Una calma giornata

libera...

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    Toujours Pur

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    Ghiaccioli
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    Ed ecco, era iniziato da poco un nuovo anno scolastico. Aries non amava molto quel periodo, né le festività natalizie che arrivavano e trascorrevano sempre troppo velocemente, quasi come se qualcuno stesse usando una Giratempo. Non ci si riusciva ad abituarsi ai ritmi scolastici che già si parlava di vacanze, di feste e di cene, come poi non si riusciva ad abituarsi alla pausa invernale che il sette di Gennaio era proprio dietro l'angolo. Quel particolare giorno, una giornata incredibilmente tersa e luminosa, Ilvermorny era imbiancata di neve, che ricopriva tutto con uno spesso strato che attutiva i suoni e imbiancava le guglie e le torri dell'edificio.
    Quanto a lui, aveva deciso di godersi un po' il paesaggio, lontano dalla massa degli studenti, soprattutto quelli del primo anno. Alcune bambine lo guardavano incuriosite, altre le aveva sorprese a fissarlo mentre chiacchieravano con loro amiche, mentre i ragazzini lo guardavano per lo più con espressione curiosa. Chissà che ci trovavano di strano, forse per via del suo accento inglese.
    La gente aggrottava sempre le sopracciglia quando parlava, perchè si capiva immediatamente che non era americano, pur avendo passato nel continente praticamente tutta la sua vita. Invece no, nonostante tutto, i suoi genitori avevano un bell'accento inglese e glielo avevano trasmesso. Certo, alcune inflessioni e terminologie erano squisitamente americane, ma in qualche modo... Stonavano. Quel giorno aveva indossato la divisa. Un magione grigio a collo tondo, un paio di pantaloni di un blu così scuro da sembrare quasi nero, risvoltati alle estremità per evitare che, nella neve, si sporcassero.
    Uscito dal portone principale della scuola, si era avviato lungo il pendio ripido, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni e camminando fino a raggiungere più o meno metà dell'area consentita agli studenti prima di fermarsi, ad inspirare l'aria limpida e fredda del primo pomeriggio, osservando lo strano albero di rettifoglio. O rettilegno? Non ricordava mai come si chiamava.
     
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    Grifondoro
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    Max Lynch

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    Max era una ragazza strana. Ma non come possono essere starne le ragazze di 15 anni per via degli ormoni, aveva semplicemente delle preferenze che andavano controtendenza. Ad esempio, con l’arrivo della prima bella giornata di sole i suoi coetanei si erano riversati all’esterno del castello, spuntando come funghi dopo i giorni di pioggia, per godersi il calore del astro celeste. Considerava il sole come suo nemico giurato, una nemesi celeste, che però puntualmente vinceva riempiendo la sua pelle di alabastro con lentiggini e di fastidiose macchie rosse, che spesso prudevano per via del eritema. Non importava quanto si coprisse, alla fine il sole riusciva a raggiungerla e a scottarla. Così mentre tutti erano stati piuttosto entusiasti di come il tempo stesse volgendo verso una bella giornata di sole lei aveva rivolto una maledizione al sole.
    Anche perchè sapeva di dover necessariamente uscire per andare a lavoro al Ghirigoro e questo le avrebbe imposto di imbacuccassi da capo a piedi per cercare di evitare ancora per qualche mese le lentiggini. Non avrebbe tollerato la vista di quelle fastidiose efelidi prima di maggio. aveva indossato la divisa, infilato le maniche dentro ai guanti, si era avvolta in una spessa sciarpa che era anche piuttosto lunga e sulla fronte aveva calato un cappellino di lana. Così conciata si era avventurata lungo il pendio inclinato che caratterizzava Ilvermorny. Sulla porta d'ingresso aveva atteso, nascosta dal favore di un'ombra della colonna che una nuvoletta transitasse davanti al sole prima di avventurarsi, passo spedito, lungo il prato. Ma non aveva fatto i conti con il vento, coperta com'era non lo sentiva sulle guance ma le fronde degli alberi ne erano scossi con forza, che soffiava da nord e sospingeva le nuvole per farle correre veloce. La sua finestra d'ombra quindi durò meno del previsto e la ragazza, non molto atletica e decisamente affetta da eliofobia, iniziò a correre lungo il pendio scosceso. Ironia della sorte, la lunga sciarpa si allentò, pendendole sul davanti e finendole, inavvertitamente, sotto una scarpa. L'effetto complessivo risultò comico e assurdo, facendola inciampare e, complice la pendenza, ruzzolare in terra con due capriole. Si ritrovò seduta, pericolosamente vicino a una pianta e a un ragazzo, che solo per una semplice causaità non era stato investito, con divesi fili d'erba e foglie tra i capelli. "Tutto okay, tutto nella norma... ti va se fingiamo che non sia successo nulla e che, ehm, stiamo ammirando questa bellissima pianta di... natura selvaggia?" sorrise, lo sguardo rivolto verso il ragazzo, come se fosse una pazza con dei problemi ma comunque simpatica, ancora seduta a terra, così come era arrivata.
    it's M A X - not maxine
     
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    Ghiaccioli
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    Se qualcuno gli avesse chiesto di descriversi in quel particolare momento della sua vita, Aries non avrebbe saputo davvero cosa dirgli. Non perchè non avrebbe voluto rispondere ad una tale domanda, ma perché lui per primo avrebbe voluto avere una vera risposta. Al verità era che, come tutti i ragazzi della sua età, ci sarebbe voluto tempo prima che Aries riuscisse ad assumere una propria identità, ma per una persona come lui, turbolenta e riflessiva al tempo stesso, essere un adolescente era davvero un grosso problema. Non si poteva passare semplicemente all'età adulta?
    Era con questi pensieri nella testa che il giovane Black osservava il panorama che si stagliava davanti a lui, mentre lasciava che i suoi occhi vagassero tra le montagne dov'era stata costruita la scuola di magia americana, nascosta agli occhi dei no-maj. Come se non bastasse questa sua dualità era stata messa anche ben in risalto durante il suo rituale di smistamento: ricordava bene quando sia la statua in legno del Tuono Alato sia quella del Wampus, avevano entrambe dato la propria approvazione, uno battendo le enormi ali, l'altro con un potente ruggito. Ciò che era accaduto aveva fatto battere il cuore del giovane all'impazzata, perchè proprio non se lo aspettava e aveva scelto puramente d'istinto, scegliendo la casa dell'animale simile ad una pantera: ma aveva fatto davvero la scelta giusta?
    Sospirò, deciso a non pensarci più e riempiendosi i polmoni d'aria fredda, che un tonfo, anzi, ripetuti tonfi, risuonarono nelle sue orecchie, portandolo a voltarsi di tre quarti per vedere cosa stesse accadendo alle sue spalle. I suoi occhi colsero la suola di un paio di scarpe e quello che sembrava essere un involto di vestiti mentre un cappello di lana gli colpì il ginocchio destro proprio mentre il quindicenne si spostava per evitare di essere travolto da quella che, ora ci poteva quasi scommettere, era una studentessa, almeno a giudicare dai lunghi capelli che le incorniciavano il volto ovale. Beh, per lo meno aveva avuto la distrazione che voleva e proprio non riuscì a trattenersi alla frase della ragazza, che sembrava rassicurarlo, lasciando che un sorriso gli attraversasse il volto, mentre il petto veniva scosso da una lieve risata trattenuta.
    -Certo hai fatto un bel volo! Tranquilla, se qualcuno ti ha visto, possiamo sempre dire che stavi provando una nuova tecnica per sederti velocemente. Ma lascia che ti aiuti ad alzarti-
    Le disse, porgendole una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Quando la ragazza l'avrebbe afferrata, avrebbe leggermente inarcato la schiena, puntando i piedi sul pendio per darle quel minimo di spinta che le avrebbe permesso di rialzarsi senza troppa fatica, quindi si sarebbe chinato per afferrare il berretto di lana con la mancina e, dopo averlo scosso per liberarlo da un paio di foglie rimaste impigliate tra la lana con un paio di colpetti della destra, lo avrebbe consegnato alla sua proprietaria.
    -Tieni. Come mai così imbacuccata? Non fa poi così freddo-
    Disse, prima di rabbrividire leggermente senza volerlo. Diamine, forse avrebbe dovuto indossare il mantello pesante.
     
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2 replies since 27/1/2020, 14:17   40 views
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