I know what you did

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    Nonostante si fosse da poco trasferita a New York non era insolito per lei fare ritorno a Londra ogni qual volta lo desiderasse, che fosse mediante metropolvere, materializzazione o accompagnata da un mezzo pubblico quale una nave poco importava. Se c'era una cosa che Ariel amava più tutte era il giorno del suo compleanno non solo perchè era il giorno in cui era venuta alla luce per stressare la povera anima di suo fratello Dean ma perchè era il giorno in cui si festeggiava Halloween, il che implicava dolciumi a più non posso, decorati spaventosamente e con quel pizzico di magia concesso dal mondo babbano e non -dai calderoni ai ragni, dai cappelli da strega alle mummie- e dulcis in fundo era concesso di indossare quanti più abiti strani e spaventosi possibili, terrorizzare le persone, lanciare piccoli incantesimi e fare dispetti. D'accordo in realtà non era cose propriamente concesse ma lei le faceva comunque perchè si divertiva. Era tornata a Londra in onore della festa di Halloween ospitata ad Hogsmeade ma non aveva tenuto conto di quanto quella cittadina le sarebbe mancata. Sentiva sì la mancava di Londra e si tutto ciò che britannico ma al tempo stesso amava avere la possibilità di vivere un altra città, una cultura che per quanto fosse simile alla sua era pur sempre diversa.
    Aveva trascorso il giorno del suo diciottesimo compleanno in compagnia della famiglia e poi si era data alla pazza gioia la notte di Halloween indossando un abito che ricordasse Cleopatra, la pozionista più conosciuta dell'antichità, la più grande esperta di veleni mai conosciuta, venerata dai maghi quanto dai babbani. Non era un costume spaventoso, ma era abbastanza sexy da renderla fiera del suo operato.
    E così era cominciata una notte di follie e trasgressioni.
    L'indomani mattina Ariel si svegliò intontita senza molti ricordi della notte precedente, e sopratutto non a casa sua, nè sul divano di Dean per intenderci. Oh Godric, ma dove sono finita? domandò tenendosi la testa con una mano, strizzando gli occhi per il fastidio che della luce ed il pungente mal di testa che sembrava volerla uccidere. Quanto aveva bevuto la sera prima? Attorno a lei gli uccelli cinguettavano felici. Era troppo presto per essere così felici, vero? Datemi una pozione della memoria sussurrò alzandosi in piedi, camminando tra le persone, reggendosi al muro con una mano. E quel maledettissimo non la smetteva di accecarla.

    Edited by draconifors - 26/2/2024, 02:10
     
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    hedel anakin crawford

    Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo. E nel mondo magico questo non faceva alcuna eccezione, con la sola differenza che ogni famiglia purosangue si distingueva sulle altre per una caratteristica specifica. E quando la notte calava, quello che visto esternamente appariva come un pregio e una qualità invidiabile, avvolti nel mistero della tenebre e celati ad occhi indiscreti il mostro usciva. E così gli ambiziosi Malfoy diventavano delle puttanalle desiderose di apparire come regine della festa, i riservati Black si chiudevano in una nuvola di fumo, certamente erba, i coraggiosi Potter si lanciavano in spericolati giochi. I Crawford senza scrupoli non si tiravano indietro davanti a una partita di poker con un poker d'assi già nascosto nella manica e i Lawrence, cordiali ed espansivi, si trasformavano in delle specie di spugne per alcol. Le feste delle famiglie purosangue, ospitare ora in quel maniero e ora nella villa di, erano qualcosa di indecente, ma fortunatamente gli invitati erano tutti interessati a mantenere ben cucite le loro bocche per evitare ritorsioni o ripercussioni. La plebe avrebbe anche potuto ribellarsi a questo sfarzo, questo continuo scialacquare risorse e galoeni. Ma con camere blindate stracolme di scintillanti galeoni, era necessario fare spazio.
    Si svegliò di soprassalto, colta alla sprovvista dal acro odore di vomito e di alcol, con un mal di testa pulsante e con gli occhi che bruciavano. L'ambiente nel quale si trovava era buio, l'unico spiraglio di luce che fendeva l'aria passando da un'imposta poco chiusa procurava alla Crawford soltanto nuovo fastidio. « Ariehl» la voce uscì roca, con la lingua impastata che si infangò contro la erre, portando a uno strano verso con poco significato.
    Si mise seduta sul divano di stoffa porpora, un capogiro la colse alla provvista e le innestò un conato di vomito. Afferrò il bracciolo, che aveva usato come cuscino, e lo schienale per sorreggersi, come se di colpo si fosse trovata su delle montagne russe. Lo sguardo corse oltre il bancone di lavoro, in quello che era il suo laboratorio delle bacchette, fino al successivo divano. Nessun corpo era adagiato su di esso, soltanto la coperta di fortuna, ultimo baluardo di lucidità prima che il sonno tormentato e sconnesso causato dall'ebrezza la prendesse per le successive ore.
    Della notte precedente ricordava con chiarezza alcuni istanti che s proponevano come flash nella sua mente, costellata di buchi e vuoti di memoria. L'immagine del formaggio groviera, specialità francese portata a casa dal padre dopo un viaggio diplomatico, le si presenta nel cervello come paragone di quella situazione. Tuttavia il solo pensiero del cibo, e della puzza di esso, le causò un conato di vomito che non fu in grado di trattenere. Sporgendosi in avanti ebbe la prontezza di divaricare i piedi per evitare di rimettersi addosso. Cercò tra le anse dei cuscini del divano la sua bacchetta, ma non la trovò. Titubante si alzò in piedi e con passo mal fermo afferrò la prima bacchetta utile, in un negozio come il suo era impresa piuttosto elementare, e agitandola pronunciò « Gratta e netta!» il sibilo frusciò nell'aria e il suo disastro sparì. 11 pollici, frassino, piuma di fenice e ottima per incantesimi domestici. Ubriaca sì, ma ancora in grado di mandare avanti il suo lavoro di creatore di bacchette. « Aviel» chiamò ancora la ragazza. Dean e Nate avevano rimorchiato, quale novità!, due bionde sceme a testa e se ne erano andati ad appartarsi in qualche strana camera abbandonando le sorelle al loro destino. Non che non fossero in grado di badare a loro stesse. La Lawrence si era tira nera già ben prima di lei, il problema dell'alcolismo in quella famiglia era ormai risaputo e la professione di barista al Blind Pig del fratello non aveva certo attenuato il problema, anzi. Invece la Crawford aveva assestato meglio il colpo, bevendo tanto ma distribuendo gli shot lungo la serata, restando costantemente a un livello di ubriachezza sostenibile. Avevano provato a smaterializzarsi ma quando si erano trovate entrambe sdraiate per terra avevano capito non fosse la migliore delle idee. Così avevano optato per il passaggio nel camino. E il solo posto che Hedel era certa fosse collegato via Metropolvere era proprio Ollivander.
    Si avviò verso l'uscita del negozio, appoggiandosi alle bacchette impilate fino al soffitto e poi uscendo. Il raggio di sole che la investì la fece contorcere su se stessa come uno scarafaggio capovolto, copertasi il viso con una mano avanzò per le vie di Diagon Alley. « Ariel!» chiamò. Non poteva tornare dal Lawrence dicendogli che era diventato improvvisamente figlio unico.

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    Aveva vagato per le strade per ore, il sole che le impediva di vedere ad un palmo dal proprio naso, tanto era brillante, e gli uccellini cinguettanti che la rendevano nervosa per il rumore squillante cui la sottoponevano, per non parlare del ciarlare delle persone. Ma non aveva nè la forza nè tanto meno la voglia di fermarsi a chiedere indicazioni, l'avrebbero presa una pazza fuori di testa se avesse chiesto dove si trovava. Hai toccato il fondo Lawrence, niente più alcool si ripromise come faceva ogni volta che si risvegliava priva dei ricordi della notte precedente di bevute. Sia lei sia Dean non disdegnavano gli alcolici, ma non lo ritenevano un problema. Almeno fino a quando non si dovevano fare i conti con i postumi della sbronza, lì sì che partivano i sensi di colpa, eppure neanche 24h ore era già lì al bar con uno o due bicchieri ricolmi di liquido che da lì a poco avrebbe mandato in fiamme i loro organi. Quando un Lawrence prometteva di smettere di bere veniva spesso paragonato a chi prometteva di cominciare una dieta di lunedì. Era così che funzionava. Si facevano promesse mosse dai sensi di colpa o dalla disperazione ma appena si tornava con il giusto stato mentale, con la serenità, tutto era dimenticata e cadeva nelle vecchie abitudini come niente fosse. Normalmente il tutto accadevano nell'arco di qualche ora, una giornata al massimo. Continuò a camminare se guardare dove andava, a malapena riusciva a mettere un piede dinnanzi all'altro senza rovinare a terra, ma ce la stava mettendo tutta per raggiungere un posto che conoscesse, peccato non riuscire ad alzare gli occhi per la forte luce. Oh Cleopatra.
    Ariel! su allora che si bloccò e cercò di capire da dove provenisse quella voce che l'aveva chiamata, o aveva cominciato a sentire voci? La cosa era alquanto grave, davvero MOLTO grave. Chi sei? biascicò inciampando contro una persona, una donna forse, ma la luce alle sue spalle le impediva di vederla bene. Hai un odore familiare tipo lei dopo una notte passata a fare baldoria ed ubriacarsi, non che si annusasse per saperlo, insomma non era così strana. Strizzò gli occhi e li riaprì cercando di mettere a fuoco la donna dinnanzi a lei Hedel? domandò inclinando il capo come se si trovasse di fronte ad un angelo sceso in terra... o un angelo caduto salito in terra?

    Edited by draconifors - 26/2/2024, 02:09
     
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