Do you remember that time?

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  1. James Kennegan
     
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    Appallottolò con un certo disgusto la pagina sportiva de “La Gazzetta del Profeta” - e dire che un tempo era stata proprio lei la giornalista sportiva eppure non aveva mai scritto tali fesserie- e la buttò con sprezzante odio dentro la pattumiera più vicina mentre il titolo “Stagione finita, carriera a rischio” dell’articolo a lei dedicato le bruciavano ancora davanti agli occhi. Nulla avrebbe potuto fermare la testarda James Kennegan, nemmeno quello stramaledetto bolide che l’aveva colpita in zona sacrale sulla schiena, nel unico punto in cui il paracolpi non era arrivato a proteggerla, danneggiando gravemente la spina dorsale. Quando era caduta a terra si era trovata a osservare il cielo grigio sopra di lei e poi il vuoto. Si era svegliata in una camera d’ospedale asettica, come ne aveva già viste tante in vita sua, ma non si era più sentita le gambe. I medici erano stato terribili nella loro prima analisi: paralisi. Ora, non sapevano che in gioventù a James era già capitato qualcosa di simile e lei glielo aveva ribadito, con quel accento irlandese che rendeva il tutto così simile a una bestemmia, che si sarebbe rimessa a camminare. Ci aveva messo quasi due settimane prima di reggersi in piedi con l’aiuto delle stampelle ed era passato un altro mese prima che iniziasse a camminare con esse. Un altro mese per toglierle anche se non camminava ancora perfettamente. Non ne poteva più delle incompetenze degli americani e aveva firmato un foglio, uno di quelli dove lasci l’ospedale contro il parere medico e quindi a tuo rischio e pericolo, e si era infilata nel primo camino dotato di Metropolvere. Il verde d’Irlanda era esploso davanti ai suoi occhi curando la sua anima ferita. Ma ancora non camminava perfettamente. Così dopo una settimana di ostinazione e testardaggine si era convinta ad andare al San Mungo. E a Diagon Alley per prendere una nuova bacchetta visto che insieme con la sua schiena era stato spappolato anche il catalizzatore di vite che l’aveva accompagnata per una vita.
    Con la sua pesante sacca da viaggio, un borsone di pelle marrone così logoro da esser grigio in alcuni punti e sul quale c’erano cuciti gli stemmi delle squadre in cui aveva giocato:Serpeverde, gli Appleby , i Stonewall, i Woollongong e la squadra dove aveva iniziato l’attuale campionato americano con i Moose Jaw Meteorites; si trascinò su per le scale della locanda il Paiolo Magico dove aveva preso una camera, la numero sette, per qualche giorno il tempo di fare alcune commissioni a Diagon Alley e poi andare al San Mungo perché si fidava molto di più dei medici che l’avevano rimessa in piedi più di una volta. Portando pesi era più evidente la sua andatura claudicante, con la gamba destra che faticava a trascinarsi in avanti. Concentrata a salire le scale, il borsone le suggi di mano quando ormai la sua testa bionda riusciva a vedere il lungo e vuoto corridoio delle camere. << Cazzo, cazzo, merda, merda.>> accompagnò la caduta del borsone lungo la scalinata. Fino a quando non si fermò sul pianerottolo.
    << Merda>> James Kennegan era arrivata signori e come sempre non era riuscita a farlo con discrezione senza portare casino. Uragano Kennegan era tornato.
     
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8 replies since 21/12/2019, 20:42   233 views
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