[ESPERIENZA 2] something lost

Andrea Dumont, Irving Graham, Kimiya Pearson

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  1. _RoSs
     
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    The Way of the Sword

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    L' esordio era andato bene: non era inciampato nei suoi stessi piedi, non era andato a sbattere con la mano che reggeva saldamente la sua bianca bacchetta sul primo passante che avesse, incautamente, intralciato i suoi intenti e né si era fatto toccare spintonare dalla folla marciante come una rapa sul fondo della cassetta, sbagliando clamorosamente la mira del suo incantesimo; cosa più importante, però, non era manco scivolato su una, imprevedibile sempre, buccia di banana. Prendendo, dunque, definitiva coscienza che tutto era andato per il meglio e che le due enormi ante del cancello che costituivano, insieme, la grande entrata principale della Grand Central Station si erano misteriosamente avvicinate l'una all'altra per poi chiudersi in un suono molto simile a quello di un invisibile lucchetto, un moto del tutto involontario gli fece distogliere l'attenzione dal portone per spostare lo sguardo scuro direttamente al lato opposto rispetto ad esso: sbattendo per diverse volte le palpebre, cercando di stabilire se si stesse immaginando tutto o se, al contrario, fosse tutto vero, al di là delle ultime file dei tonti NoMag che affollavano il corridoio centrale della stazione che tramite le varie biforcazioni dava agli innumerevoli binari che conducevano, ognuno, ad un specifica linea metropolitana, l'Incantatore vide spuntare evidenti e decisamente NON-ordinarie divise blu corredate da strisce catarifrangenti color argento, segno evidente che il Signor Destino aveva in serbo per lui ancora delle sorprese e, in quel momento, Irving non riuscì a sperare ad altro se non che quelle novità fossero state positive. La sua strategia comportava dei rischi: quando le persone si sarebbero accorte che la stazione era chiusa, infatti, avrebbero iniziato a strillare e gridare ancora più di prima e dell'ulteriore caos era, senza dubbio, l'ultima cosa che il rampollo Graham aveva intenzione di creare in una situazione già particolarmente spigolosa di suo.
    Istintivamente, le labbra fini si deformarono in un piccolo sorrisetto a metà tra lo stizzito e il divertito in onore di quel malsano pensiero che lento ma inesorabile prendeva forma nella sua mente ed era esattamente a forma di NoMag che si accalcavano al cancello per sfondarlo senza riuscirci e quasi perse l'attimo fuggente per iniziare a pedinare la squadra di presunti addetti ai lavori; ritrovata la concentrazione, si impegnò a ricalibrare il tiro della vista su di loro: si stavano muovendo e lui non se li poteva perdere. Perciò, ripose la bacchetta nel suo Mokessino situato sotto la manica destra della sua camicia bianca e facendo un po'di spintoni e spalle larghe provò a farsi largo tra la folla per tenere il più nitidamente possibile i loschi individui all'interno del suo campo visivo. Cercò di tenere una certa distanza per evitare di essere scoperto, camminando all'incirca ad una decina di metri di distanza da essi, nella speranza di non perderli di vista da un momento all'altro, pronto a farsi scudo con una qualsiasi altra persona nel caso in cui lo sguardo di uno di essi si fosse poggiato su di lui.
    La capacità di cogliere la giusta opportunità al momento adatto, esattamente come il recepire il corretto input tra una marea di falsi indizi e avvertimenti risulta essere una delle doti più preziose che possono appartenere all'essere umano e, spesso, protagoniste assolute della salvezza individuale o collettiva; tuttavia, ascoltare attentamente quella voce appena sibilante che ci spinge verso la via più sicura può essere tanto faticoso quanto azzardato poiché quella strada suggerita, più o meno flebilmente, non sempre è anche la più facile da intraprendere. Il trentaduenne era sempre stato una persona piuttosto deduttiva, mai passionale, sempre lucido verso ciò a cui teneva e forte della convinzione di aver fiducia nei propri mezzi: in ogni avventura in cui si buttava, qualunque fosse il percorso imboccato, alla fine il risultato era comunque farina del suo sacco. L'ex Horned Serpent era, da sempre, in condizione di udire chiaramente perfino il più piccolo suono che la sua anima poteva bisbigliargli nell'ombra del silenzio e dell'incertezza, guidata da quell'intuito che lo aveva reso prima un bambino unico nella sua sensibilità ed intelligenza empatica verso il prossimo, passando per l'adolescente estremamente brillante, intellettualmente vispo e mai fuori posto, fino a giungere all'uomo: l'uomo retto, integro, inflessibile nei confronti di ciò che è giusto. Ma passo dopo passo, goccia dopo goccia, c'erano state delle difficoltà, dubbi, timori; e il senso di inadeguatezza aveva progressivamente provato a mettere le mani su quella luce, affievolendola fino a tramutarla in un lieve brillio seguito da un soffio di vento lontano. Ebbene si, il caos delle situazioni e una diversa percezione delle cose proprie dello stesso Irving avevano quasi soffocato qualsiasi forma di contatto tra lui ed il suo io interiore, scindendo come entità diverse ed autonome la ragione ed il sentimento, non riuscendo oltremodo ad uccidere definitivamente quella parte fastidiosa di emotività dolce e remota di quand'era ancora una creatura innocente. Ma mai nessuna maschera avrebbe preso il posto del suo stesso volto: era una questione d'onore; di principio; di Giustizia. Lui sarebbe stato lui, sempre: nel bene o nel male. E fu per quello che decise di non pigiare subito la card per richiamare la Dumont e la Pearson: finché fosse stato possibile, avrebbe agito da solo. Come quella vocina, da sempre, gli sibilava dentro l'anima.
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