Ireland's Call

per James Kennegan

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  1. SciuraWitch
     
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    sybil kennegan
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    Invecchiare era una vera rogna. Lo aveva capito sulla soglia dei 90 anni quando ogni volta che tardava a rispondere al gufo di suo figlio, per mancanza di tempo e di voglia o per semplice dimenticanza, e Harvey si materializzava alle sue spalle, rischiando di farle venire un'infarto. Si era imposta, da brava strega di una certa età, dicendo che avrebbe preferito che la ritrovassero mangiata dai gatti, Theodore e Isidora, due fantastici esemplari siamesi, che morire d'infarto perchè temevano fosse già trapassata. Erano passati 3 anni ma Sybil Kennegan restava tenacemente in sella alla sua scopa, in barba all'età. Aveva saputo, da un ignobile tabloid americano, lei come irlandese odiava gli inglesi ma ancor di più gli americani, che la sua adorata nipote aveva avuto un'incidente con il Quidditch. le aveva detto lei di non montarsi la testa con quello stupido sport che l'avrebbe fatta uccidere, ma la più piccola dei Kennegan aveva risposto con la veemenza tipica dell'Irlanda: sbattendosene le palle e proseguendo per la sua strada. L'anziana strega non poteva che esserne orgogliosa, anche se in realtà le avrebbe fatto una ramanzina per la sua avventatezza, colmata di molteplici io te l'avevo detto. Diventare vecchi portava molte rogne, come i suoi occhiali la cui lente si ispessiva di anno in anno, mentre la sua memoria si faceva sempre più sottile, ma avrebbe giovato dei numerosi vantaggi che comportava. I te l'avevo detto facevano parte di questo, insieme con il poter essere scontrosi senza un motivo, dire quello che si pensava fregandosene del giudizio altrui e imparando a vivere facendo quello che si voleva. Era una fortuna che James non le avesse dato ancora dei nipotini o avrebbe approfittato anche dello scambiare i nomi di tutta la famiglia, ma ancora di giovani Kennegan non vi era traccia. Non sapeva bene come funzionasse questa gioventù moderna, ma sperava che sua nipote avesse pensato a dare un futuro alla loro gloriosa casa. Di questo e di molto altro voleva parlare con lei in quello che era stato un appuntamento preso con un rapido scambio di lettere. Sybil si era imposta per anzianità esigendo, più che chiedendo, un incontro, ma sperava fosse gradito alla nipote. L'appuntamento era dei più classici dello stile inglese, dannati inglesi, un thè ai Tre Manici. Dall'Irlanda si sarebbe mossa in Scozia, tramite il sistema dei caminetti perchè alla sua età preferiva evitare il malessere della materializzazione, ma avrebbe evitato fino alla fine dei suoi giorni, o almeno per quanto possibile, di scendere a Londra. Era meglio che James non si presentasse sposata con un americano o peggio ancora un londinese. Non avrebbe sopportato di mischiare il nobile e puro lignaggio irlandese dei Kennegan con villici invasori. Entrò nella locanda esattamente alle 17, ora precisa del thè, e prese posto in un tavolino vicino alle finestre, le piaceva osservare i passanti per strada affaccendarsi lungo il viale. E ora le toccava aspettare sua nipote, nella speranza che fosse puntuale, per una volta nella sua vita.

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    Cheyenne Luna Black
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    Essendo nata e cresciuta in America, la Black non aveva mai dato troppa importanza al thè come bevanda, considerandola una versione povera e meno energetica del caffè. Il caffè, lungo e nero come piaceva agli americani, era la sola cosa che la faceva alzare la mattina per affrontare il turno della colazione dopo una notte trascorsa al San Mungo in guardia, non ne avrebbe potuto fare a meno. Se invece la bevanda con la teina fosse scomparsa dall'oggi al domani probabilmente lei non se ne sarebbe nemmeno accorta. Almeno non fino a quando non aveva iniziato a prendere la gestione dei 3 Manici di Scopa. Aveva scoperto che gli inglesi avevano una sorta di vera e propria ossessione per il thè e si precipitavano, puntuali come la morte e le tasse, nel locale alle 17 precise per berne una tazza, accompagnata da tre biscotti o un pasticcino, alcuni dei più golosi addirittura con una fetta di torta o crostata, affollando i 3 Manici come mai accadeva nel resto della giornata. Certo, la mattina era dedicata alle colazioni, ma il flussio di clienti arrivava ad ondate dalle 6 del mattino con i più mattinieri, fino ai tardivi delle 11 che ancora avevano il coraggio di ordinare un cappuccino e una pietanza per fare già pranzo. Anche il pranzo si allungava, così come la cena, su un arco temporale importante dove i clienti si disperdevano, ma l'ora del thè era sempre stato un delirio. Poco prima delle 17 gli inglesi cominciavano ad entrare e a prendere posto e per le 17 esigevano che fosse posta davanti loro una teiera fumante e i dolcetti. Chi non trovava posto a sedere rinunciava alla tazza del thè, perchè posticiparlo non aveva lo stesso sapore del vero thè inglese delle cinque. Paese che vai, tradizioni che trovi, ma la Black continuava a vederlo come un fenomeno assurdo nonostante facesse levitare i suoi incassi. Ecco, la carenza di denaro era il solo motivo per cui, ora, si sarebbe accorta della scomparsa del thè. Aveva già iniziato a distribute numerose teiere in giro per la sala, mentre nella cucina Quincey stava preparando la seconda teglia da infornare di biscotti, quando notò, per via dell'avanzata età della donna, una strega aggiudicarsi l'ultimo posto disponibile in tutto il locale, un tavolo anche piuttosto bello perchè vicino alle grande finestre, ma appunto per questo non molto caldo. In un'altra occasione si sarebbe mossa per convincere l'anziana signora a spostarsi in un tavolo più protetto, magari quelli super ambiti vicino al caminetto scoppiettante, ma quel giorno era senza alternative. «Benvenuta ai Tre Manici di Scopa, Madame» era arrivata dall'anziana strega dopo aver finito di servire, parlando con un tono di voce squillante per superare il brusio della sala e per timore che la donna avesse problemi di udito. Saltellando, arrivò il menù del locale che si appoggiò, già aperto sul tavolo dove stava la strega. «Sta aspettando qualcuno? In ogni caso ecco il nostro Menù dove può trovare i nostri prodotti. Se è qui per l'ora del thè, mi permetto di consigliarle un BlaBla Tea che è disponibile nei gusti limone, pesca, tea verde o tea nero; e sta per uscire dal forno la Crostata ai Lamponi.» spiegò alla donna con un sorriso, sperando di non averla offesa in qualche modo. Le signore inglesi erano molto particolari e spesso vedevano mancanze di rispetto in frasi che la Black non comprendeva come tali. Ad ogni modo avrebbe aspettato che la signora la congedasse, magari preferiva aspettare prima di ordinare, o che appunto ordinasse, in questo caso avrebbe annotato tutto su un blocchetto degli appunti prima di tornare in cucina.
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    James Kennegan
    Distesa nella sua camera da letto affittata presso la locanda dei Paiolo Magico aveva deciso di restare così per tutto il giorno. Iniziavano a viziarla, portandole il cibo direttamente in camera, rifacendo e ordinando la stanza purché uscisse per i quindici minuti strettamente necessari alla cameriera, e così facendo aveva deciso di vegetare sul materasso e impigrirsi per tutto il resto del giorno. Era un lusso che poteva concedersi: quella mattina di turno al Ghirigoro c’era la piccola Max, sua commessa, che si stava rivelando molto diligente e puntigliosa. La studentessa di Ilvermorny le aveva recentemente lasciato un biglietto nel registro di cassa per ringraziarla del lavoro che stavano svolgendo nella libreria che finalmente stava tornando ai vecchi sfarzi conosciuti dalla Kennegan ormai dieci anni addietro. Non si aspettava di essere disturbata nella camera d’albergo mentre lasciava che le sue iridi di smeraldo danzassero sulle crepe e le travi del soffitto sognando boccini dorati e prati verdi sotto a un manico di scopa sfrecciante, ma un picchiettio al vetro della sua finestra la strappò bruscamente alla sua fantasia in volo. Si alzò con estrema calma, prima ruotando il volto per vedere che si trattava di un gufo, poi mettendosi appoggiata sui gomiti rendendo gli addominali, poi seduta e infine alzandosi definitivamente dal materasso con uno sbuffo.
    Aprí la finestra quel poco che bastava per far passare il pennuto dentro la stanza, refoli di aria gelida le ricordarono di trovarsi in inverno, e sfilando la lettera dal becco del pennuto che in cambio volle un pezzetto avanzato di galletta d’avena, resto della sua colazione. Era intenzionata a buttare via la lettera, di chiunque fosse, perché temeva fosse l’ennesimo giornalista che voleva importunarla. Non riceveva molta posta, recentemente aveva ricevuto un paio di messaggi da Brad dalla porta accanto, uno di sua madre che alle chiedeva novità sulla sua gamba, ma non riconoscendo il gufo si convinse quanto meno a verificare il mittente. Sybil Kennegan. Matriarca della famiglia era la nonna paterna, una donna di ferro, instancabile e decisamente tenace. In segreto James era convinta che la nonna avrebbe seppellito tutti quanti i Kennegan esistenti, perché era una di quelle persone temprate dal antico fuoco d’Irlanda, potenzialmente immortale. Anche se aveva cercato di dare il meno possibile notizie sulle sue reali condizioni di salute, per non preoccupare i parenti e soprattuto per evitare fastidiose giustificazioni e ancor peggiore compassione da dover gestire, la notizia era trapelata fino in Irlanda dalla nonna. Sapeva di non poter evitare di rispondere a quella lettera, dove la nonna chiedeva un incontro alla nipote, ne tanto meno poteva evitare quel incontro. Certo non sarebbe stato facile per lei, ma la nonna era sempre stata una persona molto amata dalla Serpeverde che si affrettò a confermare l’appuntamento ai Tre Manici di Scopa per l’ora del thè.

    James Kennegan non aveva tenuto conto di una fondamentale variabile: a che ora è esattamente l’ora del thè?
    Un vago ricordo di Hogwarts le suggerì che la pausa per fare merenda in Sala Grande si teneva verso le 16, ma era abbastanza certa che al Piediburro l’ora esatta erano le 17. Sapeva bene che alla nonna non piacevano affatto le persone che arrivavano in ritardo e così decide di rischiare ed affidarsi alle 5 di pomeriggio. Si materializzò davanti ai Tre Manici di Scopa mentre le campane della piazzetta principale risuonavano l’ultimo dei cinque rintocchi. Era già in ritardo. Si affrettò ad entrare nel locale, le teste che solitamente deridevano gli studenti non proferirono alcuna parola, mentre la Kennegan faceva il suo ingresso. Tornare ai Tre Manici si Scopa era qualcosa che le riempiva il cuore di bei ricordi e di affetto, ma le suscitava anche una certa nostalgia di Hogwarts e delle amicizie di quei giorni. Aveva perso i contatti con quasi tutte le persone con le quali aveva condiviso i migliori giorni della sua adolescenza ed era profondamente rammaricata da questa situazione. Le iridi di smeraldo intercettarono la figura eccentrica della nonna, con il viso incorniciato dalla chioma brizzolata e gli immancabili occhiali spessi e troppo grande per il viso dai lineamenti delicati, gli stessi che aveva James. Notò che la cameriera aveva appena offerto il menù alla donna, segno che la strega si trovava nel locale da un tempo sufficientemente buono. Era in ritardo. Sospirò e cercò di sfoderare la camminata più disinvolta e normale che le riuscisse. << Ciao nonna! Sei arrivata da molto? Spero di non essere troppo in ritardo...>> si giustificò subito dopo aver stampato due affettuosi baci sulle guance solcate di rughe dell’anziana strega. Tolse la sciarpa, quella di Serpeverde dei tempi di Hogwarts, e il pensate cappotto appendendoli allo schienale della sua sedia, prendendo poi posto di fronte a Sybil Kennegan che non era invecchiata di un solo giorno dall’ultima volta in cui aveva avuto occasione di vederla.
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  4. SciuraWitch
     
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    sybil kennegan
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    Erano ormai diversi anni che osservava, o meglio giudicava, il mondo attraverso la spessa cornice nera dei suoi occhiali, dalle spesse lenti per poter ridurre il divario visivo causato da un presbitismo galoppante. Problemi con l'età avanzata, ormai aveva rinunciato ad andare dal dottore perché qualunque problema avesse era dovuto all'età ed era piuttosto stufa di sentirsi dire che doveva accontentarsi del suo attuale stato fisico. Un velato modo per sottintendere che la maggior parte delle sue conoscenze si trovava sottoterra a fare da concimi per dei mazzi di fiori. Quella arrogante di Herietta O'Connor si era meritata di fare la fine che aveva fatto, pace all'anima sua, ma non aveva mai conosciuto qualcuno di più arrogante. Così aveva dovuto accontentarsi di non riuscire più ad alzare il braccio sopra la sua testa, aveva dovuto rimuovere i preziosi tappeti persiani dal suo soggiorno per evitare di inciamparci, e si era rassegnata anche all'idea di dover andare in bagno ogni mezz'ora, per evitare di farsela addosso. Problemi da vecchia, acciacchi che per lei potevano e dovevano avere una soluzione, ma continuava a sentirsi dire che molti avrebbero fatto una firma per essere come lei a quell'età. Anche l'oculista, arrivati a quasi 2 centimetri di spessore di lenti, aveva detto che non si poteva più aggiungere diottrie, che quelle che aveva perso erano persino poche per la sua veneranda età. Inesorabilmente il campo visivo della strega si era costellato di informi sagome di colore che si facevano definite soltanto quando arrivavano a una distanza di pochi metri. Era come andare in giro con la nebbia e lei odiava la nebbia perchè le ricordava Londra, Londra e il puzzo cittadino. Nei verdeggianti campi irlandesi non vi era traccia di nebbia, se non quella causata dall'evaporazione della pioggia. Quella della capitale invece era fitta, umida, infida e soprattuto innaturale, unita allo smog e al fumo delle industrie babbane. Anche se si era rassegnata all'idea di non vedere più come prima, di avere una costante coltre di nebbia ad annebbiarle la vista, questo non l'aveva mai fermata dal giudicare le persone che attraversavano, anche se per brevi istanti, il suo campo visivo che ancora ci vedeva. Si stava concentrando sul via vai di macchie di colore vicino all'ingresso, sperando che una macchia bionda si avvicinasse verso di lei per poi mettersi a fuoco nella figura della nipote James. Ma questo non accadde, invece nello specchio visivo comparve una donna dai tratti decisamente non irlandesi, che le diede il benvenuto nel locale e le offrì il menù, insieme con una serie di consigli non richiesti. "Sì, sa dirmi che ore sono? Sono già passate le 17?" domandò prendendo il menù proposto dalla donna e mettendolo da parte. "Prendo un BlaBlaTea al tea nero, mentre mia nipote uno al tea verde. Per favore, li porti soltanto quando anche lei sarà arrivata." iniziò ad ordinare, senza preoccuparsi di sapere se la nipote avrebbe apprezzato questo tipo di bevanda o no. Sybil Kennegan non si preoccupava di conoscere i desideri altrui, le piaceva avere il controllo e avere tutti sotto controllo. "E porti anche una fetta di quella crostata per mia nipote." aggiunse, sapendo quanto fosse golosa James e soprattuto perché infondo le voleva bene, ci teneva che mangiasse e fosse in forze, voleva fare un gesto carino. "Questo è tutto" aggiunse congedando la cameriera che per lei, per la sua mentalità, era considerata alla stregua di un elfo domestico, solo che un elfo in sala sarebbe stato un'insulto alla razza dei maghi, la cameriera ero quantomeno una strega.
    La bionda nipote comparve dopo poco, con un bel sorriso e con gli occhi color smeraldo tipici dei Kennegan. Compresa le sue, solo che il verde dei suoi occhi si era appannato per via della cataratta che ormai la tormentava da qualche anno. "Ciao James"salutò, ricambiando l'affettuoso salute della nipote e invitandola a prendere posto davanti a lei. "In ritardo, ma non di molto. Sufficientemente perchè fossi io ad ordinare anche per te. Spero che i tuoi gusti non siano cambiati in quella oscena America..." nonostante la stoccata per l'infame posto nel quale era stata negli ultimi mesi, osservò con attenzione la figura della nipote mentre si spogliava del pesante cappotto e della sciarpa di Serpeverde, infantile ma comunque nota d'orgoglio della famiglia, per valutare le sue condizioni di salute. "Ho letto molte cose su di te in quei luridi giornali...hanno detto che avevi la gamba rotta, che eri paralizzata, alcuni addirittura sostenevano che ti avrebbero amputato un arto insomma... un gufo sarebbe stato gradito per il mio vecchio cuore." si era sistemata gli occhiali spingendoli su per il naso, sporgendosi sul tavolo per guardarla meglio "allora, racconta, che ti è successo?" era una domanda gentile, ma con Sybil Kennegan non esisteva il libero arbitrio, le risposte alle sue domande erano obbligatorie. Magari con il BlaBlaTea la ragazza si sarebbe anche sciolta maggiormente.

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3 replies since 10/1/2020, 17:40   103 views
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