Pallottole di carta

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    Ghiaccioli
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    ARTEMISIA OPAL ROSIER
    ilvermorny


    Il sigillo dei Rosier svettava sulla ceralacca di color nero, come da prassi per ogni lettera, mentre il nome vergatato in lettere oblunghe sulla parte superiore era quello della ragazza. Artemisia Opal. Il cognome della madre, ormai diventato un suo secondo nome, non era seguito dal cognome paterno. Non era nonno George III a scriverle, dopo tutto il duro lavoro per il riconoscimento, quello che l’aveva resa non più figlia di una relazione clandestina, non avrebbe scordato di mettere il cognome acquisito. Doveva essere qualche altro Rosier. Cercò di nascondere un brivido di terrore al pensiero di chi potesse essere. Dalla zia Grace alla terribile cugina alla scoperta di un nuovo Rosier, spuntavano fuori come margherite a primavera, nessuna alternativa le sembrava accettabile e così, candidamente, appallottola la lettera e la scaglia lontano, il più possibile da se. E poi si siede su una delle panchine di pietra del Cortile di Isotta, cercando nello sguardo fiero della sua statua la tranquillità che manca nel suo animo.

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    Max Lynch
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    Erano ormai 15 anni che Max vagava, perché non si poteva definire diversamente il suo incedere senza meta precisa, su questa Terra e in questi anni una sola certezza si era sedimentata con fermezza nella sua mente: il sole non va d’accordo con la sua carnagione lattea. Il nemico numero uno aveva iniziato a spuntare con maggiore insistenza verso ad aprile ma poi era stato abbattuto dalle piogge intense dello scorso mese. Ingenuamente Max ne aveva gioito ed era già ponta a mettersi in tasca una schiacciante vittoria ma con l’arrivo di maggio il sole era sorto con più forza e con maggiore intensità. Senza la graduale fase di Aprile per acclimatarsi esporsi ai raggi solari era stato ancora più traumatico. Nel giro di due giorni le lentiggini erano spuntate su naso e guance come fiori in primavera, mentre le parti del suo corpo che prendevano il sole perché scoperte dagli abbigliamenti, cioè le mani e le caviglie, si erano dapprima arrossate e poi coperte di bolle che la facevano grattare in continuazione. Al San Mungo una miracolosa pomata con estratto di Aloe e Belladonna era stato un toccasana. Arginare la sua avanzata era un obbligo morale per la Lynch. Aveva così iniziato a transitare il meno possibile al esterno del castello, sfruttando le ombre di edifici,piante e persino nuvole per avanzare. Il Chiostro era perfetto per questo, con ampi corridoi protetti dal colonnato e con la statua di Isotta che svettava al centro c’erano molte zone d’ombra. Stava sfruttando il cono di Isotta per spostarsi dal lato sinistro al destro quando pestò qualcosa. Sotto la suola sella sua sentì qualcosa fare crack e subito sperò non fosse qualcosa di importante. Con preoccupazione tolse il piede e scoprì una carta appallottolata. Non riflettè sul fatto che fosse da maleducati buttare in giro le cartacce, ma sul fatto che sembrava una lettera e che il sigillo che la chiudeva le si era incollata sotto alla suola come se fosse una cicca. Sollevato lo sguardo vide che una ragazza guardava verso di lei, non proprio lei ma la statua. Pensò che potesse essere sua la lettera. Con il palmo della mano sollevato a reggere la pallottola di carta si avvicina alla ragazza. ” Ehm, ehy, ciao!” non era molto capace con le presentazioni ma era molto estroversa ed abbattuto l’imbarazzo iniziale era un razzo ” È tua? Io, mi spiace ma... è ridotta malino” offrí quel che restava della lettera.
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    ilvermorny


    Isotta aiutami tu. Lo sguardo di Artemisia cercava gli occhi vacui della statua, ma nessuna traccia di conforto aveva alleviato il suo cuore scalpitante e le mani sudate. Impresso nel suo campo visivo restava la rosa di spine del sigillo di ceralacca accompagnato al brivido di terrore che ancora scuoteva la sua schiena. Chi le aveva scritto dei Rosier? Erano una nobile e antica famiglia purosangue, cosa potevano volere da lei, piccola figlia rinnegata? La vita era più semplice quando era soltanto una sconosciuta Opal. Affranta, ma la statua della fondatrice restava silente, quando una voce la raggiunge. Abbassa lo sguardo e vede una ragazza. Ha i capelli rossi e sembra gentile. Le ci vuole un attimo prima di capire che parla con lei. Impacciata accenna un sorriso. Ciao. È mia, purtroppo. risponde accettando la pallottola di carta schiacciata a terra dalla suola di una scarpa Non preoccuparti è.. uff... una scocciatura

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    Max Lynch
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    Se Greta Thunberg, direttamente dal futuro, avesse potuto vederla sarebbe stata fiera di lei. Max, piccola ecologista in erba senza nemmeno sapere bene che significava il termine ecologia e ignorando quel mostro silenzio che era il riscaldamento globale, era certa di aver compiuto un opera di bene raccogliendo quella cartaccia e restituendogli nuova vita. Una forma di riciclo primordiale, dove qualcosa che per lei era spazzatura poteva essere prezioso per qualcun altro, come la ragazza che ora aveva di fronte. Il lato Greta che risiedeva in lei sentì una stretta di delusione nel sentire il poco entusiasmo della proprietaria della cartaccia, tanto da farle iniziare a credere che il riciclo fosse una forma del tutto inutile, in barba alle generazioni future e a quella Thunberg che continuando così non avrebbe mai visto la luce... comunque... cercò di non mostrarsi troppo contrariata dalla negatività emanata dalla strega e si permise di sorriderle, spostandosi di lato per essere riparata dai raggi del sole e trovarsi in un perfetto cono d’ombra. ”L’hai ridotta tu così?” chiese, per aggiungere non appena si accorse del tono quasi accusatorio che poteva avere una simile domanda ”Mi farebbe sentire meno colpevole di averla calpestata...” sovrappensiero scosse le spalle, quasi a volersi giustificare. Non era mai stata una persona timida, ma in un qualche modo non voleva far sentire in colpa la giovane per aver gettato una cartaccia in giro. Sicuramente qualche elfo domestico si sarebbe occupata di raccoglierlo e la curiosità della Lynch le fece domandare cosa potesse suscitare una simile reazione. ” Ceralacca e tutto il resto, spero non sia qualche guaio... sai solitamente le lettere sigillate così arrivano da mia madre per qualche noioso invito con obbligo di abito elegante e corbellerie simili. Una noia”
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