[ESPERIENZA 2] something lost

Andrea Dumont, Irving Graham, Kimiya Pearson

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    The Way of the Sword

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    ▬Irving Graham▬
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    Se l'erba del vicino è sempre più verde ed è meglio un uovo oggi di una gallina domani, l'ultimo pensiero che si manifestò nella mente dell'Incantatore non appena udì le nuove direttive impresse nella card che, da un momento all'altro, venne recapitata presso la sua abitazione privata fu che, sicuramente, il diavolo faceva le pentole ma non i coperchi.
    Il motivo? Beh, se il Signor Lucifero avesse voluto creare una cosina per bene, Irving avrebbe potuto fare il suo dovere coadiuvato da un'intera squadra di Auror e di MediMag. Ormai da tempo, in verità, l'uomo cominciava ad avere dei dubbi sugli organi plenipotenziari del M.A.C.U.S.A. . Non che non si fidasse: il suo morboso bisogno di schierarsi al fianco delle persone gli impediva categoricamente di pensar male di chicché sia; non fosse stato che il livello di RSM era salito a 5 e l'epicentro dell'emergenza risultava essere la Grand Central Station: notoriamente, per chi non lo sapesse, il luogo chiuso più frequentato in assoluto da NoMag. Perché, ordunque, la Presidentessa Madam Picquery aveva deciso di affrontare il problema armandosi di...un team di volontari?
    L'alba era ormai andata a nascondersi dietro al monte (beata lei) ed il sole aveva cominciato a becchettare col suo calore ogni fibra del corpo del trentaduenne, sempre meno invischiato nel sacro vortice di padre Morfeo, come d'abitudine, e sempre più perso in quello (altrettanto sacro) di fratello Caffè: il risveglio era terminato tra sbadigli e mosse meccaniche; la pausina era stata svolta con successo affacciato alla finestra della sua camera da letto presso Villa Graham e, quando la sua muscolatura si stava abituando al relax derivato dall'arietta piacevole che gli sferzava la testa, come un fulmine a ciel sereno, le sue orecchie captarono tristemente qualcosa di fastidioso come un moscone. Non solo doveva portare a termine un incarico a coppie (indi non poteva avere grandi margini di manovra autonoma, come da sempre era abituato a fare) ma avrebbe persino dovuto accontentarsi di due, soli, collaboratori: un MediMag (grazie a Dio) e un altro docente di Ilvermorny.
    << Ma dai... >> sospirò, spalancando gli occhioni scuri per un secondo, prima di ripiombare nell'apatia assonnata di poco prima. Troppo sforzo, la protesta; meglio usare le proprie energie per accendere la pipa.
    Restò disteso sul suo giaciglio per diversi minuti prima di realizzare che ne erano passati, per l'esattezza, trenta e che, quindi, erano le otto in punto. Irving fece capolino verso l'armadio e dopo aver aperto entrambe le ante con un moto decisamente simile ad un abbraccio fraterno a un vecchio amico o all'amore della propria vita, infilò la mancina all'interno di esso per poi farla riemergere in compagnia di una comoda camicia bianca in cotone e un pantalone nero estivo. Nella tasca destra di esso, incantata con un Estensivo Irriconoscibile, l'Incantatore infilò prima la sua amata bacchetta, la sua Lancia d'Argento, contenuta nel vecchio Mokessino che vinse a scuola come premio in una lotteria natalizia, e poi la sua Prince of Wales. Nell'altra tasca, invece, Irving teneva ben stretta la card ricevuta d'urgenza.
    Senza pensarci troppo, scese al piano di sotto e si recò al Salone Centrale dove era posizionato il camino più grande di tutta la villa; lì, infatti, si accorse che il fuoco era stato già acceso e tanto le fiamme quanto le scintille prodotte dallo scoppiettio dei rami e dei legnetti, che costituivano la base del focolare, erano di colore verde acceso: un chiaro segno, quello, di fuoco incantato e, precisamente, di un Fuoco-Metropolvere.
    << Grand Central Station. >>
    Le parole erano state scandite, la destinazione ben stretta nella sua mente e ben presto avrebbe preso posto sulla scacchiera. Per una nuova partita non voluta né, tanto meno, attesa. Per salvare ciò a cui lui teneva di più in assoluto, innanzitutto: l'equilibrio del mondo magico; e, se possibile, per cercare di aprire di più le menti dei suoi colleghi e dei suoi consimili sull'opportunità di un'apertura, seppur piccola, nei confronti di coloro i quali erano stati per troppo tempo tenuti all'oscuro di una realtà che, prima o dopo, avrebbe dovuto involgerli: i NoMag stessi.
    Qualche istante ed il suo piede toccò il pavimento desiderato all'interno di una saletta completamente isolata antistante alla grande stazione, appena in tempo per guardarsi attorno e scoprire che prima di lui erano già giunti i suoi due compagni: due donne, per la precisione. Si trattava di Kimiya Pearson, docente di Storia della Magia ad Ilvermorny e di un'altra donna che, prima di quel momento, Irving non aveva mai visto.
    Non fece neanche in tempo a presentarsi che la donna sconosciuta, la MediMag con ogni probabilità, uscì dalla porta, catalizzatore in pugno e nascosto sotto la manica a chiedere informazioni a qualche d'uno che si fosse fermato a parlarle. Lo stesso fece la sua collega che teneva ben stretta la sua bacchetta nella mano anch'essa nascosta sotto i vestiti e la card nell'altra, dopo aver dato ad entrambi un nuovo appuntamento in quello stesso luogo da lì a quindici minuti esatti.
    << Scusate, signore! Non dovremmo prima mettere in sicurezza la zona? Oh... >> mormorò lui, dopo essersi accorto di essere rimasto completamente da solo in quell'angusto spazio che, una volta oltrepassato, l'avrebbe messo finalmente faccia a faccia con la dura realtà. << Frettolose, le colleghe. E non mi sono neanche presentato...>> bofonchiò, mentre prendeva comodamente posto sopra un piccolo tavolino posto esattamente al centro della stanza e raccoglieva, nella mancina, la sua pipa; con un movimento delle prime due dita della mano destra, molto simile ad uno schiocco, evocò una fiammella che apparve proprio sul pollice che poi avvicinò all'arnese per accenderne il fornello. Serviva una strategia: agire giocando non una ma cinque mosse in anticipo rispetto al nemico era la chiave per la vittoria di qualsiasi battaglia. Irving, dal canto suo, adorava i piani, in particolare quelli ben riusciti: e fu per questo che non si precipitò fuori come avevano fatto le altre due, pochi istanti prima, alla ricerca di eventuali informazioni fornite da NoMag spaventati a morte che avrebbero, secondo lui, soltanto alimentato il caos e la confusione.
    In quel momento, il rampollo Graham si trovava in quella struttura in veste di membro ufficiale del M.A.C.U.S.A. : era lì, infatti, in vece dell'intera amministrazione e, nello specifico, in rappresentanza della Presidentessa. Per questa ragione, si disse, non doveva agire da professore ma da agente. La prima, e più importante in assoluto, regola dell'istituzione magica americana era evitare che il RSM salisse esponenzialmente; qualora ciò non fosse stato possibile, era dovere di ogni membro del M.A.C.U.S.A. fare in modo che il livello critico non aumentasse. Ebbene, era da lì che sarebbe partito il suo piano: chiudere le porte. Ce n'era solo una, molto grande e più simile ad un cancello, che permetteva ai NoMag di entrare e uscire dalla stazione ed era situata un po'più a nord rispetto alla sua posizione attuale.
    Quella del "collaborare" è una delle arti più difficili da apprendere e metabolizzare a questo mondo e, di questo, l'Incantatore ne era pienamente cosciente: si sarebbe premurato di dire un paio di paroline alle sue colleghe una volta che si fossero ritrovati tutti insieme, anche se nessuna delle due sembrava particolarmente avvezza al gioco di squadra. Il rampollo Graham si decise, dunque, a riporre la sua Prince of Wales all'interno della tasca incantata e a quel punto, con lo sguardo ben focalizzato nella calca di persone che correvano e strillavano senza nessun tipo di ordine o contegno ed una leggera punta di tremula insicurezza verso ciò che lo stava attendendo nell'ombra dell'incertezza, proseguì avanti per un lungo corridoio satollo di individui terrorizzati, allertando i sensi se ci fosse stato il malaugurato bisogno di difendere qualcuno dalla minaccia imminente; arrivato al primo bivio svoltò a sinistra, aspettandosi da un momento all'altro di trovare facce amiche (o nemiche) che erano state inghiottite in precedenza da quel dannato uragano di NoMag. Deluso ed in continua aspettativa di un qualcosa che pareva non sopraggiungere mai, rallentò un po' il passo fino a farsi più prudente in quello strano immobilismo muto degli eventi, girando ancora a sinistra e scorgendo misteriosamente un clima decisamente più disteso e rilassato rispetto a quello all'interno di cui si era immerso qualche decina di metri prima.
    Osservando al di sopra di alcune testoline che parevano concentrate su tutt'altro che un imminente catastrofe, Irving si rese conto che nei pressi dell'entrata quasi nessuno era venuto a contatto con il pericolo. La massa era sì caotica, ma allo stesso tempo uniforme, lineare e decisamente...indaffarata.
    Nonostante ciò, il suo subconscio sapeva bene che oltre quell'apparente calma piatta esisteva una via di fuga per coloro che sereni non lo erano per niente e che, di contro, erano stati investiti in pieno petto da una realtà che fino a quel momento avevano ignorato con ogni fibra e particella del proprio essere; spinto dalla necessità di non permettere a costoro di allontanarsi dal luogo del misfatto, si prese qualche attimo di raccoglimento spendendolo ad ossigenare al meglio tutti i distretti corporei, inspirando ed espirando per arrivare a prendere il respiro finale con l'intenzione di catturarlo a pieni polmoni, immagazzinando più aria possibile fino a rinchiuderla senza uscita, imboccando dunque , la strada alla sua destra e trovandosi faccia a faccia con il portone della stazione.
    Ridusse gli occhi a due fessure, decise, mentre ogni fibra del suo essere si preparava a ciò che sapeva di dover fare: con la bacchetta ben impugnata nella mancina, pronto ad usarla, i muscoli tesi quanto bastava per fargli assumere una tipica posizione da attacco non statica, assicuratosi di avere almeno un minimo margine di spazi, divaricò in automatico le gambe portando il piede sinistro un po' più avanti rispetto al compagno per guadagnare una certa stabilità che l'avrebbe portato ad ottenere un inizio di postura richiesta per il corretto svolgimento dell'incantesimo, lasciando aderire al meglio i piedi al suolo per scaricare la tensione che, in quei momenti, cominciava ad attanagliargli le viscere; successivamente, si occupò di piegare appena le ginocchia, per dare elasticità ai suoi movimenti che dovevano essere leggeri, decisi e fluidi, senza alcun intoppo. Ruotò di qualche grado il busto verso sinistra, stendendo la schiena, dando il lato preferito al suo obbiettivo, irrigidendo un poco i muscoli del torace, vigili, in attesa di ulteriori ordini; in tutto questo, il braccio mancino venne steso come una frusta, immediato, per poi affinarsi, piegandosi appena grazie all'intervento del gomito, che contribuiva a rendere il tutto pronto all'esecuzione di qualsiasi incanto che il cervello volesse scagliare, mentre le dita della mano sinistra stringevano sicure la bacchetta in legno di Pioppo Bianco, dritta come una Lancia d'Argento in attesa di essere scagliata verso un nemico.
    Occupatosi del fisico, il secondo step prevedeva la concentrazione che, in tali circostanze, poteva risultare l'elemento più difficoltoso: tante persone, tante urla, un Essere Non Definito che minacciava l'equilibrio di tutto il mondo che Irving conosceva. L'uomo sapeva di avere molti difetti, ma una cosa che non gli era mai mancata era il sangue freddo. Socchiuse per qualche frazione di secondo gli occhi scuri, ascoltando il battito del suo cuore e beandosi momentaneamente di una ventata di aria fresca che gli entrava nei polmoni, senza chiedere alcun permesso, tentando di acciuffare quella pace dei sensi di cui tanto aveva bisogno in quel momento di difficoltà. Oscurandosi il tempo necessario d'una frustata la vista, stabilì una connessione con i propri pensieri, organizzandoli e gettando in un angolo ciò che non gli sarebbe servito, sgomberando il più possibile ed estraniandosi al meglio da ciò che lo circondava. Focalizzò le proprie sensazioni e riflessioni sullo stabilire un disegno mentale del sortilegio che avrebbe dovuto bloccare il passaggio, mirando dritto alla serratura situata nell'esatta metà dell'anta destra della cancellata col semplice fine di fare si'che questa si riavvicinasse magicamente alla sinistra, già posizionata e pronta ad accogliere la sua gemella per chiudersi in un lucchetto magico e inespugnabile senza un degno controincantesimo.
    Così, delineò rapido, una volta riacquistata la vista grazie all'apertura delle sue palpebre, il punto esatto dove il suo incantesimo si sarebbe impattato, trovando sul bersaglio una croce rossa immaginaria dalla quale tracciare una linea simbolica che lo avrebbe connesso con la sua bacchetta,
    A quel punto, abbastanza soddisfatto di come stava gestendo le cose, si premurò di scrutare lo spazio attorno a sé e riprese contatto col mondo, tenendosi ben stretto nella mente quel che aveva costruito fino a poco fa, obbiettivo compreso. Osservò la punta del suo catalizzatore ben stesa verso il target davanti a lui, visualizzando di nuovo lo spazio in cui avrebbe dovuto lanciare l'incanto con l'unico scopo di chiudere il passaggio e concentrarsi sulla ricognizione del luogo prima di passare alla pratica obliviatoria dei presenti.
    Di conseguenza, tirò fuori tutta la determinazione, la volontà e la decisione che riusciva a trovare dentro di sé, aggrappandosi con ogni fibra del suo essere alla concentrazione necessaria per praticare al meglio l'incantesimo, focalizzando i pensieri sull'intento di eliminare dalla sua strada ogni possibile ostacolo.
    Con movimenti rapidi e coordinati, Irving rilassò un poco il braccio, stendendolo per dare la frustata in maniera repentina; al contempo, iniziò a pronunciare la formula magica, stando ben attento a scandire al meglio ogni lettera, senza però risultare lento o impacciato, ma anzi, cercando di trasmettere tutta la determinazione e la volontà di cui era carico.
    << Colloportus! >>
    Il polso, accompagnando il singolo movimento precedente, dette la scoccata finale con tanto di movimento circolare, cercando di assestarla al meglio delle sue potenzialità, tenendo la punta del Legno ben dritta, terminando contemporaneamente a tutto ciò, di scandire la fine della formula, sperando intimamente che il destino gliel'avesse mandata buona. O sarebbe stato il momento adatto per iniziare a ripudiare la magia pratica per dedicarsi alla sola teoria.
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