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D. Lynch, N.T. Crawford, J. Kennegan

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  1. James Kennegan
     
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    Londra
    James Kennegan

    Chiunque la conoscesse da abbastanza tempo poteva dire che non era una persona attenta al normale scorrere del tempo. In qualunque situazione la si guardasse aveva dei problemi, problemi seri e irrisolti, con le lancette dell’orologio. Raramente era puntuale, spesso era in ritardo, la sua mente non riusciva a distendersi al fine di allinearsi alle tempistiche che le erano date, bisticciava spesso con la sveglia e avrebbe voluto abbracciare il letto molto prima del calare delle tenebre. La ribelle chioma dorata era stata rinchiusa in uno chignons, scomposto e disordinato, con ciocche fuggiasche che erano evase dalla morsa del elastico. E poi, dando sfoggio al suo superpotere inutile, ovvero addormentarsi in meno di sessanta secondi non appena toccava una superficie comoda, appoggiò la testa al divano e si lasciò scivolare in un sonno agitato fatto di libri che si ribellavano strappando pagine e lanciandole contro diverse parole. Frammenti di pergamene, frasi che erano usate come coltelli, parole che venivano vomitate sul pavimento trasformandosi in chiazze di inchiostro, le tinte scarlatte e smeraldo della libreria che si fondevano, poi il volume più grosso le piombò sul braccio. Si svegliò di soprassalto, percependo ancora il braccio indolenzito e con il terrible frusciare di pagine che sbattevano ancora a rimbombarle nelle orecchie. Ebbe la fermezza di trattenere il suo impulso a scartare di lato per colpire qualunque cosa fosse la fonte del rumore, quando il suo istinto da battitore si attivò per segnalare la presenza di un corpo estraneo. Ma era altamente improbabile che ci fosse un bolide pronto a colpirlo nella stanza, un pensiero che nonostante il dormiveglia era ben chiaro nella mente della figlia di Salazar. Per due volte le lunghe cilia calarono sul cristallino, portandosi dietro le palpebre, sbattendo velocemente. La nebbia si diradò dalla sua vista, allontanando ogni refuso onirico di pergamena dalla sua mente, permettendole di mettere a fuoco la fonte di tanto trambusto. Un gufo, un bel esemplare dalle penne scure, si stava accanendo con le zampe sul braccio destro della bionda per reclamare un premio dopo aver consegnato una lettera, si accorse della presenza di quest'ultima quando sentì lo spigolo di carta correre sulla clavicola e pungerla come se fosse uno spillo. Incredibile come il suo subconscio fosse stato in grado di produrre sogni più o meno realistici, per quanto assurdo fosse stata la rivolta delle pergamene, ma era troppo scocciata dal brusco risveglio per potersi beare del meraviglioso meccanismo che la sua mente aveva costruito ad arte. Offrì alla creatura volante un pezzetto di crosta di pizza, avanzo della sua cena, ma l'animale non sembrò gradire e volò via indispettito. Dopo un'alzata di spalle la strega, ancora in mise notturna e con poca voglia di alzare il pesante fondoschiena dal divano, addentò quel che restava della pizza e prese ad aprire la lettera. Si chiedeva chi fosse il pazzo che mandava inviti a quell'ora, non meglio definita, che era quasi notte per lei. Forse Brad aveva avuto qualche dilemma letterario che doveva essere sbrogliato il prima possibile? Questa ipotesi venne immediatamente scartata quando lo sguardo di smeraldo si scontrò con una calligrafia sconosciuta e con uno stemma del Ministero della Magia che spiccava sulla ceralacca che sigillava la busta. Guai in vista, fu il suo ultimo pensiero prima di immergersi nella lettura.


    Se si fosse potuta rimproverare con un te lo avevo detto, quella sarebbe stata sicuramente la migliore occasione per farlo. Ma non era abituata a cogliere un problema prima che questo sorgesse e lei non si fosse già immersa mani e piedi in questo, solitamente erano gli altri che le suggerivano di trovarsi in grossi guai e che l'avevano avvisata, inascoltati, prima che fosse troppo tardi. Forse James Kennegan stava crescendo e iniziava a sviluppare la competenza- che solitamente i bambini acquisiscono intorno al decimo anno di età- di riconoscere le situazioni problematiche. Ancora però doveva fare lo step successivo, quello che dopo aver intravisto un guaio la faceva stare alla larga da questo. Ci sarebbe stato tempo per quello e un'altra occasione, visto che nella notte di Londra risuonò con uno scatto il crack che la portò a materializzarsi nel luogo prestabilito dell'appuntamento. Non amava l'idea che di notte si potesse fare altro che non fosse dormire o attività di altro genere tra le lenzuola, ma il suo spirito di competizione si era acceso nel leggere che si sarebbe unita a un team di altre tre persone per un'importante missione di recupero di oggetti trafugati dal valore inestimabile. Le sfide erano qualcosa, insieme con la pizza e della cioccolata, alla quale lei non era mai stata in grado di dire di no. Notò immediatamente di essere l'ultima a raggiungere il luogo prescelto al loro incontro, anche se era abbastanza sicura di essere stata puntuale, per una volta nella vita, probabilmente il caffè che aveva trangugiato -con più latte e zucchero che caffè- e la sistemazione della ribelle chioma leonina - prima arrotolata su se stessa e ora libera di muoversi lungo la sua schiena- avevano richiesto più tempo di quanto si era immaginata di impiegare effettivamente. Aveva un problema con le lancette, appunto, non si muovevano mai alla velocità da lei desiderata. << Buonasera! Spero di non essere in ritardo per le presentazioni... io sono James, James Kennegan!- si presentò rompendo il silenzio della notte con la sua voce squillante e non propriamente adeguata per tendere un'imboscata a qualcuno, si ripromise di parlare a tono quasi sussurrato ma udibile nelle situazioni successive -Oh, ciao Adeline!>> non poteva fare a meno di esclamare, scuotendo la mano davanti a sé come una bambina delle elementari per salutare l'unico volto noto che riconobbe nella semioscurità nella quale Londra era immersa. << Come procediamo?>> domandò poi, convinta che prima avrebbero iniziato prima avrebbero finito e lei sarebbe potuta tornare a un dolce sonno sul suo divano, incubi cartacei permettendo.

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