in cerca di amicizie

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    Dasy Johnsson

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    Era da poco arrivata a Ilvermorny e non conosceva quasi nessuno. Questo per lei non era un problema, perché nonostante avesse soltanto 11 anni si sentiva indipendente e forte come se ne avesse almeno dieci in più, spesso pensava che si sarebbe trovata bene anche con persone più grandi di lei poiché come maturità non si sentiva affatto un undicenne. Curiosa e desiderosa di scoprire nuovi angoli del castello non si era fermata un solo momento, spostandosi da un corridoio all'altro, esplorando lungo le scale e fuori nella tenuta del castello. Aveva avuto modo di scontrarsi con un Prefetto che le aveva assicurato essere il solo modo per conoscere qualcuno e le aveva suggerito di trovare un posto dove si sentisse a proprio agio per poter conoscere qualcuno, un vagabondo come stava facendo lei non sarebbe stato notato. Sospirò davanti all'ingresso del Salotto Comune, posto inedito per la ragazza che aveva snobbato subito divani e poltrone per assecondare il suo moto perpetuo, ma alla fine aveva deciso di fermarsi. Si affacciò sulla soglia per sbirciare dentro e osservare volti e persone che erano presenti, prima di decidere definitivamente se entrare o no.
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    L'originale piano di studiare si era infranto dopo ben dieci minuti di tentativi. Maddie non riusciva a concentrarsi, benché, secondo lei, ci avesse provato molto e a lungo. Le mani avevano chiuso tutti i libri aperti senza esitazione e, essendo un peccato perdere tempo ad attendere qualcosa che non sarebbe arrivato, aveva abbandonato tutto per sollazzarsi in sala comune.
    Affondò la testa nella poltrona in cui era seduta ed ondeggio i piedi avvolti nelle sue calze preferite, quelle simili ad un cielo stellato, davanti a sé. Aveva voglia di parlare con qualcuno, poco importava che lo conoscesse o meno, non faceva differenza.
    Facendo leva sugli avambracci, si spinse più avanti, sbirciando la stanza, ma l'unica persona presente, a parte lei, era quella smorfiosa di Ruby. Arricciò il naso infastidita dalla ragazza che aveva osato criticarla, senza motivo. La guardò male, stringendo le palpebre. Non era mai stata tanto arrabbiata, poco importava che tra poco se ne sarebbe dimenticata totalmente.
    La guardò un'ultima volta con aria truce, prima di distogliere lo sguardo. Gli occhi nocciola passarono in rassegna tutta la sala e si arrestarono bruscamente sulla soglia. Una ragazza che non conosceva! Com'era possibile?
    "Ehi" richiamò l'attenzione di lei, sorridendo apertamente "dovresti sederti qui, con me" un'altra fredda occhiata a Ruby, non voleva che si intromettesse. Le fece un cenno con la mano, trasudando impazienza. Con il palmo aperto, batté un paio di volte sulla poltrona accanto alla sua, per invitarla.
    Avrebbe atteso che l'altra studentessa, di qualche anno più giovane di lei, prendesse posto. Avrebbe allungato la mano, lasciandola in sospeso, aspettandosi una stretta.
    "Io sono Madeline, ma puoi chiamarmi Maddie" cinguettò, improvvisamente molto più allegra "Ti piacciono le mie calze? Ruby ha detto che sono discutibili". Infarcì l'ultima parola di tutto lo sdegno di cui era capace. Sollevò le gambe ancora una volta, stendendole affinché Dasy potesse darle un parere.
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    Dasy Johnsson

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    Non molto convinta di aver scelto il luogo migliore per fare amicizie, Daisy osservava le poltrone e i divani come se fossero suoi nemici. Nel suo modo di fare irrequieto e tormentato non riusciva a immaginare di poter stare ferma così a lungo da poter trovare confortevoli i morbidi cuscini del salotto comune. La sala di per se non era affatto male, con un camino grande a vedo circondato da marmo, con il pavimento fatto di vecchi listelli di parquet che scricchiolavano sotto i passi di chi li calpestava, con ampie vetrate che portavano molta luce e con candide tende a decorarle. Capiva che questo tipo di ambiente era votato al relax e al dolce far nulla ma Daisy Johnsson non sapeva se sarebbe stata in grado di sprecare del prezioso tempo per stare ferma in un punto. Si era già convinta che quello non fosse un posto adatto a lei, che non faceva proprio per lei, quando una ragazza la chiamò con un hey. Daisy, che non conosceva nessuno, pensava che l’avesse scambiata per qualcuno o che ci fosse qualcuno alle sue spalle. Si voltò per verificare questa ipotesi, ma c’era solo lei e la ragazza stava parlando con lei. "Io... ti ringrazio molto per l’invito" iniziò dapprima titubante dopo aver raggiunto la ragazza che la stava chiamando e una sua amica, notando con un certo sollievo che erano di Thunderbird anche loro. Si sedette sistemandosi meglio che poteva sul cuscino del divano e sorridendo verso la ragazza che l’aveva invitata. " Daisy! Io sono Daisy Johnson" si presentò a sua volta cercando di dimostrarsi meno impacciata di come in realtà non si sentisse in quel momento . Maddie invece sembrava estroversa e spigliata, quel tipo di persona che subito ti fa sentire a proprio agio. In un istante si scordò di essere in un posto che non le piaceva e sperò di farci amicizia. Osservò le lunghe gambe della ragazza a volte in calze che sembravano racchiudere l’intera volta celeste. "Sono bellissime! Ma... non me ne intendo molto di moda" anche lei sollevò un po’ i piedi per mostrare le gambe che calzavano una calza gialla e l’altra grigia perché non era stata in grado di trovare la coppia di nessuna delle due. Si rimise seduta composta, quasi immediatamente pentendosi di aver mostrato il suo scempio di moda alle due ragazze. Cercò rapidamente di cambiare argomento. " È da molto che siete nel Thunderbird? Vi trovate bene?"

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    Benché non tutte le persone fossero naturalmente estroverse, Madeline lo dimenticava spesso. L’entusiasmo derivato da una nuova conoscenza o dal semplice stare in mezzo agli amici, prevaleva sul resto. Pregna com’era di euforia, dava per scontato che anche gli altri fossero socievoli come lei e, a causa del proprio atteggiamento, non si rendeva conto di correre il rischio di mettere in imbarazzo gli altri.
    Quando lo sguardo si era posato su una ragazza, probabilmente di qualche anno più giovane, che non conosceva, Maddie non ci aveva pensato un attimo. Le era venuto naturale invitarla, lì, a chiacchierare con lei, dando per scontato che l’altra Thunderbird accettasse. Abituata ad ottenere ciò che voleva, i genitori l’avevano sempre viziata, quando c’era qualcosa che desiderasse, allungava il braccio per prederselo.
    Fortunatamente Daisy accettò di buon grado quell’invito senza possibilità di rifiuto. Madeline le sorrise, entusiasta del complimento sulle calze. Le piaceva già. Era gentile, a differenza di Ruby e, nonostante avesse detto di non intendersene di moda, era stata in grado di dare, almeno secondo la Texana, il giudizio corretto. Le labbra si stirarono ancora di più, scoprendo una sfilza di dentini bianchi, mentre allargava il sorriso.
    Come se fossero state calamitate, spostò le iridi nocciola verso il basso, osservando le calze differenti di lei. Bizzarro, lo riconobbe. Inarcò brevemente le sopracciglia verso l’alto, confusa da quella peculiare scelta estetica.
    ”Eri indecisa tra i due colori, quindi hai pensato di indossarli entrambi?” la interrogò, sbattendo leggermente le palpebre ”Comunque” riprese, muovendo la mano in un cenno noncurante ”non ti preoccupare. Se non ti intendi di moda, posso aiutarti io. Potremmo andare a fare compere insieme una volta, se ti va” sorrise, parlando a macchinetta.
    Si arrestò per prendere fiato e per rispondere alla domanda, che aveva precedentemente ignorato. Lanciò uno sguardo sprezzante a Ruby, invitandola ad andare altrove. Non voleva che si mettesse in mezzo alla conversazione, non quando era stata lei la prima ad accorgersi di Daisy.
    ”Sono al settimo anno e sono contenta di essere stata smistata qui. Gli altri Thunderbird ti piaceranno molto, vedrai.” rispose, una lieve eccitazione della voce ”Se dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa, puoi chiedere a me. Che cosa hai preferito della scuola fino ad ora?”.
    Si sistemò meglio, piegando le ginocchia per raccogliere le gambe di fronte a sé. L’indice picchiettò sulle labbra, riempiendo anche il breve momento di silenzio, che ci sarebbe potuto essere. L’assenza di rumori la spaventava e, inconsciamente, tentava di riempire le pause in ogni modo possibile. Madeline era una ragazza amante dei colori, del rumore, del dinamismo ed il suo incubo più grande era rimanere sola, prigioniera dei propri pensieri.
    ”Daisy... Hai un nome difficile per un diminutivo. Non saprei come accorciarlo. Forse dovremmo trovare un soprannome, che ne dici? O, a proposito, dobbiamo proprio andare a Diagon Alley un giorno. Potremmo farci un giro per i negozi” le si illuminarono gli occhi al solo pensiero ”Anche se preferisco Ilvermorny, naturalmente, devo dire che gli inglesi ne sanno parecchio di bei vestiti”. Sospirò sognante, passando di palo in frasca, proprio come era abituata a fare.
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    Edited by Madeline Mayson - 10/4/2020, 16:55
     
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    Nella sua testolina più volte si era domandata cosa diavolo le fosse passato per la mente di mostrare le sue calze, brutte, anonime e quasi scolorite a una persona che aveva appena conosciuto, una ragazza che aveva indubbiamente un senso della moda ben più spiccato del suo e con un fisico da incanto. Avrebbe voluto avere una giratemepo e tendere un’agguato alla Daisy che si I caminava verso il salotto comune, magari tirandole una botta in testa e presentarsi al suo posto, facendo una figura quanto meno decente. Si maledisse per non avere una giratempo o il senso della cordialità quel tanto che sarebbe bastato per evitarle pessime figure. Ma mentre Daisy si stava arrovellando il cervello sprofondando in un divano di vergogna, la sua interlocutorice sembrava essere entusiasta delle calze.
    " Non trovo più il compagno di nessuna delle due..." ammise un po’ sconsolata di dover deludere le aspettative della ragazza circa un estro stravagante che non aveva "Ma per questo motivo dobbiamo assolutamente andare a fare shopping, mi piacerebbe molto!" si affrettò ad aggiungere con un sorriso, cogliendo al volo l’invito e mostrandosi entusiasta. Merletti e pizzi come quelli del Madama Mclan non le erano mai interessati ma l’entusiasmo trascinante della ragazza sembrava aver convinto anche una grande scettica come lei. " Si, speravo proprio di essere Thunderbird... o al massimo Pukwudige, ma mamma dice sempre che ho la testa tra le nuvole quindi..." si strinse nelle spalle, cercando di mantenere una conversazione vivace anche se si sentiva così inadatta in quel momento cerco di non pensarci " La nostra sala comune: è così bella quella torre da dove si vede tutto quanto! E mi sono piaciuti molto anche il chiostro di Isotta... hai un luogo preferito tu?" domandò dopo aver risposto alla domanda che le era stata posta, concentrandosi sui luoghi che le piacevano di più. Ovviamente aveva evitato accuratamente qualunque argomento scolastico come lezioni e professori, non si era ancora fatta un opinione e non voleva sbilanciarsi. " Un soprannome?" domandò non molto convinta ma non voleva deludere la nuova amica, se così si poteva definire una persona appena conosciuta, e sorrise " Un soprannome... sì! Immagino che usare le iniziali sia troppo... riduttivo. Magari puoi provare con il mio cognome ma anche Johnsson non è molto....facile. John é troppo da uomo... Jo?" non era brava a essere molto loquace ma ci stava provando, voleva davvero compiacere la ragazza di Thunderbird del ultimo anno che era così gentile e disponibile. In un istante decise di voler essere come lei da grande. " Quali negozi ti piacciono? Moda, quindi il Madama McClans... hai qualche animale?" domandò curiosa, lei non ne aveva ma si sarebbe vista bene con una civetta bianca come la neve o con un gatto dal pelo rosso.
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    Incapace di frenarsi di fronte all’assenso della studentessa appena conosciuta, Madeline batté le mani un paio di volte. Sorrise ampiamente e a lungo, manifestando apertamente tutto il proprio entusiasmo. Quando sarebbero dovute andare? Se Daisy non trovava il compagno a nessuna delle due calze, forse sarebbe stato meglio muoversi il prima possibile.
    Una persona qualsiasi avrebbe colto l’occasione per lasciare al proprio interlocutore il tempo di pensare, di stabilire una dato oppure di tirarsi indietro, ma lei non era il tipo. Decise istantaneamente di volere andare quel week-end, poiché, in fondo, si trattava di una situazione di emergenza. Benché non lo ammise neppure a se stessa, temeva che l’altra Thunderbird potesse cambiare idea e darle buca. Nei propri pensieri, stabilire subito il giorno, l’avrebbe vincolata senza possibilità di ritrattare.
    Aprì la bocca per parlare, ma si dimenticò il discorso, distratta dal pensiero della madre della ragazza. Quindi era quello il motivo per cui entrambe erano state smistate tra i Thunderbird? Anche lei aveva la testa tra le nuvole? Maddie non l’aveva mai vista in questo modo, ma supponeva che fosse possibile. Consapevole di distrarsi con poco e di avere una soglia di attenzione mediamente bassa, a meno che qualcosa non le interessasse fortemente, supponeva di potere essere definita una ragazza distratta. In realtà, l’undicenne le era parsa migliore di lei stessa, ma si sarebbe potuta sbagliare.
    La nuova domanda di Daisy spostò, ancora una volta, l’attenzione della texana. L’ennesima prova, futile in realtà, di quanto velocemente si distraesse. Perse l’intensità del dubbio precedente tanto velocemente quanto l’aveva colta, ma non se ne curò.
    ”Un luogo preferito?” ripeté, picchiettando un indice, fresco di smalto, sul mento. Si sforzò di convogliare le idee, focalizzandosi su un luogo per volta, così da trovare quello prediletto. L’impresa si rivelò più difficile del previsto, perché ogni volta che le veniva in mente qualcosa, subito ricordava un posto diverso, apparentemente migliore. ”Mmmh…Credo il pendio scosceso. Anche se anche il Chiostro di Isotta mi piace molto. In generale, preferisco stare all’aria aperta. Non voterei per la Sala Studio, ecco. C’è troppo silenzio, lì”. Aggrottò la fronte, ancora indecisa sulla scelta appena compiuta. Non era convinta che il pendio fosse il posto migliore e, se ci avesse riflettuto ancora qualche minuto, probabilmente avrebbe cambiato idea, colta dall’impulso del momento.
    Sospirò, scuotendo la testa per concentrarsi su altro. Un argomento più importante, prioritario. Trovare un soprannome a Daisy sembrò essere diventata una necessità assoluta per Madeline. Non poteva né voleva aspettare, perché, ora che ci aveva pensato, non sarebbe stata in grado di lasciare perdere senza un nomignolo nuovo di zecca. Ascoltò le proposte dell’altra studentessa, arricciando il naso di tanto in tanto. John era troppo da uomo, su questo concordava con lei e benché la concasata sembrasse avere una certa personalità, quel nomignolo troppo maschile non le si addiceva.
    ”Jo? chiese conferma con un sopracciglio sollevato. Il soprannome non suonava male ed era di sicuro preferibile alle altre alternative a cui anche lei avesse pensato. Purtroppo, si conoscevano ancora troppo poco per trovare un nome sostitutivo più personale.
    ”Direi che Jo può andare, mi piace” sorrise, annuendo come se approvasse. Maddie non aveva pensato che Daisy potesse preferire essere chiamata per nome proprio. Lei, per esempio, odiava essere chiamata Madeline, perché lo associava a tutte quelle volte in cui i genitori l’avevano sgridata per qualche guaio. Maddie era il nome associato ai momenti di affetto e alle volte in cui rendeva fiera la propria famiglia, Madeline, al contrario, portava guai.
    ”O, sì!” Le si illuminarono gli occhi al solo sentire parlare di negozi. ”Il Madama McClans è uno dei miei preferiti. Adoro tutte quelle stoffe, senza contare gli accessori. Mi piace molto anche Ollivander, per l’atmosfera che c’è, sai…” rifletté ancora, rendendosi conto di essere entrata in meno negozi di quanti credesse ”Il Ghirigoro è carino” continuò, poco convinta ”Ma ci sono troppi libri. Forse lo preferirei se ci fossero più riviste. Lo speziale mi inquieta un poco e da Accessori non sono mai stata. E tu, invece?”.
    Respirò, prendendo di nuovo parola, senza concedere il tempo a Daisy di rispondere alla precedente domanda.
    ”Nessun animale purtroppo. I miei genitori non mi hanno concesso di sceglierne uno. Temono che io non sia abbastanza responsabilesollevò gli occhi al cielo, completamente disaccordo ”Insomma, non credo sia poi così difficile tenere un animale, giusto? Tu ne hai uno? Qual è il tuo preferito? A me piacciono i gatti” .
    Ciarlò a ruota libera, respirando appena tra una parola e l’altra, completamente persa in quella conversazione.

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    A 11 anni non si può dire che il carattere di una persona sia formato o immutabile, ma Daisy Johnsson era abbastanza convinta che certe cose nella sua indole non sarebbero mai cambiate. Era socievole e amichevole, ma non amava dover iniziare una conversazione e non aveva lo slancio necessario a relazionarsi con qualcuno di sconosciuto. E temeva che non sarebbe mai cambiato. Invidiava, non aveva problemi ad ammetterlo con se stesso, le persone come Madeline che erano così spontanea e vivace, era riuscita a metterla a proprio agio nel giro di pochi secondi e nonostante si fossero conosciute da pochi minuti sembrava avessero già una confidenza tale da darsi dei soprannomi. Se inizialmente si era sentita intimidita, quasi sopraffatta dal vulcano di energie e parole che aveva accanto, ora si sentiva spronata a intavolare una conversazione che fosse accettabile perché provava la volontà di non deludere la sua nuova amica. Era felice che la sua domanda sul luogo preferito fosse stata accolta con tanto entusiasmo da parte di Madeline, alla quale sorride e in riferimento alla sala studio che era troppo silenziosa concordò annuendo e aggiungendo e quando per sbaglio parli cominciano tutti a fare sssh... non piace nemmeno a me .
    Anche il trovarle un soprannome, Daisy non le era mai sembrato tanto inappropriato come in quel momento, che era sembrata diventare una necessità impellente, fu risolto grazie a una sua intuizione, che la fece sorridere e arrossare sulle guance allo stesso tempo. piace anche a me, Mads azzardò in uno slancio del quale provò immediatamente vergogna. Quanto al suo, per il momento Jo sarebbe andato bene ma era convinta che alla prima occasione, forse al prossimo incontro tra di loro o al giro di shopping che si erano promesse, sarebbe stato cambiato dalla dinamica Thunderbird. Sperava solo di non sentirsi affibbiare qualcosa di sgradevole come faccia da pannocchia o quattrocchi, anche se forse sarebbe arrivata ad accettare prima pannocchia e poi pan. Non suonava così male e soprattuto sembrava che Madeline fosse così genuina da non avere cattiveria in quello che faceva. Opinione che però derivava da un trasporto dettato dal momento che stava passando. Se avesse avuto il tempo di fermarsi, o di fermare il flusso di parole che uscivano in quantità e a una velocità sostenuta dalla bocca di Madeline, si sarebbe accorta di quanto travolta era da quella situazione. Sono stata da Accessori e ho comprato una carta: ho estratto Genevieve Delago... spiegò alla ragazza quando arrivarono a parlare di negozi, pentendosi quasi immediatamente di non essersi portata la carta del Chudley Cannons con se da mostrare alla nuova amica ti piace il Quidditch? È il posto ideale perché ci sono molte scope e molte bandiere delle squadre. É molto colorato! spiegò cercando di lasciare la carta dimenticata nel dormitorio alle spalle, perché era stupido sentirsi in colpa per qualcosa del genere. Dopo il McLand, nel nostro giro, possiamo andare lì azzardò a proporsi, perché sperava che il suo spirito di iniziativa, anche se un po’ forzato per via della sua timidezza iniziale, fosse ben visto dalla ragazza. Si spostarono a parlare di un altro negozio, il serraglio stregato che con suo rammarico non aveva avuto modo di vedere.
    Anche i miei! esclamò quasi alzandosi in piedi per l’indignazione che provava dicono che ho solo 11 anni e già essere qui da sola sarà una sfida e che non avrò tempo per un animale... oh, ma lo voglio così tanto... mi piacerebbe una civetta bianca per mandare tutte le lettere che voglio senza aspettare il barbagianni di mia madre o un gattino, magari rosso. Mi piacerebbe chiamarlo Fiamma. arrossí, diventando del colore del gatto che avrebbe voluto, perché nella sua voce c’erano tutte le aspettative e le speranze di una ragazza undicenne che dovevano sembrare così sciocche a chi stava in quella scuola da molti più anni di lei.
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    Coversare, anche con una sconoscita si era sempre rivelato facile per Maddie. Esuberante ed estroversa, non aveva mai avuto problemi a farsi conoscere, a socializzare. Tuttavia, in passato, le era capitato di non essere capita. A volte era stata giudicata troppo invadente, altre imbarazzante, ma non aveva mai messo a disagio qualcuno di proposito, né si era reso conto di averlo fatto.
    Daisy non sembrò infastidita dall’espansività della Thunderbird e, proprio per quella ragione, Madeline non pensò di limitare se stessa, né le proprie reazioni esagerate. Semplicemente, afferrò la libertà di essere quella che era, forse abusandone.
    Ridacchiò, buttando la testa all’indietro all’affermazione sulla sala studio.
    ”E’ vero! Quanto lo detesto. Lo sai quante volte mi è capitato? Mi dicono di tacere con quello stupidissimo indice davanti al naso. Pff, non sono mica logorroica” sollevò gli occhi al cielo, cieca davanti ai propri difetti ”E, comunque, anche se lo fossi e non lo sono, te lo posso giurare” sollevò la mano destra, posandola all’altezza del cuore ”Mica urlo! Che fastidio potrà mai darli un innocuo, flebile anche se il suo non lo era ”chiacchiericcio di sottofondo? Al posto loro, mica mi lamenterei”. Sbuffò, sollevando le mani con aria teatrale. Mantenne quella posizione di finto sdegno per cinque secondi al massimo. Tempo limite prima di proiettarsi su qualcos’altro.
    Mads
    Quel soprannome nuovo la costrinse ad aggrottare la fronte. Tutti l’avevano sempre chiamata Maddie, perché lei gli intimava di non usare il nome completo. Nessuno si era mai prodigato di inventare un soprannome differente. Pur preferendo il classico diminutivo, scoprì di non trovare affatto male quella variante. Benché la facesse sembrare un po’ pazza, non se ne sarebbe preoccupata. Dopotutto, almeno lo credeva, nessuno avrebbe creduto che fosse matta, dopo averla conosciuta.
    Annuì sorridente, approvando quel nuovo nomignolo.
    ”Il Quidditch? C’è qualcuno a cui non piace?” scherzò, torcendo la bocca in una buffa smorfia ”Mia mamma era una giocatrice professionista, lo sai? Io non ho mai giocato, in realtà. Non amo sudare e faticare, sai? E poi, l’idea di essere colpita da un bolide non mi alletta. Mamma dice che succede più spesso di quanto si pensi” scrollò le spalle e tentò di tornare sul binario principale ”Comunque, vengo volentieri da Accessori. Sono una fan delle Harpies, ma deduco che tu preferisca i Chudley Cannons, no?”
    Incapace di stare ferma, si mosse sulla poltrona. Tuttavia, la veemenza di Dasy, la costrinse a bloccarsi bruscamente. Le iridi nocciola si fissarono sulla ragazza, osservandola con un velo di tristezza. Maddie era dispiaciuta che non potesse avere quello che voleva, vista l’evidenza di quanto ci tenesse. Annuì tristemente, con aria empatica.
    ”Non è giusto” scosse la testa tristemente ”I genitori non dovrebbero appoggiarti e farti vivere le proprie esperienze? Non ci lasciano nemmeno provare”. La voce salì almeno di un’ottava, ma non si premurò di nascondere il proprio sdegno. Piuttosto lo enfatizzo, stringendo le braccia al petto. Un atteggiamento di chiusura totale verso quella forma di tirannia legalizzata.
    ”Mi piace molto l’idea del gatto rosso e anche il nome: sarebbe adatto. Non sono convinta del barbagianni, ma solo perché…Ecco, mi spaventano. Tu non hai paura che ti becchi le dita? E se te ne staccasse uno, Merlino, sarebbe orribile. Non voglio pensarci! Preferisco di gran lunga i gatti. Preferirei mille volte accarezzare il pelo che le penne" sollevò gli occhi al cielo in maniera esagerata ”A prescindere da quello che dicono i tuoi genitori, secondo me sapresti badare benissimo ad un gatto. Insomma, se lo volessi… Sai che c’è? Dovresti prenderlo lo stesso e dirglielo solo a cose fatte, io lo faccio. Beh, non l’ho mai fatto per un animale, dato che non ne ho uno, ma per i vestiti, sì. Mi succede in continuazione! Io potrei aiutarti ad accudirlo. In fondo, cosa potrà mai esserci di così impegnativo”.
    Pronunciò ogni parola con vemenza, assolutamente convinta di quanto aveva detto. In fondo, si sbagliava di rado o almeno così le piaceva pensare.
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