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Thunderbird • 16
Eve Moore
Seguire il richiamo del sole era stato così semplice, che quasi non mi ero accorta di aver messo piede fuori dal castello in quella domenica pomeriggio. L’aria di primavera portava con se profumi di fiori e vento caldo, un accoppiata alla quale non avevo saputo resistere ed ero uscita nell’aria aperta. È così bello quando le giornate iniziano ad allungarsi, le temperature diventano più miti e semplicemente è più bello stare fuori al sole che chiuso nel castello a studiare. I miei ricci sono scossi da una folata di vento, mentre il mio passo scellera per farmi raggiungere il pendio scosceso che è caratteristico di Ilvermorny, come me molto altri studenti sento il richiamo della primavera e saluto con allegria i volti che riconosco, ma senza fermarmi. Poi lo trovo, un punto ideale nel quale sostare, mi seggi per terra, con le gambe incrociate e le braccia distese per reggermi in questa posizione seduta, mente i raggi ddl sole mi accarezzano il viso. Forse dovrei mettere della crema solare per proteggermi ma per il momento cerco di non preoccuparmi.
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Ha cercato con cura un albero sul quale appostarsi, lontana da tutti e tutto. Mia é una grande impicciona, le piace spiare e curiosare, il tutto senza essere vista. Ci ha messo tanto tempo, ma alla fine é riuscita a trovare l'albero perfetto. Non tutti sono uguali. Alcuni sono bassi e tozzi, é facile salirci ma per questo é ancora piú facile essere visti. Altri sono altissimi, ma non ci sono nemmeno rami bassi sul quale aggrapparsi e inziare a salire. Alcuni sono scomodi, per non parlare dei pini, che hanno la resina che appiccia. Insomma, trovare ub albero ideale non é facile ma alla fine la Phoenix era riuscita nel suo intento. Si trovava proprio lí appostata, sul maestoso faggio che inziava a buttare le foglie verdi, deliziosa protezione,quando ebbe modo di osservare, con una certa curiositá la ragazza bionda che prendeva il sole. Fischió, soltando perché l'idea di questa che cercava il responsabile la faceva ridede. E lei era un'agente del caos.
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Thunderbird • 16
Eve Moore
Attraverso le mie palpebre chiuse, il mondo sembra un globo rosso accesso, così intenso che quasi mi fanno male gli occhi. Se mi concentro mi sembra quasi di poter individuare un punto dove il colore si fa più intenso e chiaro allo stesso tempo e proprio lì dietro a quel punto immagino ci sia il sole. Lascio che i raggi caldi mi attraversino, li percepisco sulla pelle del viso che si tira sulle guance, sui vestiti che si scaldano che mi spingono quasi a spogliarmi di uno strato. Valuto se togliermi almeno il maglione, ma la posizione che ho trovato è così comoda che mi spiace muovermi. Il prato sul quale mi sono seduta sembrava caldo e asciutto, ma ora che ci sono da un po’ sento l’umidità penetrare attraverso il tessuto della mia gonna. Eppure non mi da fastidio quanto avrei immaginato. Sono così rilassata e persa nei miei pensieri che non saprei quantificare il tempo da cui sono in questa posizione, qualche secondo o minuto, forse già un ora. Non saprei proprio dire. Mi sembra di essere un tutt’uno con la natura, con l’erba che solletica le mie mani, con l’acqua che si fa umidità sul mio sedere, con il vento che mi soffia tra i capelli in modo irregolare, con il sole che è un caldo fuoco sulla pelle. Tutto si infrange di colpo al suono di un fischio. Non sembra uno di quegli odiosi fischietti di apprezzamento. Sembra un richiamo. Non sembra però essere di un uccello. Apro gli occhi e mi scopro cieca. Un grosso alone bianco ha preso posto nella mia visione centrale. Arranco sul prato per mettermi seduta sulle ginocchia, cercando di trovare la vista prima di pensare a cosa sia quel fischio.
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Si morse con forza il labbro carnoso vedendo la scena che si configurava sotto al suo sgurdo. La ragazza era rimasta accecata dal sole e ora arrancava sul prato fornendole uno spettacolo esilarante. Una persona con un minimo di morale sarebbe scesa dal suo nascondiglio, si sarebbe scusata per il pessimo scherzo e avrebbe offerto il suo aiuto, ma lei non aveva alcun senso morale e probabilmente avrebbe lanciato una buccia di banana alla cieca per vederla cadere a terra e farsi due risate. Il bello di essere una brutta persona ed esserne consapevole era appunto quello di fregarsene delle idee che uno poteva farsi su di lei. Rimase nascosta, sopprimendo una risata, godendosi lo spettacolo. Che spettacolo! disse con tono di derisione abbastanza forte perché le orecchie della bionda cieca lo sentissero. Forse avrebbe svelato il suo nascondiglio segreto, ma l'idea di vederla barcollare con il naso all'insù ripagava questo rischio.
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Thunderbird • 16
Eve Moore
Sentivo l’erba solleticarmi i palmi delle mani, mentre arrancavo carponi sul pendio scosceso, le ginocchia si stavano bagnando attraverso il sottile strato delle calze che indossavi quel giorno. Piano piano la macchia bianca che ostruiva la mia visuale iniziava a dissiparsi, mettevo a fuoco il mondo anche se era così chiaro e con pochi contrasti che mi girava la testa. Cercai di mettermi seduta, con le ginocchia a terra, mentre il mondo prendeva forma e colore davanti a me. Sentii una voce, una voce di scherno sopraggiungere dall’alto. Era una voce femminile. Cercai di rivolgere lo sguardo in quella direzione ma il cielo era ancora troppo chiaro per poterlo fare. Tornai a rivolgere lo sguardo a terra, alle mie dita che accarezzavano steli d’erba. Non è affatto divertente mi lamentai, cercando di restare calma e preoccuparmi soltanto di riprendere una visione normale.
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