double trouble

x Hedel

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    DEAN LAWRENCE
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    Finalmente quello schiavista di Gnarlak si era deciso a concederlgi un turno di riposo dopo che per tre settimane aveva lavorato ininterrottamente senza sosta, ormai non sapeva più quante ore dormiva la notte ma era certo che sarebbero bastate le tre dita rimaste di Snorman - il goblin che si ubriacava puntualmente di rhum dei lepricauni- per contarle, non aveva passato serata senza dover pulire del vomito almeno una volta, una sera era arrivato a contarne addirittura cinque, e per un'intera settimana non aveva rotto nemmeno un bicchiere, che per il giovane Lawrence era un successo. Aveva iniziato a pensare di portarsi un cuscino da casa e dormire nel ripostiglio degli alcolici, ma poi aveva realizzato che l’infido datore di lavoro gli avrebbe imposto di lavorare h24/7 e per quanto poco lui aveva bisogno di dormire. Come aveva suggerito Nate prendere un appartamento a New York sembrava essere una buona idea ma era la città che non dormiva mai, soprattuto di giorno quando toccava dormire a lui. Per uno strano scherzo del fuso orario era riuscito a dormire per diverse ore, quasi il doppio rispetto al solito e aveva aperto gli occhi che già il sole irradiava attraverso le fessure della persiana ancora chiusa. Si era affacciato, come mamma l’aveva fatto, per aprire la finestra e far arieggiare la stanza quando un pennuto era planato sul suo letto." Oh certo accomodati pure, pennuto" scettico si era rivolto all’esemplare di gufo, notando solo successivamente la presenza di un bigliettino arrotolato ad una zampetta del animale. Non aveva proprio voglia di farsi beccare lì sotto dal gufo, così si rivestì facendo bene attenzione a volteggiare intorno al punto in cui si era posata la bestia e senza mai perderla di vista ed avvicinandosi solo successivamente e con estrema cautela al messaggio. La beccata arrivò comunque segnandolo con uno sberleffo rosso sul dorso della mano "Sarà meglio che porti buone notizie o finisci in padella...." minacciò succhiando la pelle già macchiata di sangue che aveva iniziato a sgorgare dalla ferita. Scetticamente, prendendo le distanze dal volatile, si sistemò contro la parete ed aprì il biglietto. Un sorriso si tirò sulle sulle labbra di fronte all’inaspettato autore delle parole. Scosse il capo, senza smettere di ridere ed uscì dalla stanza, dimenticandosi del pennuto e della finestra aperta. Il gufastro avrebbe trovato la sua via per tornare dal proprietario o si sarebbe vendicato scagazzandogli nel letto? Quel pensiero non gli sarebbe venuto che sulla via del ritorno, ma ora il Grifondoro si stava muovendo nelle vie di Diagon Alley.
    Non ci mise molto a giungere davanti alle vetrine di Ollivander, che anche a quell’ora era piuttosto pieni. Sospirò iniziando a fare avanti e indietro, con passo incerto, facendo attenzione a non calpestare le linee che stavano per terra, osservando il segno rosso sulla sua mano. "Ti sembra che mi fai pure aspettare dopo avermi convocato con così poco preavviso?" iniziò non appena la figura di Hedel comparve oltre la porta del locale, mentre il suono del campanello si spegneva alle spalle della Serpeverde. "Siete proprio viziati voi Crawford" disse dopo averla salutata in un rapido abbraccio, che presto sciolse per non creare imbarazzo. Era pur sempre la sorellina del suo migliore amico ma da quando era diventata quasi adulto era sempre più difficile vederla in questa ottica. Infilò le mani in tasca ed abbassò lo sguardo sulla punta delle sue scarpe, domandandosi quale fosse il motivo della richiesta di vedersi di Hedel conoscendola poteva anche essere solo un capriccio.
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    hedel anakin crawford
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    La trama lignea davanti ai suoi occhi sembrava illuminarsi magicamente nel percorso dal quale avrebbe estratto la bacchetta magica. Il pezzo di legno in questione era di larice, la richiesta di bacchette provenienti da questa pianta era estremamente elevata, a stento riuscivano a produrne una che già era stata venduta. Si trattava di una bacchetta molto capricciosa, quando deve scegliere il suo proprietario, necessariamente un mago dalle grandi abilità. Aveva sperato che la sua bacchetta fosse fatta di questo particolare legno, ma si era ricreduta molto presto ed aveva imparato ad apprezzare le qualità del ebano, che apparteneva a persone testarde e che non si fanno distogliere dai loro obiettivi. Pensava a questo mentre incideva con precisione il legno e dava forma alla bacchetta, una dodici pollici. All’anima avrebbe pensato Ollivander, visto che lei era una semplice commessa e non aveva ancora appreso questa difficile arte.Impara l’arte e mettila da parte aveva sentito dire un vecchio proverbio da una persona anziana quasi quando lo stesso. Hedel non era troppo esperta nel dare significato a quei modi di dire un po’ troppo coloriti per la sua mentalità scientifica ed analitica, più aggrappata alle cose empiriche che non a tutte quelle stranezze metafisiche. Non aveva una grande stima dell’arte, preferiva di gran lunga la ferrea logica matematica. Ma questo lavoro di creazione delle bacchette si collocava a metà strada e non sembrava affatto male come prospettiva futura. Troppo concentrata sull’estrapolare la bacchetta dalla sua anima di legno aveva perso la cognizione del tempo, non notando che aveva oltrepassato l’orario del suo turno. Aveva chiesto a Dean di incontrarla alla fine del suo turno, perché voleva parlargli di Nathaniel. La madre non faceva altro che tempestarla di lettere, recapitate dalla bisbetica Gertrud, la civetta di famiglia, che non era mai troppo contenta di doversi spostare così lontana da Londra, preoccupata dello “stile di vita scellerato” del fratello. C’erano state anche raccomandazioni su non diventare come lui, che il suo povero cuore non avrebbe retto allo stress di due figli degeneri e che un Crawford era più che sufficiente per riempirle delle rughe, “come se già non ci fosse la vecchia ad attendermi!”.
    « E voi Lawrence accorrete sempre, da bravi lacchè» rispose punta sul vivo dalle lamentele di Dean, che probabilmente non vedeva da diversi mesi ed osava accoglierla con un rimprovero. Come faceva a non capire che non era più la bambina alla quale nascondevano le bambole di pezza? Certo, aveva messo il broncio proprio come una poppante, ma questo era tutto un altro discorso.
    « Dobbiamo parlare» aggiunse velocemente terminato l’abbraccio, caldo ed avvolgente nel quale il Lawrence l’aveva avvolta soltanto per scusarsi del rimprovero. Lo conosceva abbastanza. Germi di Grifondoro, ugh. « Sono preoccupata per Nate... »
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    DEAN LAWRENCE
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    Con la testa abbassata Dean sembrava trovare particolarmente interessante la punta delle sue scarpe. Il capo chino, le spalle ricurve per via della costrizione di avere le mani in tasca gli conferiva un aspetto afflitto, era pronto a ricevere un pugno emotivo nello stomaco.
    In effetti cercava di non fissare troppo il corpo di Hedel Crawford. Non la vedeva da qualche mese e sembrava che quel inverno avesse deciso di sbocciare come un fiore a primavera. Scioccamente si domandò se non fosse legato a questo la sua richiesta di vedersi. Cazzo, avrebbe dovuto iniziare a smettere di chiamarla piccola Crawford perché di piccolo in quella strega non c’era più nulla. Più la guardava e maggiormente vedeva un adulta fatta e finita davanti ai suoi occhi. Era come avere davanti una qualunque delle bellissime donne che si approcciavano al suo bancone per affogare il dispiacere di un amore non corrisposto nell’alcol. E se erano fortunate anche nel barista. Di sfuggita sorrise scioccamente per questo pensiero, però poi farsi incredibilmente serio. Che anche lei fosse lì per il medesimo motivo? Poteva esistere sul pianeta Terra qualcuno in grado di dire no alla Crawford, addirittura a respingere le sue intenzioni amorose. Improvvisamente un sentimento insolito si appropriò della volontà di Dean, reso distratto a tal punto di cogliere a stento la frecciatina rivolta da Hedel che cadde nel vuoto, annebbiata dalla confusione del suo essere. Un marasma emotivo si stava svolgendo all’interno del Lawrence che abbandonò la postura rassegnata, quasi rilassata, assunta in precedenza. Ora era dritto sulla spina dorsale, un soldatino sull’attenti, a stento riusciva a stare fermo sul posto, spostando il peso sulle gambe da destra a sinistra, agitandosi come se una tarantola stesse ballando sulla sua schiena. L’idea di Hedel con qualcuno era... strana. Quasi dolorosa, a tratti inaccettabile. Al suo “dobbiamo parlare” il suo cuore ricevette una stilettata tanto forte da fargli quasi arrestare il muscolo cardiaco. Si sposa? È incinta?Mi ama? Furono solo alcune delle domande, sciocche, che si palesarono nella sua mente, in preda alla confusione più totale. Riuscì a stento a schiudere le labbra, secche per l’ansia, ed articolare con i loro movimento un accennato "Dimmi" non più forte di un sussurro. Farlo li in strada non era il massimo, rimpiangeva di non avere una sedia a disposizione in quella situazione. Poi Hedel calò la spada di Damocle, rivelando il motivo per il quale erano lì. Al culmine della catartica tensione Dean si mise a ridere. Fragoroso ed irrispettoso delle preoccupazioni della ragazza, mentre la tensione accumulata sembrava scemare. " Nate?" ripeté ancora con la voce sconquassata dalla risata "Vuoi parlarmi di Nathaniel?" ripeté confuso, a tratti deluso dal fatto che non fosse qualcosa di più serio, di più... intimo. Sempre meglio che sentire che si era fidanzata con un insulso rampollo imperiale ma comunque... di colpo gli dove egoista da parte della Crawford non avere nulla di loro su cui dovevano parlare. Ed era una pretesa totalmente assurda da parte di Dean perché loro erano... nulla. Lei era la sorella del suo migliore amico. Non era sua amica. Non era...molte altre cose. In realtà non poteva dire di essere più che un conoscente per lei e questo ancora una volta lo rese deluso. "Che succede a Nate?" domandò questa volta ogni traccia di ilarità era sparita dalla sua voce, ora stanca e quasi affranta. Non avevano altro da dirsi se non parlare di Nathaniel Crawford.
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    Aveva mancato il bersaglio. Una cosa decisamente insolita per la Crawford che non era certo abituata a non andare a segno quando si prodigava nelle sue frecciatine. Eppure era certa di aver teso correttamente l’arco, incoccando la velenosa battuta ed infine aveva scoccato puntando su Dean, un bersaglio per giunta abbastanza semplice da colpire. Se ne sta lì fermo come un sacco di patate e riesci a mancarlo, fu l’acido commento espresso dalla controparte malvagia che era contrariata quanto lei di quella mancanza. Dean aveva assunto una strana espressione rassegnata, come uno studente che viene interrogato e sa che risulterà insufficiente come te ad antiche rune, un altro commento non richiesto, e si prepara a riceve la brutta notizia. Non era nella sua indole preoccuparsi di come stessero gli altri, di cosa provassero o se stessero bene, non faceva parte del suo essere eppure il Lawrence era quasi riuscito a strapparle un “va tutto bene?” che però era stato sradicato come un erbaccia fastidiosa prima ancora di nascere. E se inizialmente si era pentita di cedere nuovamente a tanto cinismo si era ricreduta dinnanzi alle risate totalmente fuori luogo del ragazzo. Cosa ti aspetti da un Grifo-fesso? Era ancora una volta Anakin ad aver centrato il punto. Ma probabilmente il Lawrence era il solo che suo fratello avrebbe ascoltato, in parte perché erano migliori amici da sempre ed in parte perché Dean si era tirato fuori dalla spirale di nullafacente nella quale entrambi avevano transitato per anno. La Crawford invece si era sempre sentita superiore, complice anche la presenza di Anakin, e con il suo lavoro da Ollivander credeva di aver raggiunto una maturità troppo elevata per essere colta dal fratello. Senza contare che era la piccola di casa e già soltanto questo sarebbe stato sufficiente perché Nathaniel deridesse qualunque sua idea, senza dover citare anche il becero maschilismo che vedeva nei Crawford una famiglia patriarcale. Cambieranno idea. Stolti. Cercò di sopprimere le voci nella sua mente, le infide insinuazioni della controparte malvagia che in quel momento non erano affatto costruttive, e di ignorare anche le risate fuori luogo del Lawrence.
    « Ero venuta a chiederti consigli, aiuto per far ragionare mio fratello» la voce della Crawford era permeata di una pinta acida, anche se le sue parole risuonavano con una certa durezza e con l’apatia che contraddistingueva il suo usuale tono di voce « credevo fossi maturato, con il
    tuo nuovo lavoro sembravi essere il solo in grado di farlo ragionare...»
    la punta di acido si era incrinata, inoltre a essa si era aggiunta una buona dose di delusione che non poteva fare a meno di trasudare dalla sua successiva frase « invece sei sempre il solito idiota» amareggiata, per nulla interessata a domandarsi se il ragazzo potesse offendersi da un simile appellativo o insulto che dir si voglia, era arretrata di un passo, aumentando la distanza che li separava. « È stato un errore» con queste parole si era voltata, dando le spalle a Dean ed allontanandosi da lui, mentre la rabbia per essere stata tanto sciocca da poter pensare che un Grifondoro potesse in qualche modo aiutarla. Era sola. Doveva risolvere da sola i suoi problemi e sempre da sola si sarebbe assicurata di rimettere sulla giusta carreggiata il suo fratello degnare. Dovevamo essere noi i Crawford degeneri, o no?
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    Con i Crawford non si poteva mai sapere, faceva parte della loro natura indomita essere così imprevedibili. Era questo quello che li rendeva dei nemici spietati e degli alleati impareggiabili. Tuttavia richiedeva uno sforzo di un certo livello stare dietro ai loro sbalzi di umore ed un passo falso poteva farti precipitare in un baratro di sevizie e torture. Insomma non era il caso di farlo arrabbiare ma era altrettanto difficile comprendere cosa bramasse il loro spirito egoista e soprattutto capriccioso. In Hedel queste qualità di famiglia erano in qualche modo esaltate, estremizzate al punto da renderla la più pericolosa della famiglia. Non poteva che biasimare se stesso per aver conferito alla ragazza un tale potere che derivava in parte da quel affetto insolito che provava nei suoi confronti. Era come una sorella per lui ma la desiderava in modi che non erano affatto fraterni. Questo lo confondeva e lo sfiniva, lo faceva sentire eccitato mentre il brivido del proibito acuiva i suoi sensi. Hedel Crawford era un catalizzatore in grado di rendere tutto di più. Più ansia, più felicità, più paura, più emozione, più... più dolore. Ecco perché le successive frasi lo colpirono con più durezza che se non fossero state pronunciate da chiunque altro. Immobile, paralizzato dal veleno che trasudavano le sue frasi, ancora più letali per l’assenza di sentimenti che le aveva intrise, non era stato capace di reagire. Era stato fermo per parare il colpo, un pugile che si mette in assetto da difesa mentre aspetta il gancio sinistro, ma alla fine il colpo era arrivato lì in basso, un dolore che quasi lo fece accasciare a terra. Strinse i denti per restare impassibile salvo svegliarsi immediatamente da quel suo torpore quando la vide allontanarsi." NO!" esclamò balzando in avanti con il braccio protesa per afferrarla. Perderla, perderla per questa sciocchezza, non era un’opinione contemplabile per il Lawrence.
    "Scusa" sembrava affannato per quel movimento come se avesse dovuto rincorrerla per qualche metro, in effetti lo stava facendo da una vita, prima di raggiungerla "Scusami, sono stato un'idiota. Non era di questo che mi aspettavo volessi parlarmi e..." a questo punto sperava che la ragazza si fosse voltata e nemmeno in questo caso la presa sul suo braccio si sarebbe allentata come se lasciandola avrebbe corso il rischio di perderla "la mia reazione è stata stupida ma sono cambiato ora" era difficile convincerla di questo nella posizione in cui si trovava ma era vero. Per lei sarebbe stato un uomo migliore "dammi una possibilità Hedel, per favore" non aveva paura di apparire patetico ai suoi occhi, sapeva mettere da parte l’orgoglio personale se questo gli avrebbe permesso di guadagnare punti davanti ai suoi occhi "che cosa ti serve?" quello che uscì dalle sue labbra apparve poco più che un sussurro, come una supplica invocata dal profondo del suo cuore. Lui desiderava sinceramente aiutarla e se poi il problema era Nathaniel avrebbe preso due Crawford in un colpo solo. Non male per un Grifondoro scavezzacollo.
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    Anni e anni trascorsi nella magione di famiglia avevano affinato l’arte della manipolazione della più piccola del Crawford. Dimenticavo, a voi comuni mortali non piace parlare di qualcosa di malvagio o che sia appena vicino all’oscurità e preferite crogiolarvi nella dolce illusione che vi siete creati, parandovi dietro alla fetida aura di buonismo becero e totalmente inutile. Poveri sciocchi, ma chi sono io per francamente la vostra ridicola farsa? Ricomincio. Anni e anni trascorsi nella magione dei Crawford avevano plasmato la giovane Hedel rendendola particolarmente abile nel teatro. L’arte del recitare era una dote fondamentali per sopravvivere nel mondo delle pantere viola. Già, avevano fatto tutto da soli, qualche avo decrepito aveva scelto un animale simbolo, la pantera, e lo aveva schiaffato su un arazzo dalla tinta viola per ricavarne lo stemma di famiglia. Poi con questa arte della manipolazione, pardon, tecniche recitative aveva convinto tutti ad iniziare a chiamarli e associarli alle pantere. L’opera di persuasione aveva dato i frutti sperati e al giorno d’oggi non era insolito sostituire il nome dei Crawford all’immagine della pantera. Non approvo gran parte delle cose che Hedel fa, ma questo stemma mi piace: nasconde in qualcosa di apparentemente innocuo un grande pericolo. Immagino già voi stolti scambiarlo per un gatto nero, avvicinarvi per due carezze e scoprire solo una volta che la vostra mano è impigliata nelle fauci del felino che avevate a che fare con una pantera. Il diavolo si nasconde nei dettagli, come io sono celata nell’angolo delle labbra tese in un sorrisetto vittorioso. Quanto è stato da orgasmo quel no carico di disperazione del bambolotto qui dietro? Un’altra pedina saggiamente condizionata.

    Era stato grazie al suo animo melodrammatico, incline a reazioni esagerate per suscitare una reazione, se si era volta per andarsene con il passo deciso di chi non ha nulla di più da dire. Dean doveva averlo capito che non era un bluff, non il solito bluff quantomeno, e aveva reagito proprio come Anakin si sarebbe aspettata. Aveva bloccato con una presa ferma il suo tentativo di allontanarsi accompagnato da due lettere pregne di tutta la vena catartica di quel momento. L’apice del pathos, quello che lascia con il fiato sospeso gli spettatori prima di renderli liberi di respirare di nuovo, era stato raggiunto come da copione. Ancora voltata di spalle, protetta dalla chioma scura dei suoi capelli, la parte malvagia che muoveva la Crawford sorrise con estrema soddisfazione per il suo artificio. E mentre il pubblico pagante si crogiolava nella fatidica domanda ”Si volterà?” la tensione sulla scena raggiungeva nuove vette con lo scusa sconsolato e da eroe sconfitto del Lawrence. Ma la Serpeverde era rimasta impassibile, bloccata nel gesto della fuga, afferrata dal ragazzo, voleva di più. Un animo capriccioso come il suo non si sarebbe accontentato di niente di meno che una ammissione di colpa, possibilmente per iscritto. E il Grifondoro la conosceva da abbastanza tempo da poterci arrivare da solo. Si comportò da bravo interprete, ammettendo di essere stato un completo idiota e proseguendo sulla linea del copione tracciato mentalmente dalla Crawford che finalmente si voltò. Lo sguardo nero della strega si posò con durezza sui lineamenti eleganti ma squadrati di Dean, che aveva ritrovato un po’ di conforto nonostante l’antagonismo di quel momento. Poi il soldatino che fino a quel momento aveva proceduto dritto sulla strada che gli era stata tracciata deviò senza alcun preavviso, inondando la Crawford di un’emorragia di parole della quale non ne sentiva alcuna necessità. Le parole la raggiunsero in pieno, cogliendo i tratti di un discorso convulso e senza un grande senso. Pensava che fossero lì per parlare di qualcos’altro. Che cos’altro? La loro amicizia non avrebbe mai avuto ragion d’essere se non fosse stato per il fondamentale anello di congiunzione rappresentato dal fratello. E a lei stava bene uscire con due ragazzi, più grandi, e mettersi in mostra, orgogliosa delle sue personali guardie del corpo. Avrebbe anche potuto ammettere di aver imparato a voler sinceramente bene al Lawrence, sebbene all’inizio lo reputasse ancora un conoscente e per il momento si guardasse bene dal rivelargli i suoi più sordidi segreti. Ma nessuno sulla faccia della Terra avrebbe potuto vantarsi di conoscerne più di un paio, accuratamente affinati e limati per fornire informazioni sommarie e verità relative. Aggrottò le sopracciglia mostrandosi perplessa, ma senza intervenire. Si limitò a registrare l’informazione e archiviarla, non era il momento di deviare discorso ed era toppo egocentrica per concentrarsi su altri che non fossero lei. Incrociò le braccia sul petto, lasciandolo parlare, un po’ irritata perché la faccenda stava facendosi più lunga del previsto, ma realizzò con una certa soddisfazione che il ragazzo era tornato in carreggiata, a quella pagina del copione sulla quale avrebbero dovuto già essere arrivati da qualche minuto buono. Gli imprevisti del mestiere. Annuì alla richiesta del Grifondoro, in qualche modo avrebbe potuto trovare conforto da questo addolcimento di Hedel che proseguì con il suo piano. «Hai sentito Nate di recente?» domandò come se si aspettasse una risposta affermativa, quei due non condividevano il letto soltanto quando lo condividevano con altre donne «Gli ho mandato diversi gufi ma non risponde, a questo punto lo perdonerei solo se fosse morto da una settimana.» spiegò per giustificare la sua domanda. Aveva assoluto bisogno di parlare con lui perché era nei guai, guai che probabilmente soltanto il fratello sarebbe riuscito ad appianare. Si agitò, mordicchiandosi l’angolo interno delle labbra con fare nervoso mentre aspettava che il Lawrence le rispondesse e questa volta sperava di non dover assistere all’ennesimo dissanguamento verbale.
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