Enchanted forest

Madeline

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  1. Madeline Mayson
     
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    ▬Madeline Mayson▬
    SPEZZAINCANTI

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    Un enigma. La parola le rimbalzò per la mente, riassumendo perfettamente il giovane dai capelli scuri di fronte a lei. Lo sguardo le cadde sulla propria mano, apparentemente minuscola in confronto alla sua. Ci si sentiva, in effetti, piccola e non solo per la statura. Accompagnata da un bagaglio di esperienza misero, abituata ad essere controllata da tutto e da tutti, si rese conto di faticare a stare al passato. Cosa pensava Alec di lei? La propria mancanza di esperienza era così evidente?
    Lo studiò sfacciatamente ricambiando l’espressione di lui. La seguiva, senza sembrare troppo turbato dai repentini cambi d’umore della texana, acquisendo parecchi punti agli occhi di lei.
    Aggrottò la fronte, interdetta dalle parole di lui. In realtà, non aveva minimamente pensato che potesse avere cattive attenzioni, si fidava e basta. Una confusione che si dissipò poco dopo, spazzata via dal tono lascivo e dall’occhiolino.
    ”Ti sembro preoccupata?” tubò, inarcando un sopracciglio. Tentò di essere seducente, ma finì per tendere le labbra in un sorriso troppo genuino, felice che un ragazzo così carino le prestasse tutta l’attenzione che voleva. Evidentemente, doveva essere abbastanza sicuro di se stesso, da non farsi intimidire da lei. Non che Madeline potesse realmente intimorire qualcuno, ma talvolta, a causa del carattere troppo esplicito, allontanava involontariamente l’interlocutore.
    Lo seguì senza chiedere, mordendosi il labbro inferiore con impazienza. Moriva di curiosità e normalmente avrebbe fatto un milione di domande, ma temeva che lui leggesse le mille richieste come una mancanza di fiducia.
    L’aspettativa la ingigantì come un grosso palloncino e la mente prese a divagare nei posti più disperati. Pensieri erranti a briglia sciolta. Le iridi nocciola si ritrovarono ad ammirare un grosso tronco d’albero. Si erano fermarti? Presa com’era dal contatto tra la propria mano e quella di lui, se ne era accorta a stento.
    Passarono un paio di secondi, gli unici che avrebbe potuto attendere con pazienza, prima che reclinasse il capo all’indietro. Una risalita atta ad agganciarsi allo sguardo di lui. Le labbra si separarono, pronte a chiedere una spiegazione.
    ”No, io non…”Le morì tutto in gola. Senza fiato, si lasciò solamente sfuggire un urletto sorpreso.
    Librata in aria, privata del proprio peso. Completamente inconsistente fino a quando non si ritrovò con il sedere premuto contro la spalla di lui. Cercò un appiglio, arcuando le dita sulla spalla libera e sul tricipite del serpeverde. Girava tutto, offuscato dalla paura irrazionale dell’altezza. L’aveva negato solo per non fare brutta figura, ma soffriva di vertigini. Forse perché era bassa, trovava innaturale ogni distanza, che sembrava amplificata, terrorizzante.
    Malgrado fosse spaventata, non poté non apprezzare quella dimostrazione di forza fisica: l’aveva sollevata come una bambola di pezza. Avrebbe preferito ammirare la mascolinità del ragazzo da più in basso, al sicuro, con i piedi bene ancorati a terra, ma non ebbe la forza dirlo o di provare a scendere.
    "Perchè vuoi arrampicarti?"
    Ci teneva a fare bella figura e sbalordirlo in qualche modo, ma era atterrita. Deglutì, consapevole di avere la bocca completamente asciutta. Il suggerimento di lui la convinse a cambiare l’oggetto di studio. Fissò il ramo con le palpebre spalancate e benché fosse estremamente vicino, vista la posizione sopraelevata garantitale dall’Islandese, la distanza le parve insormontabile.
    Scosse piano la testa, vicinissima a crollare. Contrasse le dita e percepì muscoli solidi al di sotto. Sospirò lievemente, abbassando il capo per incastrare le iridi nocciola con quelle molto più scure di lui. Voleva fare bella figura e voleva scoprire quale panorama valesse la fatica di arrampicarsi si un albero.
    ”Per favore” mormorò, sfiorandogli le ciocche di capelli con i polpastrelli della mano sinistra ”Non farmi cadere, Alec”.
    Lo supplicò, guardandolo seriamente per un istante di troppo, prima di distogliere lo sguardo. Allungò entrambe le braccia verso lo spesso ramo sopra la sua testa, sperando che il ragazzo l’aiutasse a colmare i pochi centimetri di distacco, sollevandola in qualche modo.
    Se l’avesse fatto, Maddie avrebbe cercato di agguantare l’albero per tirarsi su con le braccia e salire, lì, dove le era stato indicato. Si sarebbe abbarbicata al ramo come un koala, timorosa di potere scivolare, in attesa che il serpeverde la raggiungesse e le dicesse cosa avrebbe dovuto fare.
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