[ESPERIENZA 2] something lost

Andrea Dumont, Irving Graham, Kimiya Pearson

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    23 y.o.
    ReaDumont

    Era lunedì, e già questo era abbastanza deprimente. Era mattina, e a lavoro aveva il turno di mattina, ciò significava riprendersi dalle ore piccole fatte la notte precedente per poter essere operativi in reparto. Per di più il tempo faceva schifo, faceva caldo ed era afoso: altra fregatura. Si diceva sarebbe migliorato in quei giorni e che l’umidità non sarebbe restata a lungo ma Rea ormai non credeva più a quelle stupide previsioni. Sapeva solo che quella settimana era iniziata nel peggiore dei modi, poteva andare peggio di così? Ovviamente sì.
    Arrivarono due urgenze in reparto: la prima riguardava un gruppo di adolescenti che arrivò vomitando in ospedale, dopo aver probabilmente bevuto qualche infuso che speravano desse loro qualche sensazione simile a quella della burrobirra. Poppanti. La seconda urgenza fu segnalata dalle card magiche che avvisavano i maghi e le streghe di qualche pericolo, ma che ovviamente Rea aveva lasciato a casa o in qualche borsa. Confusa dal gran movimento che si era creato in ospedale afferrò un’infermiera per il braccio, anche in malo modo « che sta succedendo?» questa, spaventata dalle maniere della ragazza, rispose balbettando « c’è un’emergenza nella Grand Central Station » e dopo essersi sciolta dalla stretta della medimag se la svignò. Fu poi la volta del caporeparto, al cui passaggio si allontanavano tutti come un Mosè che apre le acque. «Dumont! Venga immediatamente qui! » Rea, avendocelo di spalle, alzò gli occhi al cielo. Se avesse potuto sbraitare qualcosa l’avrebbe ovviamente fatto. Perciò si voltò e lo raggiunse con una calma apparente. «Serve un volontario che vada alla Gran Central Station come membro di un gruppo di ricerca per capire che sta succedendo. Servirà qualcuno che aggiusti le ossa se qualche dipendente del MACUSA si fa male, non crede? » disse con l’aria di chi stava per fregare qualcuno. «Bene, le mando subito qualcuno.» si era già voltata quando il capo medimag insistette «Non ha capito Dumont, è lei il volontario.» «Ma non mi sono offerta di andare» la pigrizia di Rea era tale che mai nella vita aveva fatto qualcosa per semplice volontariato. Non sapeva neanche cosa fosse un volontario. Tutto aveva un costo, e il suo tempo e le sue energie più di qualsiasi altra cosa. «Invece sì, lo ha appena fatto. Vada dalla mia infermiera, le darà informazioni più precise. Si diverta! » Rea lo vide allontanarsi sogghignando, e in quel momento giurò che prima o poi gli avrebbe messo un acromantula nel suo appartemento oppure qualche goccia di Distillato della Morte Vivente nel suo infuso mattutino. Inspirò rumorosamente. Rea ormai non aveva molta scelta. Raggiunse quell’infermiera consapevole che prima avrebbe iniziato a fare questa cosa prima avrebbe finito. Quanto poteva essere lunga quella giornata?

    Rea comparve in una stanza accanto all’atrio della stazione grazie al sistema della metropolvere. Già da lì il caos era evidente e quasi incontrollabile. Si avvicinò a una grande vetrata trasparente che dava sulla stazione cercando di scorgere qualcosa di interessante. I NoMag correvano da una parte all’altra, alcuni perché erano indaffarati nelle loro faccende quotidiane, altri perché probabilmente avevano visto o sentito qualcosa. Nel loro affaccendarsi era difficile capire chi stava scappando da quelli che correvano e basta. La Gran Central Station era la stazione più grande e affollata di tutto lo stato e quella mattina tutti i NoMag d’America avevano deciso di stare proprio lì, a sgomitarsi e a pestarsi i piedi a vicenda. Perciò rimase lì ad osservare nell’attesa che comparissero gli altri due volontari. Vide maggiore calca provenire dalle scale che conducevano alla Metropolitana e dai corridoi che portavano ai binari più lontani. L’unica possibilità era chiedere direttamente ai NoMag se avessero sentito o visto qualcosa e spacciarsi per uno di loro.

    Un dipendente del Macusa e un docente di Ilvermorny avrebbero partecipato a quell’avventura insieme a Rea. La giovane medimag, non appena arrivarono, espose loro ciò che aveva visto, l’ammasso di gente che scorreva via come un fiume in piena, e propose il da farsi. Più che altro chiarì cosa avrebbe fatto lei. «I NoMag corrono da una parte all’altra, non tutti hanno ancora capito che è successo qualcosa ma penso sia questione di tempo.» la medimag cercò di esporre le cose le in maniera diplomatica, sapendo di dover ‘collaborare’ anche se alla fine tagliò corto. «Dobbiamo chiedere a qualcuno di loro se ha visto o sentito qualcosa. Qualunque cosa sia successa non potrà essere passata inosservata. Possiamo usare la card per avvisarci oppure ritrovarci qui e darci un tempo. »

    Dopo aver nascosto la bacchetta sotto gli indumenti, Rea uscì di corsa dall’atrio e si intrufolò nell’ingorgo di gente che rispetto a pochi minuti prima si muoveva con molta più impazienza. Raggiunse uno dei due posti dove si era accalcata più gente, almeno secondo quanto aveva visto: l’entrata per la metro.
    «Mi scusi!» disse a vuoto. Cercò di avvicinarsi a qualcuno ma le persone la evitavano. Nel frattempo, una signora sulla settantina forse convinta che Rea stesse tentando di fregarle la borsa le diede una gomitata nello stomaco che la fece piegare in due dal dolore. «Stupidi NoMag! » disse, ovviamente a bassa voce. Più di una volta tentò di fermare dei NoMag fino quando non vide un uomo a cui era caduta la valigia e che era stata travolta dalla calca di gente. Fece quindi finta di aiutarlo a recuperare la sua valigia sfruttando l’occasione per chiedere informazioni. «Scusi signore! Mi scusi. Mi sa dire perché tutta queste sta correndo? Cosa è successo? Per caso ha sentito qualcosa? »

    medimag ♣ pureblood ♣ lover

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