedi prese a tremare: l’immaginazione galoppante di Christelle – o, forse, lo stesso molliccio, le fece credere che le pareti le sarebbero cadute addosso, una morte terribile schiacciati sotto il peso del Castello. L’angoscia cresceva, la bacchetta si spense, calò il buio. Christelle sapeva cos’era, lo sapeva benissimo e ne era terrorizzata, al punto che restò paralizzata sul posto: un Obscuriale.

     
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    Era talmente paralizzato dal dolore e dalla paura che, se non si fosse lasciato scivolare via la bacchetta nel vano tentativo di allentare la stretta delle mani della creatura ferrea intorno alla propria gola, avrebbe provato in ogni modo a lui conosciuto a farle esplodere la faccia. L’odio per quella finzione lo aveva fatto infuriare al punto da farlo smettere di ascoltarla mentre inveiva contro di lui praticamente subito, ma non bastava per sconfiggerla. Provò ad abbassarsi per riprendere la bacchetta, ma nel buio più totale non riusciva a vederla e, in quella posizione scomoda, nemmeno a cercarla. Era di schiena contro il muro, con la creatura che continuava a sbraitare e urlare, che sembrava esternare incredibile violenza, eppure, se avesse davvero avuto intenzione di ucciderlo… Perché non era ancora morto soffocato? Evidentemente, pensò nel suo solito modo razionale, anche se un po’ in ritardo rispetto ai suoi soliti tempi di reazione – ma data la situazione, non ci badò – non era nel potere o nelle capacità di quella creatura fare del male fisico. Forse, era solo una suggestione. Provò a ragionare ad un modo per alleviare la presa che aveva su di lui, un modo non magico, magari psicologico, quando la voce di Christelle interruppe il monologo isterico del suo aggressore. E alla parola ‘molliccio’ detta da lei, Draven realizzò quanto stupido fosse stato… Spostata l’attenzione della creatura su Christelle, Draven fu libero di buttarsi a terra a cercare la bacchetta, ma il buio intorno a lui non lo aiutava affatto e peggiorò, se possibile, quando il molliccio assunse la forma della paura di Christelle: qualsiasi cosa fosse, la trovò inquietante; la terra prese a tremare sotto i loro piedi e, sebbene ormai fosse pienamente consapevole che fosse solo un gioco mentale e non la realtà, gli risultò immensamente difficile muoversi. Per fortuna di entrambi, Draven riuscì a trovare la bacchetta prima che quella massa scura e terrificante potesse avvicinarsi ancora di più a Christelle e, ancora a terra, praticamente corse a carponi per raggiungerla e mettersi davanti a lei, frapponendosi tra lei e quella cosa.

    “Hey!” – urlò, per deviare di nuovo l’attenzione del molliccio. Averli entrambi così vicini dovette, in qualche modo, mandarlo in confusione, perché per un brevissimo istante gli parve di intravedere il viso di suo padre contorto dal dolore nella densa nuvola di fumo che era la paura di Christelle… ma fu un solo attimo.

    “Riddikulus!” – esclamò, con voce ferma, eseguendo l’adeguato movimento con la bacchetta per rendere efficace l’incantesimo. Non ne eseguiva uno dal primo trimestre del terzo anno, ma nel vedere il molliccio dissiparsi come una nuvola portata via dal vento, intuì che perlomeno era riuscito a tenerlo a bada.
    Si voltò rapidamente verso Christelle e l’afferrò per le spalle per aiutarla a tirarsi su, facendo altrettanto insieme a lei. Non l’aveva mai vista con quell’espressione in viso, quasi temette che potesse svenirgli tra le braccia e sarebbe stato tremendamente sconveniente per entrambi, dato che non avevano ancora la minima idea di come si potesse uscire da quel labirinto buio.

    “Ce la fai a correre?” – le chiese poi, continuando a sorreggerla.
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    Terminata la lezione sulla premessa delle Arti Oscure, Brad era passato nel suo ufficio per recuperare il suo baule e i suoi appunti prima di tornare a casa. Doveva solo lasciare un avviso dei compiti affisso sulla porta sopra le piccole scalinate e poi poteva andare in tutta tranquillità. La lezione era stata ricca sia di teoria che di pratica e i suoi ragazzi avrebbero dovuto impegnarsi non poco, tra lettura degli appunti e pratica con il movimento della bacchetta e postura da combattimento. Aveva idea di aprire un corso, l'anno successivo, proprio per migliorare la capacità di duello degli studenti volenterosi, ma ci sarebbe arrivato con calma, quando il programma scolastico l'avrebbe permesso. Non poteva permettere agli alunni di lanciare incantesimi pericolosi senza insegnare loro metodi di difesa adeguati e regole fondamentali per non finire dritti in infermeria.
    Dopo aver affisso la nuova pagina sulla bacheca fuori la porta dell'ufficio, McNeal uscì, fiero di come fosse andata anche quella giornata e diretto a Diagon Alley, a casa sua, per gestire nuovi progetti su scope. La richiesta era alta, visto il campionato di Quidditch nazionale appena ricominciato. Non che fosse un problema per lui, anzi, era piacevole ideare nuovi modelli, il problema era costruirli in fretta e furia perché la pazienza dei clienti era sempre minima. Scendendo le scale, però, il Docente di Difesa Contro le Arti Oscure notò qualcosa di strano. Un rumore, molto comune alle sue orecchie, arrivò dal corridoio dove si trovava più o meno lui, al terzo piano. Il Preside aveva avvisato tutto il corpo docenti del perché quel corridoio fosse proibito agli studenti. Brad cominciò a correre, in preda al panico. Se fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai potuto perdonare. Aprì con un elegante movimento di bacchetta il portone che manteneva, teoricamente, chiuso il corridoio agli studenti di Hogwarts ed entrò. Il buio presente confermò al Docente la sua paura: alunni non in classe. Il cuore cominciò a battere. Nessun Professore sarebbe stato così sciocco da non accendere le fiaccole nelle apposite colonnine, solo chi non avesse saputo di quel piccolo trucchetto ci sarebbe potuto cascare. Brad si girò verso la porta, chiaramente danneggiata dall'esplosione sentita poc'anzi. Udì delle voci in lontananza, delle urla. Scattò ancora, più velocemente possibile per non rischiare di arrivare troppo tardi. Con mille e più pensieri in testa, tragici la maggior parte, McNeal corse verso una luce che pian piano si faceva sempre più intensa e viva. Riconobbe immediatamente il Molliccio, sotto la figura di un Obscuriale - era impossibile fosse quella creatura, troppo rara e ovviamente troppo pericolosa per trovarsi nella scuola più sicura del mondo - e due dei ragazzi che erano appena stati a lezione con lui: Christelle Jones e Draven Shaw. la Grifondoro non era riuscita a pronunciare la formula completamente e il Molliccio sembrava intenzionato a volerla attaccare, ma fortunatamente, ancor prima che il Professore riuscisse ad intervenire, ci pensò il Serpeverde a risolvere la situazione. La Creatura ritornò nell'armadio, dopo essere stata ridicolizzata.
    "Ragazzi! State bene?"
    Domandò McNeal, finalmente arrivato sul posto. Con un gesto di bacchetta illuminò tutto il corridoio, come avrebbero dovuto fare in precedenza i ragazzi, per avere una visuale migliore sulla scena. Christelle e Draven gli avrebbero dovuto spiegare molte cose, ma prima era meglio assicurarsi che fossero al sicuro.
    Il Professore si mise velocemente in posizione di attacco e, dopo essersi visibilmente voltato verso l'armadio, puntò la bacchetta.
    "Colloportus!"
    Con tono secco e deciso, il Docente sigillò la porta dell'armadio dal quale era scappato il Molliccio, probabilmente attirato dalla presenza dei due esseri umani. Il perché fosse aperto era un mistero che avrebbe cercato di scoprire al più presto con l'aiuto dei due studenti.
    "Avete bisogno di passare in Infermeria o ce la fate? Dovete darmi molte spiegazioni."
    Disse osservando negli occhi entrambi, cercando di non far trasparire né rabbia, né preoccupazione. Avrebbe quindi scortato i due fuori dal corridoio, cercando di aiutarli in qualsiasi modo.

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    L’Obscuriale si erse in tutta la sua inquietante forma incorporea e oscura, più buia della notte stessa. Le pareti continuavano a tremare intorno a loro, effetto della creatura ovviamente, e Christelle in un attimo dimenticò il molliccio e la formula da usare, tutto il resto intorno a loro era scomparso; per la giovane e scapestrata Grifondoro restò solo la paura. Terribili ricordi e sensazioni ricollegava a quella creatura, un’ombra di quando era bambina che spaventava anche i suoi genitori, a volte la sorprendeva persino nel pieno della notte in terribili incubi. Il cuore continuava a martellarle nel petto, forse per la prima volta da tanto tempo era rimasta del tutto senza parole… E senza idee, anche. Ci pensò Draven a ristabilire l’ordine naturale delle cose.

    Il Serpeverde le si parò davanti come a volerla proteggere e tutto tornò chiaro nei suoi pensieri: il Corridoio proibito, quel ragazzo, il molliccio. Niente di tutto ciò che stava accadendo era vero, meno di niente. Lo sentì urlare un Riddikulus! e subito si tranquillizzò per quanto fosse possibile. Era caduta a terra e le mani tremavano ancora, tutto il corpo anzi era scosso da scariche, ma almeno adesso aveva la certezza che non le sarebbe accaduto nulla.

    « Grazie.. » ebbe appena il tempo di dire, la voce incrinata dall’emozione. La ragazza era quasi commossa. « Io.. Sì, credo di sì.. » mormorò mentre tornava in piedi, a fatica, ma il cuore le balzò in petto di nuovo: davanti a loro c’era il professor McNeal, trafelato e probabilmente spaventato quanto loro. Il corridoio si illuminò nettamente e il Molliccio sparì alla vista, chiuso di nuovo nell’armadio.

    « Stiamo bene » rispose seccamente al professore quando chiese loro dell’Infermeria mentre riprendeva fiato, sforzandosi però di non sembrare troppo ostile e stringendo forte la bacchetta. Non le importava niente di finire nei guai, c’era già stata così tante volte: punizioni, strillettere, brutti voti, lavate di capo dai professori e persino dal preside… Ma si sentì tremendamente in colpa per Draven, in fondo era stata lei a trascinarlo in quel casino – anche se non aveva idea avrebbero trovato nientedimeno che un Molliccio dentro quel maledetto Corridoio.

    « E’ colpa mia, Draven non c’entra, era qui solo per aiutarmi » disse di getto e con tono un po’ da martire, ma sincero. Evitò lo sguardo di McNeal e anche quello di Draven, e nel fissare il vecchio pavimento aggrottò la fronte per un attimo, ma distendendola quasi subito dopo, non era il momento per mostrarsi ancora più imbronciati di quanto già non fosse.

     
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    L'unica cosa alla quale Draven riusciva a pensare era che doveva uscire da lì e subito. Non aveva più guardato l’orologio da quando si erano ritrovati avvolti nell’oscurità di quel Corridoio Proibito nel quale avevano finito col perdersi e aveva smesso di pensarci nell’esatto istante in cui quel maledetto nome, Venny, lo aveva attirato a sé. Aveva commesso l'errore di combattere umanamente quello che non aveva riconosciuto essere un Molliccio e Christelle aveva dovuto patire un incubo per aiutarlo; era stata sorprendentemente gentile, ma considerando che se si trovava lì era solo colpa sua, seppur inconsciamente, Draven non aveva avuto la minima premura di ringraziarla, né di ribattere ai ringraziamenti di lei quando si rimisero in piedi. Era sudato, stanco, sensibilmente provato da quell’esperienza e avrebbe solo voluto fare una doccia e andare a dormire, ma il pensiero della lezione di Pozioni gli tornò alla mente rapido e doloroso come un pugno nello stomaco. Abbassò lo sguardo sull’orologio… Avevano passato lì dentro più di un’ora. Non gliene fregava niente di ciò che il Molliccio gli aveva mostrato… ma non poteva accettare l'assenza a una lezione… E poi, il suono di una voce, distrusse ciò che restava della sanità mentale di Draven in quel momento. Il professore di Difesa contro le Arti Oscure era a pochi passi di distanza da loro. Colti in flagrante. Si sentì mancare. Cercò di raccogliere le forze per dire qualcosa, in fin dei conti non era colpa sua se si trovava lì, ma non voleva nemmeno dire una cosa così banale – per quanto vera – e rischiare di non essere creduto. Mentre il professore rimetteva al suo posto il Molliccio – facendogli scoprire non solo che quel posto aveva un impianto magico di illuminazione che avrebbe potuto risparmiargli parecchie rogne, ma che qualcuno o qualcosa, prima del loro arrivo lì, aveva liberato un Molliccio dal suo armadio – Draven avanzò di un passo verso di lui.

    “E' stato un incidente, professore. Stavo andando in biblioteca, io non dovevo essere al terzo… Che?!” – iniziò a dire, con l’intento di spiegare tutto, tutta la verità, perché non aveva niente da nascondere, ma s’interruppe nel sentire le parole di Christelle. Si voltò di scatto verso di lei, gli occhi sgranati e lo sguardo corrucciato di chi era sull’orlo di esplodere dalla rabbia. Pensava di redimersi ai suoi occhi prendendosi tutta la colpa in un modo così fiacco?! NO. La situazione andava spiegata, non minimizzata.

    “No, non è vero. E' stato un incidente. Lei era sovrappensiero, l’ho vista sbagliare strada: i grifondoro hanno pozioni il martedì, prima dei serpeverde e per questo so che lei aveva sbagliato strada. Le sono andato incontro per avvisarla, ma…” – e si fermò di nuovo, perché non era certo che Christelle volesse far sapere ad un professore delle sue scappatelle scolastiche. Alzò gli occhi al cielo e sospirò, spazientito.

    “Non lo so com’è successo, glielo giuro, signore. So solo che l’ho vista scivolare oltre una porta e mi ha trascinato con sé, credo nel tentativo di reggersi per non cadere. E la porta ci si è chiusa alle spalle. Pensando che fosse incantata, abbiamo provato a cercare un’altra uscita, ma ci siamo persi al buio e deconcentrati per via del Molliccio. Professore… La mia lezione di pozioni è iniziata da venti minuti. Posso andare? Per favore…”
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