Un momento di tranquillo disturbo

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    Draven Shaw

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    Per la prima volta dopo settimane, Draven si ritrovava tra le mani un intero weekend libero a sua completa disposizione. Il ritorno ad Hogwarts lo aveva aspettato per mesi, nonostante si fosse trovato molto bene ad Ilvermorny; gli era mancata la sua casa, gli erano mancate le sue abitudini, e quando quella mattina aveva preso il suo amato libro sulla creazione e manutenzione delle bacchette, era letteralmente corso via dalla sala grande subito dopo colazione. Aveva attraversato a perdifiato la lunga piana su cui svettava la collina del castello e aveva raggiunto il limitare della foresta proibita, lì dove sotto un folto di alberi sapeva di non contravvenire una delle regole più importanti di Hogwarts e, allo stesso tempo, di trovarsi in un punto in cui non c’era particolare via vai degli alunni o professori… C’era calma e gli piaceva mettersi a leggere all’ombra, seduto sull’erba. Il recinto degli ippogrifi si trovava proprio lì vicino, ma non lo era abbastanza per costituire per loro un fastidio, anzi, passò completamente inosservato e il loro lieve vociare rendeva ancora più piacevole il momento. Si sistemò a gambe incrociate, sulle quali prontamente balzò Donut, e cominciò a leggere il suo amato libro, segnandovi sopra degli appunti ogni qualvolta ne sentiva la necessità.
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    Una nuova luminosa giornata era cominciata nel Castello di Hogwarts, e Christelle si riempiva la pancia di uova fritte della colazione insieme ad una buona quantità di bacon, seguita a ruota dagli amici Grifondoro del quarto anno. Discusse a lungo con loro della lezione di Difesa Contro Le Arti Oscure che avrebbero avuto quello stesso pomeriggio, degli esami ma soprattutto di Ludmilla Botton: si vociferava infatti già da qualche giorno che lei e il suo ragazzo, entrambi Tassorosso, fossero stati sorpresi a baciarsi con una certa foga nell’aula di Babbanologia dallo stesso insegnante. Tra un divertente pettegolezzo e l’altro, Christelle scoppiò in un’ennesima fragorosa risata alla vista del suo amico Tom che, immerso nell’avvincente racconto, aveva rovesciato per intero il piatto di uova. La tavolata di Grifondoro quel giorno sembrava più chiassosa del solito.

    Una volta finito di mangiare, un paio di ragazzi si offrirono di accompagnarla nella Torre di Grifondoro per ripassare Difesa: Christelle, piuttosto popolare, era abituata a quegli eccessi di zelo e scosse la testa educatamente, annunciando a entrambi che aveva alcune cose da fare. Si alzò quindi da tavola e, riponendo la bacchetta, fece per avviarsi verso l’uscita della Sala Grande. Direzione: il recinto di Cura delle Creature Magiche, ovviamente.

    La ragazza passava lì gran parte del suo tempo, sicuramente più di quanto gli altri credessero; un paio di volte, infatti, durante dei pesanti attacchi di insonnia si era avventurata verso il recinto degli Ippogrifi in piena notte, nonostante fosse severamente vietato dalle regole scolastiche. La quindicenne ne aveva infrante un bel po’ e non le importava granché, soprattutto perché veniva scoperta molto di rado.

    Raggiunto il parco, camminò a passo veloce per raggiungere il recinto, rivolgendo un pensiero fugace a Hermes – da lei soprannominato Ippo quando era molto più piccola –, l’Ippogrifo di famiglia, un vero e proprio amico per lei. Una volta davanti alle creature si fermò, e fece per inchinarsi con lo sguardo fisso su di loro, senza sbattere le palpebre finché una a una non ricambiarono. A quel punto era certa di potersi avvicinare e così fece, affondando le esili dita nel pelo dell’Ippogrifo più vicino per accarezzarlo dolcemente. Fu a quel punto che si voltò e istintivamente roteò gli occhi al cielo nel constatare che non era sola.

    Draven Shaw era il ragazzo Serpeverde del suo anno per cui sua sorella si era stupidamente presa una cotta già da diversi mesi, e non c’era verso di toglierglielo dalla testa. Christelle le voleva bene, la adorava, ma non sopportava più di sorbirsi i suoi discorsi su come e perché quel tipo non la degnasse di uno sguardo dopo quel bacio causato unicamente dalla Burrobirra. Non le stava particolarmente simpatico, anche se non lo conosceva abbastanza per poterlo giudicare: i due non si erano mai ritrovati soli, né avevano avuto l’occasione per scambiarsi più di tre parole di cortesia.

    « Agli Ippogrifi non piace essere ignorati » esordì a voce alta ma con tono neutro, più per segnalargli la sua presenza che altro.

     
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    Draven Shaw

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    Era stata una bella sensazione svegliarsi quella mattina nel suo dormitorio ad Hogwarts e constatare quante ore libere avesse davanti a sé per fare ciò che voleva. Ad Ilvermorny non aveva avuto molto tempo libero; durante la settimana c’erano quasi sempre lezioni incastrate l’una dopo l’altra in modo da avere il tempo solo per avviare i compiti e non fare nient’altro e nel fine settimana tutti coloro che avevano l’autorizzazione erano quasi costretti ad andare ad Hogsmeade, perché non era contemplata l’ipotesi di rinunciarci. Si era trovato bene, soprattutto per ciò che aveva avuto modo di imparare, ma gli era mancata quella sensazione di autonomia e indipendenza che, sin dal primo giorno che aveva messo piede nella scuola di Hogwarts, aveva sempre percepito. Gli piaceva avere il controllo sulla propria vita, decidere se andare o meno ad Hogsmeade – cosa che avrebbe fatto l’indomani, per andare a trovare sua nonna e Adeline – oppure decidere di passare la giornata in biblioteca, a dormire, ad allenarsi per il quidditch o, come in quel momento, raggiungere il suo posto preferito per starsene per i fatti suoi. Era proprio bello e non si aspettava di essere interrotto.
    Era totalmente concentrato a leggere i metodi di lucidatura delle bacchette, che ovviamente si differenziavano da legno a legno; intinse la penna nell’inchiostro per cerchiare un paio di parole chiave, quando una voce lo fece sobbalzare, colto alla sprovvista. Rovesciò sul prato la boccetta d’inchiostro e d’istinto si alzò in piedi, chiudendo il libro e allontanandolo da sé, quasi avesse paura in qualche modo di sporcarlo. Il suo gatto certosino, spaventato da quello scatto improvviso, saltò via graffiandogli una mano.

    Cazzo! – esclamò d’istinto, chiudendo poi gli occhi in una smorfia… Nel mondo magico nessuno imprecava in quel modo, anzi, nessuno imprecava e basta: dicevano cose tipo ‘per la barba di merlino’ o ‘per tutti gli avvincini’. Solitamente, stava molto attento a ciò che faceva o diceva per non attirare l’attenzione su di sé, ma altrettante volte, purtroppo, la sua educazione babbana emergeva d’impulso e non ci poteva fare nulla.
    Sospirò, guardandosi la mano graffiata e volse lo sguardo ad osservare un infastidito Donut che correva via sulla piana del castello, prima di alzare lo sguardo sulla sua interlocutrice. Christelle… Dal suono della voce non l’aveva riconosciuta, ma quegli occhi li ignorava nei corridoi e durante le lezioni condivise con i Grifondoro, perché sua sorella Isla gli chiedeva da mesi di uscire insieme dopo uno stupido bacio che le aveva dato da ubriaco e per il quale lui la evitava perché ammetterle di averla baciata solo perché l’aveva scambiata per Christelle era mortificante. E non aveva tempo per pensare a quelle frivolezze, lo distraevano dai suoi obiettivi, dallo studio e dal quidditch. Aveva aspettato per settimane di tornare nel suo posto preferito, assorto nel più totale silenzio e lei lo aveva disturbato. S’irritò sensibilmente all’idea di dover andare in biblioteca per avere un po’ di tranquillità, quando aveva a disposizione una giornata così bella.
    Ad ogni modo, il suo nervosismo sembrava aver contagiato gli ippogrifi; era sempre così con lui. In un circolo vizioso senza fine, si sentiva nervoso a contatto con gli animali, loro percepivano il suo nervosismo e lo davano a vedere, rendendo Draven ancora più nervoso, ecc… Non era un caso se le uniche due materie in cui riusciva a stento a mantenere una sufficienza erano cura delle creature magiche ed erbologia. Perché non si sentiva a suo agio a prendersi cura di qualcuno o qualcosa che non fosse sé stesso.
    Imprecò di nuovo, ma questa volta tra sé e sé.

    Stavano bene, prima che arrivassi tu. – le rispose poi, affrettandosi a raccogliere ciò che ne era rimasto della boccetta di inchiostro per chiuderla e rimetterla al suo posto nella borsa della scuola, insieme alla penna. Sistemò anche il libro nella borsa, assicurandosi che la copertina non entrasse a contatto con nulla che potesse in qualche modo macchiarla e poi estrasse la bacchetta.

    Tergeo! – disse, puntandola sulla macchia d’inchiostro sull’erba che, come succhiata via da un aspiratore, scomparì.
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    Fu un susseguirsi di sfortunati eventi: alla voce di Christelle il ragazzo sobbalzò preso alla sprovvista, imprecò in maniera buffa o di certo inusuale, finì per rovesciare quasi interamente la boccetta d’inchiostro e scattò in piedi, spaventando a sua volta il gatto accoccolato sulle sue gambe, il quale lo graffiò e fece per allontanarsi – pensò la giovane strega – con aria quasi offesa. Christelle lo seguì con lo sguardo mentre correva, per poi posarlo di nuovo su Draven, le sopracciglia sollevate con aria infastidita.

    « Come, scusa?! Stavano bene prima che tu facessi scappare quel povero gatto, volevi di- » e si fermò perché colta alla sprovvista dall’Ippogrifo che stava accarezzando poco prima, improvvisamente nervoso a causa di tutto quel baccano improvviso.

    Gli Ippogrifi erano creature maestose, bellissime e molto fedeli ma anche particolarmente suscettibili: fece per impennarsi come imbizzarrito, ma fu solo un attimo perché la giovane strega riuscì a calmarlo con poche carezze rassicuranti. « Su, stai calmo, non è successo niente » disse piano all’animale.

    « Senti, volevo solo avvisarti che sono qui, mi sei sembrato immerso nella lettura e non mi avevi sentita arrivare » scrollò le spalle con aria neutra, mentre lo osservava usare il Tergeo per rimuovere le macchie d’inchiostro dall’erba. « Quando non c’è nessuno intorno finiamo per fare sempre cose strane, tipo parlare da soli, disegnare le chiappe di Merlino in aria con la bacchetta o quelle robe lì, e tu non volevi ti vedessi no? Dovresti ringraziarmi, ti ho fatto un favore.. » aggiunse categorica e con aria di chi la sapeva lunga.

    Forse, ammise a sé stessa, provava un po’ di risentimento nei confronti di quel ragazzo. Non perché non ricambiasse i sentimenti di Isla, anzi, non le interessava: insomma, chi era lei per giudicare i suoi gusti in fatto di ragazze? Ciò che non sopportava erano i discorsi infiniti di sua sorella su quanto fosse bellobravobuonointelligentestudiosofantasticonelQuidditchmisteriosointrigantetenebroso eccetera eccetera. Isla si era rincitrullita e Christelle stava cominciando a perdere la pazienza con lei: la giovane strega era un tipo molto concreto, nonostante fosse la più piccola della famiglia, oltre che brutalmente sincera e aveva inutilmente cercato in tutti i modi di convincere la sorella a lasciar perdere.

    « E’ tuo quel gatto? » domandò infine come a voler ristabilire la conversazione su un territorio neutro.

     
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    Draven Shaw

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    Si sistemò la borsa a tracolla ed ebbe giusto il tempo di avanzare di un passo, intenzionato ad andarsene da lì per tornare solo quando il suo posto preferito fosse stato di nuovo silenzioso, ma l’ippogrifo più vicino alla ragazza s’imbizzarrì e bastò quell’accenno di irritazione da parte dell’animale per bloccare Draven sul posto. Era pienamente consapevole del rischio che correva ad andare lì, lo sapeva da anni perché da anni ci si andava a nascondere, ma mai prima di allora aveva dato disturbo agli ippogrifi perché mai prima di allora si erano accorti di lui. Quella ragazza era bella quanto fastidiosa! Aveva rovinato tutto.
    Prese un respiro profondo, stringendo la mano graffiata in un pugno, come a voler scaricare un po’ di quella tensione. Pensò che l’unico altro posto che in quel momento potesse aiutarlo a ristabilire il suo equilibrio mentale fosse il campo da quidditch, ma era quasi sicuro che a quell’ora ci fossero i Corvonero ad allenarsi; quindi, sarebbe tornato al castello – e visto che era ancora in orario da colazione, avrebbe trafugato qualche frittella consolatoria – e sarebbe andato a controllare la bacheca per verificare a che ora avrebbe potuto prenotare il campo, nella speranza che verso sera il suo posto preferito sarebbe tornato di nuovo solo suo. Perché, maledizione, era il suo posto! Perché i Jones stavano sempre in mezzo? Era una persecuzione. L’anno prima, fra tanti, gli era capitato proprio il fratello maggiore come compagno nel club dei duellanti; poi, quell’increscioso incidente con sua sorella; le innumerevoli lezioni tenute insieme ai Grifondoro sin dal primo anno e, quindi, con Christelle; adesso anche questo!
    Fece per ribattere a tono, ovviamente d’impulso, senza sapere nemmeno cosa avrebbe detto, quando le parole gli si mozzarono in gola prima di esprimerle, nel sentire le sue.

    Chi disegna le chiappe di Merlino?! – si ritrovò, invece, a dire. In qualche modo incuriosito di sapere se il povero Merlino nel suo quadro al terzo piano ne fosse a conoscenza.

    Stavo studiando e non ti ho sentito arrivare, perché nessuno mai viene qui. Per via degli ippogrifi, sai… Sono suscettibili, come hai potuto ben vedere. – aggiunse poi, scuotendo la testa come a voler ignorare la parentesi ‘chiappe di Merlino’ e tornare a parlare di cose serie. Nel restare immobile, ancora a debita distanza da quelle maestose e pericolose creature, ebbe il bruttissimo presentimento che da quel momento in poi si sarebbero innervosite se avesse provato di nuovo ad andare a nascondersi lì nei loro pressi. Maledizione. Maledizione. Maledizione.
    Serrò nervosamente la mascella e abbassò lo sguardo; forse, nella speranza di riuscire a muoversi se non avesse guardato gli ippogrifi, come a fingere che per lui non esistessero e nella forte speranza che per loro tornasse ad essere invisibile.

    Si, e allora? Sta bene… Si sdegna facilmente. Tornerà quando gli sarà passata.
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    Christelle si ripromise subito di non raccontare a nessuno di quella strana conversazione, benché meno a sua sorella: non sapeva bene spiegarsi il motivo, ma le sembrava di star facendo qualcosa di sbagliato, per non parlare della cascata di domande con cui l’avrebbe tormentata Isla su cosa si fossero detti, come fosse vestito lui, come avesse pettinato i capelli, se avessero parlato di lei e via dicendo. Decise quindi di tenersi tutto per sé. In fondo che male c’era?

    « Lo faccio io, adoro disegnare le chiappe di Merlino quando sono molto annoiata » rispose schietta con una scrollata di spalle, sforzandosi di mantenere l’espressione seria e non scoppiare a ridere – una mossa stupida che avrebbe di certo fatto saltare la sua momentanea copertura di ragazza dura, tosta e impenetrabile davanti a un tipo che non le andava tanto a genio.

    « Lo so, è una delle cose che preferisco di loro: non è facile stargli simpatici » disse in riferimento agli Ippogrifi da lei tanto amati. Smise per un attimo di accarezzare il pelo lucente e guardò il Serpeverde, al punto che la creatura apparve quasi contrariata. « Suscettibili, certo, ma se li rispetti loro faranno altrettanto con te e anche di più. Sono estremamente fedeli » aggiunse un po’ addolcita per via del discorso che le stava a cuore.

    « Percepiscono il nervosismo altrui » lanciò al ragazzo un’occhiata eloquente, ma gentile e anche un po’ divertita, perché era così ovvio che se ne tenesse abilmente a distanza al punto di non incrociarvi neanche lo sguardo. Gli Ippogrifi sapevano mettere le persone in grossa soggezione, erano affascinanti tanto quanto nervosi e pronti a scattare. « Mi piacciono i gatti, lo avevo notato in giro per Hogwarts ma non sapevo fosse tuo » mimò un gesto di resa con i palmi delle mani alzate, rivolgendo poi nuovamente le attenzioni all’Ippogrifo il quale si mostrò più che rilassato e felice della sua scelta.

     
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    Draven Shaw

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    Di sottecchi, dato che non osava alzare la testa col rischio di incrociare lo sguardo degli ippogrifi, notò con quanta calma lei, invece, non solo li guardasse, ma anche accarezzasse. Si sentiva a suo agio, quello era il suo elemento, come i libri o le bacchette erano quello di Draven… Lui, che a malapena riusciva ad accarezzare il suo gatto senza essere graffiato. Ricordava ancora perfettamente il momento in cui glielo avevano comprato: quando gli era arrivata la lettera da Hogwarts e prima che sua madre gli facesse sapere che non avrebbe potuto andarci finché non avesse concluso le scuole medie babbane, gli aveva spiegato che ogni studente aveva la possibilità di portarsi con sé un animale da compagnia; Draven aveva sempre desiderato avere un animale, ma così come con le piante, aveva constatato da molto, molto piccolo che qualsiasi creatura tendeva a dare di matto in sua presenza. Così, sua nonna, che con molta pazienza gli aveva spiegato che le creature viventi percepiscono il nervosismo, ma che c’era un animale al mondo al quale non importava come fossi fatto, per rincuorarlo dopo la triste notizia della scuola babbana, gli aveva comprato un gatto: un certosino dagli occhi gialli. Quella era ritenuta essere l'unica creatura di entrambi i mondi con un senso di autoconservazione tale da renderlo indifferente alle reazioni umane. Lo aveva amato dal primo istante in cui i loro sguardi si erano incrociati e, non riusciva a spiegarselo, sentiva a contatto con lui che quell’amore era ricambiato… Ma era uno stronzo diffidente, proprio come Draven, e come tale, passava più tempo a curiosare in giro che a stare a contatto con chiunque. Non poteva che essere il suo gatto, era stato destino. Ma comunque, in quei sei anni con lui, aveva constatato che sua nonna gli aveva mentito: perché anche i gatti percepiscono il nervosismo.

    Si, lo so… Visto che ne sai così tanto: come faccio a passargli davanti senza essere ucciso? – le chiese poi, incrociando le braccia al petto, con lo sguardo rivolto al castello che, ostruito dagli ippogrifi, gli sembrò immensamente distante.

    È un gatto curioso. Te lo presento, se mi aiuti con quelli…
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    L’espressione sul viso della strega era indecifrabile. Si sentiva perfettamente a suo agio nel parco di Hogwarts, era sicuramente uno dei tre posti che preferiva nell’intero Castello: le ricordava casa sua e l’infanzia passata a gozzovigliare tra le piante e le creature magiche di famiglia. Mentre il fratello Oliver, un ragazzo interamente dedito allo studio e all’approfondimento teorico, non era mai stato della stessa idea, esattamente come la sorella Isla, abilissima negli incantesimi e un’ottima studentessa: lei si sentiva sicuramente più simile alla zia Bethany, sorella della madre, e ancor di più al padre Thomas, entrambi inclini alle mille avventure ed esperienze pratiche in un certo senso, al contatto umano o animale o vegetale che fosse, alla trasgressione delle regole, e soprattutto al farsi guidare dall’impulso. Non che fosse sempre un aspetto positivo del carattere dei tre, ovviamente, ma Thomas Jones, al contrario della madre di Christelle, Jacqueline, l’aveva sempre incoraggiata a vivere come preferiva, libera da costrizioni e scelte preconfezionate, forse perché riscontrava una somiglianza caratteriale che con gli altri figli non c’era. Per Jacqueline, d’altro canto, solo una cosa importava davvero: l’istruzione. Il mix dei due aveva fatto sì che Christelle crescesse come una piccola trottola amabilmente impazzita e nonostante lo studio teorico non fosse affatto la priorità, cercava comunque di farlo entrare nel pacchetto delle sue giornate.

    « Io, bè… » balbettò persa per un attimo nei suoi pensieri e fissando gli occhi del ragazzo per qualche secondo di troppo, nel quale si ritrovò a pensare che in effetti sì, Isla aveva ragione, erano davvero belli e molto profondi. Arrossì. « Prima di tutto dovresti smetterla di ignorarli, se vuoi entrare nelle loro grazie » disse con tono di voce più sicuro, allontanandosi per un attimo dall’Ippogrifo. « La mia famiglia ha un Ippogrifo da quando sono piccola » aggiunse come a voler spiegare come mai fosse così informata su quelle creature.

    « Non è un’offerta così allettante, considerato che hai spaventato quel povero gatto e lo hai fatto scappare » sorrise appena, prendendolo amabilmente in giro. « Però il rispetto è tutto con loro. Mantieni le distanze, ti inchini guardandoli negli occhi e aspetti che loro facciano altrettanto. Se ti seguono, vuol dire che puoi avvicinarti » spiegò semplicemente. « Non credo di averti mai visto qui, anche io ci vengo spesso… » si mordicchiò un labbro. « Come si chiama quel gatto? »

     
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    Draven Shaw

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    Si strinse nelle spalle, le braccia ancora incrociate al petto e lo sguardo vacuo, perso ad osservare distrattamente la scuola, mentre nella sua mente stava saldandosi la terribile ipotesi che da quel momento in poi, gli ippogrifi non gli avrebbero più permesso di passare da lì per raggiungere il suo posto preferito. Poteva ancora arrivarci attraversando pochi metri di foresta proibita, ma l’ultima delle sue intenzioni era di mettersi nei casini e rischiare di essere espulso per un vezzo così stupido, perché chi mai avrebbe creduto che un serpeverde stava attraversando la foresta proibita solo per andare sotto una quercia a leggere libri anche fuori l’orario delle lezioni? Nessuno, probabilmente, e comunque non aveva intenzione di scoprirlo. Quindi, visto che era colpa di Christelle se gli ippogrifi si erano accorti di lui, il minimo che potesse fare era spiegargli come entrare nelle loro grazie… E non sarebbe stata un’impresa facile. Sperò ardentemente che non fosse una di poca pazienza, come invece era lui. Quando gli rispose, si destò dai propri pensieri e, con un sospiro, riportò lo sguardo su di lei, più a testa alta, ma comunque stando ben attento a non incrociare lo sguardo dei suoi amichetti. Confidava nel fatto che, se una persona si sentiva così a suo agio a stare in mezzo a quelle creature, sapesse effettivamente quale fosse il miglior atteggiamento da adottare, ma lui che, ovviamente, aveva letto di ogni creatura magica, sapeva che a queste non piaceva essere guardate negli occhi; motivo per il quale, ignorandoli, era passato inosservato. Ora, però, che si erano accorti di lui, non poteva più ignorarli perché, a quanto sembrava, volevano che gli si portasse rispetto… Con un inchino. Guardò Christelle un po’ scettico, alzando un sopracciglio.

    È una cosa ridicola. – commentò di getto. Non aveva intenzione di inchinarsi davanti a una gallina troppo cresciuta, soprattutto quando, abbassando la guardia, questa avrebbe potuto mozzargli di netto la testa con gli artigli senza che potesse accorgersene.

    So come passare inosservato… - rispose poi. Chiedi a tua sorella… - aggiunse subito dopo, senza riuscire a trattenersi, ma per sua fortuna le parole gli uscirono in un bisbiglio che, forse, con tutto il baccano che facevano quegli ippogrifi, non sarebbe stato colto. Ignorando la sua domanda sul gatto, perché concentrato a forzare sé stesso a convincersi a fare un inchino, alternò lo sguardo tra lei e il recinto, avanzando di un passo; l’ippogrifo vicino a lei non gradì, ma Draven non si fermò. Si tolse la giacca e la posò a terra insieme alla borsa scolastica, poi tirò su le maniche del golf fino ai gomiti e avanzò di un altro passo, deciso. Ora che aveva ottenuto la sua attenzione, poteva solo proseguire con quello stupido piano. Accennò un inchino e, sentendosi in imbarazzo sotto lo sguardo vigile di Christelle, chiuse gli occhi.

    È una cosa ridicola… - ribattè, serrando nervosamente la mascella, in attesa di un qualche segnale che gli facesse capire che non era sul punto di morire.
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    La strega incrociò le braccia al petto con aria impaziente, e nel mentre squadrò Draven da capo a piedi. Quel tipo era davvero strano. Tecnicamente si conoscevano da quattro anni, sin dalla loro Cerimonia di Smistamento con il Cappello Parlante, il quale li aveva saggiamente assegnati a due case diverse: Grifondoro lei, Serpeverde lui. Le era sempre sembrato un tipo silenzioso, o forse semplicemente lui non l’aveva mai trovata abbastanza interessante da rivolgerle la parola anche solo per un apprezzamento, una battuta o entrambe le cose come facevano in tanti del loro anno. Christelle era popolare e, per quanto detestasse ammetterlo a sé stessa, la situazione le piaceva. Insomma, chi al suo posto non si sarebbe sentito altrettanto lusingato? Alcuni ragazzi molto carini le pendevano quotidianamente dalle labbra, e nonostante non fosse interessata a loro era comunque bello sentirsi così apprezzata. Draven, però, era l’unico a non averla mai degnata di uno sguardo o una parola e la giovane strega aveva sempre pensato che fosse perché i loro caratteri non combaciavano, insomma, introverso per eccellenza lui, estroversa per eccellenza lei, come avrebbero mai potuto accorgersi l’uno dell’altra? Draven di sicuro non la trovava minimamente interessante o attraente, il che era un bene vista la spiacevole situazione creatasi con Isla.

    Alzò gli occhi al cielo. « Non è affatto ridicolo » rispose a voce bassa ma decisa, più rivolgendosi a sé stessa che a lui. Si voltò verso gli Ippogrifi, alcuni dei quali erano ancora attenti nel seguire i movimenti dei due studenti, altri più interessati a battibeccare tra loro o a strappare lunghi fili d’erba con il becco; a quel punto lo sentì parlare di nuovo, e la sua frase la fece scattare.

    « Mia sorella… Cosa?! » sbottò a metà tra l’inferocito e il confuso, fulminandolo con lo sguardo. Lo osservò in silenzio mentre si decideva finalmente a fare come Christelle gli aveva consigliato, e distolse lo sguardo irritata quando si liberò della giacca e della borsa, mostrando un golf che metteva in risalto le grosse spalle e la faceva arrossire. Alternò lo sguardo tra lui e l’Ippogrifo più vicino, che la giovane strega aveva coccolato fino a pochi istanti prima, gli occhi fissi su Draven. Una manciata di minuti dopo, la creatura rispose all’inchino, segno che dava il via libera al mago di avanzare.

    « Non era poi così ridicolo, visto? » lo rimbeccò subito quando l’atmosfera tornò quieta. « Cosa stavi dicendo su mia sorella? » aggiunse, affatto persuasa dal lasciar andare l’argomento così facilmente.

     
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    Gli sembrò di restare chino sull’ippogrifo per ore, ma non mosse nemmeno un muscolo, rimase completamente immobile, eccezion fatta per l’espressione del suo viso che, con lo scorrere di quel lasso di tempo che parve infinito, si tramutò gradualmente in una smorfia di nervosismo. Finalmente, alle parole di Christelle, ebbe il suo segnale ed aprì gli occhi, posandoli sull’ippogrifo; stava ricambiando il suo inchino. Prima di raddrizzarsi con la schiena, recuperò la giacca e la piegò nella borsa scolastica, che tornò a tracolla verso la sua spalla sinistra. Con un sorrisetto sarcastico, più simile a un ghigno, avanzò verso la ragazza e le si fermò davanti, volgendo poi lo sguardo verso l’ippogrifo che, issatosi e a quella breve distanza, parve immensamente grande.

    Niente su tua sorella, solo che mi segue ovunque vada da un anno a questa parte. Dopo l'agguato nei bagni al secondo piano e il tentato omicidio con un filtro d’amore, mi sono dovuto ingegnare per evitarla. – le rispose, in piena onestà, riportando lo sguardo ad incrociare il suo. È tornato utile però. Ho imparato come farmi evitare da chiunque quando non voglio essere disturbato. – continuò, squadrandola dalla testa ai piedi con un sopracciglio leggermente inarcato. Più o meno da chiunque…
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    Quel ragazzo cominciava seriamente a irritarla. Prima aveva passato, e continuava a passare, mesi d’inferno per colpa di Isla che la tormentava su come conquistarlo, quando e perché, su quanto per lei fosse stato importante quel bacio, quanto lo trovasse bello e affascinante e via di seguito, per non parlare dei risolini lungo i corridoi per cui Christelle si sentiva ogni volta terribilmente in imbarazzo, o le volte in cui glielo indicava quando credeva che lui non la stesse guardando. Adesso se lo ritrovava lì davanti a lei a mal sopportare gli Ippogrifi, tra le creature che la giovane strega preferiva al mondo… Per non parlare delle battutine su Isla. No, Christelle doveva ribattere e alla svelta.

    « Sai che stai parlando di mia sorella, vero, e sai anche che sei un grandissimo arrogante? » sbottò impulsiva e improvvisamente irritata. Aveva una bella faccia tosta a definirlo arrogante quando lei stessa era la regina della supponenza, ma lui questo non poteva saperlo. « Non ti azzardare a parlare così di lei, lo saprei se ti avesse fatto un agguato al secondo piano o cercato di rifilarti un filtro d’amore » si trattenne dall’insultarlo di nuovo e, al contrario, incrociò le braccia al petto e sostenne fieramente il suo sguardo anche quando le si avvicinò, ma le guance si colorarono di un leggero rosa nel sentirsi squadrata. In realtà non era sicura al cento per cento che Isla non avesse davvero fatto tutte le cose elencate, ma era sua sorella e l’avrebbe difesa a ogni costo. « Sarebbe stato meglio se avessi continuato a ignorarmi » aggiunse, fingendo di non esser stata la prima a rivolgerli la parola quando si erano ritrovati entrambi a pochi metri dal recinto degli Ippogrifi. « E comunque Isla ha dei gusti orrendi » concluse come se non avesse modo di interrompere quel flusso di pensieri, a quel punto aveva finito e si chinò per recuperare la borsa con i libri, che sistemò in spalla e fece per andarsene, facendogli cenno di lasciarla passare.

     
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    Visti da così vicino, gli ippogrifi sembravano quasi belli, nonostante le zampe di gallina, le piume rigide e il becco affilato. Non si sentiva comunque a suo agio a stare intorno a loro e confidava ancora di passare inosservato, ma era sollevato al pensiero che in futuro, almeno, avrebbe saputo come comportarsi, se si fosse ripresentata una necessità del genere. Era vero che non avrebbe dovuto imparare il comportamento giusto da adottare con quelle creature, se Christelle non gli avesse fatto notare la sua presenza lì, ma gliene era grato. Ovviamente, non l’avrebbe mai ringraziata così apertamente; quella ragazza era già sufficientemente piena di sé. Quasi quasi, rimpianse le attenzioni di Isla quando si avvicinò a Christelle. L’ippogrifo di fianco a lei lo distrasse dal discorso cominciando a premergli il testone contro il petto.

    Si, mai quanto te. – cominciò a rispondere a tono, praticamente parlandole sopra, mentre però era impegnato a scansarsi dall’ippogrifo. Perché qualsiasi essere vivente sentiva la necessità di ricevere attenzioni da lui, quando non era disposto a darne? L’ippogrifo continuava ad insistere, mentre Draven continuava ad indietreggiare, senza alcuna intenzione di accarezzarlo. Se non è stata tua sorella, ho un’altra pazza che mi segue ovunque, allora… Mi sembra parecchio strano e ancora più inquietante. - constatò, senza mettere nemmeno in dubbio le parole della Jones. La conosceva appena e diede per scontato il voler difendere sua sorella a tutti i costi, ma non gli diede l’impressione di volerlo fare mentendo; se di getto, dettata dal nervosismo, aveva detto di non sapere nulla di quei due avvenimenti, o sua sorella non le raccontava proprio tutto – possibile, ma improbabile a giudicare da quanto suscettibile era riguardo lui, quindi più o meno tutto doveva saperlo – oppure, non era stata Isla a fargli l’agguato canterino in bagno e a rifilargli il filtro d’amore. Fu sul punto di dirglielo, di spiegarle perché aveva accusato sua sorella, quando alle sue parole seguenti gli si mozzò la voce. Scansò l’ippogrifo con mala grazia, appoggiandogli di forza una mano sulla testa, cosa che per sua fortuna l’animale interpretò solo come una carezza un po’ aggressiva, apprezzandola; si riavvicinò a brutto muso verso Christelle, fermandoglisi a pochissimi centimetri di distanza, improvvisamente incazzato.

    Io non ti ho mai ignorata. Se non fosse per quella storia della festa con tua sorella, non sapresti nemmeno chi sono dall’alto del tuo piedistallo. – rispose freddamente, guardandola torvo, con una smorfia. Seguito dallo sguardo dell’ippogrifo, ma mantenendo il proprio su di lei, si spostò di lato e le fece cenno platealmente con la mano di superarlo, se voleva andare via.
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    La strega cominciava quasi a pentirsi di aver dato delle dritte sugli Ippogrifi a Draven, di sicuro se questi ultimi si fossero imbizzarriti e infuriati non sarebbe stata costretta a discutere – persino litigare – con lui. Ecco perché in quei quattro anni di scuola si erano a malapena rivolti la parola, si ritrovò a pensare: lui sembrava decisamente arrogante, troppo per gli standard di Christelle, la cui tracotanza nei momenti peggiori avrebbe potuto riempire una stanza intera ma non era comunque disposta a sopportare quella altrui. Incrociò le braccia al petto e fu quasi spinta dall’istinto di insultarlo a gran voce quando le parlò sopra per darle dell’arrogante, ma niente l’aveva infastidita come il discorso su Isla, protettiva com’era nei confronti dei suoi affetti.

    « Oh, poverino, scommetto che la notte non dormi a causa di tutte le streghe che ti riempiono di lettere e filtri d’amore, vero? Quanto sono stupida! E io credevo avessi baciato mia sorella per colpa della Burrobirra, invece dovevi essere talmente terrorizzato da aver pensato che la miglior difesa fosse l’attacco! Geniale » lo canzonò la Grifondoro con finto tono dispiaciuto, ma a voce un po’ più alta del normale, sicuramente irritata. A malapena si accorse dell’Ippogrifo che si era avvicinato molto di più a loro, specialmente a Draven, e cercava in tutti i modi di attirare la sua attenzione.

    Era sul punto di tornarsene al Castello, possibilmente a sfogare tutta la rabbia accumulata contro il primo malcapitato che le fosse capitato davanti, o forse proprio contro Isla, quell’idiota di sua sorella che si prendeva delle cotte campate per aria e la faceva litigare con un ancor più idiota Serpeverde per difendere il suo onore – roba da non credere. Tuttavia, nel vederlo avvicinarsi ancora a pochi centimetri da lei, con uno sguardo se possibile più nervoso, rinunciò ad andarsene e lo fulminò con lo sguardo.

    « E quindi sarei io quella che vive su un piedistallo? Ma ti sei visto? Altezzoso, arrogante, presuntuoso, maleducato… » cominciò a elencare, improvvisamente piena di rabbia come lui. Quel commento l’aveva toccata nel vivo, Christelle era pienamente consapevole dei propri difetti e sapeva di non esser simpatica a tutta la scuola. Nonostante fosse positivamente molto popolare, c’erano anche diversi studenti che la mal sopportavano, ed erano tutti provenienti dalle altre Case: la strega era troppo in vista, al centro dell’attenzione, e il fatto che si trovasse immersa nella tipica cultura Grifondoro non aiutava. Per non parlare di Isla e Oliver, erano in molti a pensare che la famiglia Jones si trovasse sempre tra i piedi in un modo o nell’altro.

    « E stavo molto meglio prima di sapere chi fossi! Ti ricordo che, purtroppo per me, ci conosciamo da ben quattro anni e mi avrai rivolto otto parole in tutto dal giorno dello Smistamento in poi. Chi sarebbe la presuntuosa? Chi diavolo ti credi di essere? Sei così pieno di te da pensare che sono solo una Grifondoro incapace di usare il cervello, vero? Sapevo benissimo chi eri da molto prima di quel casino con mia sorella, e sai cosa? Adesso so anche che non mi piaci. » sbottò infine piena di rabbia e senza riprendere fiato mentre parlava, condendo il tutto con un dito puntato un paio di volte sul suo petto con forza come a voler rendere più potenti quelle affermazioni.



    Edited by Christelle ~ - 8/5/2020, 23:27
     
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    Il carattere di Draven era molto difficile da comprendere, ancora di più d’accettare e, secondo lui, era solo perché cambiava facilmente umore. La realtà dei fatti era ben diversa: sembrava arrogante, inconsapevolmente lo era, perché era ambizioso all’inverosimile e molto, molto egocentrico, al punto da non ammettere i propri difetti. Si vedeva e si sentiva perfetto così com’era. Non sopportava che qualcuno potesse intralciarlo, motivo per il quale non aveva amici e non voleva averne e si teneva a distanza dalle ragazze, che causavano solo problemi. Non tollerava chi mentiva, motivo per il quale era sempre schietto e mal sopportava l’idea di dover nascondere il suo vero stato di sangue, alla quale sottostava solo perché era l’unico modo di studiare ad Hogwarts. Tutto ciò che faceva era in funzione di sé stesso: tutto il resto, per lui, era inutile. Ma era comunque un ragazzo di sedici anni, con i pregi e i difetti di quell’età… E i modi di fare di Christelle causavano in lui un qualcosa che non avvenivano con nessun altro. Lo rendevano nervoso, divertito, curioso, affascinato, irritato e competitivo. Tutto contemporaneamente. Era pressoché assurdo… Era come ricevere una scarica di adrenalina.
    Ad ogni sua parola, l’umore di Draven avanzava lungo quella che i babbani chiamavano ‘montagna russa’. C’era stato da piccolo, una sola volta perché costava troppo, ma si ricordava perfettamente quali sensazioni gli avesse dato ed era quasi la stessa cosa. Ecco... Forse c'era un'analogia più affine: si ritrovò a pensare che parlare con Christelle, era come giocare a quidditch.
    Con gli occhi fissi in quelli della ragazza, sentì nella testa una serie di validissime risposte a tono che avrebbero potuto portare quella discussione allo sfinimento, ma non intervenne… Il suo impulso, in qualche modo, si era placato… E sorrise. Ma non prenderla in giro: fermo sul posto, a farsi additare senza minimamente indietreggiare, il sorriso che andò a curvargli le labbra non nascondeva sarcasmo o perfidia. Si sentì sinceramente attratto da quello che la discussione gli stava scatenando dentro.

    Parli veramente tanto… E parli come se tutto ti fosse dovuto, come se per qualche motivo spettava a me rivolgerti la parola, solo perché è quello che fanno tutti con te. Hai idea di quante volte abbia provato a spiegare a tua sorella che non provo per lei quello che lei prova per me? Chiedile se l’ho mai trattata male o se l’ho illusa. Non le ho fatto niente. Ma per partito preso, hai deciso di rivolgermi la parola così da constatare che sono uno stronzo e parlarne con lei. Ma pensa, Jones: io volevo solo farmi i fatti miei e mi hai privato di questo per avere un argomento di conversazione con i tuoi amici. – le rispose, dapprima in tono tranquillo e man mano più avvilito. Senza rendersene conto, aveva chinato la testa e le si era avvicinato per guardarla meglio negli occhi. Esitò per qualche istante, immobile, prima di deviare lo sguardo, scuotendo la testa tra sé e sé.

    Ci vedremo a lezione, per i prossimi tre anni. Rassegnati. – aggiunse poi, allontanandosi da lei per recuperare la giaccia e la borsa, che si sistemò a tracolla mentre a passo spedito, ma rilassato, si allontanava da lei.
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