[L1] the night of a full moon

attivazione quest licantropia

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    Cheyenne Luna Black
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    Soffiò sull'ultima candela rimasta accesa ad illuminare i Tre Manici di Scopa, che calarono nell'oscurità. Era diventata negoziante di quel locale da relativamente poco eppure anche nel buio della notte riusciva a distinguere i profili della mobilia, le sedie capovolte sui tavoli, i boccali per la burrobirra appesi sul bancone che scintillavano al buio e la silhouette ambrata delle bottiglie di idromele.L'ambiente ormai familiare era diventato il punto nevralgico della sua giornata, si era il suo lavoro ma era uno stile di vita che abbracciava con piacere. Le piaceva sentire il profumo di torta di mele appena sfornata, quello dell'arrosto con patate, così in contrasto con il pungente odore di disinfettante nel quale era immersa nel suo lavoro in Ospedale. Era una Cheyenne diversa quella che si aggirava tra i tavoli del locale servendo le succulente pietanze da quella che con determinazione si occupava di curare i pazienti del San Mungo. Le piaceva davvero molto quel locale, era entusiasta e non le pesava doversi alzare molto presto al mattino per infornare le brioches per la prima colazione o dover chiudere passata la mezzanotte per servire il bicchiere della staffa all'ultimo cliente rimasto. Si stava rivelando ogni giorno che passava come una passione e sempre meno come un lavoro, anche se gli introiti monetari erano decisamente vantaggiosi. Forse, un giorno, la Black sperava di poter aver messo da parte abbastanza denaro da poterne diventare Propietaria a tutti gli effetti... una strega deve pur poter sognare!
    Quincey, l'elfo domestico che da poco aveva assunto come collaboratore del locale, per questioni più da retroscena e di manovalanza, perchè sapeva che la clientela non avrebbe mai accettato di essere servita da questo tipo di creature, si era già occupato di pulire le cucine e i tavoli del locale: Cheyenne gli aveva dato il permesso di andarsene un po' prima di lei.
    Chiuse alle sue spalle la porta del locale, sarebbero trascorse giusto qualche ora prima che dovesse tornare a riaprirla, ma qualcosa di diverso attirò la sua attenzione sul bidone della spazzatura. Era stata una giornata prolifica e questo si poteva notare dal sacco nero del pattume che sporgeva dal bidone di latta che lo conteneva. Il coperchio, era certa che Quincey lo avesse appoggiato sulla sommità del sacco, era riverso a terra e quando lei andò inavvertitamente a pestarlo produsse un gran rumore. Una sagoma nera si mosse e si distaccò dal sacco, rivelando uno squarcio che vomitò l'immondizia davanti al locale.
    «Hey!» urlò dietro all'ombra che aveva destato tanto trambusto. Ancora prima di poter ragionare, per esempio sul fatto che fosse una strega dotata di bacchetta e che qualche incantesimo le sarebbe stato utile, si mise a correre dietro all'ombra, più grande di un gatto ma più piccola di un cane (per lei al mondo esistevano solo Pastori Tedeschi o Terranova, quindi i suoi standard erano impostati sulle grosse taglie) come se le avesse rubato qualcosa di valore. La corsa fu a ritmo sostenuto e pezzetti di spazzatura, riconobbe delle bucce e qualche cartaccia, furono trasportati lungo tutta la strada che stavano percorrendo. Non doveva aver corso per più di qualche minuto prima di perderne le tracce. Della misteriosa ombra che aveva disseminato monnezza, la sua, per Hogsmeade non vi era alcuna traccia e le occorse qualche istante per capire che si trovava ben fuori dal centro della cittadina, complice il terreno fatto di sassolini e ghiaia, così diverso dalla pavimentazione in lastre di pietra davanti ai 3 Manici. Una vecchia staccionata ormai pericolante, un cartello sbiadito appena illuminato dalla luce della luna, molto affascinante e luminosa, le permisero di capire che si trovava vicino alla Stamberga Strillante. Un brivido corse lungo la sua schiena e per qualche motivo un sentore di pericolo si accese nella sua mente. Si voltò per tornare sui suoi passi.

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    Cheyenne Luna Black
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    scadenza per il turno: 31 Maggio h 23.59


    La tranquilla notte di Luna Piena di Hogsmeade venne interrotta da un lungo ululato proveniente dalla zona più estrema del villaggio magico, quella verso la Stamberga Strillante. Lungo il selciato di ghiaia si muoveva nel buio un grande Lupo nero. In questa unica notte del mese i più accorti sapevano che non era prudente uscire nelle ore in cui l'astro splendeva più alto nel cielo.

    Il tuo istinto ti suggerisce, giustamente, che qualcosa non va: purtroppo però ti porta a tornartene sui tuoi passi e compi il fatale errore di mostrare le spalle al pericolo imminente. Il Lupo, celato dietro alcuni cespugli, interrompe il suo pasto composto da uno scoiattolo, percependo il tuo odore.

    L'attacco che ne segue è fulmineo, ti coglie di sorpresa alle spalle e cadi sulle ginocchia, il tessuto si taglia e alcuni sassi del selciato ti segnano la pelle. Non capisci di cosa si tratta finché non avverti un ringhio profondo sopra la testa, percepisci il corpo che vibra scosso da questo verso primordiale. Puoi provare a divincolarti o a urlare, prima di diventare il suo prossimo pasto.


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    Avrebbe dovuto prestare attenzione al suo istinto, a quel brivido che le era scivolato a fior di pelle sulla schiena, ma scioccamente non lo aveva fatto. Altrettanto scioccamente sembrava che quella sera non fosse cosciente di essere una strega e, in quanto tale, dotata di bacchetta magica. Nella sua mente stava ripercorrendo, con placida lentezza di chi ha sulle spalle un doppio turno di lavoro, gli avvenimenti ce l’avevano portata lì. L’animale che aveva sparpagliato mezza pattumiera dei 3 Manici per strada, la corsa lungo il viale sempre più sconnesso e poi l’arrivo vicino alla Stamberga Strillante. La casa più infestata d’Inghilterra non poteva essere la sola causa del brivido provocato dalla sua schiena. Ma era troppo stanca per riconoscere i segnali d’allarme. Forse in un’altra giornata avrebbe prestato maggiore attenzione a quello che la circondava, si sarebbe avvalsa dell’ausilio di un Lumos per vederci chiaro e non soltanto della fievole luce lunare. Sarebbe stata anche maggiormente consapevole di se stessa e di quello che il suo istinto era in grado di percepire, di quanto le stesse urlando di scappare. E non c’era peggior sordo di chi non sapeva ascoltare. E lei quella sera era già con il cervello sotto le coperte, a riposo nella calda trapunta. La mente era troppo affollata da pensieri e faccende, i fornitori da contattare domani per avere i croissant caldi di prima mattina e la fornitura di dittamo da preparare al San Mungo, per essere focalizzata sul presente. E proprio il presente arrivò a colpirla tanto duramente. Qualcosa attirò la sua vista in terra, su una macchia scura. Sangue. Una deformazione professionale di chi lavora in Ospedale e riesce a riconoscere la particolare viscosità con cui il plasma si diffonde. Aveva pochi dubbi la strega che si trattasse proprio di quello, anche se avrebbe avuto bisogno come minimo di più luce per una certezza indissolubile. «C’è nessuno?» avrebbe domandato se solo ne avesse avuto il tempo. Tutta l’aria incanalata nella trachea per formulare la frase morì nella sua gola, o meglio fu espulsa per l’impatto violento con un roco suono gutturale. Con la mente offuscata dalla stanchezza non ebbe la prontezza di spirito per resistere al colpo ricevuto alla schiena, avvertendo appena la percezione di star perdendo l’equilibrio. Avvenne tutto così rapidamente che non ebbe nemmeno il tempo di pensare a come reagire, nemmeno riuscì a sporgere le mani in avanti per evitare l’impatto con il terreno. Cadde in terra malamente, come un sacco di patate scaricato al volo da un fornitore frettoloso, impattando al suolo con la faccia e con i palmi delle mani aperte. Il dolore al naso fu immediato, lancinante e tale da svegliare definitivamente il suo cervello assopito. Il gusto amaro del sangue invase la sua gola, la bocca, le narici dalle quali sgorgava copiosamente. . «Cazzo» sputò e tossì sangue, mentre la voce sembrava un gorgoglio sommesso. Il dolore al volto era tale che solo successivamente arrivò quello sulla schiena per la spinta. Pian piano la consapevolezza di essere stata attaccata da qualcosa, o qualcuno, prese coscienza dentro di lei mettendo in moto un naturale istinto di sopravvivenza. Avrebbe provato a rimettersi in piedi e trascinarsi via da quella situazione. Ah, era una strega. Dove cazzo era finita la sua bacchetta magica? L’avrebbe cercata nella solita tasca del cappotto. Doveva difendersi e curarsi. Forse persino attaccare. Che giornata di merda, cazzo.
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    Cheyenne Luna Black
    ▬ QUEST LICANTROPIA ▬
    scadenza per il turno: 5 Giugno h 23.59


    Il ringhio, basso e gutturale, vibra con forza nelle sue corde vocali, attraverso la tagliola di denti aguzzi serrati in un sorriso decisamente poco invitante. Tutto il peso del Lupo, quasi 45 kili di belva, sono a comprimerti al suolo, sua vittima. Nonostante i tuoi tentativi di cercare la bacchetta, sei impossibilitata a muoverti: quando il volto del lupo cala sulla tua spalla destra inizialmente non senti altro che il suo alito caldo. Poi il dolore esplode introno ad ogni dente aguzzo che ti lacera la carne, i muscoli, mentre il calore del sangue di inzuppa i vestiti che indossi. Una nuova ondata di dolore, più forte ed intenso del precedente, ti arriva quando, a causa della pressione esercitata dalla notevole muscolatura delle sue fauci, ti si rompe l'osso della clavicola.

    Poi un forte rumore nelle vicinanze mette sull'attenti il Lupo. L'istinto della fuga ha la meglio su quello del sangue e anche con la Luna alta in cielo l'istinto di sopravvivenza ha la meglio. Vieni lasciata ferita e indifesa sul ciglio della strada, sola.

    Devi svolgere il tuo ultimo post in questa discussione.
    Ti ricordo che puoi decidere se recarti al San Mungo o curarti da sola, come Medimag ne hai tutte le capacità.

    Modererò qualunque intervento di terzi, a meno che tu non lo richieda in OFF nel tuo prossimo messaggio.



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    Cheyenne Luna Black non era proprio un fuscello di donna. Fisicamente era quanto di più lontano dalle modelle tutte tirate che si vedevano sulle riviste patinate che aveva venduto come commessa da The Élite Voges prima di svoltare sulla sua passione per la cucina e prendere il Tre Manici di Scopa proprio lì. Già questa passione per il cibo faceva immaginare che non fosse proprio anoressica ma che, anzi, tutto quello cucinava fosse assaggiato personalmente e finisse nei grandi fianchi della donna. Non era grassa ma le sue origini indiane, sia d’America che di quelli asiatici, le avevano donato un fisico diverso da quello delle donne caucasiche. Il seno era prosperoso e abbondante, il culo sporgente e rotondo. Le sue gambe erano massicce e i fianchi non si chiudevano come se qualcuno avesse legato un fiocco per donarle un vitino striminzito. Insomma non era un fuscello. Eppure abbattuta al suolo e schiacciata contro di esso dal peso di quella cosa che l’aveva colpita non era riuscita a muoversi di un solo centimetro. Aveva allungato le braccia per farsi forza e trascinarsi in avanti ma per quanto avesse provato non era successo nulla. Anche quando aveva provato a rotolarsi su di un fianco si era sentita saldamente ancorata al terreno. Dopo la sua ultima imprecazione il naso e la bocca si era riempito di sangue e non era riuscita dire altro, il peso sulla schiena che la teneva a terra le impediva di riempire i polmoni di aria a sufficienza per mettersi a urlare o a chiedere aiuto. Un rantolo acquoso uscí dalle sue labbra quando il peso la schiacciò in punti differenti, mentre varie parti del corpo le iniziavano a fare davvero male. Il ringhio alle sue spalle le diede consapevolezza di trovarsi in presenza di qualcosa di terribile, una belva feroce. Ma Cheyenne non si fece paralizzare dalla paura sul futuro, restando concentrata con il presente dimenò le braccia alla ricerca della sua bacchetta magica. Sentì il fiato dell’animale sul collo spostarle i capelli e poi arrivò.
    Poi arrivò.
    Doloroso.
    Inaspettato.
    Brutale.
    Il morso.
    Sentì la pelle lacerarsi sotto i denti aguzzi, ma il dolore esplose solo in un secondo momento. Le tolse il fiato, le mancò il respiro e avrebbe giurato si entire una fitta al cuore.
    Quando la belva si accanì per una seconda volta fu anche peggio.
    Urlò tutta la sua voce, esaurendo aria nei polmoni, mentre i denti affondavano con più forza e nel punto colpito sentiva soltanto dolore e calore.Per il sangue, per la reazione alla lacerazione, per la bava del animale. Come dottoressa pensò subito a quanti tipi di batteri potevano contagiarla, la gravità delle infezioni riportate. Ma questo pensiero, una distrazione imposta dal suo subconscio, fu spazzata via quando alle sue orecchie arrivò lo schiocco di un osso che ah rompeva.
    E nuovo dolore.
    E nuove urla.
    Le lacrime avevano iniziato a segnarle le guance, scendendo copiose, quando la belva se ne andò.
    Improvvisamente come se ne era andata.
    Pianse forte, con singhiozzi che la svuotavano, ancora incapace di alzarsi ed esaminare le sue ferite. Sapeva che era meglio che si muovesse poco. «Aiuto!» urlò con voce rotta dal pianto. «Per favore, aiutatemi» riuscì a sussurrare mentre le tenebre cercavano di prenderla e farla svenire. Stava perdendo troppo sangue.

    GuKiRTw ho richiesto l'intervento di Chloe Walsh
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    Chloe Walsh
    Avevo immaginato in maniera molto differente il mio training come Auror. vevo messo in ocnto che fosse difficile, estenuante e tutto il resto solo... non così tanto. Il primo giorno di addestramento, svolto niente meno che con il Capo Auror, mi ero senta come una bambina impacciata al primo giorno di scuola elementare. Il mio primo giorno alle elementari, circondata da bambini babbani era stato traumatico. Mio fratello sapeva già leggere, ovviamente è sempre stato il Walsh perfetto, mentre io avevo passato tutta la prim ora a mangiare un pastello a cera. Per spaventare una stupida mocciosa mi ero concentrata così tanto che la faccia mi era diventata viola, completamente, e nessuno era riuscito a capirne le cause. Ovviamente ero già troppo grande per far passare questo come un innocente caso di magia accidentale, certo la squadra obliviatori non era intervenuta perchè i miei avevano trovato una scusa convincente, ma mamma e papà mi avevano messo in punizione per una vita. Doveva essere iniziato più o meno in quel periodo la cantilena del "perché non cerchi di essere più come tuo fratello e meno.. te stessa? mai ascoltata. Ecco, il primo giorno di training non era andato poi così male, se non altro non ero diventata viola, ma era stato comunque piuttosto traumatico. Speravo che la sensazione di mocciosa impacciata e fallita passasse ma era andata quasi peggiorando. Wright probabilmente era stato tentato di prendermi a calci in culo diverse volte e per questo motivo mi aveva mandato in pattuglia. Immaginavo fosse una specie di punizione per i cadetti incapaci come la sottoscritta perchè non capivo che senso avesse pattugliare Hogsmeade in una qualunque sera. Forse qualche fantasma serial killer avrebbe abbandonato la Stamberga Strillante? Ne dubitavo fortemente, ma almeno avrei avuto la bacchetta magica con me.
    Era la quinta volta che passavo nel perimetro esterno della cittadina, ormai mi ero stufata del paesaggio e stavo contando quanti passi ci volevano per chiudere la cintura di Hogsmeade, quando una richiesta di auto arrivò alle mie orecchie. Una musichetta da supereroe si attivò nella mia mente, al pari della mia adrenalina che mi fece subito correre scattante in quella direzione. Un Auror è sempre pronto. Mi ripetei afferrando la bacchetta e tenendola tesa verso di me, con un Lumos castato per illuminare la strada davanti a me. Le urla mi portarono in un sentiero un po' esterno, defilato e poco illuminato, ma riuscii a vedere la donna in difficoltà. Era riversa a terra, con molto sangue intorno. Mi chinai su di lei per capire se fosse cosciente o meno. "Mi senti?" non ero stata addestrata per soccorrere persone ferite. La guardai un attimo, non ero abbastanza forte per sollevarla, soprattuto se era svenuta. "Resisti, ti porto al San Mungo." Non potevo fare altro. Toccai la spalla non ferita della donna e mi smaterializzai con lei, destinazione: ospedale San Mungo.

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