When Ilvermorny meets butterbeer

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    Max Lynch
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    wampus15 y.o.hungry10.11.2018


    Le avevano sempre detto che aveva grandi occhi verdi, alcuni come complimenti mentre altri come se fosse qualcosa di inquietante, ora quei grandi occhi verdi osservavano le case perfettamente in linea di Hogsmeade. Stentava a credere di aver convinto la madre a lasciarla sola il sabato pomeriggio, per di più in una terra straniera come quella inglese. Aveva capito dalla ruga che si era formata sulla fronte della Preside da qualche giorno che qualcosa la preoccupava, qualcosa di ben più importante che non le solite paranoie protettive verso di lei. Sbuffo. Era una pessima figlia? No, soltanto aveva approfittato dei nuovi problemi della madre per ottenere ciò che voleva. Così appena prima di pranzo era apparsa accanto alla Lynch in un vicolo del centro della cittadina, con inficiante raccomandazioni ed un orario di ritorno. Alle cinque davanti a Mielandia, signorsìsignora. Aveva fame, come testimoniò anche il suo stomaco con una gutturale protesta dai bassifondi, motivo per cui si diresse ai Tre Manici di Scopa. Aveva sentito molto parlare del locale ma fino al compimento dei 15 anni sua mamma aveva tassativamente vietato spedizioni transoceaniche non accompagnata: era uno dei pochi locali nei quali non era mai entrata per questo motivo. Non voleva certo darsi vedere accompagnata dalla mamma, soprattutto se la mamma in questione era la Preside di Ilvermorny. Aveva atteso, rimandato la curiosità di provare una burrobirra fino a quel momento. Quasi trionfante entró. Non si fece intimorire dalle teste parlanti all’ingresso che le ricordarono che i minorenni erano ammessi solo nei weekend e di quanto fossero noiosi per loro per questo motivo i fine settimana. Un pungo chiuso fu lanciato nella direzione della più irriverente e, prima di colpirla sul muso, il dito medio si issò come una trionfale bandiera. Velocemente entrò nel locale, inseguita da ulteriori insulti che si spensero quando chiuse la porta.
    Si accomodò in un tavolino libero, piuttosto centrale, circondato da persone e studenti di Hogwarts che riconosceva grazie allo spiccato accento inglese. Incantata rimase ad ascoltare una conversazione...
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    Passo dopo passo si era ormai inoltrato all'interno di Hogsmeade, intenzionato a passare un sabato pomeriggio differente ed all'insegna dell'amicizia. Sì, perché non è solo, con lui due suoi amici, entrambi frequentanti la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Joel Cavendish e Tristan Hogs, il primo grifondoro ed il secondo tassorosso, esattamente come lui. Si mosse insieme a loro sfilando accanto alla moltitudine di eprsone che affolava quelle strade. Niente di trascendentale, era abituato a dover fare a sportellate a Hogsmeade, specialmente in un orario ed in un giorno simile. Il weekend c'era sempre casino, era praticamente impossibile non fosse così. Ma quando si è in compagnia di amici molte di queste problematiche passano in secondo piano. Poteva così concentrarsi unicamente sui due amici che lo fiancheggiavano, rivolgendogli sguardi divertiti a causa della conversazione che stavano affrontando. No, non stavano parlando di Hogwarts o della scuola in generale; quando uscivano avevano una regola in comune: la scuola era bandita. Inspirò profondamente, volgendo gli occhi azzurro ghiaccio proprio sul Cavendish, mostrando un sorriso divertito. <...Giuro.> Esordì il Tassorosso, che prontamente drizzò il collo, quasi come se stesse confermando qualcosa di incredibile ed astruso. < Quel tipo mi ha venduto Uric Testamatta, e neanche a prezzi esorbitanti.> Stava parlando delle figurine che si potevano trovare all'interno delle Cioccorane. Sì, lui ne faceva la collezione e le ricercava praticamente ovunque, nei più impensabili anfratti. < Ora sto dando la caccia ad Andros l'Invincibile. Sono disposto anche a comprarlo> Ammise verso il grifondoro con un piccolo sorriso divertito. I passi di tutti e tre rallentarono quando davanti a loro si ergevano le teste del locale Tre Manici di Scopa. A differenza di Max, lui nel tempo aveva avuto modo di vederle spesso. Originario di Londra, per di più purosangue, ha spesso battuto quelle vie e quei locali, esattamente come quel giorno. Rallentato il passo arrivò a fermarsi, con un sorrisetto beffardo che prese da subito possesso del suo volto. Non era cattivo nel vero senso del termine, ma quando era in compagnia degli amici tendeva ad essere un po' più perfido del solito. < Ehi!> Esordì proprio verso una di quelle teste, con un sorriso che non poteva fare a meno di essere più che evidente. Un sorriso per niente bonario, che faceva trasudare supponenza ed anche un po' di "sana" arroganza. < Ti trovo più bella del solito. Dev'essere tutto merito di quel sorriso splendente!> Disse proprio ad una delle teste, con quel sorriso che presto si tramutò in un piccolo ghigno. Inutile sottolineare che non stava prestando minimamente attenzione a quelle teste ed a ciò che usciva dalle loro "labbra" di pietra, ovvero avvertimenti di ogni sorta su ciò che gli adolescenti potevano e non potevano fare. Eseguì un occhiolino verso la strada, salutandola anche con un cenno della mano, prima di catapultarsi all'interno del locale, seguito a ruota dai due amici che sghignazzavano a loro volta. All'interno gli occhi misero subito subito a fuoco la presenza di molti studenti di Hogwarts stanziati all'interno, intenti a dibattere delle più disparate questioni. Si avvicinò proprio a loro, con un gran sorriso fiero e sicuro di sé. Entrambe le braccia si allargarono verso l'esterno, mettendo in risalto il vestiario semplice e per niente scolastico che aveva deciso di indossare per quella uscita. A braccia larghe si avvicinò al tavolo degli studenti di Hogwarts, senza per ora più rivolgersi ai due amici che si era portato appresso. < Signori...> Disse in quel saluto abbastanza singolare, senza far svanire il sorriso sicuro che sembrava quasi una prosecuzione di sé stesso e dei suoi arti superiori. < So che vi sono mancato!> Disse senza far sparire quella sicurezza che lo caratterizzava in ogni situazione. Qualche passo venne mosso ulteriormente all'interno, mentre gli occhi per un attimo si portarono proprio su Maxine. La vide, incantata per qualcosa che non seppe carpire sul momento. Sicuro riguardava quello stesso tavolo a cui lui ormai si era avvicinato, attorno a cui v'erano molti studenti di Hogwarts delle più disparate casate. < Guarda che anche se sei una serpeverde non ti devi sentire esclusa, sotto sotto vogliamo bene anche a voi. Anche se ve la tirate per un nonnulla.> Un sorriso divertito, a tratti beffardo, si delineò sul volto dell'ambiguo Tassorosso, inarcando il sopracciglio destro. Non sapeva che la Lynch fosse statunitense, quindi come tale studentessa non presso Hogwarts ma Ilvermorny. < E poi guarda, qualcuno dei tuoi compari si è comunque unito. Sfidi anche tu la sorte?> Le domandò, a metà tra il tavolo di Hogwarts e quello occupato da lei. Come sospeso tra due realtà differenti e tanto distinte, che lui erroneamente aveva però accorpato. Gli occhi, d'un azzurro ghiaccio, rimasero su quella ragazza che, anche se aveva auto-assegnato a Serpeverde più per goliardia e scherzo che per altro, non aveva mai avuto modo di incrociare a Hogwarts. E anche se non poteva saperlo, a ragion veduta. Le braccia ferme lungo i fianchi, mentre era rimasto in piedi. Sul volto quel sorrisetto impertinente e sicuro di sé di sempre.


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    Edited by Jon Snow - 12/11/2018, 11:44
     
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    Se aveva capito giusto, e non ne era certa per ben due motivi: il primo era che aveva qualche difficoltà a stare dietro allo stretto idioma inglese, il secondo era che beh, spesos fraintendeva; quindi, se aveva capito giusto, ammesso che avesse capito giusto, c'era questa ragazza di Corvonero che si stava lamentando per un Accettabile, e doveva far parte della strana usanza tutta di Hogwatrs di dare dei giudizi al posto dei vosti, ottenuto in Erbologia e di come invece una serpeverde, non doveva essere lì presente, avesse preso un Eccezionale, o eccellente non aveva capito, a parità di errori solo perchè stava più simpatica. Al suo fianco uno studente, non aveva capito di che casata fosse, ma era quasi certa fosse il suo ragazzo, cercava di consolarla ricordandole che l'anno scolastico era appena iniziato. Rabbrividì sentendo improvvisament eun malessere assalirla alla schiena, come se una scimmia si fosse appena arrampicata lungo le sue vertebre. In effetti non poteva dirlo conc ertezza visto che mai nesusn primato si era posato sulla sua colonna vertebrale scambiandola per qulache albero. Beh. Si sentiva di colpo colpevole per essere così lontana da casa, da scuola. Lei esultava per un appena sufficiente, non riusciva proprio ad immedesimarsi nello stato d'animo della Corvonero. Il suo animo Wampus le imoneva di pensare a cose più materiali, a questioni più pratiche ed uregneti come... dove viavolo era la cameriera per far ele sue ordinazioni?
    Lo stomaco le bronntolò, iritato dall'assenza di cibo. In quel momento aveva proprio voglia di un cupcake e di provare questa famosa burrobirra. Le sue questioni sul cibo furno interrotte da un ragazzo. Prala con me? Sbattè le palpebre, cercando di metterlo a fuoco. Palrava davvero con lei. "Serpeverde?" ripetè in preda ad una confusione che non faceva certo onore ai suoi neuroni "Io? Serpeverde?" scosse l capo come se fosse appena stata detta un'eresia, un'assurdità colossale bella e buona. Il cielo era verde ed il prato blu. Più o meno. Serperverde doevva essere quello che per lei era un Horned Serpent. No. Nonono. No. Enne O. "Serpeverde? Davvero?" aggrottò le sopracciglia, piegando la fronte in tante onde che le conferivano un aspetto rugso come...beh come quel cane con un sacco di pelle. Doveva essere buffa. E più ridicola di quanto desiderasse. "Sono Max Lynch" ringraziamento speciale al neurone che finalmente aveva deciso di mettersi a lavorare, interrompendo questa colossale figura di cacca "E sono.. credo che per voi sia Grifondoro...sono del Wampus" come se la sua parlata americana, con le fianli masticate e senza l'elegante cadenza britannica non l'avessero già smascherara , svelò di essere una forestiera. Porse la mano verso ilr agazzo, aspettandosi che anche lui si presentasse. "Sfiderai tu la sorte con una sconosciuta d'oltreoceano? " rispose alla sua domanda con una domanda, un invito ad unirsi alla sua solitaria tavolata. Non poteva certo promettere divertimenti o alro, ma poteva smeore offire una burrrobirra.
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    Lo sguardo del Tassorosso rimase alquanto interdetto nel notare la singolare reazione della ragazza. Quando l'aveva appellata come Serpeverde avrebbe immaginato varie forme di reazioni, da quella più sorpresa tipica dei Serpeverde, oppure quella più infastidita mostrata generalmente dagli esponenti delle altre tre casate. La reazione di Max, invece, era di pura confusione. Rimase fermo ed immobile accanto al tavolo dove sedeva la Wampus, con il sopracciglio sinistro che pian piano prese ad arcuarsi verso l'alto, palesando una sorta di confusione riflessa. Gli occhi azzurri passarono a rassegna il volto della Lynch, quindi sollevò appena le spalle quando quella confusione mostrata inizialmente si trasformò in una espressione buffa, che riuscì involontariamente a strappargli un sorriso. Scosse la testa per qualche istante, mentre ambedue le braccia si portarono davanti al petto, incrociandosi appena. Osservò la Lynch, specie quando andò ad interrompere quel ciclo di sorpresa presentandosi. Annuì appena, anche perché non aveva riconosciuto quel cognome invero tanto importante. Lui, purtroppo, era sempre stato più attento alle cose più frivole e soprattutto inerenti ad Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria che frequentava. < Oh... Una... Wampus?> Domandò a sua volta, tanto confuso quanto sorpreso. < Credo sia la prima volta che incontro una Wampus> Ammise con un piccolo sorriso che si stampò sul volto, palesando per l'ennesima volta una sorta di divertimento che pian piano prendeva a dilagare. Sospirò profondamente, gettando un rapido sguardo ai compagni di scuola intenti a parlare e scherzare al tavolo accanto, quindi sollevò le spalle alla domanda finale della ragazza, che di fatto lo invitava a sedersi al tavolo lì con lei. < Dipende.> Affermò in primis, curioso di poter notare una eventuale reazione a quella affermazione tanto brusca, almeno in principio. Certo, in principio, perché a parte tutto Matthew non era cattivo e quella era solo l'ennesima trovata per far uscire una delle sue demenze. < È vero ciò che si dice su quelli che provengono d'oltreoceano?> Domandò con un sottile sorriso ironico ad increspare appena le labbra. < Si dice che siate soliti uccidere gli innocenti e poi cibarvi delle loro cervella> Solo al termine di quelle parole il sorriso prese a farsi più grande e divertito, mentre qualche passo bruciò definitivamente la distanza che lo separava da quel tavolo, andando implicitamente ad accettare l'invito della Lynch. Con l'ausilio della mandritta scostò appena la sedia, andando a sedersi proprio in maniera frontale rispetto alla ragazza. Gli occhi azzurri a cercare quelli altrui, piegando appena il capo verso destra quasi a volere una angolazione migliore da cui poterla osservare. < Dimmi Lynch...> Usando volutamente il cognome di lei, più per scherzo che per effettivo distacco. < ...Cosa ci fai così lontana da casa? Cerchi davvero una vittima?> Domandò ponendo ambedue i gomiti sul tavolo, disponendo infine i palmi delle mani verso l'alto, a coppa, per sostenere il peso del volto. Lui dal canto suo non si era ancora presentato, ma non sembrava neanche intenzionato - ancora - a farlo. Semplicemente la osservava, quasi a studiarla, con un sorriso attorniato dal silenzio.


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    Presentarsi, svelando le proprie generalità, come un banale nome e cognome doveva esser eun'usanza adottata soltanto oltreoceano. E pensare che erano pure stati ing rado di dare a loro degli indiani, all'epoca della colonizzazione e tutto il resto, perchè a dirla tutta la storia conciliava particolarmnete il sonno della Lynche, che spesso e volentieri si appisolava, trovandosi le poche righe di appunti stampate sul volto. Promemoria per se stessa, non addormentarsi sulle parole fresche d'inchiostro. E comunque chi diavolo era quello? Un punto di domanda forse si era appena configurato sulla sua fronte, piegando le rughe d'espressione -ehy, vecchia a chi?- per farle assumere la forma del segno di punteggiatura. Un po' assurdo ance nel mondo magico. "Oh ma io sono di New York, non siamo così selvaggi... prima adoriamo conversare amabilmente con le nostre vittime e poi decidiamo se mangiarle. Credo sia per problemi di acidità di stomaco" una smorfietta arricciò le sue labbra, mentre sfregava la mano apeta sulla sua maglia, ad altezza dello stomaco, come a indicare un pasto indigesto appena consumato. Mr. Noname, aveva deciso di chiamarlo così, si sarebbe sicuramente rivelato indigesto per qualunque cannibale. Ma sul sarcasmo avrbebe trovato pane, o carne, per i suoi denti, visto che anni ed anni di ribellione infantile verso la madre-Preside si erano trasformati in pungenti frecciatine cariche di velenoso sarcasmo. Un black-humor tutto americano, sfilato abilmente dalle mani inglese che ne osteggiavano il primato. "Sto leggendo il menù"
    rispose, lasciando volutamente che il suo sguardo tracciasse lentamente la figura del ragazzo, come se stesse scegliendo il bovino più bello da mandare al macello. "Non mi piace però non conoscere ciò che mangio, sai, quantomeno per restituire gli effetti personali" quel discorso stava diventando smepre più macabro, anzi, se Mr. Noname fosse stato sano di mente, e non era certa che lo fosse, se la sarebbe data a gambe, ma d'altro canto era stato lui ad iniziare questo perverso gioco. "Cannibale, non ladra" specificò, in un sussurro, un istante prima che la cameriera arrivase per chiedere che cosa prendevano. "Uhhm...io una Burrobirra, per ora" svelò un sorriso più aperto e meno sarcastico, come per far cadere per un attimo quel loro gioco, il tempo di ordinare qualcosa da mangiare che non fosse già seduto al suo tavolo.
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    Lasciò che lo sguardo indugiasse per qualche attimo ancora sulla Lynch, con un sorrisetto divertito nel notare l'ennesima reazione stamparsi sul suo volto. In effetti, questo riusciva a capirlo sin da quelle prime battute, le reazioni si potevano ben leggere sui lineamenti della ragazza. O almeno questo era quello che lei mostrava all'esterno, quale fosse poi la realtà era tutto un altro paio di maniche. Rimase ad osservarla in silenzio, con un sorriso che dimostrava tutto il divertimento, quindi fece spallucce ed scostò una sedia dal tavolo presso cui era seduta Max. Una volta scostata la sedia vi si mise a sedere, accomodandosi, piegando la schiena all'indietro fino ad appoggiarla allo schienale della seduta. Comodamente seduto piegò la testa di lato, quindi le rispose. < Non sapevo che a New York aveste anche delle regole così civili... un vero esempio di bon ton!> Se la rise, continuando a scherzare, continuando quel metro di battute sull'oltreoceano, come fosse davvero qualcosa di incredibilmente lontano ed esotico. Eppure, a conti fatti, sapeva che l'america era civile, anzi a dirla tutta da anni s'era imposta come modello di civiltà, surclassando la buon Europa. O così, almeno, dicevano. < Sei sicura di voler sapere cosa mangi?> Domandò notando quello sguardo volutamente sicuro della Lynch, come se già si stesse studiando la sua prossima vittima. < Non per mettere in dubbio il tuo cinismo, son sicuro infatti che sei una assassina spietatissima, ma...> Piegò il capo di lato, come a volerla squadrare sotto punti di vista sempre diversi. Una fase di studio lunga e dura a morire, che si spense solo qualche istante più tardi. < ...Non corri il rischio, sapendo qualcosa della vittima, che ti venga il rimorso?> Un sorrisetto beffardo si aprì sul volto del Tassorosso, che non aveva a quanto pare nessun desiderio di interrompere quella scia di gioco macabro che avevano instaurato più o meno insieme.
    Quando si avvicinò la cameriera si ricompose un poco, abbandonando quella postura più rilassata per assumerne una un tantino più tranquilla e "normale". Si schiarì la voce, quindi fece l'ordinazione. <una burrobirra anche per me!> Disse, volgendo però lo sguardo sulla Wampus, non potendo che notare quel "per ora", seguito da un sorriso più aperto e meno sarcastico. Annuì per qualche volta, divertito, rimanendo in silenzio a guardarla quasi alla ricerca di una possibile battuta da poter lanciare. In effetti questo a lui gli riusciva molto bene: essere scherzoso. < "Per ora"?> Riprese le parole della Wampus, mettendo sul volto per l'occasione una espressione che fingeva d'esser sorpresa ma che, in realtà, nascondeva un insano divertimento di fondo. < Mh.. In effetti a ben guardarti, mia cara Wampus o come si dice...> Lo sguardo si sforzava d'esser quanto più possibilmente serio, anche se era evidente fosse una montatura. Per quanto bravo potesse essere negli scherzi, quello andava oltre ogni sua possibilità. < ...La faccia da ubriacona la hai davvero.> Travisando volutamente quel "per ora", non ricollegandolo al loro gioco macabro, bensì ad un qualcosa di diverso, che potesse in qualche modo essere l'ennesima stoccata, seppur scherzosa, verso l'americana. < Comunque, ubriacona d'oltreoceano, puoi chiamarmi Matthew. O Matt.> Asserì con un sorriso sul volto, volgendo un rapido sguardo alla cameriera per capire a che punto fosse con le loro due ordinazioni.


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