Do you remember that time?

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    Londra era incredibile. Una città magnifica che non aveva nulla a che vedere con Edimburgo. Sia chiaro, bellissima città anche quella natale di Brad, ma la capitale inglese riusciva a trasmettere un senso di efficienza che poche altre al mondo potevano reggere il confronto. Stava crescendo sotto tutti i punti di vista: tecnologico, culturale, ambientale e, perché no, anche l'aspetto turistico cominciava a farsi davvero importante. La comunità magica si era stabilita seriamente a Londra ed ora McNeal riusciva a capirne il motivo. Anche lui, dopotutto, aveva deciso di passare una settimana nella metropoli per cercare fortuna. Dopo il licenziamento dalla società di Steve, Brad non aveva molto. Hogwarts era chiusa per la minaccia Grindelwald ed anche, quindi, il suo vecchio Professore, che tanto l'ex Corvonero adorava, aveva raccolto baracche e burattini per finire chissà dove. L'unica cosa che era rimasta di lui era un messaggio, lasciatogli da una Civetta che non poteva essere di nessuno se non proprio del Professor Vincentius. Ilvermorny. Un indirizzo? Un consiglio? Brad non era riuscito ancora a decifrare la lettera dell'ex docente, ma era andato a Londra anche per capire perché egli gli avesse lasciato scritto il nome della scuola di magia nord americana.
    McNeal aveva già passato due notti nella locanda del Paiolo Magico, per via della sua comoda vicinanza a Diagon Alley. Lì aveva recentemente cambiato bacchetta dato che la sua si era rotta proprio per una missione affidatagli da Steve McNeal e che aveva destinato l'uomo a lasciare la società del padre. Adesso, Brad si trovava senza lavoro, sì, ma con tante ambizioni e sogni da tirare fuori dal cassetto. I soldi non gli mancavano, per il momento, dunque si era deciso di cercare con calma la sua fortuna. In quei giorni aveva già passato in rassegna pub e bar di zona per leggere sui quotidiani assunzioni o fonti d'ispirazione per eventuali lavori. Non avendo trovato nulla d'interessante si era chiuso in camera per qualche ora per spedire a tutte le sue conoscenze delle lettere nelle quali cercava di capire cosa ci fosse in America di tanto importante. Ilvermorny doveva pur significare qualcosa per Vincentius. Tuttavia, McNeal era spaventato dall'oltre-oceano. Non ne conosceva a fondo le leggi, seppur sapeva che non erano poi così diverse da quelle del Ministero della Magia inglese; non ne conosceva la cultura e, soprattutto, lì non aveva agganci. Poteva andarci, sì, ma solo se avesse trovato un motivo più che significativo per farlo. La paura di ritrovarsi senza nulla, dopotutto, era troppa per uno ambizioso di successo come lui.
    Quella mattina, ancora in pigiamo, Brad aveva deciso di farsi portare la colazione in camera e, con essa, una copia del quotidiano giornaliero. Non che fosse pigro, anzi, ma attendeva con ansia risposte a tutte quelle numerose lettere e lasciare anzitempo la camera significava rischiare di non poter leggere subito gli eventuali riscontri. Il suo sogno di diventare importante per la comunità magica era vivo in lui, ma non avrebbe potuto diventarlo così dal nulla. Doveva sudare e lavorare duramente per riuscire a raggiungere il suo obiettivo. Con Hogwarts chiusa, però, il primo passo era già stato bloccato. Infatti, Brad desiderava cominciare il suo percorso attraverso la cattedra. Diventare docente, dare agli studenti un'importante visione sul mondo, fare quello che il Professor Vincentius aveva fatto per lui sarebbero stati importanti tasselli di un puzzle che l'avrebbero poi reso l'uomo che voleva diventare.
    Due tonfi alla porta lo fecero sobbalzare. Perso tra mille e più pensieri, dovette ricomporsi, mettendo sopra il pigiama una lunga vestaglia in seta marrone che lo rendevano, quantomeno, presentabile. Con delle ciabatte bianche, Brad si avviò alla porta.
    "Arrivo, arrivo. Un secondo!"
    Disse a tono alto per farsi sentire dal cameriere fuori dalla porta. Perse un attimo di troppo per controllare allo specchio di avere tutto in ordine, e poi abbassò la maniglia.
    Nessuno.
    Davanti a lui non c'era né il cameriere che gli portava la colazione, né l'elfo che avrebbe pulito la sua stanza. Solo un vuoto corridoio e null'altro. La sua attenzione, però, venne attirata da una delle finestre. Si avvicinò ad essa e si perse nel guardare il panorama lì fuori. Un via vai continuo di persone che probabilmente erano indaffarate per i regali di natale e un accenno di neve che cominciava a cadere sulla strada.

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    Appallottolò con un certo disgusto la pagina sportiva de “La Gazzetta del Profeta” - e dire che un tempo era stata proprio lei la giornalista sportiva eppure non aveva mai scritto tali fesserie- e la buttò con sprezzante odio dentro la pattumiera più vicina mentre il titolo “Stagione finita, carriera a rischio” dell’articolo a lei dedicato le bruciavano ancora davanti agli occhi. Nulla avrebbe potuto fermare la testarda James Kennegan, nemmeno quello stramaledetto bolide che l’aveva colpita in zona sacrale sulla schiena, nel unico punto in cui il paracolpi non era arrivato a proteggerla, danneggiando gravemente la spina dorsale. Quando era caduta a terra si era trovata a osservare il cielo grigio sopra di lei e poi il vuoto. Si era svegliata in una camera d’ospedale asettica, come ne aveva già viste tante in vita sua, ma non si era più sentita le gambe. I medici erano stato terribili nella loro prima analisi: paralisi. Ora, non sapevano che in gioventù a James era già capitato qualcosa di simile e lei glielo aveva ribadito, con quel accento irlandese che rendeva il tutto così simile a una bestemmia, che si sarebbe rimessa a camminare. Ci aveva messo quasi due settimane prima di reggersi in piedi con l’aiuto delle stampelle ed era passato un altro mese prima che iniziasse a camminare con esse. Un altro mese per toglierle anche se non camminava ancora perfettamente. Non ne poteva più delle incompetenze degli americani e aveva firmato un foglio, uno di quelli dove lasci l’ospedale contro il parere medico e quindi a tuo rischio e pericolo, e si era infilata nel primo camino dotato di Metropolvere. Il verde d’Irlanda era esploso davanti ai suoi occhi curando la sua anima ferita. Ma ancora non camminava perfettamente. Così dopo una settimana di ostinazione e testardaggine si era convinta ad andare al San Mungo. E a Diagon Alley per prendere una nuova bacchetta visto che insieme con la sua schiena era stato spappolato anche il catalizzatore di vite che l’aveva accompagnata per una vita.
    Con la sua pesante sacca da viaggio, un borsone di pelle marrone così logoro da esser grigio in alcuni punti e sul quale c’erano cuciti gli stemmi delle squadre in cui aveva giocato:Serpeverde, gli Appleby , i Stonewall, i Woollongong e la squadra dove aveva iniziato l’attuale campionato americano con i Moose Jaw Meteorites; si trascinò su per le scale della locanda il Paiolo Magico dove aveva preso una camera, la numero sette, per qualche giorno il tempo di fare alcune commissioni a Diagon Alley e poi andare al San Mungo perché si fidava molto di più dei medici che l’avevano rimessa in piedi più di una volta. Portando pesi era più evidente la sua andatura claudicante, con la gamba destra che faticava a trascinarsi in avanti. Concentrata a salire le scale, il borsone le suggi di mano quando ormai la sua testa bionda riusciva a vedere il lungo e vuoto corridoio delle camere. << Cazzo, cazzo, merda, merda.>> accompagnò la caduta del borsone lungo la scalinata. Fino a quando non si fermò sul pianerottolo.
    << Merda>> James Kennegan era arrivata signori e come sempre non era riuscita a farlo con discrezione senza portare casino. Uragano Kennegan era tornato.
     
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    Con i gomiti appoggiati sul davanzale della finestra del corridoio, Brad continuava ad osservare la neve che lentamente cadeva su Londra mentre i cittadini erano impegnati a tal punto da nemmeno accorgersi di quello che capitava sopra le loro testa. Era incredibile quanto il Natale rendesse le persone prive di sentimenti. Non importava di nulla, solo dei loro stupidi regali e di tornare a casa il prima possibile; chi, o cosa, si trovava sulla loro strada era solo d'impiccio. Chissà quanto ci avrebbero messo per rendersi conto delle condizioni atmosferiche. Chissà quante file per arrivare prima in cassa avrebbero dovuto inavvertitamente saltare prima di rendersi conto che, così come loro, c'erano anche altri essere umani in coda per il loro stesso motivo. Non era la comunità magica che doveva fare attenzione a non farsi rivelare, erano i babbani ad essere troppo distratti per non accorgersi della loro presenza.
    Brad amava il Natale solo per un aspetto: le ferie. Stare a casa senza che nessun datore di lavoro potesse rompere le gobbiglie aveva una certa rilevanza nella sua vita, soprattutto perché, fino a quel momento, il suo capo era stato il padre e, sebbene avesse avuto vita facile, tenergli testa, con quei caratteri così diversi, non era stato affatto semplice. Ora, però, le festività invernali avevano perso anche quell'unico lato positivo, dato che McNeal si trovava in una locanda di Londra proprio per cercare lavoro e, chissà, capire anche qualcosa in più sul messaggio criptico lasciatogli dal suo ex docente.
    Un tonfo, poi svariate imprecazioni, fecero svegliare Brad da quei pensieri quasi critici nei confronti del popolo londinese. Imprecò mentalmente anche lui, perché se si fosse trattata della sua colazione avrebbe ucciso il cameriere con forme di tortura lente e dolorose. Aveva fame e voleva iniziare quella maledettissima giornata. Già troppo tempo se n'era andato tra lettere, gufi, finestre e fiocchi di neve. Si chiuse come meglio poteva la vestaglia di seta per dirigersi verso le scale e capire cosa fosse successo. Notò una donna, bionda, di certo non la principessa d'Inghilterra viste le parole appena uscite dalla sua bocca e un borsone a terra. Era stato quello a fare tanto casino? Si avvicinò di più, scese velocemente le scale e si accostò alla ragazza.
    "Scusi se mi permetto, serve una mano? Ho sentito il botto e... L'aiuto io se ne ha bisogno, mi dica solo qual è la sua camera così le porto i bagagli fino alla porta."
    Cordiale e gentile, Brad cercò di far finta di non aver sentito anche le imprecazioni. Non voleva metterla in imbarazzo poiché, seppur scurrile, si trattava pur sempre di una ragazza in evidente difficoltà. Sollevò lo sguardo dal borsone agli occhi della colpevole di un disastro in piena mattinata. Si congelò. Occhi verde smeraldo, capelli biondi, abbastanza lunghi e di certo non ordinati come li avrebbe ordinati lui, persona maldestra e poco educata: quella doveva essere la Kennegan!
    Compagna di scuola ad Hogwarts, seppur in un'altra casata, James aveva sempre fatto parlare di sé ed attirato l'attenzione di tutti, tra cui anche Brad. Lui era stato nominato come miglior giocatore del campionato, lei, invece, l'aveva direttamente vinto quel campionato. Di qualche anno più grande, McNeal non aveva avuto modo di relazionarsi più di tanto, ma era innegabile la celerità della ragazza, soprattutto nelle file del Quidditch. Una studentessa così forte, soprattutto ai primi anni, era una rarità incredibile e se avesse potuto rubare un solo giocatore alle altre squadre quel giocatore sarebbe stato proprio la Kennegan.
    "Ma... - disse fermandosi subito dopo, leggermente senza parole e in difficoltà. - James?"
    Domandò come un imbecille, sperando di non essersi sbagliato e sopratutto di essere riconosciuto. Erano passati anni, più di dieci, da quando lui aveva lasciato Hogwarts dopo il diploma e non poteva di certo pretendere che tutti si potessero ricordare di lui. Certo, aveva avuto i suoi successi, aveva avuto le sue spille e i suoi premi, ma immaginava che anche l'ex Serpeverde avesse poi vinto di tutto e di più.
    "Brad. Brad McNeal, ex Caposcuola di Corvonero, battitore della squadra di Quidditch, ricordi?"
    Fece uscire quelle parole subito dopo, per evitare eventuali figuracce che non aveva voglia di fare. Già era in pigiama, con una vestaglia di seta sopra e con delle ciabatte bianche in un corridoio di stanze di una locanda. Chissà cosa poteva pensare di lui James.
    "Come stai, come te la passi? E cosa ci fai da queste parti?"
    Domandò sorridente poi, curioso di sapere per quale strano fato i due si erano incontrati proprio a Londra, al Paiolo Magico, in un'anonima mattinata di dicembre. Prese poi il borsone, confermandone il peso, e salì lentamente le scale così da poter dialogare un po' con l'ex compagna di scuola.

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    Osservava con decisa ostinazione il suo bagaglio, una massa informe di cuoio logoro riverso sul pavimento. Da quella posizione privilegiata poteva scorgere la difficoltà con la quale la cerniera di chiudeva e le cuciture cercavano di mantenere insieme le toppe di cuoio. Gli occhi di smeraldo erano fissi sul borsone come se con questa sola imposizione visiva fosse stata in grado di appellarlo a se ed evitarsi di ripetere le scale appena fatte con tanta fatica. E aveva una gamba un po’ più rigida a confermarlo. Stava già per lanciarsi in un sospiro di rassegnazione, con un piede già rivolto verso il basso quando una voce la fermò sul posto. Aveva deciso di mantenere un profilo basso per ne voleva evitare di incappare in qualche giornalista, come ad esempio quel George Wittacher che aveva scritto l’osceno articolo appena cestinato, o in qualche tifoso che potesse riconoscerla ma di fronte a una richiesta di supporto non poteva non mostrarsi interessata. E così un ampio sorriso si era allargato sul suo volto, scostando una ciocca d’oro dallo sguardo, per osservare meglio il suo soccorritore. << Grazie è un borsone davvero pesante. La mia camera è la numero sette.>> aveva appena finito di parlare quando si accorse del repentino cambio di sguardo nel suo interlocutore. Da gentiluomo disinteressato a ragazzo che aveva segnato un nome al suo volto. << Beccata>> ammise. Non aveva senso cercare di negare la sua identità, con il passare degli anni era diventato semplice assegnare al suo volto il nome da maschiaccio che tanto aveva fatto scalpore durante i primi anni scolastici. Sorrise, questa volta meno calorosamente che in precedenza perché sapeva che sarebbe stato più difficile passare inosservata. Ascoltò la presentazione del ragazzo e piano piano dalle nebbie dei suoi ricordi spiccò l’immagine del giovane Caposcuola di Corvonero, tanto bravo sul campo di gioco quanto in classe. Ricordava di essersi sentita inferiore perché lei eccelleva davvero soltanto in un campo, letteralmente, anche se poi i meriti sportivi l’avevano portata a diventare Caposcuola di Serpeverde. << Ma certo, ricordo! Ricordo anche che hai cercato di disarcionarmi con un bolide che io stessa ti avevo spedito contro.>> replicò puntandogli il dito indice contro come se avesse appena realizzato di essere in presenza di qualcuno che le aveva fatto un torto enorme. Ovviamente faceva parte del carattere della Kennegan estremizzare i suoi sentimenti e farcire le sue frasi con una buona dose di sarcasmo. << Sto... mi sto riprendendo da un brutto colpo sul campo. Ma ci vuole più di un bolide per distruggermi... comunque sono qui per un controllo al San Mungo.>> spiegò senza dare informazioni più precise perché non sapeva chi poteva ascoltarli. I giornalisti erano in agguato ovunque e magari anche il McNeal aveva seguito una carriera nel mondo dell’editoria.
    << Grazie ancora per l’aiuto... e tu? Che fai da queste parti?>> domandò al ragazzo che nel frattempo aveva recuperato il suo borsone. Si incamminò sugli scalini, procedendo con calma per non caricare più di quanto già avesse fatto la sua gamba, niente affatto preoccupata di mostrarsi effettivamente debole innanzi al suo interlocutore.
     
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    Quante possibilità c'erano di beccare durante un brevissimo soggiorno a Londra per cercare lavoro o, meglio, risposte un'ex compagna di scuola che, come lui, aveva la passione spropositata per il Quidditch e che, inevitabilmente per la sua fama, aveva preso un bel posto nella mente del McNeal? Probabilmente una sola, quella. Brad aveva incontrato James per puro caso e, forse, anche per qualche strano scherzo del fato. Qualcuno aveva bussato alla sua porta ma, uscendo sul pianerottolo, l'uomo non aveva trovato né il cameriere che gli portava la colazione, né l'elfo domestico delle pulizie. Si era anzi perso in uno spettacolo incredibile che solo il Natale poteva regalare, per fortuna visto il bassissimo livello raggiunto dalla comunità durante quel periodo. E poi, all'improvviso, quel suono che solo una maldestra come la Kennegan poteva causare. Era da tanto che non la vedeva, anni, ma doveva ammettere che era cresciuta bene. Il Quidditch di sicuro aveva aiutato a tenerla in forma e, ora, la ragazzina impavida ed eccentrica era diventata una donna, probabilmente dalle stesse caratteristiche. Sorrise, alzando il borsone e trovandosi leggermente interdetto per l'eccessivo peso. Essere battitori poteva fortificare, ma per portare tranquillamente il bagaglio di James ci sarebbe voluto un Troll. Comunque, senza farsi notare in leggera difficoltà, Brad salì i gradini che mancavano per arrivare dal pianerottolo al piano vero e proprio dove si trovavano le stanze.
    Faceva piacere essere ricordati; faceva piacere essere ricordati da James Kennegan. Sorrise ancora, soddisfatto di quell'evento che, a quanto pareva, bruciava ancora tanto all'ex Serpeverde. Era stata una mossa geniale, la sua, ma comunque quella partita era andata persa e Corvonero aveva potuto dire addio alla Coppa del Quidditch in quel preciso momento. Un peccato.
    "Beccato."
    Rispose a tono, come aveva fatto lei poco prima. Averle spedito un bolide addosso era stato qualcosa di piacevolmente eccitante. Era una delle giocatrici più forti della squadra avversaria (se non la più forte) e vederla cadere a terra e quindi ritirarsi dal match era stata una sensazione sadicamente bella.
    I due passarono per tutte le stanze, mentre James spiegava come mai si trovasse proprio a Londra. Passarono anche per la numero sei, la stanza di Brad, con la porta ancora socchiusa. Con una veloce sbirciata, McNeal si accorse che non c'era nulla fuori posto di cui preoccuparsi. Solo la scrivania era piena di fogli di pergamena e, effettivamente, disordinata.
    "E quindi siamo vicini di stanza, eh?! La mia è la sei, quella aperta sì."
    Sorrise, lasciando andare lentamente il peso del borsone sul pavimento proprio davanti alla porta numero sette.
    "Spero niente di grave, comunque. Mi ricordo che il mio bolide non ti aveva fatto nulla, alla partita successiva eri già in campo a svolazzare."
    James Kennegan era davvero imbattibile. Non esistevano trucchi per fermarla e toglierla dai Campi da Quidditch. Le scorreva nel sangue, forse anche più di quanto lo facesse notare. Anche Brad amava quello sport e avrebbe fatto i salti mortali per entrare a far parte di una squadra, ma non era stato intraprendente e caparbio come James. Lui si era lasciato rapire dalla volontà del padre e doveva ancora pagarne le conseguenze.
    "Quanto ti fermerai, quindi, qui a Londra?"
    Domandò poi. Le visite al San Mungo potevano essere lente e fastidiose se avesse riportato ferite gravi.
    "Io sono qui per lavoro. Mi sono licenziato dall'attività di mio padre e... Edimburgo mi è troppo stretta. Cercavo qualcosa al Ministero, voglio fare le cose fatte bene, in grande. Ma non è semplice. Poi ho scritto al Professor Vincentius, il Professore di Difesa Contro le Arti Oscure, ricordi? Mi ha risposto con una parola: 'Ilvermorny'. Non so perché mi abbia citato la scuola americana, ma sono venuto qui anche per cercare risposte. Per ora sta andando male."
    Ammise, per nulla sconfortato, ma con lo spirito di chi aveva voglia di continuare le ricerche ancora per molto. Non si sarebbe dato vinto fino a che non avesse trovato il senso di quel messaggio e non si sarebbe dato vinto fino a che il suo sogno non si fosse realizzato. Brad McNeal non era più il dipendente di suo padre, Steve, ma un uomo che aveva da dare alla comunità magica qualcosa e lo avrebbe presto dimostrato.
    "Tu hai idea di che volesse dire?"
    Si interruppe. Sentendo dei passi dietro di lui, Brad si girò e notò che, finalmente, la colazione era arrivata.
    "È per me. - disse facendo poi una breve pausa riflessiva. - Senti. Tu hai già fatto colazione? Se ti va puoi venire un attimo da me così continuiamo un po' la chiacchierata."
    Forse pretendeva troppo, probabilmente la Kennegan aveva bisogno di sistemare i suoi bagagli e di riposarsi un attimo viste le condizioni fisiche. Però ad una colazione non si poteva rinunciare così facilmente.

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    James Kennegan non poteva dire di avere una buona memoria, perché dimenticava ovunque qualunque cosa o ancora si preoccupava di dove fosse finita la sua bacchetta magica senza rendersi conto che la stava tenendo in mano, ma poteva senz’altro dire di non scordarsi mai un’azione di gioco. Lo aveva imparato sul campo, nel campo di Quidditch di Hogwarts dove aveva iniziato a muovere i suoi primi voli come battitore e piano piano aveva scalato la gerarchia di squadra passando infine in vetta come Capitano. Sotto la sua guida Serpeverde aveva vinto un campionato combattutissimo, con i Corvonero in possesso di un cercatore imbattibile e i Grifondoro con una squadra compatta e agguerrita. La vetta dell classifica era stata traballante fino all’ultimo giorno di campionato ma alla fine i figli di Salazar erano rimasti saldi in testa. Forse la sua gestione non era stata buona, era stato un Capitano severo e negli ultimi tempi, con offerte e proposte da squadre di mezza Inghilterra, era stata assente e distratta. Ma aveva vinto e la vittoria era da sempre la sola cosa che contava per James. Che dopo poco aveva abbandonato il castello per lanciarsi nella prossima avventura. Come Capitano aveva imparato a studiare bene i suoi compagni di squadra, insistendo duramente sulle parti dove peccavano, ma ancora di più a studiare i suoi nemici per conoscere da dove sarebbe arrivato il pericolo e da dove invece poter far cadere l’anello debole. Ricordava perfettamente l’azione di gioco di cui Brad era il protagonista che l’aveva abbattuta in quella che era la sua prima uscita ufficiale come Capitano. Eppure ricordava anche che la partita era stata vinta da un egregia Serpeverde. Un sorriso affiorò sulle sue labbra cullato da quei dolci ricordi, mentre il loro personale j’accuse terminava con un sorriso e dei bei ricordi. << Oh a quanto pare si! Ti fidi molto delle persone eh?>> domandò sollevando un sopracciglio con aria scettica e divertita al contempo. Lasciare la propria stanza aperta era una dimenticanza che la stessa Kennegan sarebbe stata in grado di avere ma era anche consapevole che avrebbe rischiato di trovarsi senza nemmeno più le mutande. Beh, infondo c’era un corridoio completamente vuoto in quella mattinata dove tutti gli ospiti del Paiolo erano usciti per fare compere prima del grande giorno di Natale. A James era sempre piaciuto Natale ma quel anno, visto le sue condizioni, avrebbe fatto a meno della visita ai parenti per evitare pettegolezzi e ulteriori stress. Alla domanda sulle sue condizioni rispose con una scrollata di spalle: per quanto la riguardava se era in piedi e camminava - anche se male- voleva dire che la questione non era così grave. Ma i Medimag erano stati di altro avviso. Questo tuttavia non lo disse al ragazzo e prese al volo la scappatoia fornitale dalla domanda successiva. << Immagino per qualche settimana, ho prenotato la stanza per una settimana ma ho già detto al locandiere che potrei estendere il pernottamento>> Perché la figlia d’Irlanda non era solo una persona altamente pratica ma era anche piuttosto intimidatoria, soprattuto con una mazza da battitore tra le mani, e aveva fatto intendere al responsabile delle camere che la numero sette era da considerarsi prenotata per almeno due settimane anche se lei al momento aveva pagato soltanto per una.
    Il Corvonero aveva voglia di chiacchiere nel breve tragitto che divideva le loro camere, complice anche il passo piuttosto lento della Kennegan, che era tuttavia interessata a questa inaspettata distrazione. Dopo diverso tempo passato ad ascoltare dottori con bollettini medici dalle improbabili declinazioni e i suoi parenti con preoccupaIoni e ansie che si aggiungevano a quelle che già la giocatrice aveva, non poteva che essere lieta di una conversazione normale e quasi banale, senza alcun tipo di implicazioni personali. << Oh si, ricordo che è stato l’unico a non sottrarmi punti... anche quando ho quasi fatto saltare la testa ad una Tassorosso al terzo anno.>> scosse il capo divertita da quel ricordo e da quanto fosse una maldestra giovane strega. Eventualmente poi era cresciuta e migliorata. << Volerai in America a cercare risposte?>> domandò a conclusione del racconto del ragazzo, quasi dispiaciuta di veder riaffiorare la settimana di solitudine e ansie al Paiolo Magico dopo questo gradito diversivo.
    << Che domanda gli avevi fatto?>> domandò con sincera curiosità e con l’espressione di chi osservando un compito di Trasfigurazione non capisce se sia nato prima il topo o la tazzina, o viceversa. Insomma era come se parte del equazione le mancasse e in effetti non aveva colto tra le parole del McNeal cosa avesse scritto al docente. Non sapeva assolutamente cosa significasse Ilvermorny detto così da sola e senza un contesto nel quale inserirlo. Non che per lei comunque avesse molto senso: cresciuta tra le file di Salazar era convinta che non si potesse ricevere al mondo istruzione migliore di quella offerta dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Americani, tsk.
    Erano arrivati davanti alla porta chiusa che recitava in filigrana bianca il numero sette e ovviamente si erano bloccati davanti al pannello di legno scuro. Sorrise timidamente iniziando a tastare ogni parte del suo corpo all ricerca delle chiavi. James Kennegan il danno aveva colpito ancora. E dire che appena le erano state consegnate si era promessa di tenerle strette nella mano destra - lei era mancina quindi aveva portato il borsone con la sinistra- in modo da essere pronta ad aprire senza indugi e invece anche questo buon proposito era andato a farsi fottere. Oh beh, un’altra cosa da aggiungere alla lista delle buone intenzioni - senza speranza di realizzarle- per il nuovo anno. Le ritrovò impigliate bella lunga sciarpa nella quale si era avvolta. Trionfale si era voltata verso l’improvvisato facchino che però era già pronto in una nuova domanda. << E mi porti in camera da letto senza nemmeno offrirmi una cena?>> domandò maliziosa con un sopracciglio arcuato verso l’alto a sottolineare il suo scetticismo. Due secondi di serietà per vedere l’espressione del ragazzo cambiare prima di svelare il suo bluff, ironia questa gran bastarda, con una risata. << Okay, ok. Fammi mettere dentro il mio bagaglio e arrivo...- avrebbe detto infilando la chiave nella toppa della serratura e girando due volte, impossessandosi di nuovo del bagaglio che con poca grazia venne cacciato nella stanza poi richiusa - allora dimmi, chi ti ha detto che un giocatore di Quidditch si corrompe con ciambelle e cioccolata mattutina?>> ancora una domanda tra il serio e l’ironia, perché la Kennegan era fatta così: una contraddizione dopo l’altra. Cercò di mantenere il passo fino a portarsi all’ingresso della stanza del ragazzo, sbirciando le condizioni nelle quali era e osservando il vassoio della colazione appena portato. << Fai strada, sono dietro di te.>>
     
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    Tra vecchi ricordi e aneddoti che avrebbero fatto venire i brividi anche ad un Troll, Brad si consolò in quello che era stato, fino ad allora, il momento più bello della sua vita. Inutile negare che la scuola, soprattutto Hogwarts, formava un mago, che sin da bambino era impossibilitato ad utilizzare la magia con un catalizzatore, a diventare forte, potente, responsabile e saggio. A scuola si imparavano i primi incantesimi di attacco, di difesa, di utilità quotidiano e si trovavano le prime difficoltà, i primi amici ed i primi amori. Erano stati, quelli di Brad, sette anni fantastici adornati da importanti traguardi raggiunti ed ottimi risultati scolastici che facevano ben sperare nel suo futuro. Ed era per quello, forse, che McNeal aveva da sempre pensato in grande per sé stesso, aveva da sempre pensato che fare soldi non importava (non troppo) e che, invece, migliorare la comunità magica a crescere ed espandersi era l'unica cosa che contava davvero. Il suo era un sogno da undicenne, ma che per anni aveva provato a raggiungere, fino a quando Steve McNeal non lo prese sotto il suo controllo. Terminati gli studi, al giovane Brad non venne concesso di sognare, ma solo di lavorare per continuare a fare soldi su soldi. Le ambizioni, in quei dieci e più anni di lavoro con il padre, si erano bruciate ed erano diventate nient'altro che un lontano ricordo, proprio come Hogwarts.
    Rivedere James Kennegan riaccese una fiamma nell'animo di Brad che riprese, quasi, ad avere la stessa grinta e la stessa fame di quando era prima Prefetto e poi Caposcuola. Voleva conquistare il mondo, essere il migliore, non arrivare mai dietro nessuno. E in effetti ci riusciva spesso, tranne nel Quidditch. Lì, seppur bravissimo, Brad dovette lasciare il primo posto proprio alla Serpeverde. Era lei che aveva occupato il trono, meritatamente conquistato.
    "No, in realtà tendo a non fidarmi di nessuno. Solo che avevano bussato e... Non c'era nessuno."
    Dire quella frase gli aveva messo i brividi. Perché non c'era nessuno? Che fosse solo uno scherzo del fato per farlo incontrare dopo tanti anni con l'ex compagna di Hogwarts? Comunque, nessuno sarebbe potuto entrare in camera sua senza essere visto. Quel corridoio scricchiolante era vuoto e qualsiasi rumore Brad l'avrebbe udito senza alcun problema, proprio come il tonfo del borsone della Kennegan. Fu fortuna, forse destino, ma in ogni caso quel ritrovo aveva messo addosso al McNeal ancora più voglia di cercare informazioni riguardo Ilvermorny e il Professor Vincentius.
    "Una settimana? Oh bene, allora sarai mia vicina di stanza per ancora cinque giorni. Sto cercando anche un appartamento in zona, quindi la prossima volta che verrò a Londra spero di essere a casa nuova."
    Onestamente sperava di riuscire a passare altro tempo con James, per riaprire insieme quella porticina dei ricordi che voleva essere in realtà sfondata per farli uscire tutti allo scoperto e per discutere sulla situazione attuale dei due ragazzi, decisamente cambiata dopo essersi diplomati. Era Natale, però, quindi forse la ragazza aveva altri progetti, ma fino a che stavano entrambi al Paiolo Magico qualche incontro casuale poteva anche starci di mezzo. Sorrise all'idea, senza farla però trasparire. Non ci sarebbe stato nulla di casuale nello bussare alla porta accanto alla propria, ma quelli erano dettagli di cui Brad non teneva conto. Se si metteva in testa una cosa la portava a termine, a qualunque costo.
    Alla domanda del Professore di Difesa Contro le Arti Oscure, James tirò fuori un aneddoto che Brad aveva totalmente dimenticato e che lo fece scoppiare a ridere di gusto, con tanto di espressione 'cazzo è vero!'. La Kennegan non si smentiva mai e forse Vincentius si era ormai rassegnato: che senso aveva togliere punti alla studentessa più maldestra della scuola? Probabilmente nessuno e infatti così ragionò l'ex Insegnante. Le domande che poi gli fece James furono tanto difficili quanto banali. Non ci aveva ancora pensato, ad andare in America di persona, per controllare la situazione, ma forse non era poi una così cattiva idea. Come gli aveva insegnato suo padre Steve (almeno una cosa buona l'aveva fatta), andare sul posto per capire i comportamenti di una pianta (in questo caso di una Scuola) era sempre meglio che studiarlo sui libri.
    "Forse sì, forse no. Dipende anche da cosa trovo qui a Londra. È difficile trovare un motivo per lasciare tutto e partire, dovrei trovare una scusa che mi faccia convincere. Tu come ti sei trovata lì? È tanto diversa dal Regno Unito?"
    Sarebbe bastato anche una sola lettera dell'ex Docente che gli diceva 'vieni qui a trovarmi' e lui si sarebbe lanciato. Era un'opportunità, lo sapeva, ma fino a che non era sicuro di ciò che andava a cercare era meglio rimanere lì, a cercare un lavoro sicuro ed un tetto sotto cui stare che non fosse abitato da altri McNeal. La giocatrice di Quidditch, in effetti, gli poteva dire qualcosa di più a riguardo, dato che gli pareva che lei c'era stata per un po' di tempo, quantomeno per giocare. Sapeva che lo sport principale americano era il Quodpot, ma il Quidditch era troppo amato per non giocarlo, anche per quegli strani degli americani.
    "Gli ho solo detto che mi ero licenziato dalla società di mio padre e che avevo voglia di cambiare completamente ambiente, che stavo cercando qui a Londra un impiego serio, un lavoro ministeriale o che so io. Lui mi ha risposto così."
    Era stato criptico. Poteva voler dire mille e più cose il nome della scuola di Ilvermorny, ma Brad non riusciva proprio ad incastrare i tasselli giusti per comporre il puzzle. Forse, non voleva comporlo, perché la risposta lo spaventava terribilmente.
    Fortunatamente, ad interrompere quei pensieri così strani e complicati arrivò il cameriere con la colazione richiesta dal McNeal per la stanza numero sei. Era buffo come, anche quella volta, il destino aveva giocato la sua parte. Brad aveva ordinato tanta di quella roba che poteva essere benissimo divisa per due. Il vassoio conteneva due ciambelle al cioccolato, un caffè, una tazzina piena di cioccolata fumante, un succo di zucca, gli immancabili toast uova e bacon e una manciata di macaron,
    "Ti offro una colazione, un pasto vale un altro, dai."
    Sorrise, controbattendo fiero alla battuta ambigua della Kennegan. Lui era un gran provocatore e se amava qualcosa era proprio l'ironia. Attese che James infilasse il borsone nella sua camera e poi, gentilmente, le aprì la porta lasciandole tutto il tempo di cui necessitava. Il letto nella numero sei era matrimoniale e, fortunatamente, già riordinato. La scrivania era piena di fogli, di lettere e di annunci di giornale ed, ora, anche il vassoio era riposto sul tavolo ligneo. Le tende erano spalancate, permettendo così la vista sull'esterno. I fiocchi di neve erano diventati più grossi e stava cominciando a nevicare proprio come ci si aspetta durante le vacanze natalizie.
    "Nessuno può dire di no alle ciambelle. Nemmeno una celebrità come te, Kennegan. La mia è stata una vittoria troppo facile."
    Ammiccò, facendo il simpaticone e facendo poi un gesto con la mano ad indicare il letto così che lei si potesse accomodare lì. Prese la bacchetta e fece levitare il vassoio proprio sul letto, tra lei e lui, per essere più pratici nel prendere tutto ciò che volevano mangiare. Prese un macaron, per iniziare, per permettere alla ragazza di scegliere quello che voleva senza troppe paranoie.
    "Prendi pure tutto quello che vuoi, non fare complimenti."
    Cominciò, per poi tornare a discorsi leggermente più importanti.
    "Ho sempre creduto che diventare insegnante fosse il mio compito, sai? Per questo ho scritto a Vincentius. Ero bravo a scuola, bravissimo a dirla tutta, ma terminati gli studi papà mi ha preso con lui e non so nemmeno io come sono riuscito a staccarmici. So solo che ora non mi parla più e mi sono messo contro tutta la famiglia. Però, con Hogwarts chiusa... Guarda qua."
    Si alzò dal letto, per andare a prendere un giornale che aveva sulla scrivania. Tornò immediatamente da James, con la pagina giusta in mano.
    "È a Diagon Alley. Pensavo di contattare l'agenzia immobiliare, così da farmi fare un preventivo. Potrebbe essere comodo stare lì: hai tutto ciò che ti serve sotto il naso e sei più tranquillo che qui al Paiolo Magico. E se dovessi lavorare al Ministero, beh non sarebbe nemmeno troppo male."
    Sorrise, mostrando orgoglioso l'appartamento che aveva adocchiato in quei giorni proprio passando per la via più famosa di Londra.
    "Tu, invece? Pensi che ti sistemerai qui? Hai qualche squadra che ti cerca o tornerai in America?"
    La domanda era a doppio senso. Da una parte, Brad era seriamente curioso di sapere cos'avesse fatto James una volta a Londra. Dall'altra, però, voleva sapere il più possibile dell'America e della cultura americana. Aveva così tanto da scoprire. Prese una delle due ciambelle e la mangiò, senza troppi complimenti, osservando dritto negli occhi della Kennegan.

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    James Kennegan

    Ammirava, quasi quanto al contempo ne era spaventata, le persone così tanto organizzare come sembrava Brad McNeal. Il Corvonero sembrava aver tracciato, descrivendola in due o tre frasi, ogni tappa della sua vita. A questo punto la Kennegan si stava domandando se possedesse sovrannaturali doti divinatorie - al massimo lei era stata in grado di mangiarmi le foglie di thè, ma di premonizioni nemmeno una traccia- e se avesse già scelto un nome per i suoi figli. Doveva essere bello sapere esattamente quello che si voleva, al punto di poter tracciare un piano preciso, anche dal punto di vista temporale oltre che fattuale. Ma la verità era che l’Irlandese e la sua capacità di pianificazione al massimo arrivava a decidere cosa mangiare per cena. E per quanto prevedere che sarebbe stata una pozza fosse facile e scontato, questo era per lei il massimo a cui si estendeva la sua visione del futuro. Stasera pizza. Sapeva questo. Aveva prenotato, e pagato anche in anticipo, per una settimana intera per la stanza numero sette ma non era sicura che ci sarebbe stata per così tanto. Non era sicura di niente, se non del Quidditch. Era sempre stato la sua costante nella vita ed ormai era diventato parte integrante del suo essere. Non sapeva dove l’avrebbe portata la prossima squadra, ma sapeva che ci sarebbe stata una squadra. Capiva, ma senza comprenderlo davvero, la preoccupazione per il cambiamento del McNeal, tuttavia non se ne sentiva così sopraffatta come invece sembrava lui. Per lei ovunque ci fosse un campo di Quidditch era casa, quindi non le importava di spostarsi, non temeva il cambiamento perché nella sua vita potevano cambiare i colori che indossava ma non la sua destrezza nel Quidditch. << Non l’ho vista molto, la mia visione del mondo non si allontana mai troppo dalle torrette del campo di Quidditch... - rispose alla domanda scuotendo il capo e le spalle - non è così diversa dal Inghilterra. Sono molto più nascosti e schivi con i babbani, rigidi nelle regole e anche un po’ bacchettoni... ma non penso che ci sia molta differenza tra Ilvermorny e Hogwarts>> cercò di sforzarsi a fornire al ragazzo qualche informazione più dettagliata, vangando alcune informazioni di seconda mano, che arrivavano dal New York Ghost o dai racconti dei compagni di squadra. Il Quidditch non era molto diverso anche se la sua popolarità era contesa con il Quodpod dove era incredibilmente incapace.
    Anche sentendo come era avvenuto lo scambio di missive tra McNeal e il professor Vincentius, non aveva molto da aggiungere alle osservazioni precedenti, non essendo in confidenza con l’uno o con l’altro non avrebbe saputo aiutare il Corvonero, ma era convinta che bastasse un po’ di coraggio per prendere una decisione e decifrare in un modo, piuttosto che in un altro, il criptico messaggio del docente.
    Nel corridoio seguí il ragazzo fino alla camera da letto numero sei, per nulla preoccupata di farsi trovare nella stanza di qualcun altro- almeno fin tanto che avesse tenuto i vestiti addosso- e consapevole di poter tenere a bada qualunque tipo di attenzione indesiderata. Insomma era una battitrice e per allenamento era molto più forte della media dei maschi, spesso anche di suoi colleghi di mazza. E comunque non era il caso di Brad, che era una piacevole compagnia che aveva dimostrato una gentilezza di altri tempi, in grado di metterla a proprio agio e di farla sentire al sicuro semplicemente portandole il borsone. La camera del ragazzo era praticamente identica alla sua, che aveva osservato solo da un breve spiraglio quando aveva riposto -lanciato a dir il vero- il suo bagaglio, il letto matrimoniale era ampio e morbido, con il lenzuolo rifatto e i cuscini ben sprimacciati. La Serpeverde aveva sempre apprezzata questa parvenza di pulizia anche se il Paiolo Magico non era certo la locanda più chic era
    senza dubbio una delle migliori in termini di qualità prezzo. Prese posto sul bordo del letto, trovando immediato sollievo alla gamba per averla sgravata dal proprio peso, che era morbido come sembrava e questo era promettente per le ore di sonno che le erano necessarie sopratutto per via del riposo forzato. Ma delle sue condizioni reali di salute preferiva non parlare per non tediare il suo interlocutore. Non se lo fece ripetere due volte e senza cerimonie afferrò una delle ciambelle al cioccolato e vi stampò un morso, strappando la delizia farcita al cioccolato e la glassa con un ghirigoro bianco che le lasciò una specie di rossetto al cacao sul labbro superiore. Mentre stava masticando ascoltava con interesse le parole del Corvonero che le confermarono il pensiero avuto in precedenza: ammirazione e timore verso le persone che avevano così le idee chiare riguardo al proprio futuro. Quello che James aveva in mente arrivava solo fino al domani mattina, finire la ciambella che stava mangiando, prendersi una giornata a Diagon Alley per alcune commissioni e recarsi la mattina - ma non troppo presto perché voleva dormire per recuperare con il fuso orario- al San Mungo. Ma immaginava fosse normale per qualcuno la cui vita era un pendolo continuo tra allenamento e partita, partita e allenamento, allenamento e turno di riposo. James Kennegan non aveva vissuto una vita normale, non conosceva le preoccupazioni derivanti dal cosa fare nella vita perché lei aveva sempre saputo di essere votata al Quidditch senza alcun piano di riserva, non conosceva la necessità di trovare una casa perché un letto accanto al campo di gioco era tutto quello di cui necessitava, i suoi amici e la sua famiglia cambiavano con il cambiare della squadra e per un animo irrequieto come quello dell’irlandese andava più che bene. Ma ora aveva ventisette anni, una gamba non propriamente sana ed era forse il momento di iniziare a pensare a cosa fare da grande. << Dove ti piacerebbe lavorare al ministero? Io per un po’ ho lavorato al settimo, ma stare chiusa in un ufficio con le gambe incastrate sotto una scrivania era come costringermi in una gabbia... non faceva per me>> domandò e raccontò addentando ancora la ciambella che era davvero molto gustosa. Forse era il momento di crescere si disse osservando l’inserzione della casa che il ragazzo le aveva mostrato. In effetti la cosa più costosa e di valore che lei possedesse era la sua scopa da corsa, ma nulla di serio come una casa. E il mago continuava ad aumentare lo sua percezione di essere inadatta alla situazione facendole altre domande sul futuro, ovviamente lui si immaginava di aver a che fare con un adults dalle idee chiare e con un progetto delineato nella mente, ma tutto quello che la figlia d’Irlanda sarebbe stata in grado di rispondere con estrema sincerità era un misero non lo so. Tuttavia si fece coraggio perché voleva sembrare quanto meno un po’ intelligente e così si sforzò di raccontare qualcosa di verosimile, qualcosa che avrebbe anche potuto realizzarsi. << Beh c’è sempre qualche squadra che mi cerca. Ma preferirei restare in Inghilterra: campionato più stimolante, migliori giocatori e squadre con cui competere, e poi diciamolo qui pagano davvero bene se si diventa un top player.- iniziò a raccontare cercando di non farsi condizionare troppo dall’incognita data dalla guarigione della gamba - mi piacerebbe giocare nelle Harpies, perché sono tutte donne, o anche nei Falcons, perché sono tutti maschi. Ma anche giocare per la squadra del cuore, i Bats, non mi spiacerebbe. Sono molto volubile... dammi due ore e ti aggiungerò una quarta squadra.>> rise, anche se stava dicendo la verità sulla facilità con cui cambiava opinione, era come stare nel occhio del ciclone. Forse per coerenza di nome avrebbe dovuto scegliere i Tornados. La Kennegan sostenne lo sguardo di Brad che la stava guardando dritta negli occhi, un intensità di sguardo che si domandava da che cosa fosse data. << Verrai a vedermi giocare quando sarò in una di queste squadre?- domandò giusto per smorzare l’attenzione e per addentare con un nuovo morso la sua ciambella, mentre la seconda era stata scelta dal Corvonero - O tiferai per qualche squadra avversaria?>> puntò il dito verso il ragazzo aggrottando le sopracciglia come se fosse una minaccia. Si domandò se qualcuno di così tanto organizzato avesse già scelto anche una squadra per la quale tifare, senza possibilità di cambiare opinione a riguardo.
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    Leggermente deluso dalla risposta della Kennegan, Brad cercò di sorridere per nascondere il sentimento agli occhi dell'ex compagna di scuola. Avrebbe voluto sapere di più dalle incredibili esperienze di gioco di una celebrità come James, ma doveva aspettarsela quella risposta. Dopotutto gli sportivi non avevano molto tempo a propria disposizione e il poco tempo che avevano lo concedevano alla stampa o alla famiglia. Girare l'America, probabilmente, non era tra le priorità di una battitrice di Quidditch, ma McNeal sperava di ricavare qualche utile informazione sulla scuola statunitense che gli aveva citato il Professor Vincentius. Era un mistero quell'uomo e Brad doveva accettare il fatto che, nemmeno con l'aiuto di James, al momento, non sarebbe riuscito a decifrare quel criptico messaggio che gli aveva mandato grazie al suo gufo. Doveva fare ricerche più approfondite e probabilmente si sarebbe recato alla Biblioteca di Edimburgo per farle, fornita e inevitabilmente vicino casa (casa dei suoi genitori, in realtà). Cercare su quotidiani e su libri di geografia o storia, qualcosa su Ilvermorny non doveva essere poi così complicato, dato che si trattava di una delle più importanti scuole di Magia e Stregoneria, dopo Hogwarts, naturalmente.
    Comunque, McNeal cercò di non farsi vedere deluso da quella risposta e proseguì senza problemi il suo incontro, camminando per il corridoio e aprendo definitivamente la porta della numero sei per far entrare la Kennegan al suo interno. L'aveva fatta accomodare e l'aveva fatta servire - era impossibile rifiutare una ciambella - e le aveva raccontato qualcosa di sé che non pensava di raccontare. Sebbene si trattasse di una ex compagna di scuola, non era così in confidenza con lei. Tuttavia, l'essere cresciuti "insieme" e l'essere ormai diventati grandi aveva fatto passare in secondo piano la rivalità delle due casate e la rivalità delle squadre di Quidditch. Averla vista con la gamba mal ridotta e aver realizzato di avere una bellissima (in tutti i sensi) compagnia al Paiolo, aveva fatto aprire lo Scozzese che incurante della sua vestaglia e delle sue pantofole, aveva addirittura fatto accomodare nella sua stanza una sorta di celebrità sportiva. Poco gli importava di chi fosse James, gli importava del fatto che fosse sua amica e che avesse accettato l'offerta della colazione, sarebbe stato una mancanza inaccettabile altrimenti. Non aveva idea di come sarebbe stata quella settimana con lei, se si sarebbero visti ancora, ma nemmeno ci pensava, per il momento il suo obiettivo era cercare di scoprire il significato del messaggio criptico di Vincentius e, soprattutto, trovare lavoro per cambiare casa e aria. Edimburgo gli stava stretta. Casa McNeal ancora di più.
    "Mi piacerebbe lavorare come Ispettore del Secondo Livello, per il Dipartimento Uso Improprio Arti Magiche. Ma vediamo, i colloqui sono abbastanza serrati."
    Ammise, senza problemi. Era sicuro delle sue capacità e sapeva benissimo che non avrebbe avuto eccessive difficoltà a superare qualsiasi colloquio di lavoro, ma al Ministero la faccenda cambiava. Tra raccomandati e preferenze, i Ministeriali erano diventati sempre più 'una casta' ed entrare a farci parte non era scontato. Brad ascoltò poi l'esperienza di James, sorridendo, rischiando anche di far cadere il succo di zucca che stava bevendo dai lati delle labbra.
    "No, direi che James Kennegan in un ufficio non si può proprio vedere. Mi sa che il tuo molliccio sarebbe identico a quello di Scamander!"
    La Serpeverde era uno spirito libero ed era impossibile pensare di rinchiuderla all'interno di un ufficio a farle firmare fogli, timbrarli e chissà cos'altro di estremamente noioso per quel genere di ragazza. Un molliccio, vicino a lei, probabilmente si sarebbe trasformato in una scrivania piena di fogli, proprio come era successo a Newt Scamander. Le voci della sua stranezza continuavano a circolare ad Hogwarts anche quando lui e James erano studenti. Ma era giusto così, ognuno era fatto a modo proprio e a Brad, onestamente, piaceva la scelta di vita della Kennegan. Viaggiare e cambiare aria poteva farle solo che bene e forse l'avrebbe potuta emulare, così da togliersi il problema del padre, da togliersi il peso del nome della famiglia che portava, ma non faceva troppo per lui. A causa di uno stupido viaggio aveva rotto la bacchetta e non era di certo il migliore degli avventurieri. Forse solo per il Quidditch sarebbe stato disposto a muoversi un po', ma chissà... A quell'età non era certo che tutte le squadre potessero accettarlo, soprattutto dopo così tanti anni di stop senza buoni allenamenti.
    "Sei richiesta, eh James? È un onore allora averti in camera mia."
    Ci scherzò su, osservando la ragazza con attenzione. Era curioso di sapere cosa stesse pensando: non doveva essere comune una situazione del genere per lei.
    I nomi delle squadre elencate dalla battitrice erano importanti, non c'era da sorprendersi, ma Brad stropicciò il naso quando sentì il nome dei Falcons. Da sempre era la squadra che più non sopportava. Adorava le Harpies, invece, per la loro grinta incredibile e i Bats, per le loro scenografie di un altro pianeta.
    "Verrò, se mi inviterai. - disse, lanciando il sassolino. - Ma contro i Montrose Magpies, mi dispiace, tiferò per loro. È la mia fede."
    Era la squadra scozzese più forte di tutti i tempi, era la sua squadra preferita da quando era piccolo ed era la squadra per cui sognava di giocare da sempre, appena aveva cavalcato la prima scopa. Chissà, magari la Kennegan avrebbe giocato per loro e sarebbe diventata la sua giocatrice preferita o, invece, magari sarebbe stata, di nuovo, l'eterna rivale.
    "Però voglio un posto in basso, dove si vede bene tutto il campo!"
    Scherzò poi dopo, sapendo benissimo che i posti in basso erano i più richiesti e i più costosi.
    "E poi mi dovrai presentare a qualche capitano, così da convincerlo a prendermi in squadra con lui."
    Sarebbe stato bello ritornare a calpestare l'erba del campo di Quidditch e cavalcare una scopa. Sarebbe stato bello riafferrare una mazza e giocare come attaccante e difensore per eccellenza. Sarebbe stato bello vincere, come una volta, il premio di miglior giocatore della stagione, nonostante la sconfitta della squadra. Sarebbe stato bello, sì, ma assai difficile. Non sperava di aver convinto James, anche perché era una semplice battuta, ma era inutile negare che in fondo al suo cuore sperava di indossare una divisa da Quidditch un giorno. Un giorno relativamente vicino, perché più passava il tempo più rischiava di farsi vecchio e diventare quindi un possibile intralcio per la squadra.
    "Ma... - si fece di nuovo serio, lasciando il bicchiere sulla scrivania e incrociando le gambe, facendo fare uno strano movimento alla sua vestaglia. - Tornerai presto sui campi o è più serio di quello che vuoi dare a vedere?"
    In un certo senso ci teneva alle condizioni fisiche di James, soprattutto perché ora più che mai voleva vederla giocare. Passò lo sguardo velocemente sulla gamba, come se potesse dirgli la verità, e poi tornò a osservare profondamente gli occhi della Kennegan, verdi, come il colore della casata che portava nel cuore.
    "Se ti serve qualcosa, comunque... Un accompagnatore o non so. Beh, io ci sono, bussa pure alla numero sei ed io ti aprirò, se non sono in giro a cercare di risolvere questo cavolo di messaggio."
    Non voleva sapere se doveva andare al San Mungo, anche se probabilmente era tornata in Inghilterra per quel motivo, né voleva sapere se servissero effettivamente degli accompagnatori, ma voleva solo far sapere alla verde-argento che se voleva un amico poteva contare su di lui, senza paura di essere intervistata dalla stampa o fotografata da giornalisti volenterosi di pubblicare un'ottima foto da prima pagina. Indicò poi il messaggio di Vincentius, che di certo gli avrebbe fatto perdere nottate insonni per molto e molto tempo. Prese un secondo macaron e lo mise in bocca, offrendone un altro alla ragazza che era accanto a lui sul letto. Non avrebbe mai pensato di portare in camera, sul letto, una ragazza vestita solo per... mangiare.

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