in cerca di amicizie

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  1. Madeline Mayson
     
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    Ilvermorny - Thunderbird – Age 17
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    Coversare, anche con una sconoscita si era sempre rivelato facile per Maddie. Esuberante ed estroversa, non aveva mai avuto problemi a farsi conoscere, a socializzare. Tuttavia, in passato, le era capitato di non essere capita. A volte era stata giudicata troppo invadente, altre imbarazzante, ma non aveva mai messo a disagio qualcuno di proposito, né si era reso conto di averlo fatto.
    Daisy non sembrò infastidita dall’espansività della Thunderbird e, proprio per quella ragione, Madeline non pensò di limitare se stessa, né le proprie reazioni esagerate. Semplicemente, afferrò la libertà di essere quella che era, forse abusandone.
    Ridacchiò, buttando la testa all’indietro all’affermazione sulla sala studio.
    ”E’ vero! Quanto lo detesto. Lo sai quante volte mi è capitato? Mi dicono di tacere con quello stupidissimo indice davanti al naso. Pff, non sono mica logorroica” sollevò gli occhi al cielo, cieca davanti ai propri difetti ”E, comunque, anche se lo fossi e non lo sono, te lo posso giurare” sollevò la mano destra, posandola all’altezza del cuore ”Mica urlo! Che fastidio potrà mai darli un innocuo, flebile anche se il suo non lo era ”chiacchiericcio di sottofondo? Al posto loro, mica mi lamenterei”. Sbuffò, sollevando le mani con aria teatrale. Mantenne quella posizione di finto sdegno per cinque secondi al massimo. Tempo limite prima di proiettarsi su qualcos’altro.
    Mads
    Quel soprannome nuovo la costrinse ad aggrottare la fronte. Tutti l’avevano sempre chiamata Maddie, perché lei gli intimava di non usare il nome completo. Nessuno si era mai prodigato di inventare un soprannome differente. Pur preferendo il classico diminutivo, scoprì di non trovare affatto male quella variante. Benché la facesse sembrare un po’ pazza, non se ne sarebbe preoccupata. Dopotutto, almeno lo credeva, nessuno avrebbe creduto che fosse matta, dopo averla conosciuta.
    Annuì sorridente, approvando quel nuovo nomignolo.
    ”Il Quidditch? C’è qualcuno a cui non piace?” scherzò, torcendo la bocca in una buffa smorfia ”Mia mamma era una giocatrice professionista, lo sai? Io non ho mai giocato, in realtà. Non amo sudare e faticare, sai? E poi, l’idea di essere colpita da un bolide non mi alletta. Mamma dice che succede più spesso di quanto si pensi” scrollò le spalle e tentò di tornare sul binario principale ”Comunque, vengo volentieri da Accessori. Sono una fan delle Harpies, ma deduco che tu preferisca i Chudley Cannons, no?”
    Incapace di stare ferma, si mosse sulla poltrona. Tuttavia, la veemenza di Dasy, la costrinse a bloccarsi bruscamente. Le iridi nocciola si fissarono sulla ragazza, osservandola con un velo di tristezza. Maddie era dispiaciuta che non potesse avere quello che voleva, vista l’evidenza di quanto ci tenesse. Annuì tristemente, con aria empatica.
    ”Non è giusto” scosse la testa tristemente ”I genitori non dovrebbero appoggiarti e farti vivere le proprie esperienze? Non ci lasciano nemmeno provare”. La voce salì almeno di un’ottava, ma non si premurò di nascondere il proprio sdegno. Piuttosto lo enfatizzo, stringendo le braccia al petto. Un atteggiamento di chiusura totale verso quella forma di tirannia legalizzata.
    ”Mi piace molto l’idea del gatto rosso e anche il nome: sarebbe adatto. Non sono convinta del barbagianni, ma solo perché…Ecco, mi spaventano. Tu non hai paura che ti becchi le dita? E se te ne staccasse uno, Merlino, sarebbe orribile. Non voglio pensarci! Preferisco di gran lunga i gatti. Preferirei mille volte accarezzare il pelo che le penne" sollevò gli occhi al cielo in maniera esagerata ”A prescindere da quello che dicono i tuoi genitori, secondo me sapresti badare benissimo ad un gatto. Insomma, se lo volessi… Sai che c’è? Dovresti prenderlo lo stesso e dirglielo solo a cose fatte, io lo faccio. Beh, non l’ho mai fatto per un animale, dato che non ne ho uno, ma per i vestiti, sì. Mi succede in continuazione! Io potrei aiutarti ad accudirlo. In fondo, cosa potrà mai esserci di così impegnativo”.
    Pronunciò ogni parola con vemenza, assolutamente convinta di quanto aveva detto. In fondo, si sbagliava di rado o almeno così le piaceva pensare.
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