[ESPERIENZA 3] - Somebody’s Watching

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    HEDEL ANAKIN CRAWFORD
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    Era qualcosa di primordiale, l'istinto della fuga. Qualcosa di intrinseco nella nostra anima. Di fronte al pericolo il primo pensiero di ognuno è correre. run, boy, run. Corri ragazzo corri. Non ero mai stata brava a correre. Avevo sempre detestato sentire la gola bruciare per l'assenza di ossigeno e le gambe che pizzicavano per lo sforzo fischio e per il freddo. Così come detestavo il vento gelido che frusta il viso e sferza i capelli senza sosta. Correre non faceva per me. Decisamente no. Eppure stavo correndo. In bocca sentivo il gusto amaro del ferro e non ero padrona delle mie gambe. Si agitavano, i passi calcavano il terreno quel poco che bastava per compiere il passo successivo. Ero veloce eppure sapevo di non essere al sicuro. Sentii lo stomaco contrarsi per l'agitazione, quasi mi mancò il respiro. Dovevo fermarmi per prendere fiato. No non potevo fermarmi o mi avrebbero presa. Si parò davanti a me d'improvviso, calato dall'alto da una forza misteriosa. Un muro di mattoni, copriva l'intero corridoio impedendomi di proseguire. Ero bloccata. Mi voltai come un animale in trappola cercando disperatamente un'altro passaggio. Non potevo permettere di essere presa. Ma stava arrivando, ogni cellula del mio corpo avvertiva la minaccia imminente che avanzava verso di me insieme al freddo pungente. Indietreggiai appiattendomi contro il muro, le spalle premute contro la fredda pietra. Chiusi gli occhi, mentre l'oscurità avanzava e prendeva possesso di ogni cosa. Era finita. Sentii una risata malvagia e poi più nulla. Solo tenebre.

    Bum-bum-bum. Riuscivo a sentire il mio cuore rimbalzarmi fino in gola, il battito accelerato. Da un momento all'altro sembrava dovesse sfondare la cassa toracica per uscirne. Decisamente uno spettacolo poco divertente. Piccole gocce di sudore imperlavano la mia fronte, mentre la schiena era percorsa da brividi di freddo e dalla sensazione malsana che qualcosa non andasse. Era un peso all'altezza dello stomaco, un aggrovigliamento nelle viscere. Ad ondate percepivo ancora quel senso di sconforto e di smarrimento. L'angoscia mentre mi vedevo la strada sbarrata da un muro che prima - avrei potuto giurarlo sulla mia stessa vita- non c'era ed il successivo senso di sconforto. Per non parlare della crudele consapevolezza di quello che sarebbe accaduto. Era come guardare un film già visto, sapere cosa cambiare per ottenere un finale differente ma non esserne capaci. Aprii gli occhi mentre mi rimettevo a sedere nel letto, cercando in qualche modo di riprendere il controllo del mio corpo. Anche respirare mi sembrava doloroso, la gola secca bruciava ad ogni respiro, mentre il cuore batteva così forte da far male. Provai a svuotare la mente da ogni pensiero, provai a liberarmi da quelle immagini e dalla sensazione di essere in trappola. Dovevo distrarmi, concentrarmi su altro. Ma riuscivo solo a vedere oscurità e occhi neri come la pece, e a sentire quella risata che raggelava il sangue. Era come il rumore di unghie sulla lavagna.E continuava a riprodursi nella mia testa come un giradischi rotto che si è fermato su quel pezzo e continua a ripeterlo. Peccato che non potessi spegnerlo. Qualcuno bussò alla porta della mia stanza.
    « Hedel ti ho portato il vestito per stasera» Due occhi a mandorla si fissarono nei miei, mentre un espressione di imbarazzo si espandeva sul viso della ragazzina. Zoey Ch'ang era la Serpeverde del secondo anno alla quale avevo affidato alcune semplici mansioni. Come ritirare il mio vestito per stasera. In cambio le avrei svelato il passaggio segreto per accedere alla più esclusiva festa dell'anno. Stando a quanto andavano dicendo i fantasmi. «lascialo lì» indicai un punto non meglio definito nella semioscurità della camera. Doveva essere pomeriggio ma io ero esausta dalle nottate precedenti. Delle quali non ricordavo nulla. E di certo la colpa non era dell'alcol. Era molto peggio. La causa di tutto era la mia diabolica nemesi, che aveva sviluppato una certa predilezione ad estromettermi completamente dalle sue malefatte. Se prima si divertiva a tormentarmi mentre ero costretta ad assistere impotente al suo piano ora provava maggiori soddisfazioni dal mio senso di smarrimento. E la notte mi tormentava con terribili incubi, con immagini violente e con occhi neri che spuntavano sui volti delle persone a me più care.

    Nessuno può organizzare una festa clandestina che si rispetti senza un certo tipo di invitati. Ed io non perdevo mai una festa che fosse degna di essere chiamata come tale. Avevo partecipato - con poco entusiasmo ed ancor meno interesse- alla banale festa organizzata dalla scuola. Infondo dovevo trovare un modo per riempire le ore che avevano separato il mio risveglio dalla mezzanotte. E non essendoci nessun Grifondoro da spaventare a morte, avevo optato per il tranquillo banchetto di Halloween. Ero stata informata della festa nella foresta proibita quasi una settimana prima, direttamente da uno degli organizzatori. Il Barone Sanguinario che tra le altre cose era il fantasma della nobile casata di Serpeverde. Era sbucato fuori direttamente nella stanza che condividevo con un paio di altre Serpeverdi, ma aveva informato esclusivamente me dell'imminente festa. Aveva fornito delle frettolose informazioni su come raggiungere l'entrata, accompagnate da un criptico bigliettino e poi si era dileguato. Non era certo uno dei fantasmi più chiacchieroni del castello e di sicuro non aveva tempo da perdere. Stavo finendo di ultimare il costume di Halloween tracciando una riga con sangue finto sulla gola, come se qualcuno vi avesse passato una spada da parte a parte, quando un rumore di catene e risate si diffuse in tutta la stanza. Questo era il segnale: la festa stava per cominciare.

    Durante i miei vagabondaggi notturni avevo avuto modo di scovare molti dei passaggi segreti che collegavano il castello all'esterno. C'era quello della strega gobba che portava direttamente nella cantina di Milandia, per esempio, ma il mio preferito restava quello che conduceva dal Platano Picchiatore direttamente nella Stamberga Strillante. Eppure le indicazioni del Barone conducevano ad un passaggio di cui non avevo mai sentito parlare. Nemmeno da Dean Lawrence che sicuramente era il maggior esperto in materia. Ritenevo improbabile che si fosse potuto sbagliare a riguardo, ma restavo scettica sulla sua esistenza. Fino a quando non mi fossi trovata davanti al passaggio non vi avrei creduto. Percorsi il sotterraneo a grandi falcate, mentre il rumore dei miei passi era coperto dallo sbatacchiare di alcune catene e da un terribile lamento che avrebbe svegliato anche i morti. Raggiunsi il primo piano e superai l'infermeria. Infine voltai a destra e mi trovai davanti ad uno specchio. « omnis immundus spiritus te rogamus, audi nos.» la mia immagine comincio a vibrare, come scossa da un terremoto ed infine sparì. Al suo posto apparve un simbolo, che sembrava un'antica runa ma che non avevo mai visto prima. Durò pochi istanti e si dissolse rivelando una scalinata che scendeva verso il basso. Entrai nello specchio e seguii il percorso illuminato qua e là da delle torce. Non dovetti camminare molto prima di sbucare all'esterno. L'aria fretta soffio sul mio viso mentre davanti a me apparivano le alte fronde della foresta, allungate in minacciose torri nere verso un cielo appena illuminate dal pallore lunare.
    «c'è nessuno?!» la mia voce rimbalzò come un lamento sulle piante silenti, mentre uno storno di corvi si levò gracchiante, ma non ottenni alcuna risposta.

    code made by zachary, copia e t'ammazzo©
     
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