Goodbye Black Mamba

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  1. Brad McNeal
     
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    Brad non era un cliente abituale del Blind Pig, ma poteva scommettere che giornate come quella poche volte erano capitate. Dopotutto si trattava di uno dei Pub più ricercati d'America proprio per l'ambiente rumoroso, forse anche inappropriato per alcuni maghi o streghe, come ministeriali o, più facilmente, come professori di una scuola. Eppure, quella sera, sembravano essere tutti spaesati, sembravano essere tutti lì solo perché dovevano essere lì; un'abitudine, quella, che alcuni avventori difficilmente riuscivano a cancellare, anche dopo quelle brutte notizie. Come si poteva ridere, festeggiare, ballare e cantare quando una leggenda sportiva diceva definitivamente addio non solo al Quidditch giocato, ma anche ai tifosi, alla famiglia, al mondo intero? McNeal era come tutti i presenti, nulla di più, nulla di meno. Era in preda allo sconforto, con lo sguardo perso e un senso di vuoto che pervadeva il suo animo. Non sapeva cosa dire, non sapeva cosa pensare, probabilmente le pergamene sulla quale pensava di poter scrivere qualche riga con il jazz di sottofondo sarebbero rimaste intonse così come le aveva lasciate una volta uscito da Ilvermorny. Si trovava lì solo perché c'era capitato, tutti i buoni propositi e le precedenti idee erano finite nel cesso come ci finisce una pozione sbagliata, o una piuma bruciata dopo un incantesimo lanciato male.
    Si era seduto al primo sgabello davanti al bancone perché di cercare posto al tavolo non ne aveva le forze. Solo poco dopo si era reso conto di avere un vicino e lo stesso vicino era identico a lui, sofferente per una perdita che andava ben oltre un lutto di una celebrità. Il vuoto che aveva lasciato Kobe era incolmabile, davvero. Strinse la mano a Nate, dopo che quest'ultimo gliela porse, per non risultare scortese. Sorridere era impossibile, ma Brad apprezzò moltissimo l'espressione usata dal ragazzo. Kobe era in volo, l'ultimo volo. Sentire che KB fosse morto era straziante; dirlo, forse, ancora di più. Le dinamiche della morte ancora non erano ben chiare, ma di certo si escludeva l'intervento di fedeli di Grindelwald o di auror eccessivamente violenti. La politica, quella volta, non c'entrava. Nulla poteva salvarlo, nemmeno i tanto amati Incantesimi di Segnalazione su cui Brad stava scrivendo il saggio. Il fato aveva deciso questo per lui e nemmeno uno degli migliori divinatori di questo mondo avrebbe potuto prevedere una morte così, dopo gli incredibili rischi che aveva corso in sella alla sua scopa.
    Nate aveva ragione, comunque: Kobe sarebbe potuto diventare qualunque cosa perché, oltre allo sport, era una persona magnifica amata e ben voluta da tutta la comunità. Se si fosse candidato come Presidente del M.A.C.U.S.A. sarebbe potuto essere tra i più papabili vincitori e così come in qualsiasi altra carriera avesse voluto seguire. Tuttavia, Kobe non sembrava il tipo da voler puntare così in alto, non più del volo della sua scopa almeno. A lui bastava essere un grande uomo e un grande padre e lo dimostrava ogni giorno della sua vita, con quel sorriso di chi ha passato tanti drammi, ma li ha superati nel migliore dei modi. Quel sorriso non sarebbe mai morto nei cuori dei tifosi, degli sportivi e dei maghi e delle streghe comuni.
    Arrivò il rum e con esso anche il Villpile per il vicino di sgabello. Brad afferrò il bicchiere, lo sollevò e lo guardò per qualche istante, pensando.
    "A Kobe. Alla leggenda che vivrà per sempre."
    Un brindisi, se così si poteva definire, per rendere memoria alla più grande leggenda di Quidditch (e non solo) di tutti i tempi. Bevve un sorso di alcolico fin troppo lungo, tanto da far infuocare la bocca e l'esofago. McNeal non mosse un ciglio, come incapace di reagire a quella sensazione di dolce dolore che stava subendo.
    "Cosa pensi succederà ora? A chi daranno la colpa, questa volta?"
    Domandò a Nate. I Ministeri dovevano trovare un colpevole per ogni cosa, poiché assumersi responsabilità significava rischiare la poltrona ed era impensabile che un ministeriale, soprattutto dei piani alti, potesse fare una mossa del genere. In quel periodo storico nulla poteva essere lasciato al caso, nemmeno dal più sincero dei politici. Brad si aspettava qualche tipo di discorso, qualche tipo di commemorazione speciale, ma chissà... Bevve un altro sorso di rum, con più calma questa volta. Stropicciò le pergamene che aveva davanti a sé, provando a leggere qualcosa, ma si accorse che gli occhi erano lucidi e non riusciva a distinguere le lettere. Era l'alcol? Probabilmente no, ma era il rum era il modo migliore per nascondere il dolore, il vuoto, la tristezza.
    "Tu giochi a Quidditch?"
    Domandò poi a Nate, per parlare un po' di quello sport che Kobe gli aveva tanto fatto amare.
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