Il desiderio di sbattere ripetutamente la testa sul banco di scuola si era impossessato di lui a metà lezione, quando ogni runa era diventata uguale alla precedente e a lui fregava veramente poco di come si attivasse Laguz e simili. Voleva solo tornare nel dormitorio di Serpeverde e svenire sul letto, urlando nel cuscino tutta la frustrazione accumulata in quelle ultime giornata. Come se non bastasse, non riusciva più a sentire parlare tutti i suoi compagni di classe, che erano costantemente proattivi, alla ricerca di punti da guadagnare. Non stavano fermi o zitti un istante. Era un continuo susseguirsi di mani che si alzavano, domande e risposte, di “Professore, sono tizio di ”. Un supplizio. Una sofferenza. Seduto al suo banco, Cassian Zabini sentiva la necessità di urlare. Il tempo particolarmente rigido di quelle ultime settimane aveva fatto sospendere gli allenamenti di Quidditch, la sua rabbia si accumulava sempre di più, doveva sfogarla in qualche modo. Avrebbe spaccato la faccia a Gastmus, se lo avesse ancora sorpreso a masticare rumorosamente il suo cazzo di pasto in Sala Grande. Quando la campanella era suonata, lui era scattato in piedi più veloce e già stava uscendo dalla classe prima ancora che finisse di trillare. Fanculo. Andava ad antiche rune soltanto perché Skyfield era il loro Direttore, avrebbe scassato le palle un’infinità se non ci fosse andato e lui desiderava una vita sotto i radar del docente per poter continuare con i suoi loschi traffici. Aveva preso una scala a caso sperando che lo portasse il più in fretta possibile nei sotterranei, dove avrebbe riacquistato il silenzio e la pace che solo osservare le acque del lago nero gli davano. Era una buona alternativa allo spaccare la mascella di Gastums. Ma le scale, quelle troie, avevano ben altri piani per lui e dopo aver buttato via un quarto d’ora a vagare come un coglione tra il sesto e settimo piano, si era ritrovato al punto di partenza, davanti al fottutissimo quinto piano. C’era di buono che la ressa di studenti se ne era già andata da un pezzo, questo gli avrebbe evitato di dover parlare con qualcuno, non sapeva come avrebbe potuto reagire altrimenti. Una rabbia silente e collerica iniziava a fomentare dentro di lui, mentre aspettava che la scala che portava in basso si decidesse a tornare.
” Fottute scale!” imprecò spazientito. Nemmeno si era accorto del Corvonero remissivo che aspettava ansime a lui.
CASSIAN ZABINI 
