[ESPERIENZA 2] something lost

Andrea Dumont, Irving Graham, Kimiya Pearson

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    The Way of the Sword

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    ▬Irving Graham▬
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    F are del proprio meglio era quanto di più una persona potesse donare al mondo quando impegnata a portare avanti un progetto capace di risvegliare l'antico spirito dell'orgoglio. Era scontato, dunque, per lui accettare un qualsiasi incarico (importante o meno): anche se il baratro che stava tra lui e tutto il resto del M.A.C.U.S.A. si faceva ogni giorno più profondo, più vasto; anche se, dopo aver provato ad urlare nel vuoto ogni volta sostava nei pressi del nulla, non riceveva risposta o addirittura non riusciva a capire se il suono che tornava alle sue orecchie fosse la risposta di qualcuno o, semplicemente, la sua stessa voce rimbalzata con l'eco. Ma, durante il suo periodo d'estiva reclusione, Irving aveva compreso quanto fosse importante lavorare su quel tassello per poter sensibilizzare la mentalità americana, ancora troppo medievale e chiusa nei confronti di un fenomeno oggigiorno dilagante e che davvero difficilmente si sarebbe potuto trattenere.
    I NoMag, di fatto, dovevano iniziare a confrontarsi con l'esistenza della magia.
    E quindi, dopo che il dito aveva premuto sull'interruttore dell'anima, spegnendo l'ignoranza e l'arretratezza a favore della liberazione d'una forma mentis dalle pericolose attitudini verso l'apertura, il rampollo Graham non aveva semplicemente smesso di riporre fiducia nella bontà degli altri, di ascoltare i loro consigli e di vivere ogni frammento di vita ignorando tutte quelle elucubrazioni folli che sbocciavano sotto i gli occhi altrui patinati d'una opacità granitica troppo spessa da mandar via in pochi attimi. Nossignore: l'uomo era stato più che categorico nel ributtare in acqua i remi della sua barca, costringendo sé stesso ad impegnarsi con fervore in qualunque cosa riguardasse la strenua difesa dei non magici e delle loro prerogative.
    Già: ma ce l'avrebbe fatta?
    Perseguendo uno scopo apparentemente irraggiungibile, i giorni venivano sfogliati dalla sua mano come i petali d'una camelia sfiorita e, ben presto, niente avrebbe avuto più importanza finché un bel giorno, quel giorno, la magia cerca nuovamente di fare il suo naturale corso e mettersi in mostra dinanzi agli occhi di chi, fino a quel momento, non ci avrebbe mai creduto o che la considerava e interpretava in modo del tutto diverso dalla realtà e lui avrebbe dovuto, nuovamente, agire contro logica: evitando che ciò accadesse.
    Tutto questo era stato concepito dalla sua mente mentre si apprestava a nascondersi nella penombra della seconda rampa di scale imboccata dal gruppo di operai in blu. Nel frattempo, osservò l'Incantatore, il manipolo di NoMag aveva intrattenuto una breve ma estremamente significativa conversazione con altri soggetti, al momento sconosciuti, che zampillarono ai suoi occhi: si trattava di uomini dall'aspetto più elegante dei primi, che erano tutti vestiti in borghese e casco giallo anti-urto acceso, corredato da lampadine poste al di sopra della fronte. Fortunatamente, il docente si trovava abbastanza vicino per origliare tutta la loro conversazione e non fu necessario, per lui, cambiare posizione o cercare di avvicinarsi di più rischiando di essere scoperto. Non avevano riferito alcuna informazione, gli uomini dal look più da dirigenti, a proposito dell'entità del danno o della causa di esso: però, l'unica informazione che questi riferirono alla manovalanza in blu fu, a parere del trentaduenne, sicuramente la più importante. Il luogo dove era stato registrato il danno. La card di Irving, gelosamente custodita nella tasca destra del suo pantalone, fu nuovamente e immediatamente raccolta nella sua mano, mentre il pollice pigiava la parte più morbida e sensibile di essa per riferire un nuovo messaggio alle due colleghe che, purtroppo, fino a quel momento non era ancora riuscito a trovare. In realtà, egli non vi fece tanto caso: una volta recepito il messaggio, le avrebbe trovate sul luogo.
    << Due miglia dalla Stazione di Vernon Boulevard-Jackson Avenue, lungo il binario est. Summit immediato.>> furono le parole che fuoriuscirono dalla sua bocca, mentre i suoi occhi scuri osservavano le lettere del passpartout ministeriale muoversi e mescolarsi ripetutamente prima di sparire nel nulla, lasciando il posto ad una card completamente bianca.
    “Lei non si rende conto, signor Graham. Crede di poter fare quello che le pare? Crede di poter andare in giro a decantare le sue teorie sul superamento del Rappaport, del tutto impunito? Crede di essere capace di dare qualcosa, di sentire qualcosa...ma si sbaglia. Lei non capisce che si sta facendo dei nemici: qui dentro, nel M.A.C.U.S.A.; prima o poi qualcuno busserà al mio ufficio e mi chiederà di sbatterla fuori e non ci sarà davvero niente che io potrò fare. La smetta. I NoMag non entreranno mai a contatto con noi.”
    Le parole della Presidentessa Madam Picquery rimbombavano nella sua testa attimo dopo attimo come un promemoria del passato insistente per fondersi col futuro. Per non dimenticare.
    Ma no, lui non si era arreso. Non si era arreso davanti all'evidenza che, dopotutto, il capo del M.A.C.U.S.A. aveva sempre visto giusto ogni volta che lo ammoniva, che lo rimproverava. Ma non quella volta. Non su questa questione.
    No, il tempo per lui non era stata una medicina efficace poiché nessuna distrazione era servita a lenirgli l'anima da quella ferita in perenne sanguinamento ed incapace di guarire pur vagliando tutti i mezzi possibili e nonostante evitasse di aprire le porte del suo cuore per alleviare un peso insopportabile. Oh sì, era insopportabile pensare di rientrare ad Ilvermorny, il luogo dove venivano forgiate le menti delle generazioni magiche americane del futuro, e non poter essere in grado di imprimere in esse un qualcosa di nuovo; un ideale diverso, ma allo stesso tempo valente. Era insopportabile respirare un'aria troppo venefica per lasciar passare abbastanza ossigeno nei polmoni. Era insopportabile convivere con un pensiero incancellabile e ancora capace di fargli del male come la prima volta.
    Nell'ennesimo attimo di riflessione, mentre il suo sguardo continuava ad appoggiarsi prima sulla divisa blu degli operai in moto e poi sul caschetto giallo degli altri che li avevano incontrati a metà strada, i suoi passi leggeri, che si alternavano tra loro come un'ordinata marcia militare, lo condussero nei pressi dell'entrata di un cunicolo. Avrebbe potuto materializzarsi, arrivando direttamente a Vernon Jackson-Boulevard Avenue, facendo il suo dovere di mago e di autorità e non prestando attenzione a quei poveri NoMag che, involontariamente e del tutto incoscientemente, si sarebbero potuti incamminare verso un pericolo più grande di loro; verso la morte. Ma non fu così: il pensiero di lasciare in balia di se stesso e degli eventi un soggetto più debole gli faceva ribollire il sangue nelle vene, oltre a fargli accapponare la pelle per tutte le conseguenze che si sarebbero scatenate su di lui e su tutta la squadra se qualcuno si fosse fatto male. Decise, quindi, di NON materializzarsi e di camminare a piedi, addentrandosi nel cunicolo senza l'ausilio (almeno per il momento) della sua bacchetta che rimase ancora inoffensiva, per vegliare sulla incolumità di quegli innocenti che, a conti fatti, non volevano altro se non fare il loro dovere. D'altronde, comunque, aveva piena fiducia che le sue due colleghe sarebbero riuscite brillantemente a gestire ogni forma di problema nell'attesa del suo arrivo.

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