Ambizione d’oro nero.

Di tutti i luoghi di Hogwarts, affascinanti e con una storia interessante a modo loro, la Sala Trofei era sicuramente il meno preferito della Lovegood. Detestava quel orgoglio smisurati messo in mostra con placche e trofei d’oro, per sempre incisi con i nomi dei vanitosi che le avevano conquistate. Non era invidiosa del successo altrui, era semplicemente infastidita da tutto quel pomposo sfavillio di oro e argento, di persone che solo perché erano riuscite a incidere il loro nome su una targa si sentivano migliori di altri. Il cuore di un uomo non si misurava a peso d’oro, ma per il valore delle sue azioni, azioni pure e nobili che spesso non hanno nulla a che fare con un premio o un trofeo. Non credeva nella bontà di quelle persone, ma d’altro canto si sentiva colpevole nel tacciarle tutte come cattive soltanto perché avevano raggiunto un successo che meritasse una medaglia. Si era ripromessa di evitare pregiudizi e luoghi comuni, anche se non le stava riuscendo molto bene. Mancavano diverse ore allo scattare del coprifuoco, le lezioni erano da poco iniziate e lei era perfettamente in pari con tutto, persino con i compiti scolastici. Aveva approfittato di quel tempo libero, sapeva che la pacchia sarebbe durata poco, per fare qualcosa che non era compresa nel suo solito giro di Sala Comune o Grande e Biblioteca, spingendosi nella sala trofei, il posto che meno le piaceva di tutto il castello. Gli occhi di Pandora si posarono inevitabilmente sulla Coppa contenuta nella teca più grande e luminosa, la Coppa delle Case che lo scorso anno era stata vinta da Serpeverde, come i fiocchi verdi che pendevano ai lati delle orecchie di metallo suggerivano. Percepì una stretta al cuore per l’ultimo posto di Tassorosso, il senso si colpa sì acuti. Doveva fare meglio, impegnarsi di più, conquistare più punti. Per una volta sentí l’ambizione scorrere nelle sue vene e il suo stesso riflesso sul vetro le diede la nausea.