[ESPERIENZA 8] - Halloween Nightmare

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    [ESPERIENZA 8]:Halloween Nightmare

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    Nero. Buio. Silenzio. Nelle orecchie un forte fischio, acuto e senza interruzioni, interrompeva il pulsare calmo del muscolo cardiaco. La sensazione era quella di aver preso una sbronza assurda. Gola secca e fatica nella salivazione, mal di testa pulsante, senso generale di spossatezza, sarebbero stati riscontrarti solo in un secondo momento. E la ricerca dei ricordi si scontrava su una fitta nebbia appena oltre l'oscurità dell'oblio e l'ultimo ricordo che con chiarezza si trovava era quello della festa di Halloween. Mielandia. Teste di Zucca. Caramelle. Una serata piacevole, divertente. Cos’era successo? Quanto tempo era trascorso? Domande che una mente razionale si poneva assieme alla più urgente dove sono?
    Gli occhi cercavano affannosamente una fonte di luce, un tentativo per avere una visione più definita del nero petrolio che li circondava, ma non erano in grado di individuare nulla di più che il profondo nero. Una nuova, paurosa, consapevolezza prendeva forma man mano che i minuti secondi? ore? passavano: erano legati al muro. Una corda spessa e ruvida che a ogni movimento tagliava la pelle e stingeva il nodo. Qualcuno, come Nathaniel e Chloe, aveva il piede sinistro legato al muro; qualcun'altro, come Hedel e Cheyenne, la mano destra ancorata al pavimento; e meno fortunati come Dean e Alaster scoprirono di essere ammanettati per entrambi i polsi a un gancio metallico. Ma all'infuori della personale condizione non conoscevano altro. Non vedevano, nessuno sapeva se c'erano presenti altre persone, non vedevano e il forte fischio non favoriva l'ascolto. Per quanto sapeva ognuno di loro era solo. Solo e incatenato.
    CHLOE WALSH✖ CHEYENNE LUNA BLAC✖ HEDEL ANAKIN CRAWFORD✖ NATHANIEL TRISTAN CRAWFORD✖ ALASTER LAGREIN✖ DEAN LAWRENCE✖
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    Edited by Wizarding World Master - 1/11/2019, 15:09
     
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    Ministero della Magia
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    ▬NATHANIEL TRISTAN CRAWFORD▬
    SPEZZAINCANTI

    SDMiGgX

    Acqua.
    Ancora non ho aperto gli occhi ma sento l’impellente bisogno di bere. Acqua. L’arsura in bocca mi impasta la lingua, non che abbia molto da dire, ma è una sensazione fastidiosa.
    Devo aver bevuto parecchio, per il mal di testa tutto normale, ma raramente ho un fischio così intenso. Ancora una volta la soluzione ai miei problemi è l’acqua.
    Mi allungo verso la direzione dove c’è il mio comodino, con un bicchiere pieno di acqua da ormai qualche giorno, ma nonostante la disgustosa patina che deve essersi creata in superficie, andrà più che bene come inizio. La mano afferra il vuoto.
    Come se fossi stato assente dal mio corpo realizzo di non trovarmi sul morbido materasso del mio letto. Ma su un duro pavimento. Lo tasto cercando di capire il materiale in cui è fatto.
    In un secondo momento mi accorgo di non riconoscere il luogo in cui sono. Ho solo un paio di pavimenti sul quale sarebbe logico trovarmi: quello di Dean e quello del mio appartamento. Non ricordo di essere andato a casa di...Non ricordo nulla. L’ultimo ricordo è legato all preoccupazione per mia sorella prima di entrare da Mielandia. Ci sono entrato? Ricordo vagamente di aver comprato delle caramelle. Teste di zucca agitano i miei pensieri. Hedel. La preoccupazione per lei cresce di nuovo nel mio cuore, che ha preso a battere forte mentre la consapevolezza di essere in un grosso guaio si fa più insistente.
    - HEDEL!-
    Urlo forte cercando di ignorare il dolore persistente alla gola, l’arsura che rende tagliente far uscire la voce e cerco di ascoltare al di là del fischio che martella il mio timpano. Cerco di mettermi seduti ma qualcosa mi agita.
    Sono legato. Ho un piede legato. Tiro forte per testare la tenuta, non vedo nulla. Tiro ancora più forte per cercare di liberarmi.
    - Qualcuno mi sente?!-
    La voce esce a fatica, la gola brucia e la testa pulsa, crescendo il mio panico e la mia agitazione.
    Cerco la bacchetta ma non la trovo, qualcuno mi ha derubato della mia unica arma. Le dita delle mie mani raggiungono la caviglia che è legata e tastarono alla ricerca id un modo per liberarmi. Non vedo nulla il tatto è la sola cosa sulla quale posso fare affidamento.
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    Alaster Lagrein

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    La bionda si era alzata di colpo, scostando lateralmente i capelli in un onda veloce, sensuale, e nel farlo entrambe le zucche che aveva dipinte sul seno ballarono. Incredibile quanto potesse essere eccitante la situazione nella quale Alaster si trovava. Sdraiato nel letto con lenzuola in pura seta italiana, non si basavano a spese da quelle parti, osservava il ben di dio che gli stava davanti. Una mora, o meglio il fondoschiena arrossato da qualche schiaffo preliminare, passò davanti a lui e quando pensò di allungare una mano per portargli un po’ di arrossamento se la ritrova ammanettata. “Ragazze ragazze, lo sapete che sono io il dominante. Che scherzo è questo?”

    “Che scherzo è questo?”
    dal sogno la sua voce riecheggia tra i muri e gli riporta un eco di se stesso. Si sveglia di soprassalto. Non è a casa sua. Nulla di strano comunque. SI guarda intorno ma non vede nessuna sexy donna addormentata al suo fianco, ovvero il momento migliore per svignarsela di casa. Uhm, strano che qualcuno abbia abbandonato proprio lui. SI muove per andarsene ma capisce di essere ammanettato. Forse la cosa a tre con Bionda e Mora non è tutta un sogno. Uhm, interessante. Ma comunque non gli piace essere ammanettato.
    “forza questo gioco sadomaso non è da me. Dovresti saperlo se mi conoscessi” ora la domanda che frulla nella sua testa è chi gli ha detto di essere. Già non ricorda la ragazza (o le ragazze? O ha preso un ragazzo?) figurarsi ricordarsi quale storia ha raccontato per portarsela a letto. Idolo del Quidditch? Ministro di Scandinavia? Preside di Sessowarts? In ogni caso non gli è mai piaciuto farsi legare. Un maniaco del controllo come lui ha bisogno di avere il controllo della situazione e di esercitarli sul altro.
    “Pesca, rosso, nero. Safe word. Basta. Stop.” ha usato tutte, anche di più di queste, come parole di sicurezza qualora il giochino erotico andasse troppo oltre per una delle due parti. A rigor di logica deve averne usata una simile.
    “Forza, che qui mi si sta ammosciando.” La noia iniziava a prendere il sopravvento, insieme con l’irritazione crescente per una situazione così scomoda. Solitamente era bravo a individuare quelle che lui considerava come delle pazze psicopatiche dalle quali era meglio guardarsi, del tipo che te le ritrovi sotto casa con un invito a cena o che ti inviano 50 gufi nel giro di un'ora. Aveva già troppe ragazze alle quali stare dietro, se avesse dovuto concentrarsi sulle singole fuori di testa non sarebbe più andato a casa. Il radar gnocca-pazza era sempre attivo nella sua testa ma quel giorno qualcosa non doveva aver funzionato. Sperava soltanto che si trattasse di una strafiga da perderci la testa, non avrebbe trovato altra razionale giustificazione a quella situazione. Cercò di rievocare nella sua mente l'immagine della donna, che nella sua testa corrispondeva tutt'altre parti del corpo che non erano il viso, ma arrivò soltanto una nebbia opprimente. Non ricorda nulla. Il pensiero che qualcuna l'abbia legato per stuprarlo si fa strada con orrore nella sua mente, assieme alla consapevolezza che deve trattarsi di una brutta donna o di un brutto uomo. Tutto, ma non il modello boscaiolo hypster. Che pessima serata.
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    hedel anakin crawford
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    Se scopro chi è l’idiota che ha avuto la brillante idea di rapirmi è un uomo morto. Una morte lenta e dolorosa, piena di torture. Cazzo di fischio alle orecchie che non mi fa concentrare. Vendetta. La sola cosa che mi fa avanzare nella vita. E si abbatterà come un’implacabile uragano nella vita di chiunque abbia avuto questa pessima idea.

    È il forte dolore alla testa che la fa svegliare. Un cerchio che opprime le tempie e che pulsa, come se avessero cercato di impiantarle un’aureola – non che abbia mai avuto a che fare con questioni angeliche- o ,sempre per restare in ambito biblico, una corona di spine. Istintivamente porta una mano alla tempie. Bloccata. Il desiderio di massaggiare la parte dolente supera il pensiero razionale e così la mano sinistra massaggia la pelle con movimenti ciclici per un paio di volte prima che la sentinella d’allarme, un enorme avviso rosso che si era già acceso quando il movimento era stato interrotto da terzi, venga presa in considerazione e quindi ascoltata dal sistema nervoso centrale. Merda. Si sveglia, sbattendo su un’oscurità ancora più buia di quella che ha animato i suoi sogni. Sotto di lei il freddo pavimento l’accoglie, assieme con una serie di dolori articolari che più che a una diciassettenne starebbero bene a una vecchia strega di 71 anni. Il dolore alla testa si fa più acuto, insieme con il fischio -anche questo ascoltato solo ora- che le tartassa la mente.
    Buongiorno fiorellino, siamo nella merda. Siamo davvero nella merda. Ora cerca di darti una cazzo di mossa che non ho sopportato 17 anni di buone maniere e inutili lezioni scolastiche solo per finire a marcire in un vecchio scantinato che Merlino, se trovo il barbone a cui appartiene lo scuoio vivo con le mie stesse mani.

    Stordita, per niente reattiva, avrebbe bisogno di una flebo di caffeina per poter davvero capire qualcosa. Annichilita, stordita e confusa cercava di capire quale fosse il suo ultimo ricordo. Molti problemi avevano turbato l’animo della Serpeverde da quando aveva improvvisamente abbandonato Hogwarts. I suoi genitori l’avevano ripudiata, si era trovata senza soldi e senza casa e i suoi vuoti di memoria iniziavano a farsi sempre più frequenti. Ma le cose sembravano finalmente iniziare a girare per il verso giusto. La convivenza con Nate, nel minuscolo monolocale, era diventata appena più che sopportabile e anche sul lavoro la situazione stava migliorando notevolmente. Non aveva ancora comunicato la notizia a nessuno, aveva svolto il colloquio da poche ore e attendeva di conoscere ufficialmente l’esito anche se dalla faccia stupita del signor Ollivander aveva capito di avercela fatta. Un paio di buste paga e si sarebbe potuta permettere, assieme con parte dell’eredità dei Crawrford, di diventare proprietaria a tutti gli effetti del negozio di bacchette. Insomma, stava vivendo un momento di turbolenza, di disagio famigliare e di problematiche interiori ma le cose stavano iniziando a girare per il verso giusto. E ora Anakin aveva guastato il tutto con un nuovo vuoto di memoria. Cosa aveva combinato questa volta? Massaggiò la tempia con la mano libera. Perchè era ammanettata? Il pensiero che fosse riuscita a rinchiuderla ad Azkaban non sembrava così remoto, ma si rifiutava di credere che fosse rimasta incosciente per tutta la durata di un eventuale processo. Negli anni, gli ultimi sempre più caratterizzati da questa ingombrante presenza malvagia, aveva capito che per quanto distruttiva la sua doppia personalità aveva uno spirito primordiale di autoconservazione. Tendenzialmente dunque non avrebbe fatto nulla che avrebbe nuociuto anche se stessa. Doveva essere una volontà imposta da altri quella di essere legata al pavimento. Cosa diavolo aveva combinato Anakin?
    Sempre colpa mia, la carnefice Anakin. Ancora una volta quella patetica controparte umana mostrava tutta la sua inutilità riuscendo soltanto a piangersi addosso e a non fare nulla di concreto. Hedel, la povera vittima, era buona solo come agnello sacrificale. E speravo che sarebbe arrivato presto il momento del tanto atteso sacrificio.
    Incatenata al suolo la sua mano non poteva fare molto così come il resto del suo corpo. Era una posizione scomoda, poco pratica. Non aveva bisogno di cercare il catalizzatore di ebano: si era abituata a percepire la sua presenza quando lo aveva con se, era consapevole dell’energia magica che emanava e il suo corpo la percepiva e se ne nutriva. Ma ora quel collegamento era reciso, inesistente. La sua fedele bacchetta non era lì con lei. Il pensiero di ricrearla con le stesse qualità la sfiorò per un’istante, prima di realizzare che anche partendo da ebano e fiamma di drago, non sarebbe riuscita a imporsi sulla lealtà della bacchetta. Il solo modo che aveva per poter avere una bacchetta come quella che era solita usare era soltanto quello di ritrovare la sua di ebano. Tastando con la mano libera avrebbe cercato di trovare un modo per liberarsi, per poi mettersi alla ricerca della sua bacchetta.
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    Cheyenne Luna Black
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    Sbuffò fuori l’aria dai polmoni. Di notte capitava che la sua mente la tormentasse con ricordi ed eventi della giornata. Quella sera era capitato che più volte tornassero alla sua mente teste di zucca, zucche e dolciumi. Aveva assunto troppo zucchero, non si spiegava in altro modo il costante mal di testa e generale malessere che affliggeva i suoi arti. Le sembrava di essere ferma nella stessa posizione da diverso tempo. Scosse elettriche punzecchiavano i nervi dietro ai bulbi oculari, si irradiavano come una tempesta di fulmini lungo la fronte e le tempie. Non aveva bevuto. Cercò di evocare il ricordo della notte scorsa, quella a Mielandia. Ricordava che era stata una serata piacevole, aveva anche incontrato Dean e Nathaniel, i due ragazzi inglesi che conosceva ormai da qualche mese. Si chiese se loro fossero i responsabili del suo mal di testa. Dean era una specie di dispenser di alcol, il loro primo incontro era stato all’insegna della distilleria di rum, mentre Nathaniel era una sorta di ubriacone gentile. Insomma se aveva bevuto doveva averlo fatto in loro compagnia. Ma per quanto cercasse di richiamare i suoi ricordi questi erano incastrati dentro a una fitta nebbia. Sbuffò, rigirandosi nel suo letto. Con la faccia di lato il suo sospirò sollevò la polvere dal pavimento che arrivò alle sue narici, facendola tossire violentemente. Tossì, mettendosi seduta. Improvvisamente sveglia capì che non si trovava a casa sua. Era ammanettata al pavimento, poteva muoversi soltanto con una mano, portandosela alla bocca per coprire l’attacco d’asma. Quando lo sconquassamento della tosse e della scoperta macabra che aveva appena fatto si fu acquietato, le rotelline del suo cervello si misero in funzione, dimenticando ogni segno di alcol o stanchezza. Doveva capire come agire. Cosa fare. La priorità era cercare di liberarsi, provando a muovere la mano e capire con cosa era stata legata, avvalendosi di tutti i sensi a disposizione: con la vista fuori uso per via del buio pesto che l’avvolgeva, con l’udito poco utile per via di un fischio costante. Da Medimag cercò di capire razionalmente quali potessero essere la cause del fischio alla testa. Non aveva altro tipo di dolore, quindi non poteva essere a causa di un colpo e la cosa la rincuorava perché escludeva un’emorragia. Poteva essere dovuto al danneggiamento del timpano, questa volta poteva essere sia per via di una botta molto violenta -ma anche questa volta era assente dolore in loco- o dall’esposizione a un forte rumore. Ancora il vetaglio delle possibilità al portò a una qualche sostanza, come l’alcol, ma più potente che l’aveva stordita. E in questo caso il fischio si sarebbe risolto da solo. Oppure poteva essere dovuto a un cambio di pressione. O si trovava sottoterra o in cima a una montagna.
    Ipotesi che frullavano nella sua mente, ma che dovevano trovare un’attuazione concreta. Doveva farsi sentire, convincere chiunque l’avesse portata lì a liberarla o trovare un modo per liberarsi da sola.
    Non era mai stata una persona silenziosa. Il rumore faceva parte della sua stessa natura. Quindi si abbandonò al casino. «C’è nessuno?! HEEEEEYYYYY!! Aiuto! Non so chi cazzo sia ma abbi il coraggio di farti vedere: codardo! Hai paura di batterti con una donna?! HEYYYYYYYY! » insomma, la Black non era certamente una donzella in difficoltà, avrebbe fatto vale le sue posizioni e in ogni caso era dotata di una resilienza senza fine. A costo di tener sveglia tutta notte il vicinato, tormentando il rapitore tanto quanto il fischio stava tormentando le sue orecchie. A questo si aggiungeva la pressione esercitata dal suo urlare, che aumentava il fischio e il mal di testa.
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    chloe walsh
    Un brontolio alla bocca dello stomaco mi informó che erano passate troppe ore senza che assumessi cibo. Male, malissimo. Non ero mai stata una gran mangiona, ma ero golosa e questi significava che il mio stomaco richiedeva assunzioni di cibo a intervalli regolari. Non importava la quantità o la qualità. Potevo passare da una super cosa fritta a una piccola caramella, il mio apparato digerente ne era soddisfatto. E la sensazione di sazietà arrivava un ogni caso. Ma il mio stomaco brontolava. Aprii gli occhi, scontrandomi con il buio. In un attimo lo stomaco prese a brontolare più forte e questa volta non aveva nulla a che fare con la fame. In due nano secondi ero sveglia, arriva e reattiva. Non ero a casa mia. Il forte fischio alla testa arrivò in un secondo momento, massacrandomi io timpano e rendendomi parzialmente sorda. La tentazione di urlare a squarciagola e chiedere aiuto era tanta, l’adrenalina pompata a mille mi aveva mandato il cuore in gola e mi aveva paralizzato suo posto. Inspirai a fondo cercando la calma per i miei nervi ma non la trovai. Cazzo. Sarei diventata un Auror se Wright non mi avesse ucciso prima nei training. Dovevo essere la calma nella tempesta. Dovevo agire mentre tutto gli altri erano paralizzati dalla paura. Ma ero sola. Non c’erano altri paralizzati dalla paura se non me stessa. " Cazzo. Ripigliati Walsh." a voce bassa mi ringhio addosso, così piano che non riesco a sentire le mie stesse parole. Non importa il semplice dirlo, percependo qualcosa attraverso la gola, mi basta a infondermi coraggio. Sei una cazzo di Grifondoro, datti una mossa. Mi muovo. Cerco di capire dove sono. E mentre lo faccio capisco che sono legata. Chi cazzo é quel pervertito che mi ha ammanettato. La rabbia usata volta supera la paura, si incanala dentro ai miei muscoli e mi da sufficiente forza per strattonare ciò che mi tiene legata. Riuscirò a liberarmi?
    Mi metto in piedi e inizio a scalciare l'aria, dimenandomi un paio di volte, sperando di allentare la presa che mi tiene legata e avere abbastanza agio da potermi sfilare. Rivoglio indietro il mio piede sinistro. O in modo da sfilare il tassello che mi tiene legata al muro. Cerco la bacchetta con poche speranze di poterla trovare e infatti mi scopro sprovvista del catalizzatore. Come durante il primo addestramento Auror dove ho dovuto consegnare la bacchetta. Cerco di fare mente locale in quel momento. Come vorrei essere già arrivata al capitolo di addestramento come liberarsi senza bacchetta, purtroppo però sono una novellina e devo fare affidamento su quello che ho. Mi abbasso, muovendomi a tentoni sul muro per arrivare al gancio, voglio capire se posso sfilarlo dal muro. Magari con una parete di cartongesso basterebbe un calcio a liberarmi.

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    DEAN LAWRENCE
    age 20 +it's HALLOWEEN bicth
    Dean Lawrence non era mai stato un fenomeno in qualcosa: al Quidditch giocava come Cacciatore ma la sua carriera si era fermata come riserva di Grifondoro, come studente era molto più che mediocre e tutti i suoi altri interessi includevano mettersi nei guai. In questo era una vera calamita. Sembrava che ad Hogwarts fosse stato abbonato all'ufficio del Preside, dove finiva puntualmente una volta a settimana tanto che, se per caso mancava l'appuntamento, il Preside iniziava a preoccuparsi e lo convocava a prescindere, come una sorta di aggiornamento. Il cuscino di pelle della sedia destinata agli ospiti aveva preso la forma del suo fondo schiena e ad oggi non credeva che avesse cambiato conformazione. Più cercava di fare qualcosa di nascosto, tirare uno scherzo o un colpo gobbo a qualcuno, più finiva nei guai e più velocemente si faceva accattare. Mielandia in particolare era stato teatro delle sue marachelle, tutt'al più dopo che aveva scoperto, con l'aiuto del Crawford, il passaggio segreto dietro la statua della vecchia gobba. Aveva cercato di rubare delle Gelatine Tutti i Gusti +1 dal magazzino, la prima volta ci era anche riuscito, ma quando alla seconda aveva provato a portarne via 20 sacchetti la commessa non aveva creduto che fosse incinta. E soprattutto una donna, visto che erano andati a letto assieme qualche mese prima. Era tornato al castello senza caramelle e con una multa di 50 Galeoni. Sempre da Mielandia aveva provato a contrabbandare del liquore, questa volta rubato alla Testa di Porco, ma sbucati nel corridoio di Hogwarts la Caposcuola di Serpeverde, una gran spina nel fianco per non dire di peggio, li aveva sgamati. Ovviamente Nathaniel non aveva subito ripercussioni, lui invece era stato spedito dal Preside. Ricordava quella settimana: era finto altre 2 volte dal vecchio Preside. Una volta per aver messo un petardo nel culo di uno Sparaschipido a lezione di Creature Magiche e un’altra per aver urlato in faccia alla professoressa di Pozioni “Dean è un elfo libero. Dean non rispone e se ne va dalla classe.” suscitando l’ilarità generale ma non quella della Cooper. Peccato che certa gente mancasse di senso dell’umorismo. I guai quindi erano la sua specialità, se c’era un Grifondoro nei pareggi c’era la probabilità che succedesse qualcosa, se c’era Dean Lawrence era sicuro al 100%. Ancora una volta questo enunciato non venne contraddetto.
    Un’altra cosa in cui il Lawrence eccelleva era ubriacarsi senza vomitare. Imputava la faccenda ai suoi appena compiuti 17 anni dove la barista dei 3 manici aveva acconsentito a vedergli alcolici. Insomma, ogni domenica pomeriggio trascorsa ad Hogsmeade nel suo ultimo anno scolastico aveva assunto connotati velati e sfumati di alcol. L’amnesia alcolica purtroppo era diminuita con il passare del tempo, anche aumentandone le quanità ormai il suo fegato aveva imparato a distruggere l’etanolo come se si trattasse di banale acqua e gli effetti di una buona bevanda alcolica duravano giusto un’paio d’ore. Così quando quella mattina, immaginava fosse mattina, si era svegliato con la testa dolente e la bocca asciutta come se fosse tornato dal Sahara il suo primo pensiero fu “Qualunque cosa abbia bevuto, devo berla di nuovo.” piacevolmente colpito dagli effetti post-sbronza che ancora resistevano al fegato di Lawrence, ormai diventato leggenda. Senza troppe preoccupazioni capì di non essere a casa sua, ne in quella di Nathaniel o nel Maniero dei Crawford. Svegliarsi in un luogo sconosciuto era qualcosa di preoccupante per un astemio che beve una volta o due all’anno, per un cintura nera come lui era quasi un salto ai vecchi tempi quando accadeva. Tentò di sfergarsi gli occhi per levare la patina che gli appannava la vista, anche se nel nero della stanza non vedeva nulla, e si trovò ammanettato. Questo gli ricordò gli scherzi che si facevano ai novellini di casa Godric, di cui lui stesso era stato vittima e carnefice, con lumache nascoste dentro le scarpe o scoreggie fatte sul cuscino, giusto per citare quelle meno peggiori. Ora, che a vent’anni fosse messo in questa situazione non era il massimo, ma poteva anche stare al gioco. “Nate, scroto del cazzo. Questo scherzo non è per niente divertente!” la voce roca per via del mal dico gola risuonò nell'ambiente circostante.
     
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    [ESPERIENZA 8]:Halloween Nightmare

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    Buio e silenzio sembravano una costante imprescindibile di quel luogo. Quel luogo indefinito nello spazio e nel tempo dove uno a uno, i magnifici sei si erano risvegliati. Ognuno aveva avuto differenti reazioni secondo il loro carattere e le loro esperienze. Nathaniel Tristan Crawford aveva deciso di usare un approccio violento: due grossi strattoni si ripercossero sulla corda che lo teneva legato, con il solo effetto che il nodo si strinse ancora di più, segnando profondamente la caviglia e arrivando quasi a tagliare la pelle del mago. Una forte scossa di dolore aveva iniziato a irradiarsi dal punto reciso. Non era decisamente la via della forza quella da percorrere. La richiesta d’aiuto fu udita come un refolo di vento soltanto dalla donna che si trovava legata a pochi metri da lui.

    Cheyenne Luna Black aveva deciso di usare la testa. Le ipotesi del suo acufene, di quello che affliggeva tutti quanti, erano fondate da un principio scientifico e la via della ragione l’aveva messa sulla buona strada, anche se era ben lontana dal comprenderne la verità. Tastando il gancio che la teneva ancorata a terra scoprì di trovarsi su un terreno duro ma sconnesso, roccioso. Quasi contemporaneamente i due prigionieri trovarono inciso nel terreno una freccia che puntava al punto al quale erano ancorati.
    La strega si lasciò andare a delle rumorose richieste d’aiuto, facendo un gran baccano che fu ascoltato soltanto dal Crawford. Questa volta non erano soli e avevano udito chiaramente la voce dell’altro. Che fosse amico o nemico tuttavia era poco chiaro, infondo entrambi erano quasi sordi. Le loro urla più intense sopraggiunsero ovattate, come echi e rimbombi lontani a tutti gli altre quattro, collocati distanti ma relativamente vicini.

    Lamenti che sembravano essere echi del sogno appena vissuto da Alaster Lagrein convinto di essere diventato lo schiavo sessuale di un perverso partner. Le sue lamentele e volgari doppi sensi furono soltanto un’ulteriore tortura per Chloe Walsh che avvertiva un borbottio sommesso insieme con il costante fischio. La recluta Auror agì d’impulso scalciando forte per liberarsi dalla presa della corda. La stretta però si fece così forte da incidere la pelle. Un sottile rivolo di sangue aveva iniziato a correrle dal punto in cui era stata recisa la carne. L’acuto urlo di dolore della donna destò Alaster, che ora poteva essere consapevole della presenza di qualcun altro. Dolorante, con la testa che pulsava con la caviglia segnata, la Walsh si era arresa ai tentativi bellici e aveva iniziato a esaminare l’ambiente circostante. Anche le sue dita scoprirono che il gancio era ancorato a uno spesso muro di pietra greggio e come gli altri compagni di sventura trovò una freccia incisa sulla dura pietra, una freccia che puntava verso il basso.

    Da tutt’altra parte Hedel Anakin Crawford era convinta si rattasse dell’ennesimo tiro mancino della sua doppia personalità. Rassegnata questa vita da condannata non aveva provato a chiedere aiuto e si era subito messa a cercare un modo pratico per liberarsi. La corda era annodata stretta al suo polso, non sarebbe riuscita a sfilarlo per nulla al mondo e anche lei notò che sul pavimento si presentava una freccia che guardava il gancio. Sulla parete accanto a lei, non visto e non udito, c’era Dean Lawrence. Anche lui aveva pensato che la situazione non fosse altro che un goliardico scherzo e le sue lamentele erano troppo sommesse per essere sentite dalla compagna di cella, ignara di non essere sola.
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    Tick-tok Hedel, tick-tock. Hai ancora qualche minuto, gentile concessione odierna, per darti una cazzo di mossa prima che ci pensi io. Insomma, per quanto mi piaccia vederti confusa e nel panico, sono io la sola che può prendersi gioco della tua patetica esistenza. Quindi se ora gradissi, gentilmente, muovere il culo e liberarci ecco...eviterei di farti molto male.

    I polpastrelli della mano libera correvano lungo la corda. Era spessa e robusta ma comunque costituita da fibre e in qualche modo avrebbe potuto liberarsi. O quanto meno questa era la sua idea generale. Il forte mal di testa pulsava sulla fronte, dandole la sensazione di avere occhi gonfi e sopratutto ovattando le sue stesse idee. Ma nonostante che il forte mal di testa si faceva sentire come una presenza ingombrante, piuttosto fastidiosa, ma non sgradevole quanto l'esistenza della controparte malvagia. Non la vedeva, eppure Hedel era consapevole del fatto che fosse in agguato in un meandro oscuro della sua mente e che era pronta a balzare fuori per distruggere quanto di buono aveva creato fino a quel momento nella sua vita. Esausta da questa situazione, spossata dalla notte insonne e con i muscoli indolenziti per lo scomodo giaciglio di pietra, si domandava dove questo momento si collocasse all'interno del grande piano di Anakin. Non era certa del fine ultimo della malvagia personalità, ma poteva dire con una buona dose di certezza che seguisse uno schema generale. E ogni momento si domandava se non fosse giunta all'atto finale di quella grande recita di cui faceva parte.

    O, piccolo cervelletto. Non ti lambiccare per questini che non ti competono, di cui nemmeno hai una vaga idea. Insomma quante volte voi umani domandate a Dio quando verrà il giorno della vostra morte? Ecco, Dio non ha mai risposto alle centinaia di persone che lo hanno chiesto in precedenza, un Dio misericordioso che resta muto, che atteggiamento puoi aspettarti da una diabolica divinità? Apprezza il silenzio fintanto che dura, povera illusa...

    Nel buio assordante l'acufene non cessava, restando costante a disturbare le sue capacità di concentrazione. Anche in questa situazione difficile comunque restava tranquilla. Il pulsare del suo cuore era lento e regolare, consapevole che per quanto assurde le volontà di Anakin non era contrastabili. Rassegnata a questa consapevolezza, conscia della sconfitta a prescindere con questo silenzioso nemico, sapeva che agitarsi non aveva alcun effetto positivo, ma che poteva soltanto rivelarsi controproducente. Quindi almeno questa cosa non poteva esserle sottratto. Cercò di pensare, raccogliere le sue conoscenze per liberarsi -letteralmente- da questa situazione scomoda. Avvalendosi delle sue conoscenze passate, di quanto appreso nel corso degli anni trascorsi ad Hogwarts, avrebbe fatto appello a tutte le sue forze per destreggiarsi come Artista della Fuga.
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    Dolore. La scossa arrivò dal punto in cui ero legato. Mi fermai prima ancora di capacitarmi della ha origine. Avevo tirato con forza, cercando di liberarmi ma ero finito soltanto con il danneggiarmi. Appena avevo sentito la corda stringere con maggiore presa sulla caviglia mi ero fermato, troppo tardi comunque perché avvertivo chiaramente il bruciore della pelle recisa. Non potevo permettermi di ferirmi più di quanto già non lo fossi. Non avevo idea di quanto tempo avrei trascorso in questa situazione... o da quanto fossi lì. Quanto tempo avrebbe dovuto passare prima che qualcuno si accorgesse della mia scomparsa? Gli eventi del passato suggerivano almeno qualche giorno. Io e Dean avevamo preso delle sbronze che ci avevano tramortito per tutto il weekend ed eravamo risorti come Gesù al terzo giorno, in tempo per il lunedì. Nessuno si era domandato dove fossimo. La mia assenza dal lavoro sarebbe stata notata, ma sicuramente non data per strana. Cercavo di ricordarmi se avessi appuntamenti di rilievo ma il fischio sordo opprimeva i miei pensieri. La consapevolezza che pian piano andavo assumendo mi portava a credere che sarebbe dovuta passare almeno una settimana prima che la gente si accorgesse della mia assenza e cominciasse a preoccuparsene, a mobilitarsi e alla macchina di ricerca sarebbero serviti altri giorni. Due settimane. In queste condizioni non era un’ipotesi accettabile. Dovevo liberarmi, questa era la mia sola priorità di quel momento.
    Più tiravo più la corda si chiudeva sulla mia caviglia, facendo sfumare la possibilità di sfilare il piede dalla presa. Così ero proprio legato stretto, con il nodo spesso che premeva sulla caviglia.
    Con la mano in terra avevo cercato di capire dove mi trovavo e inaspettatamente mi ero imbattuto in una freccia. Tastai il terreno sul quale si formava il solco per esserne sicuro. Poi mi sarei mosso per cercare tutt’intorno il resto di quello che riuscivo a raggiungere con la mano. Magari potevo trovare un coccio tagliente o una pietra appuntita con la quale segare via le corde che segnavano così stretta la mia pelle.
    - Chi è la?-
    Risposi alla voce che sentii abbastanza chiaramente nonostante il continuo fischio e le orecchie ovattate mi rendessero parzialmente sordo.
    - CHI SEI?!-
    Domandai con un tono di esasperazione nella voce. Non potevo essere del tutto felice di non essere solo perché non conoscevo la natura della persona che avevo sentito. Sempre se avevo sentito davvero qualcuno e non si trattava di uno strano gioco della mia mente. O ancora peggio che non si trattasse di un verso di una bestia pronta a divorarmi. Dovevo cercare un modo di liberarmi il prima possibile.
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    Riuscirò a liberarmi?
    La domanda faceva eco nella mia mente risuonando forte quasi quanto il fischio acuto che maltrattava i miei timpani. Non ricordavo di essere mai stata sorda in vita mia, nemmeno quando a Hogwarts ci alleavamo clandestinamente con i bombarda, e questo destabilizzava ancora di più il mio umore. Continuavo a tirare con forza, scalciando il piede per liberarmi dalla corda quando un dolore improvviso e inaspettato mi percossero con una scossa la gamba dalla caviglia in sù. Non potei fare a meno che urlare, colpita dalla sorpresa e dal inatteso dolore che mi colpì. Non ero mai stata una bambina che si lamentava molto, anche se cercavo in ogni modo di convincere l'infermiera di Hogwarts di avere la febbre per evitare di andare a lezione, ma del dolore fisico non avevo mai avuto grandi ricordi. I miei genitori da piccola avevano condito la loro educazione con qualche bello schiaffo assestato, ma ero una ba,bina molto vulcanica, e non avrei mai detto di essere stata maltrattata. Al castello mi ero cimentata per qualche tempo come giocatrice di Quidditch, ma ero stata abbastanza fortunata da non essere mai stata colpita da un bolide e stando ai compagni di squadra meno fortunati di me mi ero risparmiata un dolore non indifferente. Potevo dire che quello di oggi quindi era il primo vero, acuto e improvviso dolore che mi aveva afflitto.
    L'urlo acuto mi stappò momentaneamente le orecchie, liberandole temporaneamente dal fischio acuto che le opprimeva, ma fu un sollievo effimero che nemmeno venne colto, tanto era il bruciore tutto intorno alla caviglia. Una cavigliera di sangue scendeva tutto intorno alla corda, stretta sulla mia carne e con il robusto intreccio di canapa che sfregava sulla pelle ormai recisa, danneggiandola a ogni mio movimento.
    Improvvisamente scoprii di poter stare ferma e immobile con quel piede, qualità che per chi si muove sempre senza sosta era davvero inattesa.
    Facendo attenzione a muovere il meno possibile la gamba mi ero avvicinata al punto in cui questa era ancorata al muro. " Ti prego, non voglio restare zoppa." sussurrai come silenziosa preghiera alla corda che mi recideva la pelle. Avevo appena intrapreso il percorso come Auror, già stavo poco simpatica al Capo Supremo e non ero certa che Wright accettasse davvero che la sua allieva fossi... beh io. Probabilmente ero una delle peggiore reclute a memoria d'uomo, ma non volevo precludermi questa possibilità per un piede mozzato. " Se esco viva da qui, prometto di non nascondere più lumache sotto il cuscino di Chris." feci una specie di voto. Poi mi rimisi a cercare un valido modo per liberarmi. Freccetta cosa diavolo significhi?
    Cercai di trovare se ci fosse un qualche meccanismo da premere o tirare o maneggiare in grado da sganciare il gancio dal muro o allentare la corda. Volevo soltanto liberare il mio piede da quella trappola infernale.

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    Cheyenne Luna Black
    domatore - 23 y.o. - caotico buono
    Nella sua mente razionale, le ipotesi su come si fosse ferita alla testa, con una serie infinite di cause e conseguenze più o meno gravi, fra tutte la peggiore sembrava essere proprio la morte, si inseguivano come il gatto con il topo, senza che nessuno avesse la meglio sull’altra. Tutte quanti parevano attendibili, razionalmente possibili e dunque verosimilmente applicabili al suo caso specifico. Il metodo scientifico che l’aveva accompagnata in anni di studi che l’avevano portata ad essere Medimag sembravano portare tutti alla medesima conclusione. Eppure da queste elucubrazioni mentali non traeva alcun piacere, soltanto una crescente frustrazione perché non riusciva a trovare una soluzione al suo problema. La sua indagine tattile aveva fornito ulteriori elementi, ma erano soltanto incognite che si aggiungevano al complicato meccanismo di equazioni e la Black non era mai stata un asso con l’aritmanzia o la matematica. Finché si trattava di aver a che fare con i calcoli del resto da dare ai 3 manici, alle percentuali di guadagno o alle provvigioni per i suoi fornitori poteva anche starci dietro e seguire il filo logico della questione, ma se si andava in un campo appena più complicato, diciamo dopo il consolidato modo delle percentuali per gli sconti, ci si avventurava in una zona oscura e grigia, fatta da una fitta nebbia che non aveva alcuna intenzione di districare. Avrebbe invece volentieri dissipato le nuvole dell’incognito che oscuravano i suoi ricordi, creando un mosaico tassellato di quadretti incompleti e poco chiari, senza permetterle di cogliere il quadro generale. Anche in questo caso la sua mente brillante era di ben poca utilità e cogliere tutti questi aspetti, comprese le loro sfaccettature, non faceva altro che incrementare la sua frustrazione per una situazione che iniziava a delineare, ma che non comprendeva e cosa ben peggiore non poteva risolvere.
    Da qualche parte udì il vento ululare, ma non percepì movimenti d’aria nel luogo in cui si trovava. Doveva essere al chiuso, in un ambiente senza finestre o spifferi. Non si trovava quindi in uno stabile abbandonato. Per sentire però il vento così forte non doveva nemmeno trovarsi nello scantinato sotterraneo di qualche maniaco e questa cosa la rassicurò, almeno in parte, riguardo alle sue possibilità di sopravvivenza. Sul terreno aveva rinvenuto un solco, quello che sembrava raffigurare una freccia. Sembrava poter riporre in questo mistico simbolo la chiave della sua liberazione. Si sarebbe mossa con cautela, sperando di percepire un potere magico uscire dall’idioma che aveva scovato nel terreno, capire quale fosse la sua natura e se soprattutto poteva essere collegato alla magia.
    Fu mentre analizzava questi aspetti, cercando la concentrazione al di là del profondo fischio che infastidiva la sua mente, che delle lettere arrivarono abbastanza chiaramente alle sue orecchie.
    «Io sono Cheyenne. Sono una donna. Sono una strega. Sono una Black. E tu?»
    Rispose, sapendo di esporsi notevolmente, con voce forte tanto da riuscirsi a sentire nonostante il suono forte alle orecchie, con la buona fiducia e l’ottimismo di avere a che fare con una voce amica, con qualcuno che poteva liberarla. Avrebbe mantenuto questa vena positiva finché non avrebbe avuto prova del contrario.
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    Alaster Lagrein

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    Rassegnato al sadico gioco erotico del quale faceva parte, ma di cui non era consapevole, se ne stava beatamente appeso con la schiena appoggiata al muro quando un piccolo dettaglio cominciò a farsi strada nella sua mente. Non era nudo. Ora, non sapendo a che cosa stava giocando non poteva certo comprendere le fasi del gioco, ma era ovvio che in un perverso gioco erotico la componente dell’eros era beh… data dalla nudità. E perché non era nudo? Nella scomoda posizione nella quale era stato ammanettato riusciva a sentire la camicia di seta tendersi intorno ai pettorali e lungo le braccia, sentiva il fastidio dei pantaloni di lino sfregare sul suo bel fondoschiena contro il muro. Un brivido di terrore lo attanagliò. “E comunque mi dovrai ricomprare il completo se si rovina contro questo schifo di muro.” Minacciò esternando le sue preoccupazioni per il vestiario. Questa era proprio una pessima serata. Nessuna ragazza. Nessuna ragazza nuda. Lui nemmeno era nudo. Persino se fosse rimasto a casa si sarebbe trovato nudo a trastullarsi nel letto, insomma. Stare vestito non era parte del suo essere. Sospirò e sbuffò, annoiato da così poco interesse nei suoi confronti. L’attesa aumentava il desiderio, ritardare il piacere lo faceva esplodere con maggiore intensità, ma questo isolamento era tutto fuorchè erotico. Depennare chiunque sia questo partner, inserirlo nella categoria barbosi noiosi, si annotò mentalmente roteando gli occhi al cielo. Sperava solo che questo strazio finisse il prima possibile. E mentre la serata sembrava non potesse andare peggio uno straziante urlo di dolore a pochi metri da lui lo fece sobbalzare. Dolore. Non piacere. Non dolore da sculacciata o frustata. No. Dolore vero. Intenso. No. No. Merda. Era finito con uno psicopatico. “HEY HEY. Io non sono assolutamente qui per soffrire. Tu non sai che sono io. Alaster Lagrein, maestro del piacere. “ la sua parlata inziò a sciolinare melliflua e abbastanza forte per essere udita “ Del p i a c e r e. Ci siamo capiti? P I A C E R E. Non dolore. Piacere.” Sembrava un’idiota e probabilmente lo era. In un secondo momento, dopo un attimo di silenzio, si ricordò della persona sofferente accanto a lui. Egoista, non ci aveva nemmeno pensato. “ Stai bene??” Parlava forte perché lo psicopatico gli aveva fatto qualcosa alle orecchie e sentiva male. Sperava di ottenere risposte dalla misteriosa persona in catene con lui. O almeno così sperava. E se era finito nelle mani di un masochista pazzo? Tipo quelli che si auto flagellano… aveva paura di scoprirlo.
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    DEAN LAWRENCE
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    Con la testa che pulsava a un ritmo tutto suo, cercò di fare mente locale sul tempo trascorso in quella posizione. Le scapole iniziavano ad essere indolenzite e i bicipiti avrebbero volentieri ripreso la loro postura rilassata lungo i fianchi del Grifondoro. Ricordava di aver avuto un capitano di Quidditch sadico che gli aveva fatto fare qualcosa come cento flessioni, ma anche in quella occasione non aveva avuto le braccia tanto indolenzite come in quel momento. “ Dai, cazzo. Ho capito, niente più battute su tua sorella incinta, lo prometto…” cercò di compiacere il suo aguzzino con una vaga promessa. Non poteva immaginare un altro motivo per cui il suo migliore amico potesse essere tanto incazzato da infliggergli una simile pena. Se solo fosse stato in grado di leggere nel pensiero e scovare i suoi desideri più segreti, probabilmente lo avrebbe scuoiato vivo… Ma era abbastanza certo che il Crawford fosse troppo pigo per apprendere la leggimanzia nel giro di poco tempo, anche se incantesimi era la sua materia preferita. Cazzo. Se c’era la minima possibilità per il rampollo delle pantere di leggere nel pensiero sarebbe stato meglio per il Lawrence che si cancellasse dalla mente certe immagini su Hedel e soprattutto avrebbe dovuto farlo abbastanza in fretta. “ Crawford! CAZZO! CRAWFORD” urlò esasperato e profondamente annoiato da questa situazione. Non sapeva più come invocare il migliore amico al pensiero razionale, anche se non comprendeva il motivo del suo gesto, poteva pur sempre farlo ragionare e far leva sul sentimento di amicizia che li legava. Certo, immaginava che non avesse avuto problemi a farlo fuori se si fosse avvicinato alla sorella quanto immaginava nelle sue fantasie, ma fintanto che si comportava bene sapeva di poter contare sull'appoggio dell’amico. Forse. A questo punto nutriva persino qualche dubbio su questo aspetto della vicenda. Dovevano essere passati già diversi minuti quando iniziò a sentire un fastidioso formicolio lungo la schiena, risalire e pizzicargli le braccia, fino alle mani. Sentiva il bisogno di grattarsi e massaggiarsi le braccia, nello stesso tempo non desiderava altro che essere liberato e questa imposizione forza iniziava a trasformarsi quasi in un dolore fisico. In preda a questo raptus rise istericamente, dondolandosi sui talloni e facendo battere scapole e nuca sul muro, il dolore che piano piano si irradiava dai punti di impatto quantomeno contribuiva a mantenerlo vigile. “ C’è nessuno? Mi sto rompendo la minchia a stare qui come un salame!” nella sua voce era predominante il senso di rabbia e scazzatura. Ovviamente non aveva compreso la gravità dell situazione nella quale si trovava, continuando a credere di trovarsi all’interno di un perverso e malsano gioco sadico Made in Crawford.
     
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    [ESPERIENZA 8]:Halloween Nightmare

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    Tramortita dalla situazione inaspettata e intontita dal fischio insistente che risuonava e si disperdeva nel labirinto membranoso Hedel Anakin Crawford non aveva colto subito le sue potenzialità e abilità per liberarsi da quella scomoda situazione. Ci era voluto qualche minuto, accompagnato dalle silenziosi maledizioni della controparte con la quale condivideva la mente, prima che realizzasse quello che era necessario fare. Era come se improvvisamente una luce si fosse accesa e avesse rischiarato le idee della Serpeverde che si era destata dal torpore iniziale utilizzando tutte le sue abilità come artista della fuga per riuscire a liberarsi dalle manette di corda che la costringevano legata al suolo. La libertà fu conquistata ma la ragazza si paralizzò sul posto perché un inaspettato "Cazzo Crawford!" arrivò con prepotenza alle sue orecchie, penetrando il velo di omertà che si era instaurato a causa dell'acufene. La voce era forte, limpida e riconoscibile per la Crawford che conosceva il suo proprietario. Ma il dubbio che fosse frutto di uno scherzo del destino restava.
    Dean Lawrence, autore delle recenti urla colte dalla più piccola dei Crawford, era ignaro della condizione di libertà e della presenza della compagna di cella. Lo stress aumentava, facendosi più insistetene e scomodo, dando vita a comportamenti atipici: nonostante il dolore si iniziasse ad irradiare dai punti dove il Grifondoro aveva impattato, i continui colpi al muro risuonarono nella stanza e persino in quella adiacente.
    Alcune porzioni di intonaco si staccarono dal muro, cascando dritti sulla testa di Alaster Lagrein. Il pervertito di Parigi dovette constatare amaramente di essere ancora legato e senza donne nude nei dintorni. Nonostante la delusione iniziale tuttavia era consapevole della presenza di qualcun altro nella stanza. Ora che aveva iniziato a parlare forte e urlare frasi sconclusionate la sua compagna di sventure fu destata dal pensiero della solitudine. Chloe Walsh aveva colto le grida del Lagrein, mentre il bruciore per la ferita auto-inflitta iniziava a rendere sempre più insopportabile la costrizione delle corde. Senza comprenderne i motivi, aveva trovato un significato alla freccia incisa nel suolo e contestualmente la chiave per la sua liberazione. La sua supplica aveva svelato un profondo timore della bionda Grifondoro, accompagnata da un voto per pagare la sua vita. Questi fatti portarono a qualcosa di inaspettato: intorno alla sua caviglia martoriata la presa della corda si allentò fino a che il nodo non si sciolse. La Walsh era libera.
    Nella cella adiacente anche la caviglia di Nathaniel Crawford non se la passava meglio, tuttavia era riuscito a cogliere l'identità della persona che stava con lui. La voce di Cheyenne era arrivata ovattata ma chiara alle orecchie del giovane mago. Le ricerche di entrambi sul terreno però non diedero alcun risultato oltre alla presenza dell'incisione sul terreno, accanto al gancio che li teneva ancorati al pavimento.
    Mentre i tentativi di liberarsi, di capire con chi fossero e dove fossero, imperversavano dal sottosuolo si propagò una scossa di terremoto che fece sussultare il terreno sotto i piedi di ciascuno dei sei maghi.
    CHLOE WALSH✖ CHEYENNE LUNA BLAC✖ HEDEL ANAKIN CRAWFORD✖ NATHANIEL TRISTAN CRAWFORD✖ ALASTER LAGREIN✖ DEAN LAWRENCE✖
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