Passeggiate serali

Libera!

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    D'accordo, d'accordo.
    Doveva ammetterlo, a sé stessa, al mondo intero, ad Abe che torvo le stava ancora lanciando imperterrito occhiate di muto rimprovero dal cucinino, dove – tra uno sbuffo ed un altro – stava sparecchiando una tavola intonsa e riponendo piatti altrettanto intoccati di una cena ormai gelida.
    Adeline Walker doveva ammettere che uno dei suoi problemi principali nell'affrontare la vita, ultimamente, era quel “tutto o niente” che come un mantra sembrava fungere da base gravitazionale di quel suo ultimo anno di vita.
    Prima si era gettata nel tutto: nuova casa, nuovo lavoro, nuovo animale da compagnia, secondo nuovo lavoro, nuovo amico/elfo (che sempre più spazientito ora sembrava voler consumare quella pentola, tanta era la foga con cui sfregava la spugna sul ferro), nuova famiglia (il che era stato a dir poco un colpo) per non dire delle nuove abilità da animagus scoperte e poi affinate, poi gli impegni, gli imprevisti, le missioni e le disavventure, quotidiane e non.. insomma. Le era successo un po' di tutto, per l'appunto.
    E lei in quel tutto ci era sguazzata sino al crollo – quasi letterale – su di un piatto di zuppa alla zucca.
    Quindi, la decisione di meritarsi un po' di quel famigerato dolce niente.
    Adeline si era presa un po' di tempo per sé, aveva lasciato tutte le sue cose in ordine, Abe di controllo, e per qualche settimana era scomparsa completamente dai radar.
    Le era servito, quel periodo. Si era riscoperta effettivamente esausta, con le mani impegnate in troppe cose, troppi affari, troppi pensieri, mentre adesso..
    Nel complesso, la londinese era stata grata a sé stessa di quelle settimane di puro riposo, dolce e soporifero niente.
    Ma adesso d'altronde.. Adeline Walker era una persona fondamentalmente attiva. Le piaceva lavorare, fare, muoversi, impegnarsi, pensare, uscire, dire, incontrare.. era disposta a sforare dal lato dell'attività, esaurirsi sino ad un possibile crollo per quel “troppo tutto” ma non il contrario.
    Le aveva fatto bene quella breve pausa, e ne era stata contenta tornando a casa con rinnovata energia, quindi.. quindi basta. Quindi era pronta a ricominciare, a tirarsi su le maniche e con un colpo di bacchetta e un po' di olio di mandragora riprendere in mano la sua vita a trecentosessanta gradi.

    Per cui, eccola lì.
    Londra se ne stava seduta scomposta sulla sua sedia alla scrivania, finendo di rileggere una delle ultime cartelle provenienti dal San Mungo, al quale era ovviamente tornata appena rientrata dal suo breve congedo.
    Durante la mattina ed il primo pomeriggio si era dedicata ai lavori ministeriali, che in effetti le avevano preso più tempo del previsto, per cui più tardi di quanto preventivato aveva iniziato ad occuparsi del suo lavoro presso l'ospedale magico.
    La casa era rimasta intonsa unicamente grazie alle magie – letterali e non – del suo amato elfo domestico, che però ora, dopo quasi 24 ore di mutismo della sua strega, troppo presa dai lavori, gufi più o meno urgenti da spedire, commissioni da svolgere fuori e in paese.. ecco, già il pranzo era stato consumato in fretta e da solo - dato che la londinese si era smaterializzata per un incontro con un collega del Ministero – ora pure la cena sarebbe stata ignorata?!

    All'ennesimo sbuffo così, Adeline pose il punto finale alla relazione che stava redigendo per il giorno seguente, e con un mesto sorriso sulle labbra alzò finalmente lo sguardo su quella piccola creatura imbronciata dalle orecchie a punta.
    -Perdonami Abe.. hai ragione. Ma ora ho effettivamente terminato tutto ciò di cui mi dovevo occupare oggi, e da domani la vita tornerà quella di sempre.-
    -Quindi da domani sarà indaffarata bene o male proprio come oggi.-
    Era stata la risposta ancora dal tono vagamente risentito dell'elfo, che però nel frattempo stava ritirando fuori i piatti della cena poco prima riposti.
    Adeline aveva sgranato un po' gli occhi, mordendosi il labbro, consapevole del fatto che all'elfo non poteva poi raccontarla, la conosceva ormai come le sue tasche – e avrebbe potuto rivoltarla come un calzino, se solo lui avesse voluto.
    -Facciamo così.- aveva quindi cercato di rimediare la londinese lasciandosi trasportare dall'ispirazione -Adesso ceniamo assieme con quel fantastico arrosto di cui sentivo già prima il profumino.- le labbra si erano aperte in un sorriso sempre più speranzoso, mentre spostandosi in cucina e iniziando a ri apparecchiare tavola per due, i pensieri volavano veloci come le sue mani su piatti e bicchieri: -Poi scendiamo giù in paese e ci facciamo una bella passeggiata solo io e te, con magari anche una piccola tappa da Mielandia se è ancora aperta, che ne dici?-
    Aveva afferrato la bacchetta e avvicinato i piatti con il cibo freddo, per scaldarlo in fretta lei stessa.
    -E se non è aperta potremmo passarci domani..?-
    Il catalizzatore in un attimo aveva riscaldato le pietanze squisite preparate dall'elfo, e la mancina della strega aveva avvicinato un piatto fumante alla creatura, con in aggiunta un sorrisone a trentadue denti: -Se non è aperta, ci passeremo tutte le sere di questa settimana.-
    E bon appètit.


    Fedele alla parola data, dopo la cena, un veloce bagno ed un cambio appropriato, la strega e il suo adorato elfo erano scesi in strada, accompagnati inaspettatamente anche da Gufo.
    Data la stagione, il freddo pungente aveva costretto l'elfo ad indossare un grosso cappello di lana rosso, che detestava perchè – a detta sua – preferiva avere sempre le orecchie libere, ma Adeline a vestirsi a strati si era persin divertita.
    Aveva scelto dei pantaloni aderenti di quella tonalità grigio-blu che tanto le piaceva, a cui aveva aggiunto dei calzettoni pesanti nascosti da un paio di stivali lunghi sin quasi il ginocchio. Sopra poi si era sbizzarrita con una canottiera, ben due maglie di cui una sottile ma a maniche lunghe, l'altra senza maniche ma con il collo alto, e ancora sopra un maglioncino di cashmere e ancora sopra un morbido maglione bianco di lana – il tutto comunque invisibile sotto il giaccone grigio, la sciarpa dalle sfumature azzurrine che le arrivava sin sotto al naso e il cappello che invece le copriva praticamente tutta la restante parte della testa e del volto.
    Il risultato? Di Adeline Walker si poteva scorgere giusto giusto lo sguardo bicromatico, ma per il resto, pure le piccole mani erano fasciate da morbidi guanti blu.
    Abe ogni tanto guardava la sua strega e ridacchiando le chiedeva come faceva a muoversi con così tanti strati di vestiti addosso.
    E infatti..
    -Abe smettila di prendermi in giro, fa freddo, l'aria è ghiacciata, le strade sono ghiacciate, io sono ghiacciata e per Merlin- Aah!-

    Ecco appunto. In fondo il suo elfo, non aveva poi tutti i torti.
    Fasciata com'era nei suoi mille strati di maglioni e maglioncini, giacconi, sciarpe e cappelli, Londra non aveva visto quel tombino ghiacciato sul quale, ovviamente, in un battito di ciglia il suo stivale aveva perso la presa... facendole fare un capitombolo degno di nota, il sedere per terra sulla neve ghiacciata a bordo strada e lo sguardo sgranato di chi ancora deve capire di preciso cosa sia successo.
    Poi, un rumore stranissimo, le aveva fatto girare lo sguardo – un rumore dapprima quasi trattenuto ma poi sempre più forte, ritmico, sembrava che qualcuno stesse per soffocare ma in maniera così strana..
    Adeline si mise a sedere il più velocemente possibile, anche se ancora per terra sulla strada, e quando realizzò l'origine di quel rumore, si diede ancora di più della sciocca: Abe, con entrambe le mani sulla bocca per cercare di minimizzare il suono, le lacrime agli occhi e anche lui per terra ma per tutt'altro motivo..stava letteralmente morendo dalle risate.
    ..E Adeline a quella scena, si unì volentieri all'amico.
     
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    C'era un qualcosa di familiare nell'aria gelida che pizzicava sopra la pelle, un qualcosa che manteneva accesi i sensi eppure in un certo senso li teneva anche addormentati, come per non farci rendere conto di quanto fosse freddo. Quando ero uscito di casa, non avrei saputo dire che ore fossero, ero vestito in maniera troppo leggera per affrontare il gelido inverno della Scozia, eppure non mi pareva quasi di percepirlo il freddo. Indossavo il mio abituale abito in tweed, elegante, non troppo raffinato a dirla tutta si potevano vedere alcuni segni di usura sulle articolazioni come i gomiti e alcuni fili erano bruciacchiati dalla punta di una sigaretta che maldestramente avevo abbassato troppo vicino al tessuto. Il cappotto non se la passava meglio e una nuvola di odore di fumo mi accompagnava a ogni mio passo, intensificandosi a ogni movimento meno coordinato nel precedente. Tra le dita reggevo un altro di questi aggeggi babbani che avevano annebbiato per la prima volta i miei polmoni in tempo di guerra e che da allora non ero più riuscito a dimenticare: come per gli orrori del fronte, il fumo di sigaretta non mi aveva mai abbandonato. Tirai una decisa boccata di fumo dall'estremità del cilindro, innondando il mio apparato respiratorio di nicotina e chissà quale altro veleno come nella speranza che potesse uccidermi, e sbuffai fuori a labbra strette la nuvola di fumo che sembrò condensarsi a contatto con l'aria fredda, prima di volare dietro alle mie spalle al mio passo successivo.
    Quasi nessuno aveva avuto il coraggio di avventurarsi in simili condizioni, sia di buio che di freddo, per le vie di Hogsmeade e mi beavo della mia solitudine quando un rumore mi mise in allarme. Forse era solo un'imposta che sbatteva, una pattumiera che veniva posta fuori dall'uscio di casa o un qualche gatto, ma anche il benchè minimo rumore che fosse dissonante rispetto l'ambiente nel quale mi trovavo mi metteva in allarme. Senza rendermene conto avevo lasciato cadere la sigaretta, la punta ancora rovente si era sparpagliata sul terreno e fumava a contatto con la neve fresca, e a passo accelerato mi ero diretto verso la fonte del disturbo: nonostante i miei problemi, più o meno marcati, correvo sempre incontro al pericolo come se un insito pensiero di morte accompagnasse ogni mia azione. Quasi con una certa delusione constatai che si trattava di una strega, riuscivo solo a vedere alcune ciocche bionde sfuggire dal cappello che indossava e quella che doveva essere la sciarpa più voluminosa mai vista, seduta in terra e una strana creatura che... emetteva un suono davvero raccapricciante. « Madame!» chiamai avvicinandomi e raggiungendo il punto esatto che si trovava tra la donna e l'essere. Sembrava un elfo domestico, ma indossava un cappello quantomai insolito. Lo squadrai con una certa diffidenza, non comprendendo davanti a cosa mi stessi trovando. « Va tutto bene?» il mio sguardo tergiversò ancora un po' sulla figura della creatura per poi rivolgersi, così come la mia domanda, alla strega che sedeva in terra. Forse era caduta, forse era stata spinta dall'elfo o chissà quale altra dinamica era in azione.
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    Se doveva esserci una grande verità nella vita, per Adeline Walker questa era che una sola risata – una di quelle risate genuine, cristalline, che nascono dal cuore per poi diramarsi saltellando nel ventre, singhiozzando in gola e imporporando le guance, spezzando il respiro e illuminando gli occhi – ecco, una sola di queste, portava con sé uno di quei poteri e magie del mondo assolutamente incomparabili, inspiegabili, assurdamente invincibili.
    Ridere così per un solo minuto su 24 ore poteva ribaltare completamente la giornata della strega, se non persino l'intera settimana o, perchè no, un intero mese.
    Era talmente presa dalle risate condivise con il suo elfo che quasi le mancava il fiato, e più pensava alla scivolata, ai suoi borbottii di poco prima nascosta com'era sotto quei soffici e caldi strati di vestiti, più rideva – e rideva ancora, e a quel ridere andava a sommarsi la stanchezza della giornata, le risate assurdamente strane di Abe accanto a lei, i suoi tentativi di frasi -Ommerlino Abehh- le cui conclusioni cadevano irrimediabilmente nel vuoto, echeggiando nell'aria gelida di quella notte.
    La via principale del paesino magico era pressochè deserta, ma per quei brevi attimi di genuina ilarità la risata cristallina della ex Corvonero aveva riempito lo spazio attorno a sé ed il suo elfo tanto che, al suono di una voce sconosciuta, Adeline per un attimo aveva trattenuto il respiro, sorpresa, portandosi una mano al petto.
    Lo sguardo bicromatico, rapido, era volato così a sondare la figura che le si era stagliata a fianco: era un giovane mago, vestito elegante, i dettagli del volto dalla sua posizione sfuggivano ancora alla vista della Medimag, ma l'odore di fumo che portava con sé l'uomo le fece istintivamente arricciare un po' il naso.
    Lui stava osservando con occhio dubbioso? Scettico? Abe - che d'improvviso alla comparsa dello sconosciuto si era tirato su in piedi cercando di darsi un tono, tossicchiando un poco in attesa di un primo passo dato dalla sua strega – strega che d'altrocanto stava ancora fissando lo sconosciuto stesso.
    -Va tutto bene?-
    Sarà stata la comparsa improvvisa e silenziosa dell'uomo, quasi fosse un'ombra sbucata dal nulla – o quantomeno così era parso a Londra – ma sino a che la voce del mago non era riverberata nuovamente nello spazio tra loro, l'inglese era rimasta in una sorta di vaga trance, incantata con lo sguardo verde-azzurro fisso sui lineamenti sconosciuti.
    -Oh io.. sì, assolutamente!-
    Riprese quindi contatto con la realtà Londra, sbattendo per un attimo le ciglia e scrollando un poco la testolina bionda.
    Si schiarì piano la voce, mentre veloce riacquistava la sua più naturale stazione eretta:-Fa così freddo che.. non ho notato il tombino ghiacciato e sono scivolata. E' stato solo piuttosto.. buffo, principalmente. -
    Aveva spazzato via dal cappotto i residui di neve ghiacciata, risistemandosi velocemente, e lo sguardo bicromo era tornato così a fissarsi sul mago: quello sconosciuto avrà avuto si e no all'incirca la sua età..E dei glaciali occhi azzurri.
    Sorrise, mentre un nuovo pensiero le attraversava la mente: -Mi dispiace se l'abbiamo fatta preoccupare o..disturbata, non era nostra intenzione.- aggiunse quindi in fretta -L'abbiamo fatta preoccupare?- chiese, probabilmente più preoccupata lei stessa della questione rispetto al mago lì di fronte.
    Abe nel frattempo, una volta vista in piedi la sua strega aveva assunto una delle sue posizioni preferite quando si trattava di sconosciuti con cui relazionarsi: cercare di scomparire il più possibile dietro le gambe della Medimag, con le lunghe dita che andavano a circondargli la coscia destra e il cappello rosso che spuntava da dietro il bordo del suo cappotto, poco sopra uno dei suoi grandi ed acquosi occhi, fissi sullo straniero.
    -Lui è Abe, il mio elfo domestico.-
    Aggiunse infine Adeline, cordiale, ricordando il primo sguardo del mago fisso sulla creatura.
    -E beh io.. Adeline, Adeline Walker, piacere.-
     
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    Ridere. Sembrava una cosa di un altro modo, addirittura di un'altra epoca, un epoca antecedente alla guerra che aveva squarciato il mondo per la prima volta - non sarebbe stata l'ultima visto il temperamento bellico insito nel genere umano- il suono di una risata. Non la sentivo da così tanto tempo che non avevo riconosciuto subito il suono gutturale che usciva dall'esile corpo della donna caduta in terra, la mia mente danneggiata dagli orrori vissuti aveva subito collegato questo suono a qualcosa di straziante, negativo, un singhiozzo o un rantolo di dolore ad esempio. Era triste che non riuscissi a riconoscere una risata, qualcosa di così puro e spontaneo, e che pensassi subito al peggio. Non ero sempre stato così. Un tempo riuscivo a vedere sempre e solo il buono nelle persone, ero ottimista, avevo speranza. Forse non significava molto, anzi al momento mi sembrava la cosa più distante da me stesso, ma un tempo ero stato un Tassorosso, coloro che sono leali e vedono sempre un lato positivo. Il mondo di Hogwarts, con le sue case sicure, le sue alte mura, culla di una magia sicura e controllata apparivano come un paesaggio lontano, paradisiaco certo, ma avvolto nelle nebbie dei ricordi e sempre più sfuggente, come un sogno che la mattina sbiadisce. Un'altra cosa che i venti della guerra si erano portati via: sogni. Incubi ne avevo un'infinità, ma il primo sentore della mia speranza recisa brutalmente era stata l'impossibilità di sognare cose che fossero felici. Chiudevo gli occhi e ripiombavo in un mondo di dolore e sofferenza, violenze e brutalità. Preferivo allontanare questo momento posticipando il più a lungo possibile il mio coricarmi a letto, quando collassavo per la stanchezza, e il modo migliore per farlo era camminare. Camminavo tanto, con una sigaretta stretta tra le labbra e evidenti segni viola sotto il mio sguardo stanco, avevo camminato così tante volte, avanti e indietro, che se si fossero distesi in linea retta tutti i miei passi non mi sarei stupito se mi avessero detto che avevo già fatto il giro del mondo, kilometricamente parlando. La strega stava bene. Mi comunicò le sue condizioni mentre si rimetteva in piedi, un po' troppo agilmente per i miei gusti, facendo aggrottare una ruga di preoccupazione proprio al centro della mia fronte. Ascoltai la sua spiegazione, un banale incidente relativo al ghiaccio, qualcuno avrebbe dovuto manutenere a dovere quella strada così accidentata, e mentre si sistemava il capotto allontanando i residui di neve e ghiaccio, potei osservarla con un po' più di attenzione. Aveva un bel fisico, sebbene non guardassi più in maniera carnale una donna dovevo ammettere che aveva dei bei lineamenti e, per quanto si potesse intuire sotto gli spessi strati di lane invernali che indossava, aveva delle belle proporzioni. Il suo sguardo bicromo mi inchiodò sul posto, come se fossi stato sorpreso a fare fantasie sulla vicina di casa, facendomi deglutire. « Mi avete fatto preoccupare, siete sicura vada tutto bene?» risposi cercando di accennare un sorriso, stropicciando i muscoli delle guance che però non erano più abituati a prendere quella posizione e si rifiutavano di collaborare. « Sono stupito che nessuno si sia ancora affacciato a controllare, in questa via sono piuttosto suscettibili e il suo sedere, mi scusi sono stato scortese... la sua caduta ha fatto un bel boato.» Era forse la frase più lunga e articolata che avessi mai detto a uno sconosciuto e che non riguardasse mere indicazioni stradali o simili sciocchezze, anche se solitamente il mio atteggiamento schivo dissuadeva chiunque dall'instaurare una conversazione, per quanto casuale, con il sottoscritto. Tutti questi elementi di normalità, una bella ragazza che scivola e ride della cosa, scambia frasi più lunghe di quanto uno si aspetterebbe, erano stimoli assolutamente insoliti per me e il mio cervello sembrava processare più lentamente le informazioni ricevute. Ad esempio, per poter formulare la frase precedente aveva messo così tanto impegno, riuscendo malamente peraltro a selezionare le parole, che non avevo più visto, quasi me lo fossi dimenticato, la strana creatura con l'informe cappello sulla testa. Rimasi interdetto della presentazione della donna, notando solo in seguito la piccola creatura che si nascondeva dietro le gambe della strega quasi al punto di voler scomparire dentro un suo polpaccio. Era poi insolito che fosse prima presentato l'elfo domestico, finalmente la razza della creatura era svelata, e poi la strega. « Callum Mahoney, piacere di conoscervi.» se prima l'accento irlandese era mitigato da anni passati a nasconderlo, era impossibile non notare l'inflessione d'Irlanda sul mio cognome. « Non avevo mai visto un elfo con un cappello...» aggiunsi, ricordando la perplessità iniziale di quella strana visione. Non volevo fare pessime figure, il fatto che mi fosse prima presentato Abe era indicativo del legame che univa i due, perciò cercai di ponderare bene le parole della mia frase successiva. «Credevo...Credevo che gli elfi domestici non potessero indossarli.» ricordavo tutta una serie di regole sul comportamento da tenere con gli elfi domestici nel tempo in cui avevo vissuto con mia madre e era proibito dare loro indumenti o accessori da indossare di qualunque genere.
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    -Mi avete fatto preoccupare, siete sicura vada tutto bene?-
    Accidenti, si era preoccupato sul serio.
    Preoccupata lei per la possibile preoccupazione di lui, preoccupazione effettivamente confermata.. risultato? Una preoccupazione al quadrato.
    Un tiepido porpore colorò le guance di Londra, che tuttavia alle parole seguenti del mago, si ritrovò nuovamente a ridacchiare:
    -Ma quale scortesia, ha proprio ragione- si sciolse in un sorriso, come a voler inconsciamente mostrare a quello sconosciuto come si faceva, a sorridere sul serio, mentre lo sguardo bicromo continuava il suo scrupoloso studio del neo conoscente.
    Gentile e socievole sempre, curiosa e analitica come se ogni nuovo incontro divenisse oggetto di studio, anche.
    -E conoscendo il vicinato dovrei darle doppiamente ragione, conosco qualche strega che al più sottile dei sussurri ha già le orecchie alle finestre!-
    Certo, diamo anche l'indirizzo di residenza al primo che passa Ad. Complimenti..
    Ma il pensiero nacque e morì nel giro di pochi decimi di secondo dato che il battito di ciglia seguente, Adeline stava già assaporando tredici nuovissime lettere combinate in maniera del tutto personalizzata da associare allo sconosciuto che le si parava di fronte – ora di fatto, un tantino meno sconosciuto.
    -Callum Mahoney- ripetè quindi sorridente, sfilando la mano destra dal tiepido guanto blu che la stava fasciando e porgendola così al mago.
    -Non ha freddo con solo quel cappotto indosso, signor Mahoney?-
    Chiese ridacchiando, mentre il freddo pungente cui aveva lasciato libero accesso dalla pelle candida lasciata allo scoperto le ricordava, attraverso un brivido con origine nella colonna vertebrale, quanto avesse fatto bene a tenersi così al caldo e sì – come merlino faceva la restante parte della popolazione, magica e non, a sopravvivere a quelle temperature con anche solo uno strato di lana in meno.
    Istintivamente la Medimag si strinse un po' tra le spalle, affondando il naso nell'ampia sciarpa azzurrina: le iridi verde azzurre continuavano a sondare curiose l'uomo lì di fronte, ma il corpicino della strega non poteva che ringraziare quei vari strati di vestiario e.. ricordarle, attraverso una lieve pressione dalle parti della sua coscia destra, che se Abe si imbarazzava enormemente di fronte a sconosciuti, figurarsi poi quando questi notavano che portava un qualsiasi capo.
    -Credevo...Credevo che gli elfi domestici non potessero indossarli.-
    -In effetti ha ragione.- dondolò un poco sui talloni, ponderando la risposta da dare che nel complesso avrebbe dovuto spiegare una situazione se non assurda agli occhi di molti (magari persino ripugnante, imbarazzante e diffamante la stirpe dei “portatori di bacchetta” per alcuni) sicuramente.. quantomeno bizzarra ecco: -Io.. non condivido l'idea diffusa di assoggettare creature magiche al nostro volere.- iniziò quindi, con tono gentile ma chiaro.
    -Ho fatto richiesta al Ministero per un elfo domestico, ma l'idea era più quella di trovare un semplice aiuto e possibilmente.. un amico.-
    Lo sguardo verde azzurro si spostò dal mago all'elfo, mentre una muta richiesta vibrava tra la strega e quest'ultimo.
    -E per fortuna così è stato. Abe mi aiuta moltissimo in casa e con alcune commissioni, dato che ho anche due differenti lavori per cui gli impegni sono molti.. ma ha per questo una paga mensile e un giorno libero a settimana e - soprattutto – di fatto la libertà di fare ciò che più gli aggrada, libertà di espressione.. libertà di andarsene, se lo volesse.-
    Tornò ad osservare il suo interlocutore, ancora più curiosa adesso della sua eventuale reazione.
    Sapeva bene di vivere in un mondo in cui determinati pensieri e prese di posizione potevano sollevare da polemiche polverose a polveroni polemici, ma in ogni caso non era in alcun modo intenzionata a ritrattare la sua posizione, tantomeno su determinati argomenti, ed era pronta ad ogni evenienza.
    In compenso, al solo citare la buia e terrificante “libertà di andarsene” un potente tremolio aveva pervaso il suo elfo che, ben lungi dal non comprendere e accogliere con benevolenza la possibilità che gli veniva offerta, comunque rabbrividiva al solo pensiero.
    Questo principalmente perchè, per contro, la possibilità di andarsene significava anche la conseguente possibilità di ritrovarsi poi alla mercè di chissà quali maghi e streghe, uffici ministeriali alle calcagna, derisione e sdegno dai suoi simili nonché dagli umani, solitudine.. con quella strega aveva trovato sì lavoro, ed un lavoro di cui si sentiva partecipe, ma anche accoglienza, libertà comunque di vario genere e sopra ogni altra cosa calore ed affetto sinceri, nati e cresciuti in maniera reciproca letteralmente sotto lo stesso tetto.
    Un piccolo moto di decisione e orgoglio personale mosse quindi finalmente i lunghi arti della creatura, che con una nuova luce negli occhi si sistemò decisa il suo bel cappello rosso sulla testa. Il suo, perchè se lo era comprato da solo con i suoi soldi, guadagnati grazie al suo lavoro. Ecco.
    -Piacere di conoscerla, signor Mahoney.-
    Si pronunciò quindi finalmente Abe, mettendosi a fianco della sua strega.
    Adeline sorrise, più tra sé e sé che rivolta a qualcuno in particolare.

    -Mahoney.. non è propriamente inglese, o sbaglio?-

    Aaah, Adeline Walker e la possibilità di conoscere nuove persone e fare amicizia: un'accoppiata indissolubile e perfetta, come la sua sciarpa azzurrina ed i suoi guanti blu.
     
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    Registrai nella mia mente le parole che la strega mi disse riguardo al vicinato. Una normale frase di cortesia forse, ma, per uno che era abituato a vivere il mondo come se la guerra fosse sempre in mezzo, apparivano strane. Provai un'immediata invidia, un sentimento che conoscevo poco ma che subito avvampò nel mio cuore, per qualcuno tanto ingenuo da suggerire a uno sconosciuto, nel cuore della notte, che abitasse nella zona nella quale ci trovavamo. Era fantastico che la donna avesse vissuto in un tale stato di ottimismo da ritenere saggio fornire questa informazione, abbandonata nel mezzo di una frase di cortesia con la facilità con cui si aggiungerebbe un avverbio per allungare un esame scritto, oppure che conoscesse tanto bene le sue doti di difesa da poter quasi non chiudere a chiave la porta di casa. La invidiavo e al contempo la ammiravo. Era di una spontaneità genuina, quella che un tempo era appartenuta anche a me. « Siamo spiati dunque?» Non era giusto lasciare che la fiamma dell'invidia mi consumasse o in qualche modo intaccasse quella conversazione così leggera, appesantire quella conversazione non avrebbe fatto altro che acuire la mia frustrazione che decisi di ricacciare a fondo. Sarebbe tornata a galla qualche ora più avanti nel corso della consueta lunga notte di incubi. Optai per cercare di appigliarmi a quello che restava, impolverato e malconcio, del Callum Mahoney che ero stato un tempo. Logorroico e sognatore, che asseconda gli estranei. La domanda era stata posta con un tono divertito, non c'era il sentore d'allarme che aveva sempre avuto solo pochi anni addietro, abbassando il tono di voce sull'avverbio temporale come a voler tenere segreto il nostro incontro. Questa situazione un tempo mi avrebbe divertito in maniera sincera e genuina, non fossi stato avvolto dal velo dell'apatia che ormai mi seguiva come un'ombra.
    Eravamo arrivati al punto delle presentazioni, Adeline Walker aveva il retrogusto di una melodia antica al sapore di whisky - Johnnie aveva accompagnato molte delle mie notti più oscure- ed era un nome piacevole da ripassare sulla lingua. Fu forse per il mio accento irlandese troppo marcato, più che per il piacere provato nel pronunciarlo, che anche la strega ripetette il mio nome al quale annuii. « Esatto.» replicai da bravo soldato, avvicinando istintivamente i piedi e irrigidendo la schiena come per pormi sull'attenti, anni di esercito babbano avevano formato questo aspetto del mio carattere. Inaspettatamente la strega sfilò una mano da un guanto e me la porse. Osservai questo gesto come se vedere quella pelle diafana esposta al gelo notturno, privo della protezione di lana, mi causasse un dolore sincero, ancora di più al pensiero di dovervi stringere la mia mano ruvida e certamente ghiacciata. Ma non potevo sottrarmi a quella richiesta di contatto e, seppur controvoglia, strinsi con vigore ma velocemente la sua mano con la mia. Il calore che emanava era quasi rovente, piacevole come un fuoco acceso al ritorno da una lunga ronda di pattuglia, un paradiso in terra. Giustamente mi venne chiesto se non avessi freddo con solo il cappotto, come uno studente colto in castagna con solo il maglioncino e nessuna protezione contro il freddo. « Scusatemi» mi affrettai ad aggiungere, convinto che tale domanda scaturisse proprio dalle mie mani ghiacciate « Ho sempre le mani gelide. E no, ormai al freddo ci sono abituato.» distolsi lo sguardo dalla donna per porgerlo verso la notte e sul cielo sopra di noi, più di una volta avevo dormito all'aperto cercando di vedere le stelle, luminosa speranza, in attesa che le luci dell'alba arrivassero, portando nuovo dolore, nuova morte.
    Avvolti nel vento freddo, unici esseri umani di quella via, avevo quasi dimenticato che ci fosse anche una creatura magica. A dire il vero non fu colpa unicamente mia, prima di tutto perchè come generazioni di maghi mi avevano inculcato nel dna ero abituato ad essere consapevole della loro presenza ma a surclassare, confinandolo quasi ad elemento di arredo, in secondo luogo perchè l'elfo domestico si era nascosto in maniera perfetta dietro alle gambe della sua padrona, rendendolo invisibile ai miei occhi, e terzo la strega che avevo davanti era davvero intrigante al punto che avrebbe eclissato anche un carro armato nella High Street. Mi ridestai, colto dalla terza presenza che si era infilato nel discorso della Walker. Parlava in tono gentile, ma capii dall'assenza di battutine o toni scherzosi come quello usato in precedenza sui vicini pettegoli, che questo aspetto per lei era molto importante, quasi fondamentale. Prestai attenzione, era nella mia natura ascoltare con sincero interesse quando le persone parlavano perchè questo era il mio carattere, ma cercai di essere ancora più concentrato. Colsi uno sguardo, uno sguardo che non seppi decifrare, ma che intuii essere carico di un messaggio. Non lo afferrai, forse era stato tutto nella mia testa, avevo passato troppo tempo in un mondo dove gli uomini sono solo soldati, numeri e targhette di metallo da restituire alle famiglie, per poter risolvere quello sguardo acquamarina che mi venne rivolto. Continuai comunque ad ascoltare quel discorso, ironicamente mi ci rivedevo molto, non come mago/padrone ma come elfo/servo. Libertà. Questa strega parlava di libertà a un uomo che era prigioniero delle sue stesse esperienze. « Libertà.» feci eco alle sue ultime parole, trovando altamente ispirante il discorso appena sentito. Non le avrei mai detto, perchè avrei dovuto rivelare a una sconosciuta, di quanto fossi simile al suo Abe. Sorrisi, ci provai di nuovo, con sguardo un po' malinconico. « Trovo davvero molto ispirato il vostro discorso e non posso che condividerlo: la libertà è tutto.» Sollevai le spalle, stringendomi nel mio cappotto, colpito da quella nuova consapevolezza su me stesso che mi aveva dato una perfetta sconosciuta parlando di una creatura magica. « Nessuno dovrebbe esserne privato. E sono molto contenta che lei abbia trovato un amico leale, non è cosa di tutti i giorni.» provai un'immediata affinità con la creatura che ora aveva ripreso coraggio ed era tornata mostrarsi oltre le gambe di Adeline, con il suo cappello buffo e un moto di orgoglio lo spinse a dire quelle che erano le prime parole che gli sentivo pronunciare.
    « Signor Abe, il piacere è mio.» ricambiai, abbassando leggermente il capo in cenno di assenso, come avrebbero fatto due gentiluomini qualunque nel presentarsi senza stringersi le mani. Ero ancora concentrato a studiare le fattezze del berretto, quando la donna richiamò la mia attenzione chiamandomi nuovamente per cognome. Questa volta l'angolo delle mie labbra si sollevò in un mezzo sorriso, coinvolgendo anche gli occhi di ghiaccio che erano tornati a riflettersi sul volto di lei. « Irlandese, mylady. Siete esperta di cognomi o avete un'orecchio molto allenato per gli accenti? » domandai, ora curioso di conoscere cosa mi avesse tradito. Ma già sapevo che il mio accento era il Giuda della situazione.
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    Ghiaccioli
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    -Siamo spiati dunque?-
    Aveva sgranato gli occhioni verde-azzurri assumendo un giocoso tono serio, contenta in realtà come una bambina la notte di Natale - certo, non lei e non le sue di notti di Natale, che sino agli anni di Hogwarts aveva passato tra orde di aristocratici ladri e malfamati ubriaconi, o, con un po' di fortuna, nella più completa delle solitudini – e di rimando aveva fatto un leggero e muto cenno di assenso, aggiungendo poco dopo in un sussurro: -Ma non si preoccupi, posso difenderla io se si rendesse necessario.-

    Nel complesso, Adeline Walker si stava già ampliamente perdendo in quegli occhi azzurro ghiaccio, accento irlandese e vago odore di fumo che impermeava gli abiti di quel mago.
    Chissà quali storie riverberavano dietro al suo mettersi sull'attenti quando pronunciato il suo nome, o a quella stretta di mano così rapida come se il contatto con un altro essere umano lo bruciasse, o ancora a quelle scuse, per Londra sinceramente incomprensibili dato che di certo si potevano compiere tanti errori nella vita, ma avere le mani ghiacciate per le gelide temperature invernali non era di certo tra questi.
    Che poi, avrà avuto una pelle fredda e segnata magari dalle proprie avventure e disavventure, storie più o meno passate – più o meno superate – ma ad Adeline quel veloce contatto aveva fatto piacere, le aveva reso ancora più vicina e tangibile quella storia, personificata sotto il nome di Callum Mahoney, avvolta tra le ombre, metaforiche e non.
    Magari la mano calda era stata la sua, ma un tepore nascosto della sua controparte, un tepore diverso da quello che può diffondersi da un piccolo falò o da una stufa accesa – un calore che può bruciare, abbagliare, ferire, esposto alla gelida realtà quanto viceversa - un calore tiepido invece come quello di un carbone dalle venature ardenti, o la fiammella di una candela immersa nel buio..ad Adeline era parso di stringere la mano ad un'ombra, magari gelida in superficie, ma con inevitabilmente un anima pulsante, calda, anche se nascosta da qualche parte, in profondità. E quel tepore, l'aveva fatta sorridere.

    -Libertà.-
    -Libertà.-
    Si ritrovò a ribadire conciliante, a metà tra la gentilezza e la sicurezza.
    -Sono molto contenta che condivida il mio pensiero.- aggiunse quindi poco dopo, annuendo con la testolina dorata.
    Mosse le mani, senza neanche rendersene davvero conto: si stava srotolando la sciarpa, togliendo l'ultimo guanto ed il cappello azzurro.
    All'aria gelida della notte, scosse un poco il capo, lasciando che i capelli si muovessero seguendo le correnti notturne e che la pelle lasciata ora scoperta,si adeguasse alla nuova temperatura.
    Non aveva formulato un preciso pensiero per motivare quel suo gesto, ma semplicemente questo le era risuonato dentro: attimi dopo - dopo che un abbondante sorso d'aria gelida le ebbe riempito i polmoni e lo sguardo bicromo fu tornato attento sui lineamenti del mago – la strega si sarebbe silenziosamente detta che lasciar così al freddo una persona – mago o non mago, conosciuto o sconosciuto che fosse – non era affatto gentile.
    Si sarebbe persino offerta di prestare magari la sua sciarpa (di certo non il suo cappello con il pon pon) ma auto censurandosi in tempo, aveva preferito piuttosto condividere la temperatura più bassa e l'aria fredda, che aveva ora libero accesso a volto, collo e mani nonché gola e petto considerando i respiri leggeri che adesso liberavano ritmicamente piccole nuvolette di vapore dalle labbra.

    Per fortuna, qualcosa che le distogliesse la mente dal freddo pungente c'era: il mago si era presentato ad Abe, che con un piccolo cenno gli aveva risposto.
    Non era un tipo molto loquace, il suo elfo, a differenza decisamente della ex Bronzo Blu.
    -Irlandese, mylady. Siete esperta di cognomi o avete un orecchio molto allenato per gli accenti?-
    Ridacchiò Adeline, semplicemente contenta.
    -Forse entrambi, Sir. - rispose facendo spallucce -Ho due impieghi, ed entrambi mi fanno incontrare e conoscere davvero tante persone diverse. -
    Stropicciò un po' la sciarpa ed il cappello che aveva ancora tra le mani, prima che silenziosamente Abe glieli prendesse e li facesse scomparire – probabilmente ordinatamente ripiegati già nel suo armadio, in casa.
    -E a me piace- si ritrovò a chiarire il battito di ciglia successivo -Piace molto conoscere gente nuova, persone sconosciute. A lei?-
    Inclinò la testolina dorata con quel suo fare curioso e attento al tempo stesso, mentre dietro le iridi marine la mente lavorava frenetica: diversi attimi nacquero e morirono effettivamente, prima della grande ispirazione perchè sia mai che con Adeline Walker non si “carpi il diem”.
    -Conosco un posto che secondo me, potrebbe davvero piacerle.-
    Porse nuovamente la mano destra, il palmo rivolto verso l'alto a mo di invito, le labbra incurvate in un sorriso leggero e le iridi bicromatiche irrimediabilmente inchiodate in quelle del mago: -Si fiderebbe anche, invece, di una persona sconosciuta?-

    Edited by Adeline Walker - 20/3/2021, 07:19
     
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    CALLUM MAHONEY
    La guerra aveva macchiato in modo indelebile la mia mente, corrodendola e corrompendola con tutti i suoi orrori, orrori che ogni notte ero costretto a rivivere, cancellando quanto di buono vi era in questo mondo. Ogni esperienza positiva, flebile appiglio di speranza e allegria incontrata erano stati cancellati. Era un tumore che si continuava ad allargare, espandeva le sue metastasi corrompendo anche il cuore e qualunque altro tessuto potesse intaccare. Dell'uomo che ero, non restava che il vuoto guscio di carne e ossa nel quale ero avvolto, consapevole di quanto fosse marcio il suo interno. Ma per il breve istante in cui gli occhi verde-azzuri di Adeline si erano sgranati con tono giocoso avevo quasi scordato di quanto danneggiata potesse essere la mia anima. Aveva annuito, proseguendo sulla falsa riga di quel gioco che avevamo appena innescato. « Allora non mi preoccupo se c'è lei.» avevo risposto io, con aria complice e grata per quella inaspettata guardia del corpo. Non mettevo in dubbio che fosse un'eccellente fattucchiera, anche se non le avrei mai permesso, in una situazione di reale pericolo, di esporsi in prima persona per me. La strega emanava quest'aura di purezza che non poteva essere corrotta dal tipo di cose che avevo vissuto, d'impulso provai l'istinto di dover proteggere questo suo aspetto. Anche io un tempo ero come lei. Ora ero un uomo più arido, con molte meno, quasi nessuna, speranze, con qualcosa di irrimediabilmente spezzato nella mia anima, visioni di sofferenza che si rincorrevano con quelle di morte. Molte cose che in precedenza mi avrebbero fatto sorridere oggi non avevano più importanza. Era come se tutto il mondo si fosse decolorato, trasformandosi in una fotografia in bianco e nero, con molti grigi. Godere del buon cibo, di una bella risata, di una sconosciuta bellissima incontrata casualmente per strada era qualcosa che non provavo da diverso tempo. Tutto era incolore, inodore, senza gusto. Era come se il fumo delle sigarette che avevo iniziato ad aspirare in guerra si fosse espanso, intasando tutto il resto, annebbiando qualunque cosa mi circondasse. Non ero apatico, provavo molte cose, ma la maggior parte della quali era negativa, violenta, riempiva di cremisi questa visione in bianco e nero e poi spariva, aggiungendo un po' più di grigio. Fino a quel momento non avrei mai pensato di vedere un altro tipo di colore, non fino a quel berretto azzurro con tanto di pon-pon. Rapito, stupito persino di cogliere quest'aura azzurrina, non capii subito cosa stesse facendo la strega dinnanzi a me, seguendone con aria rapita i movimenti eleganti. Le spire di lana che venivano srotolate nel togliersi la sciarpa, l'altro guanto sfilato, l'azzurro del berretto tolto per svelare una chioma bionda. Rivolsi uno sguardo incuriosito, carico di dubbio, una serie di interrogativi si formavano dietro alle mie iridi gelide e lì si congelavano. Cosa sta facendo? Non ha freddo? Lo fa per...? Ripiegai su se stesse le sopracciglia, combattuto su cosa dire o come procedere, muovendo un passo verso di lei. Non me ne resi nemmeno conto. Era stato un gesto così improvviso, inaspettato che gli diedi una connotazione quasi intima. Forse stavo esagerando, forse la nota di colore che quella strega emanava mi stava facendo perdere il lume della ragione, ma sentivo un tenue calore riscaldare il mio petto in prossimità del mio cuore. Era come se si fosse spogliata, non solo di sciarpa e cappello, davanti a me. « Siete sicura di non aver freddo? Con tutti quegli strati di lana dovrete essere bollente di almeno trenta gradi» parlai, sentendo la necessità di rompere quel silenzio che ormai durava da troppo tempo, carico di un qualcosa che non seppi però cogliere. Piccole nuvole di vapore uscivano dalle sue labbra ad ogni respiro, incantato indugiai con lo sguardo sulla lieve condensa, ricordandomi solo in un secondo momento che non eravamo i soli per strada. Mentre lei parlava dei suoi due lavori, non potei fare a meno di chiedermi se lavorasse in qualche campo umanitario, magari come infermiera o insegnante, sembrava una persona che si prendeva cura degli altri, osservai la palla di lana che era formata dagli accessori di cui si era liberata passare nelle mani di Abe e poi sparire. Andati, ora la strega rischiava davvero di congelare per causa mia. Fui riscosso da una domanda che mi venne direttamente rivolta, sull'incontrare gente nuova o sconosciuta. Sarebbe stato imbarazzante dovermi addentrare nei motivi che mi spingevano a non dare in generale troppa confidenza agli sconosciuti, sempre inseguito da questi fantasmi di un passato bellicoso, sempre sul chi vive. Un tempo amavo circondarmi di persone sempre diverse, ero molto socievole ai tempi in cui vestito la divisa di Tassorosso. Quel ragazzo sarebbe stato molto deluso se avessi in qualche modo rivelato un mio aspetto così sconveniente alla bella bionda. Ma mentire non era affatto nella mia natura. « Soltanto alcuni sconosciuti creano incontri degni di essere ricordati. » tirai le labbra in un sorriso, ovviamente rivolgendomi alla donna che avevo dinnanzi, al suo elfo domestico con il cappello e al capello che lei aveva tolto. Aveva reclinato il capo, in un modo buffo che ricordava una civetta delle nevi, mentre mi stava osservando e forse cercava di elaborare non so che da me stesso. Era affascinante, al contempo però non facevo che domandarmi che cosa si celasse dietro ai macchinamenti che riuscivo quasi vedere formarsi dietro le iridi bicrome.
    « Davvero?» Non feci tempo quais a ribattere alla sua asserzione su un posto che mi sarebbe piaciuto e che lei conosceva, quando mi fu di nuovo porta una mano. La stesa che avevo stretto in precedenza. Ricordavo ancora il contatto caldo che avevo provato nel stingerla alla mia mano gelida. istintivamente fregai un paio di volte i palmi delle mie sul cappotto, come se questo attrito tra due superfici fredde potesse in qualche modo scaldare e attenuare l'impatto fuoco-gelo che sapevo ci sarebbe stato. No, non mi fidavo delle persone sconosciute ma per qualche motivo mi fidavo di lei. « Assolutamente. E poi, deve proteggermi dalle spie che ci osservano.» Sorrisi, ampiamente questa volta, divertito. Mi stavo tuffando in non sapevo cosa, un salto nell'ignoto, che non sapevo nemmeno dove mi avrebbe condotto. Accettai la mano che mi veniva offerta, lasciai scivolare la mia sul suo palmo rivolto verso l'alto, questa volta senza allontanare il contatto che si creò tra le nostre pelli. Riuscivo ancora a sentire il torpore che resisteva ancora nella sua. Mi tuffai ancora un'istante nei suoi occhi con i miei, domandando, chiedendo, indagando se vi fosse qualche indizio su quello che stava facendo, se lei era sicura di portare un perfetto sconosciuto...Dove? Mossi un passo, senza lasciare la presa, per mettermi di fianco a lei, osservare lo stesso panorama, quella linea di orizzonte verso cui anche lei guardava. Era forse tutta una questione di prospettiva? Da quel lato il mondo aveva ripreso a colorarsi? Mi voltai con il capo nella sua direzione, appena oltre la spalla, ancora con quelle domande impresse nel mio sguardo. Dove?
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