Enchanted forest

Madeline

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  1. Madeline Mayson
     
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    Ilvermorny - Thunderbird – Age 17
    ▬Madeline Mayson▬
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    L'essere la figlia minore aveva arrecato alla texana diversi svantaggi. Ferma sempre e comunque sui lati positivi di essere la piccola di casa Mayson, aveva sempre e solo vissuto di rendita. L’abitudine di ottenere ciò che voleva, unita all’iper-protezione che la circondava, avevano reso superflua la necessità di battersi. Nessuna sfida, nessuna difficoltà. Uno stato che aveva reso possibile l’alimentarsi di mille paure e paranoie, perché, benché si vergognasse ad ammetterlo, Maddie aveva paura di tutto.
    Un po’ le dava fastidio essere posta al di sotto di una campana di vetro. Non la accusavano apertamente, essendo stati loro ad imporle quella condizione, ma la ritenevano debole, piccola e fragile. Sentirsi in quel modo non le piaceva ed il desiderio di essere ritenuta in gamba, l’aveva spinta a sceglierlo il proprio stesso fratello come modello. Evan era tutto ciò che lei non sarebbe mai stata: indipendente, coraggioso, invincibile.
    Sentirsi ridicola era all’ordine del giorno e, per evitare giudizi acuminati, spesso acuiva di proposito quell’atteggiamento. Esagerava in modo da fornire una reale scusa per essere guardata con diffidenza. Si costruiva un alibi, un motivo tangibile che potesse sopportare.
    L’islandese costituiva tutto ciò che la Thunderbird desiderasse essere e le era bastato un attimo per capirlo. Attirata da un carattere molto più deciso del proprio, le ci era voluto un attimo per trovarsi a gravitare nella sua orbita. Non aveva scelto nulla, almeno fino alla proposta di lui. Madeline non aveva messo in conto di doversi arrampicare ed in qualsiasi altra occasione non si sarebbe mai sognata di accettare di correre un rischio del genere. Sicura di non essere brava abbastanza, avrebbe rifiutato con gentilezza, tentando di ammaliare l’interlocutore in qualche modo. Tuttavia, Alec si era rivelato essere così sicuro di sé da costringerla a mettersi in discussione: provarci.
    Quando le aveva promesso di non lasciarla cadere, lei gli aveva creduto senza esitazioni. Una fiducia incondizionata, che purtroppo non rese più appetibile l’arrampicata. Aveva paura e quello non sarebbe cambiato.
    Vederlo saltare sul ramo, così, come niente fosse, punzecchiò il proprio ego per l’ennesima volta. Le sopracciglia scure si aggrottarono in un misto di confusione e vergogna. Maddie sollevò lo sguardo alla ricerca delle iridi scurissime del ragazzo ed il paragone tra loro la fece quasi scoppiare a ridere. La paura spense la risata ancora prima che cominciasse, concedendole solo di stirare le labbra in una smorfia bizzarra. Lei, trasparente e terrorizzata da tutto, era minuscola in confronto a lui, misterioso ed apparentemente infallibile.
    Non ce lo vedeva ad avere paura di qualcosa e, proprio per quel motivo, si stupì nel sentirlo rispondere affermativamente alla propria domanda. Gli occhi si spalancarono e l’americana si trovò ad annuire spasmodicamente.
    ”Gli spazi piccoli possono essere terribili. Soprattutto per uno alto come te”. Molto coraggiosamente, sollevò il braccio destro per indicare prima se stessa, poi lui con il dito indice. ”Una volta, mentre giocavamo a nascondino con i figli del vicino, mio fratello mi ha fatta nascondere dentro un armadio. Non mi è piaciuto” concluse, arricciando la punta del naso.
    Lo squadrò, ancora incredula. Se anche un ragazzo come Alec aveva una debolezza, le proprie mille paranoie divennero quasi giustificabili. Le piacque vederlo sotto quella nuova luce più fallibile. L’imperfezione lo rese più umano, più simile a lei e, paradossalmente, le diede un briciolo di coraggio in più per continuare.
    Seguì le istruzioni, escludendo tutto ad eccezione della voce dell’islandese. Lo stomaco le si contrasse violentemente, ma tentò di ignorarlo. Respirò dal naso, sforzandosi di calmare la nausea. Aiutata dalla spinta di lui, si spinse verso l’alto con le braccia e si sedette sul ramo successivo.
    Palpebre serrate per evitare di guardare verso il basso, poté solo percepire la vicinanza di lui, presentata sotto forma di un profumo più muschiato, maschile. Non se la godette appieno, non finché le successive parole di lui la costrinsero ad agire. Sbatté piano le palpebre, liberando le iridi castane per ricercare quelle più scure di lui. La bocca si aprì a formare una piccola O, mentre gli occhi brillavano per l’entusiasmo. Sapeva poco o niente dell’Islanda e potere apprendere informazioni di prima mano, senza avere neppure pregato per averle, le fece desiderare di porre altre domande. Poco importava che Alec potesse averle rivelato quei fatti personali per pietà o per altri motivi che Maddie avrebbe preferito, era ugualmente contenta di conoscere cose nuove.
    ”Sembra bella casa tua” tubò, stringendo la presa sul ramo sotto di sé ”Non ho mai visto un ghiacciaio, il Texas è troppo caldo per ospitarne uno. E’ strano immaginare che fuoco e ghiaccio possano convivere in quel modo, no?” Per lei lo era. Non aveva alcuna esperienza per potere affermare il contrario. Anche le persone venivano da lei rilegate ad un solo elemento, perché, ignorante in materia, non sapeva che due condizioni così contrapposte potessero sussistere l’una accanto all’altra. Alcuni erano facili da catalogare. Lei, ad esempio, si vedeva riflessa nel fuoco: facile da alimentare e non impossibile da spegnere. Maddie faceva un gran chiasso, ma, come il fuoco privato dell’ossigeno, quando si trovava in difficoltà la propria energia si esauriva. Altri, come Alec, erano più complessi da decifrare. Non avrebbe saputo a cosa associarlo. Forse all’acqua? Mordicchiò il labbro inferiore, mentre rifletteva sull’elemento che giudicava più complesso. Apparentemente placida, poteva diventare inarrestabile in un battito di ciglia.
    ”Ti manca?” Sorrise, felice che si fosse aperto con lei. La domanda lasciò le proprie labbra in maniera spontanea, senza che lo avesse pianificato. Si rese conto di quanto importante fosse la risposta. Se lo avesse ammesso, avrebbe perso un’altra tacchetta di infallibilità per guadagnarne una ulteriore agli occhi della Thunderbird.
    Sicuramente, la clessidra del punteggio subì un brusco scatto in avanti quando le propose di aggrapparsi a lui. Avrebbe voluto accettare e, se fosse stati con i piedi ben piantati a terra, probabilmente lo avrebbe fatto. Stargli aggrappata a dosso, come un Koala, le avrebbe permesso di scoprire informazioni di vitale importanza. Interessanti risposte, che avrebbero reso ancora più piacevole l’essere portata a spasso da lui. Ce li aveva gli addominali?
    L’essere, lì, in pericolo sopra un albero, costrinse la studentessa a ponderare attentamente l’offerta. Era più sicuro procedere da sola o limitarsi a fare da spettatrice? Da un lato desiderava dimostrare qualcosa. Arrampicarsi e vincere la propria paura. Dall’altro, al contrario, prediligeva la strada più sicura. Era solo Maddie, non possedeva alcun super potere. La paura e un malcelato desiderio di farsi trasportare da lui, la invogliarono a scivolare verso il basso.
    Le gambe agganciarono la vita dell’islandese, seguite a stretto giro dalle braccia. Le strinse attorno al petto di lui e solo il terrore di scivolare le impedì di passare il palmo sul ventre, per levarsi la curiosità. La testa affondò tra le scapole di lui. Una ricerca del buio, circondato dall’odore rassicurante del ragazzo che aveva promesso di non farle cadere.
    ”E’ sicuro? Io...Non sono troppo pesante per te? Se scivolassimo? Hai mai trasportato qualcuno a questo modo prima, mentre ti arrampicavi? Forse dovrei scendere…forse….” Si ammutolì di botto, distratta dalla carota sventolatole in faccia.
    La mente si affollò di mille domande, tutte concentrare sull’eventuale premio. Non aveva la minima idea di cosa potesse essere, ma ora che glielo aveva nominato, scoprì di volerlo, disperatamente.
    Annuì, benché lui non potesse vederla, e strinse più forte la stoffa della sua t-shirt, ormai già rovinata.
    ”Cosa aspetti? Prima inizi, prima finiamo. Ad arrampicarmi potrò imparare un’altra volta, giusto? Ma se menti sul premio, mi arrabbierò moltissimo. Non si scherza con una texana in questo modo, sei avvisato”. Diceva sul serio, almeno per i propri standard. Avrebbe tenuto il broncio per un paio di minuti, soffiando infastidita come un gattino arrabbiato, ma poi le sarebbe passata. Il premio, al contrario, avrebbe continuato a desiderarlo lo stesso.

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