Sisters selling shiny shoes...

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    Christelle si era alzata nervosa, taciturna e con la luna storta. L’ennesima nottata in cui aveva dormito poco e male. Di solito, quando era così arrabbiata, tendeva a prendersela con il primo che le capitava a tiro, ma non quel giorno. Si svegliò di malumore, si vestì, fece colazione e andò controvoglia alla lezione di Difesa; ebbe infine una fortunata tregua all’ora di pranzo ritirandosi con gli altri della sua Casa nella Sala Grande. Lì finalmente riacquistò un po’ della solita parlantina; mentre mangiava chiacchierava con le amiche, Bowie era riuscita a farla ridere e anche Oliver, il fratello, aveva deviato verso la tavolata dei Grifondoro per darle un buffetto affettuoso sulla testa. Sbocconcellò qualche patata insieme all’arrosto e si stava giusto chiedendo dove fosse finita Isla quando la vide arrivare, aveva spalancato teatralmente le porte della Sala Grande seguita da un paio di amiche, due Grifondoro del quinto anno. L’osservò stranita ma poi non ci badò, le rivolse un cenno di saluto distratto, ancora da lontano, e fece per ricominciare a mangiare – disgraziatamente non ne ebbe il tempo.

    « Cos’è successo nel Corridoio Proibito? Con chi eri? » Christelle quasi si strozzò. Prese a tossire violentemente e sbarrò gli occhi, ma riuscì lo stesso a sussurrarle un flebile Che?!

    « Hai capito benissimo quello che ho detto: ti ho chiesto cos’è successo nel Corridoio Proibito, anche se so già con chi eri » insisté Isla. Solo allora realizzò quanto il tono di voce della sorella fosse ostile, duro, quasi crudele. Pensò a Draven. « Di cosa stai parlando? Non è successo proprio niente nel Corridoio Proibito, cos’hai sentito? Che ti hanno detto? » le rispose Christelle allarmata, ma quell’ultima domanda risultò come una qualche vaga conferma della sua colpevolezza. « Allora è vero! » quasi urlò Isla. Nel frattempo, il brusio della Sala Grande si era attenuato perché, immaginò Christelle, quella manica di grandissimi stronzi non vedeva l’ora di assistere a uno scontro tra le Jones. Non aveva idea di cosa si dicesse in giro sul suo conto, ma il solo pensiero la fece avvampare di rabbia.

    « Senti » iniziò Christelle rivolgendosi a Isla, il tono di chi a stento cercava di mantenere la calma. « Te lo ripeto, visto che forse sei sorda o stupida: non so di cosa stai parlando » concluse con una freddezza eccessiva, e quell’insulto a Isla fu la goccia che fece traboccare il vaso: la sorella le diede uno schiaffo in piena faccia a palmo aperto, così forte da farle fischiare le orecchie. Traballò sulla panca, rischiò di cadere, ma mentre intorno a lei scoppiava un piccolo putiferio – il fratello delle due, Oliver, corse a bloccare le braccia di Isla e portarla via, visto che nel frattempo aveva persino cercato di afferrare la bacchetta per puntarla contro Christelle; urla e sospiri di stupore dagli studenti delle altre Case; l’amico Grifondoro, Samuel, che l’afferrava per le spalle così da tenerla dritta sulla panca, impedendole di cadere a causa della forza di quello schiaffo; eccetera – il primo pensiero di Christelle fu controllare che i professori non avessero visto Isla picchiarla, quindi diede uno sguardo fugace alla loro tavolata. Non c’era ancora nessuno, la sorella non rischiava punizioni.

    Si tranquillizzò abbandonandosi all’odio verso quel gesto. Le gridò contro, fece per alzarsi in piedi come a cercare di darle uno schiaffo a sua volta, ma la testa ronzava ancora e Oliver faceva il possibile per tenere ferma Isla, che scalpitava come un animale in gabbia, impedendole di abbandonarsi ad altre mosse azzardate.

     
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    Draven Shaw

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    Da quando aveva ottenuto il lavoro da Ollivander, era riuscito a concordare con Hedel degli orari fissi che si incastrassero perfettamente alle ore di buco tra le lezioni, facilitando a entrambi la gestione dei turni in negozio. In questo modo, per Draven era stato anche più facile organizzarsi il tempo libero per studiare, cosa che comunque, quando non doveva servire i clienti, aveva modo di fare anche lì, perché quando Hedel era impegnata nel laboratorio, non andava mai a disturbarla a meno che non fosse lei a richiedere esplicitamente la sua presenza, quindi aveva spesso ulteriore tempo per dedicarsi allo studio. Durante il viaggio di ritorno da Hogsmeade, quella mattina, aveva ripreso a leggere per la millesima volta ‘storia di Hogwarts’ e non aveva messo giù il libro nemmeno quando aveva raggiunto i suoi compagni di stanza, nonché di quidditch della squadra di Serpeverde, alla Sala Grande per il pranzo. Sedeva alla destra di Philo, al suo solito posto vicino ad una delle enormi vetrate; adorava sedere lì, filtrava sempre una bella luce, indipendentemente da quale fosse il tempo magico decretato per il soffitto della sala. Si mise nel piatto un’abbondante porzione di patate arrosto e pasticcio di carne e prese a mangiare; teneva il libro aperto alla sua destra ed era arrivato alla battaglia dei giganti, quando Philo gli diede di gomito, disturbando il momento. Draven si volse a guardarlo torvo, ma l’amico, divertito, tratteneva a stento le risate e gli fece cenno di guardare davanti: all’altro capo della sala, al tavolo dei Grifondoro, sembrava che si stesse per scatenare una rissa… Tra Isla e Christelle. Si era creato un tale silenzio, per l’evidente interesse che l’intera scuola stava provando per quella scena, che le loro urla arrivavano chiarissime fino al tavolo dei Serpeverde. Rimase a guardarle e ascoltarle per qualche istante, completamente inebetito dalle chiare allusioni di Isla agli avvenimenti intercorsi tra lui e Christelle nel Corridoio Proibito… Ma perché in quella scuola nessuno sapeva pensare ai fatti suoi?! Lo sapevano tutti?!

    “Sei stato con tutte e due?! Perché non ce lo hai detto? Anche se è pazza, Isla è più bella, però, va detto…” – iniziò a dire Philo, appoggiato da un particolarmente divertito Tom, l’altro amico che sedeva vicino a loro. A quelle parole, Draven alzò gli occhi al cielo esasperato.

    “Vado in biblioteca. Ci vediamo dopo.”
    – gli rispose, chiudendo il libro. Afferrò tra le dita due toast al formaggio e uscì dalla sala, cominciando a mordicchiarli. Conosceva bene Philo e conosceva il modus operandi di Isla: se lo avesse visto uscire così presto nel bel mezzo di una pausa pasto, o lo avrebbe seguito di filato verso la biblioteca, o avrebbe chiesto a Philo che, divertito dal suo atteggiamento e nella speranza che le attenzioni di lei passassero da Draven a lui, le avrebbe detto di buon grado che stava andando in biblioteca. Quindi, si sarebbe nascosto nell’insenatura vicino ad una delle statue fuori l’ingresso della Sala Grande e avrebbe pazientemente aspettato l’uscita disperata di Isla, per farle perdere le sue tracce, o quella di Christelle, nella speranza di farle guadagnare un giorno di vita…

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    « Tu sei pazza! Pazza! » urlò a squarciagola.

    La tavolata dei Grifondoro si era quasi del tutto sfaldata, molti studenti soprattutto tra il quarto e quinto anno – i compagni di Isla e Christelle – erano in piedi, mentre i più piccoli del primo se ne stavano in disparte, spaventati e ammirati dalle due allo stesso tempo. Oliver, da bravo e buon ragazzo qual era, affezionatissimo alle sorelle, teneva ferma Isla con tutta la forza di cui era capace, le braccia ben strette lungo i fianchi, ed era riuscito persino a sfilarle via la bacchetta e gettarla a terra. Ma la ragazza era diventata implacabile. Continuava ad urlare insulti a Christelle, a darle della falsa e della poco di buono, a provocarla, a dire che era stanca di vivere nella sua ombra e che da quel momento in poi le cose sarebbero cambiate perché tutti avrebbero saputo che razza di stronza – usò proprio quel termine babbano, che chissà dove aveva imparato – fosse. La Grifondoro era allibita. Diversi suoi amici, Samuel in prima linea, si erano alzati in piedi con lei, pronti a riacciuffarla nel caso in cui avesse dato di nuovo segni di voler attaccare la sorella; invece restò ferma al proprio posto a distanza di sicurezza, e mentre Isla scalpitava tra le braccia di Oliver, cercando di liberarsi per saltarle di nuovo addosso, lei si limitava a gridare più forte per cercare di sovrastare la sua voce. Doveva essere impazzita. La guancia le bruciava, la testa ronzava ancora, le orecchie fischiavano per colpa di quello schiaffo così forte che l’aveva quasi fatta cadere dalla panca. Ricacciò indietro le lacrime, non si sarebbe umiliata in quel modo. Lei e Isla litigavano spesso, fin da bambine, d’altronde tra sorelle era normale, ma non erano mai arrivate alle mani – l’ultima volta era stato da piccole ed ovviamente quasi per gioco. Aveva sempre saputo che i rapporti tra loro erano particolari, speciali come solo tra sorelle così legate poteva essere, ed esistevano diverse invidie e pensieri malevoli taciuti che a volte volevano diventare insormontabili. Più di tutto la ferì che Isla si fosse fidata ciecamente di chi raccontava pettegolezzi su di lei: l’aveva raggiunta già con l’intenzione di litigare, non di chiederle spiegazioni. Tra lei e Draven non era successo niente e mai sarebbe successo, quell’episodio nel Corridoio Proibito aveva portato loro solo rogne e i due si erano a malapena rivolti la parola da quel giorno in poi.

    Ci vollero almeno dieci minuti per far sì che i toni si placassero. Isla, con uno strattone, riuscì a liberarsi dalla presa del fratello ma non sembrò voler picchiare di nuovo Christelle: la guardò con un espressione disgustata, da cima a fondo, e recuperata la bacchetta andò a sedersi per pranzare non al solito posto vicino alla sorella, ma molto più lontano, seguita da diversi amici.

    La Grifondoro la guardò allibita, e senza salutare gli amici né il fratello prese con sé la bacchetta per avviarsi a passo svelto verso l’uscita dalla Sala Grande.

     
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    Draven Shaw

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    Era ormai a metà della Sala Grande quando gli risuonò nelle orecchie il rintocco di uno schiaffo, perché per quel breve istante sembrò che il fragore provocato dalla lite avesse congelato il tempo. Aveva osservato la scena di sottecchi, intenzionato però a proseguire con il suo piano. Non si voltò per non concedere a quella scenata più attenzione di quanta non richiedesse, dato che la riteneva a dir poco ridicola, ma era sicuro che i suoi amici al tavolo dei Serpeverde se la stessero spassando. Non si poteva di certo dire che Hogwarts fosse una scuola noiosa, dove non succedeva mai niente, anzi, tutt’altro… Ma una lite nel genere davanti a tutta la scuola non era cosa da poco. Ne avrebbero parlato per giorni a venire e la sola idea che qualcuno potesse intuire che la causa scatenante era lui, dato che della vicenda del bacio lo sapevano praticamente tutti, gli fece ribollire il sangue nelle vene. Uno stupido errore gli era già costato un anno di pettegolezzi… Quella discussione proprio non ci voleva.
    Sbuffando tra sé e sé, riuscì a raggiungere i grandi portoni d’ingresso della Sala Grande con una certa discrezione, ma sperava che nel caos circoscritto, dato che tutti erano rimasti completamente assorti dal discorso esagitato delle sorelle Jones, Isla si accorgesse di aver perso il suo pubblico preferito. Negli ultimi tempi, aveva quasi iniziato a provare una certa tenerezza per lei, se così la si poteva definire; cercava di evitarla, per non doverla più ignorare apertamente o rifiutare ancora, e aveva pensato di aver raggiunto dei miglioramenti, dato che la ragazza aveva smesso già da un po’ di fermarlo nei corridoi. Se le era bastata la storia del Corridoio Proibito, però, per scatenare un simile putiferio, non osava immaginare che cosa mai sarebbe potuto accadere se fosse venuta a conoscenza del vero e unico motivo per cui l’aveva baciata ai Tre Manici…
    Sbuffò di nuovo, superando l’armatura sulla destra dell’ingresso per raggiungere l’insenatura. Da lì, avrebbe avuto la visuale perfetta per vedere Isla o Christelle uscire. Nonostante fosse a una certa distanza dai Grifondoro, comunque da lì si poteva sentire che la discussione stava iniziando a scemare. Mise il libro nella borsa scolastica e finì di mangiare i suoi toast, poi non ebbe il tempo nemmeno di appoggiarsi più comodo al muro, che vide Christelle superare il portone a passo svelto.
    L’afferrò per un polso e l’attirò a sé con un tale slancio da sentirsela rimbalzare contro il petto, ma prima che potesse dire qualcosa, con la mano libera si posò l’indice sulle labbra per chiederle silenziosamente di non reagire. Era sicuro, sicurissimo, che Isla sarebbe andata via nel vedere che Draven era uscito. Avrebbe incontrato Christelle per le scale e a quel punto, se fosse intervenuto per sedare la cosa, avrebbe fatto ancora più danni.

    “Stai bene?” – si limitò a chiederle a bassa voce, tenendola ancora per il polso.


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    Dal momento in cui aveva cominciato, a spasso svelto, ad allontanarsi dalla baraonda della Sala Grande e soprattutto da Isla, nonostante la presa sulla bacchetta fosse più salda e rabbiosa che mai gli occhi di Christelle si erano anche irrimediabilmente riempiti di lacrime che si rifiutavano di scendere, ma incuranti le appannavano la vista. Nonostante ciò aveva continuato a camminare a passo svelto e deciso, ed era uscita dalla sala per raggiungere più in fretta possibile le scale. Sentiva un peso sul petto tanto forte da impedirle di respirare e più ci pensava, più si sforzava di calmarsi, più quest’ultimo peggiorava e persino le lacrime avevano perso quel briciolo di disciplina per rigarle il viso. Tirò su con il naso e sperò nessuno, nessuno al mondo la vedesse in quello stato, non se lo sarebbe perdonato. Sfortunatamente, aveva appena superato una delle armature quando si sentì tirare e trascinare con forza per un braccio da qualcuno fino all’insenatura nascosta. Realizzò che ad averla spinta lì dentro era stato Draven quando andò a sbattere contro il suo petto e si ritrovò così vicina a lui da arrossire su tutto il viso per lo stupore di trovarlo lì e soprattutto l’imbarazzo di quel contatto. Come suo solito era già sul punto di urlargli contro di andare al diavolo per averle fatto prendere uno spavento, ma lui la zittì con prontezza, ormai cominciava a conoscerla piuttosto bene. Lo assecondò solo perché non aveva idea di cosa stesse succedendo, lo guardò negli occhi per qualche istante di troppo finché non si ricordò delle lacrime e abbassò lo sguardo imbarazzata, asciugandosele subito con le maniche del mantello. La guancia era rossa e bruciava ancora, anche se il dolore stava già diminuendo.

    « Oh sto benissimo, mia sorella mi ha solo dato uno schiaffo sulla faccia così forte da farmi quasi cadere, niente di speciale » gli disse sarcastica, ma i sentimenti erano confusi. Arrabbiata, ma grata che lui si fosse assicurato di sapere come stava, solo quando fu sicura di aver asciugata tutte le lacrime con cura riuscì ad alzare lo sguardo nel suo. Esitò.

    « Crede sia successo qualcosa tra di me e te nel Corridoio Proibito, come se ci fossimo chiusi lì dentro per… Hai capito » tagliò corto. « Non so chi le abbia raccontato una cosa così crudele, e non so perché lei sia tanto stupida da crederci » ci pensò un attimo, fece una smorfia. « Non posso stare qui con te, mi farà male sul serio se lo scopre, prima si è trattenuta solo perché Oliver le ha gettato via la bacchetta » fece per indietreggiare, sentì di nuovo quella vicinanza a Draven troppo stretta e soprattutto ambigua, persino soffocante. Fece per allontanarsi, ma fu in quel momento che sentì la porta della Sala Grande aprirsi e chiudersi di nuovo, un vociare di persone muoversi in direzione delle scale e di conseguenza vicine all’insenatura dov’erano nascosti. Christelle si sentì morire, riconobbe subito la voce di Isla tra le tante e chiuse gli occhi così forte da strizzarli troppo forte, poi d’istinto si strinse a Draven per occupare il minor spazio possibile e forse addirittura scomparire del tutto, le sarebbe piaciuto… Si limitò a posare la fronte sul suo petto, sperando con tutta sé stessa nessuno si accorgesse di loro.

     
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    Draven Shaw

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    L’insenatura all’ingresso della Sala Grande non era il nascondiglio migliore di Hogwarts, perché se qualcuno fosse sceso dalle scale in quel momento li avrebbe potuti vedere; era un buon nascondiglio perché era iniziata la pausa pranzo già da un po’ e non prevedeva che qualcuno potesse arrivare a quell’ora, o meglio, ci sperava ardentemente. Nel momento in cui afferrò Christelle, potè sentire a distanza che il brusio nella Sala stava tornando normale, probabilmente erano arrivati anche i professori. Giusto in tempo. Se avessero assistito alla scenata sarebbe stato un grosso problema.
    Ad ogni modo, dovevano spostarsi da lì non appena avessero visto uscire Isla. Era tremendamente pericolosa quella nicchia, ma meglio di niente… Avrebbe pazientemente aspettato e avrebbe seguito la maggiore delle Jones con lo sguardo finché non l’avesse persa nei corridoi. A quel punto, sarebbero stati liberi di proseguire ognuno per la propria strada: non si sentiva in debito con Christelle per come si era addossata la colpa dal professor McNeal, però una parte di lui si era trovato a rivalutarla dopo quella situazione e aiutarla ad evitarsi un’altra sberla era poca cosa a confronto. Almeno quello, pensò, glielo doveva.
    Quasi per timore che col suo carattere impetuoso potesse farli scoprire, si tenne Christelle vicino e continuò a stringerle il polso per tenerla ferma e buona e la lasciò andare solo quando la ragazza si rese conto della situazione. Aveva gli occhi lucidi, sembrava sul punto di piangere, ma non le disse niente e, quando la vide chinarsi appena per asciugarseli, deviò distrattamente lo sguardo verso le scale per non metterla a disagio. Doveva essere una brutta novità per lei attirare l’attenzione in quel modo. Non aveva idea di come dovesse essere avere una sorella o un fratello, tanto meno di cosa si provasse dopo una lite del genere, dato che era figlio unico, e non riuscì a trovare niente che potesse anche solo vagamente sembrare comprensivo. Così, riportò lo sguardo ad incrociare il suo solo quando lei si decise a parlare.
    Il fatto che in quella scuola tutti presumessero cose fuori contesto lo faceva innervosire e dovette trattenersi dal dire qualcosa a riguardo, dato che non era quello il fulcro del discorso… Ma provò una specie di morsa fastidiosa alla bocca dello stomaco nel sentirla dire che era ‘crudele’ il solo pensiero di loro due insieme. Senza volerlo, sul suo viso apparve un’espressione di pura rabbia; corrucciò lo sguardo e serrò la mascella, tenendo gli occhi ben fissi nei suoi.

    “Frequentiamo lo stesso anno. Possiamo parlare senza che nessuno se la prenda…” – si trovò a risponderle, freddamente, prima di riportare lo sguardo sulle scale. Il brusio si era fatto più vicino, segno che alcuni degli studenti avevano finito di mangiare e si stavano dirigendo verso le scale. Istintivamente, indietreggiò verso il muro per nascondersi meglio e, per un istante, la distanza tra lui e Christelle tornò normale; non si era reso conto che per lei, o per lui stesso, quella vicinanza potesse sembrare ambigua, perché lui agiva d’istinto e proseguiva nelle intenzioni se quell’azione appena compiuta non costituiva motivo di fastidio. Se lo avesse spiegato ad alta voce a qualcuno, dubitava che potesse essere capito, perché oggettivamente parlando non si poteva dividere il mondo in ‘cose fastidiose’ e ‘cose soddisfacenti’… C’era un’infinità di sfumature nel mezzo che a Draven sfuggiva e non riuscì a classificare la vicinanza con Christelle in altro modo se non ‘non fastidiosa’… Era quasi piacevole parlarle quand’era così vulnerabile. Non era una cosa bella da pensare, ma anche in questo caso, per Draven non c’era nulla di strano al pensiero; credeva solo che se Christelle avesse abbassato un po’ la cresta, soprattutto con lui, sarebbe stata una bella persona. Probabilmente lo era a prescindere, ma aveva atteggiamenti che gli davano fastidio e, di conseguenza, la racchiudeva in quella classificazione senza farsi troppe domande, anche perché credeva che lei non si sarebbe mai lasciata andare con lui, visto il dramma di Isla. Non gli importava che fosse perché non poteva auto-distruggere le sue relazioni familiari… Era così perché era così e non pensare a eventuali punti d’incontro con lei era più facile che chiedersi come sarebbe stato se Isla non avesse una cotta per lui. Intanto, se fosse riuscito a non farsi odiare da nessuna delle due, poteva ritenersi soddisfatto.
    Prese un respiro profondo, sovrappensiero mentre seguiva con lo sguardo l’uscita degli studenti, tra i quali Isla; subito riportò lo sguardo su Christelle, pronto a chiederle di nuovo di non dire o fare nulla, quando lei gli si riavvicinò. Considerando che aveva appena detto di non potergli stare vicino, gli sembrò un atteggiamento strano… In quell’insenatura di certo non c’era lo spazio per nasconderci un abraxan, ma non cambiava poi molto stare due passi avanti o due indietro. Anche se, lui stesso aveva indietreggiato per acquattarsi contro il muro, d’istinto lei doveva aver pensato altrettanto, ma essendoci lui di mezzo si era dovuta accontentare di nascondersi alla bell’è meglio.
    Era intelligente, bravo a scuola, sveglio… Eppure, di relazioni umane, ci capiva meno dello zero assoluto.
    Rimase praticamente immobile, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, a seguire con lo sguardo la mandria di studenti mentre usciva dalla Sala Grande e azzardò a chiudere le palpebre solo quando vide Isla sparire. Via libera… Più o meno. Il pericolo peggiore era passato, ma dopo quella piazzata se qualcuno degli studenti li avesse visti insieme, la voce si sarebbe sparsa a macchia d’olio.

    “Sei salva… per ora.” – esordì, posandole entrambe le mani sulle spalle per spronarla delicatamente. Era rimasta a occhi chiusi, con la fronte sul suo petto nel tentativo di nascondersi… Sembrava terrorizzata.

    “Cosa ti spaventa così tanto?” – chiese poi, senza riuscire a trattenersi.


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    Odiava con tutta sé stessa doversi sentire così vulnerabile, per colpa della sorella poi, a conti fatti una migliore amica che aveva deciso di dar maggior peso a delle dicerie invidiose e non alla verità di Christelle. Si era trattenuta con tutta sé stessa dal piangere nel mezzo della Sala Grande, sotto gli occhi di tutti, non era abituata a quel genere di attenzioni, ma adesso nascosta in quell’insenatura e lontana da occhi indiscreti, nonostante la presenza di Draven sentì che era arrivato il momento di lasciarsi andare. Come suo padre aveva sempre cercato di spiegarle fin da bambina, sono le cose non dette o non espresse a far ammalare le persone, e lei sentiva che sarebbe esplosa se non avesse avuto modo di liberarsi da quell’opprimente peso nel petto, parlarne o piangere o entrambe le cose non faceva alcuna differenza. Restò quindi immobile con il viso nascosto sul petto di Draven, neanche realizzò di quanto quel gesto potesse risultare imbarazzante e intimo agli occhi del Serpeverde, e si lasciò andare addirittura a un lieve singhiozzo quando gli occhi tornarono a riempirsi di lacrime. Non aveva neanche opposto resistenza alla sua mano stretta intorno al proprio polso, e si coprì la bocca come meglio poteva, asciugando ancora e ancora gli occhi grazie alla manica del mantello. Che situazione orrenda.

    « A quanto pare no, e sembra proprio che qualcuno se la sia presa » disse calcando la voce su qualcuno, si era accorta del tono freddo delle sue parole ma non ci vide nulla di strano, in fondo Christelle era arrabbiata e frustrata almeno quanto lui. Fu a quel punto però, quando finalmente riprese a respirare con regolarità nel sentire le voci degli studenti, Isla compresa, allontanarsi, che si accorse dell’ambiguità della situazione e le guance si accesero di un colorito roseo per la sorpresa. Si schiarì la voce e alzò la testa su di lui allontanandosi di un paio di passi, e andando a sbattere per sbaglio contro il marmo della scalinata. Provava sensazioni ambigue nei confronti di Draven e se in passato si era ritrovata più volte a chiedersi cosa ci vedesse Isla di tanto speciale in lui, allo stesso tempo adesso la risposta a quella domanda le pareva a dir poco ovvia. Draven era affascinante, e non solo, anche molto intelligente, bello e gentile in maniera contorta… La Grifondoro scacciò subito ogni tipo di pensiero ambiguo non appena il senso di colpa prese a crescerle in petto. Forse Isla non era così pazza, o sì?

    « Un altro schiaffo mi spaventa molto » disse di getto, anche se aveva capito a cosa si stava riferendo. « I rapporti tra me e Isla sono complicati, volersi bene non sempre è abbastanza ma io non voglio perderla, è mia sorella » fece una pausa. « Perché mi hai trascinata qui? Lo sai benissimo che rischia di vederci mezza scuola, perché vuoi sapere se sto bene? Che t’importa? Non mi trovi neanche simpatica, lo so che per te sono una specie di cicala che non riesce a stare zitta » questa volta fu aspra, forse a causa della confusione. Lo guardò dritto negli occhi. Sua sorella aveva appena organizzato una sceneggiata in pubblico e adesso doveva anche vedersela con Draven, che continuava a scombussolarla con la sua ambiguità. « Non mi hai più rivolto la parola da quando è successo quello che è successo nel Corridoio Proibito, e non dire che non è vero, non sono stupida e di certe cose me ne accorgo subito »

     
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    Niente di tutta quella situazione lo faceva sentire a disagio quanto l’idea che ogni studente della scuola, ormai, conoscesse il suo nome perché due sorelle popolari di Grifondoro avevano discusso per lui… Non era così che voleva diventare popolare!
    Sul libro di Storia della Magia, uno dei suoi libri preferiti, si diceva che nel corso della storia fino ai giorni nostri c’era sempre stato uno specifico mago o uno specifico paese che durante le Conferenze Internazionali interveniva a sfavore di un decreto o di una clausola e, per qualche motivo, in quel momento Draven si sentì incompreso come la diplomazia di Bonaccord contro il Liechtenstein. Aveva cercato in ogni modo di non illudere Isla; si era ritrovato da solo con Christelle involontariamente e con la massima discrezione aveva evitato di entrare ulteriormente a contatto con lei; aveva rigato dritto per anni, senza guardare in faccia nessuno pur di non essere intralciato, perché quella che per altri era la loro vita con un intermezzo di scuola, per lui era la possibilità di un futuro lontano dai babbani e dal South Kensigton… eppure, in un attimo, o per meglio dire, con un bacio, si era giocato ogni possibilità di passare inosservato o, per quel che valeva, di farsi piacere una ragazza senza terribili conseguenze. Era frustrante a livelli quasi intollerabili… E mentre nella sua testa si passava in rassegna tutte le Conferenze tra maghi andate male nonostante l’eccellente uso della diplomazia, il suo viso passò da un’espressione rabbiosa ad una di totale indifferenza.
    Era inutile. Tutto inutile. Come convincere i maghi del Liechtenstein a dare diritti ai troll, che si ostinava a negarglieli solo perché aveva avuto in passato dei problemi con loro… E la cosa triste di quell’associazione mentale era che il troll in questione era lui.
    Lasciò scivolare via le mani dalle spalle di Christelle non appena incrociò il suo sguardo; lo sostenne per diversi istanti, ma si ritrovò poi a deviarlo nuovamente sulle scale per seguire il flusso di studenti che andava via dalla Sala Grande e si riappoggiò di schiena al muro, incrociando le braccia al petto. Non gli aveva risposto come si sarebbe aspettato, ma preferì non incalzare, dato che non sembrava particolarmente disposta ad aprirsi con lui, così come aveva presunto… In effetti, non c’aveva sperato granché. Inoltre, c’era tra di loro una reciproca convinzione di non trovarsi particolarmente simpatici e Draven riusciva perfettamente a capirne i molteplici perché, motivo principale per cui – tra i vari – non aveva mai fatto niente per entrare nelle sue simpatie, al di là del fatto che non sapesse nemmeno come fare nel caso in cui avesse voluto… Ma questo era tutto un altro discorso.

    “Niente di più vero, ma ciò non significa che mi sei indifferente.” – si trovò a risponderle, sollevando appena le spalle, ancora a braccia incrociate sul petto e lo sguardo assente sui gradoni all’ingresso.
    Quando si decise a riportare l’attenzione su di lei, sentì qualcosa di strano contorcergli lo stomaco: era tipo la sensazione che provava ogni volta quando entrava in campo e che, però, gli passava facilmente salendo sulla sua scopa. Era attesa? Per cosa? Non si aspettava un bel niente da lei.

    “Che avrei dovuto dirti? Non ci rivolgevamo la parola nemmeno prima.” – rispose di getto, per poi scuotere la testa e sospirare, alzando gli occhi al cielo.

    “Il tuo Molliccio è stato strano e deve averlo trovato strano anche il professor McNeal, altrimenti non mi avrebbe chiesto di lasciare il suo ufficio prima di te.” – iniziò a spiegare, nel massimo dell’onestà, riportando lo sguardo ad incrociare i suoi occhi. Forse perché aveva pianto un po’ o perché si sentiva scombussolata dalla lite con Isla, ma non era il suo solito sguardo vispo e arrogante. C’era rimasta male perché l’aveva ignorata? Credeva di averle fatto un favore…

    “Qualsiasi cosa vi siate detti, ho pensato che fosse giusto che rimanesse tra voi e se avessi pensato di doverti rivolgere la parola, la prima cosa che ti avrei detto sarebbe stata ‘di che avete parlato?’ oppure ‘che cos’era il tuo molliccio?’ e dato che non ho la minima intenzione di spiegarti il mio, cosa che avresti sicuramente chiesto se mi fossi impicciato del tuo, non ti ho detto niente.”


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    Christelle, da triste e sconfortata che era, cominciò presto a innervosirsi. La situazione difficile con sua sorella e quella confusa con Draven la stavano mettendo a dura prova, desiderava solo che quella giornata finisse, ed erano solo all’ora di pranzo. Fin dal loro primo anno ad Hogwarts era stata convinta di non piacere al Serpeverde, neanche un briciolo di simpatia per lei che era sempre circondata da Grifondoro festosi, Tassorosso gentili e Corvonero intelligenti – e spesso anche pronti a fare i compiti al posto suo. Che i Leoni di Hogwarts non andassero d’accordo con le Serpi era un dato di fatto, la storia più vecchia del mondo, ma con nessun altro aveva incontrato tanta ostilità e ostinazione nell’ignorarla se non da Draven; per questo quando sua sorella Isla si era presa una cotta, e l’aveva tampinata per mesi pensando fosse ovvio che i due si conoscessero frequentando gli stessi corsi, Christelle non aveva saputo cosa dirgli se non: è silenzioso, scontroso, a malapena mi guarda, figurati se mi ha mai parlato di cose personali. A ripetizione. E quella era la sacrosanta verità, dopo alcuni iniziali tentativi di fare amicizia con lui quando avevano undici anni, lei ci aveva rinunciato in tronco. Adesso se ne fregava, e c’era voluto tempo per rinunciare, testarda com’era la Grifondoro.

    « Cosa dovrebbe significare “non mi sei indifferente”? Riesci a parlare chiaro, per una volta? » sbottò, recuperando finalmente un po’ dell’arroganza che la contraddistingueva nei momenti più critici. Tirò su con il naso e per un’ultima volta si asciugò le lacrime, almeno poteva essere grata a Draven per aver finto di non notare che stesse piangendo, ma comunque odiava quella sua ambiguità.

    « Infatti, e perché non ci rivolgevamo la parola? Perché io non ti piaccio, poi hai cominciato a parlarmi e infine hai smesso di nuovo, ma questa volta c’è un motivo preciso » ovviamente c’era rimasta male per esser stata così brutalmente ignorata di nuovo, anche se non sapeva spiegarsi esattamente il motivo. Non le era mai interessato cosa pensasse Draven di lei, perché adesso se ne preoccupava così tanto? Poi lo ascoltò in silenzio, sentendo la rabbia crescergli in corpo di parola in parola. L’aveva evitata perché il suo Molliccio era strano? Certo che lo era, ma questo non aveva niente a che fare con lei!

    « Il Molliccio era strano perché ha assunto la forma di un Obscuriale » gli rispose bruscamente, senza permettergli di finire il discorso. « Ha quella forma perché una volta, da bambina, credo di averne visto uno anche se non avevo idea di cosa fosse finché non ci sono stati i fatti di New York. Anche a McNeal è parso strano, e si è offerto di darmi ripetizioni di Difesa contro le Arti Oscure. Credo mi abbia chiesto di fare lezioni supplementari principalmente perché ne vuole sapere di più, ma io non ne ho mai parlato con nessuno tranne Isla e Oliver perché sono stra-mega-affaracci miei » cominciò a parlare a raffica senza neanche rendersene conto, prendendo un lungo respiro solo alla fine, quando realizzò di aver vuotato il sacco con il Serpeverde senza un vero motivo apparente. In fondo erano stra-mega-affaracci suoi, no?

     
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    Quando era uscito dalla Sala Grande con l’intenzione di salvare Christelle ed evitare che la sua discussione con Isla si protraesse ulteriormente, aveva già intuito la rilevanza del suo gesto, ma non aveva minimamente pensato che così facendo si sarebbe ritrovato ad affrontare con lei l’ennesima conversazione destinata a fallire; perché, indipendentemente dall’argomento di conversazione, finivano sempre a discutere. Avevano passato quattro anni a ignorarsi vicendevolmente e in soli pochi giorni avevano distrutto l’ordine naturale delle cose. Non c’era un motivo particolare per cui Draven non avesse fatto amicizia con lei; già da prima della faccenda con Isla, semplicemente non ne aveva mai avuto interesse. Caratterialmente non dava confidenza a nessuno, parlava con al massimo quattro, forse cinque persone in tutta la scuola, che erano praticamente i suoi compagni nel dormitorio. Andava a lezione, studiava, si allenava per il quidditch e ripeteva; non gli piaceva socializzare, era un tipo introverso e solitario e non ci vedeva niente di male. Lei, d’altro canto, era l’esatto opposto: solare, spiritosa, socievole, simpatica… Pensò che dovesse essere solo questo a darle fastidio: l’impossibilità di avere la sua attenzione. Era popolare e riceveva attenzioni da chiunque, perché non da lui? Certo, non poteva che essere questo l’unico motivo per cui c’era rimasta male… Ma le sue erano solo ipotesi. Non poteva di certo dire di conoscerla bene, ma tanto gli bastava per non volerlo fare. Perché con quella famiglia una sola parola era in grado di scatenare una reazione a catena, come quella loro conversazione stava dimostrando. Era tremendamente frustrante. Non aveva senso continuare a parlarne. Fu sul punto di dirle chiaro e tondo che gli piaceva, ma non la sopportava il più delle volte che parlava, nella speranza che ciò potesse zittirla, ma era una cosa assurda da dire e presumibilmente pericolosa; esitando, le diede modo di riprendere a tempestarlo di domande.

    “Senti, calmati, ok? Non è niente di personale. Non ho mai iniziato a parlarti, è capitato... Non siamo amici e non intendo entrare nella tua cerchia di popolarità.” – si trovò a risponderle di getto, prima che potesse riprendere a parlare, ma la questione molliccio, che per lui era risolta, diede il via a un’altra sequela di parole che lo lasciarono spiazzato. Gli venne in mente almeno un migliaio di cose da dire, ma rimase per diversi istanti in silenzio, a riflettere su ognuna di quelle parole, guardandola dritto negli occhi. Ora che aveva smesso di piangere, erano tornati limpidi come l’acqua del mare.

    “Allora perché lo hai detto a me?” – furono, infine, le uniche parole che riuscì a dire.


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    Perché aveva vuotato il sacco con così tanta facilità? Si sentì una stupida. Lei e Draven non erano in confidenza, anzi, avevano iniziato a parlarsi soltanto per litigare sempre più di frequente. Eppure, dopo quella dichiarazione, si sentì in un certo senso libera perché la chiacchierata con McNeal, anche se faticava ad ammetterlo, l’aveva gettata in uno stato di profonda agitazione inquieta. L’idea di rivedere un Obscuriale, avere una paura troppo strana o addirittura entrambe le cose la tenevano sveglia di notte, e adesso si era aggiunto anche quell’enorme problema con Isla, e… Christelle non sapeva più dove sbattere la testa.

    « La mia cerchia di popolarità » ripeté sprezzante, trattenendosi a stento dall’insultarlo di nuovo. Era davvero così che lui la vedeva? Una reginetta egocentrica circondata da sudditi sempre pronti a eseguirne gli ordini? Figurarsi. Le piaceva la popolarità, certo, chi non l’avrebbe apprezzata, ed era da sempre abituata ad avere molti amici, vero anche quello, grazie a un carattere socievole ed espansivo non aveva mai avuto problemi di solitudine. L’arroganza le aveva creato molti più ostacoli, la tendenza a battersi per le cose in cui credeva, a costo di sbagliare e caderci con tutte le scarpe, quello sì che la frenava. In ogni caso, voleva solo andarsene. Era ancora sconvolta per Isla e nonostante liberarsi da quel peso con Draven l’avesse fatta sentire meglio per circa quaranta secondi, il Serpeverde era riuscito a innervosirla di nuovo con estrema abilità. Desiderava solo nascondersi sotto le coperte.

    « Non sentirti speciale, mi è scappato, può succedere » disse più odiosa che mai. Aveva smesso di piangere e ormai era poco ma sicuro che non avrebbe ricominciato tanto facilmente. « Io me ne vado » concluse senza fronzoli. Quella frase sulla popolarità era riuscita a ferirla, non aveva mai pensato che Draven potesse vederla in quel modo. Forse si era addirittura convinto di essere una specie di capriccio per lei, come se Christelle non sopportasse di esser ignorata solo perché da sempre abituata a ricevere molte attenzioni, quelle del Serpeverde avrebbero solo completato la collezione. Niente di più sbagliato, ma non poteva certo dirglielo. Convenne con sé stessa che di lui non le importava un fico secco e se davvero credeva cose così stupide, tanto meglio, sarebbe stato più facile tenersi lontani. In ogni caso era molto confusa e quei pensieri aggressivi in un certo senso l’aiutavano a tenersi con i piedi ben piantati a terra.

    « Se vuoi scusarmi » disse fredda ma con garbo, infilando la bacchetta nelle tasche interne del mantello e facendo per andarsene senza salutarlo.

     
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    C’era almeno un migliaio di cose che avrebbe voluto dirle e, tristemente, si rese subito conto che ne c’erano altrettante che avrebbe voluto fare, invece, rimase fermo e in silenzio e nel momento in cui si decise ad aprire bocca, ovviamente, disse la cosa sbagliata. Ma se lei voleva nascondere la realtà dei fatti non era un problema suo; la sua popolarità era un dato reale, lei che ridacchiava e chiacchierava sempre con tutti, lei che era sempre gentile e disponibile, lei che era simpatica e socievole: tranne che con lui. Non gli dispiaceva di certo, né gli aveva mai dato fastidio, ma tutto questo lo sentiva provenire come da un passato remoto; perché adesso ci parlava anche lui con lei, solo non nel modo in cui lo facevano tutti e a lei non piaceva. Non parlarsi era più facile, decisamente più facile. Forse, se si fosse tenuto un po’ a distanza dai Jones, avrebbe dato modo a Isla di farsela passare, le due sorelle avrebbero rifatto pace e sarebbe stato ristabilito – almeno in parte – l’ordine naturale delle cose. Da lì in poi, avrebbe capito cosa fare nello specifico con Christelle, nel caso in cui avesse voluto.. Per il momento, era meglio tenerla lontana. Era meglio per tutti.

    “Ok. Il tuo segreto è al sicuro con me…?” – si limitò a risponderle, ponendo uno strano accento interrogativo sulle ultime parole, non perché non fossero vere, ma perché dal suo tono fu certo gliene avesse parlato quasi per errore, a quel punto, per necessità di sfogarsi e non gli era venuto niente di meglio da dire.
    Per lo meno, quell’incontro aveva deviato le sue preoccupazioni; gli sembrò quasi che si fosse dimenticata della lite con Isla e dello schiaffo. L’aveva intercettata fuori dalla Sala Grande per salvarla da sua sorella e per un po’ c’era riuscito. Andava bene così.. Se c’era stato un debito da saldare, lo percepì compiuto.
    Le annuì con un breve cenno del capo e si limitò, in silenzio, a seguirla con lo sguardo mentre andava via. Lasciò che gli ultimi studenti uscissero dalla sala per distanziarlo da Christelle, poi si diresse verso i sotterranei.


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