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    fato 1

    Erano diversi i modi in cui il Vecchio Lupo aveva immaginato di trascorrere il Natale. Tormentato dai fantasmi del suo passato, ad esempio, da quei rimpianti che ancora gli davano la caccia nelle lunghe notti solitarie. Non aveva mai nemmeno lontanamente osato sperare di trascorrere un felice e sereno Natale ma nemmeno immaginava che la realtà potesse superare di così tanto le sue cupe prospettive.
    Quel rosso cremisi stonava così tanto con gli addobbi di festa che si vedevano intorno, con il pino decorato con eleganza nelle tinte d’oro e d’argento, ora imbrattate dalla volgarità di quello scempio. L’odore dolce e nauseante, come quando la frutta è ormai passata, gli pizzicava le narici insieme alla nota ferrosa che permeava la camera da letto. Qualcuno aveva vomitato appena fuori dall’ingresso, chiunque fosse ad aver trovato questo scempio non lo avrebbe mai scordato. Persino lui sapeva che, nonostante numerose scene cruente viste, questa si collocava piuttosto in altro nella classifica delle peggiori. E che non avrebbe mai dimenticato. Lo sguardo glaciale della signora Lynch lo inchiodava al suo punto di osservazione, sull’uscio d’ingresso per non contaminare la scena, il volto contratto da una smorfia di disapprovazione. Non riusciva a distinguere il rosso dei capelli da quello del sangue. Deglutì, cercando di allontanare lo sguardo da quello ormai immobile di Lena Aldea Lynch. Quella espressione di durezza era l’unico sentore del fatto che si fosse accorta, si era accorta di quello che stava per succedere. « C’è troppo sangue.» riuscì a dire dopo lunghi minuti di silenzio sulla scena dell’omicidio della Preside di Ilvermorny. Avrebbe lasciato le ispezioni del caso e le noiosi preamboli di rilevazione ai suoi uomini. Uscì in fretta dalla stanza, l’immagine del cadavere ancora caldo della strega impresso nella mente, dichiarando a nessuno in particolare. « Trovate Darren Lynch. » poi come se la sua mente si fosse messa in moto e stesse snocciolando ordini seguendo una lista con dei punti chiave da seguire proseguí « E chiamatemi i responsabili delle case. Quelli non sospettati di omicidio almeno. Ho bisogno di Skyfield per parlare con la ragazzina, da questo momento sarà suo tutore fino a che non sbroglieremo questo caso.» continuò, riprendendo a camminare con un passo si marcia, doveva allontanarsi da quel luogo. « Prenderò il salotto comune. La scuola deve essere chiusa. A mezzogiorno saranno trasferiti a Hogwarts tutti gli studenti che sono rimasti per le vacanze, saranno assegnati alle case secondo il criterio inglese. Lo stesso accadrà al rientro degli altri. Nessuno deve sapere il vero motivo di questa chiusura…» stava per procedere ma notò una domanda farsi strada negli sguardi dei suoi interlocutori « Date la colpa alle tubature o a Grindelwald, non mi interessa. Non diremo in giro che la preside di Ilvermorny è morta e che suo marito è scomparso. Ma questa scuola non è sicura.» concluse staccando lo sciame di interlocutori con un accelerata di passo. Doveva pensare a come gestire una sedicenne che era appena diventata orfana di madre, probabilmente anche del padre, sempre ammesso che non fosse lui l’omicida.

    ✖ LENA ALDEA LYNCH ✖

    p4Tw05FTutti gli studenti di Ilvermorny da questo momento sono ora trasferiti a Hogwarts. Possono scegliere la casata di appartenenza che più gli piace o rifare lo smistamento o ancora creare un nuovo personaggio a Hogwarts.

    Gli insegnati attualmente attivi possono richiedere la cattedra che più li aggrada segnandosi al colloquio ma senza doverlo sostenere.
    Brad McNeal può tenere la sua cattedra o scambiarla con Theodore Skyfield, scegliendo un'altra materia. Inoltre a Theodore Skyfield viene offerta la carica di Direttore dei Serperverde.

    Per qualunque domanda o dubbio rivolgersi a Wizarding World Master .

    Ilvermorny resterà chiusa finchè non aumenteranno i numeri di studenti e insegnanti.
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    Edited by crw - 31/12/2021, 16:22
     
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    Theodore Skyfield
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    Come l'anno precedente, anche quel Natale, Theodore era stato invitato a passare le festività ad Ilvermorny. Lui adorava il Natale, sebbene le apparenze potessero far sembrare tutt'altro, ma era un periodo che lui non era mai riuscito a festeggiare come le persone normali. Tuttavia, la frenesia e l'eccitazione di tutto il mondo per quella festa lo rendeva ancor più invisibile e ciò significava tranquillità e serenità. Aveva bisogno di starsene senza gli occhi addosso di nessuno, per poter fare ciò che voleva, soprattutto quelle cose che al Governo Americano non è che piacessero chissà quanto. Anche l'anno precedente era stato un bel Natale, nonostante fosse stato circondato di persone. Gli studenti che erano rimasti al castello per le festività erano molti meno - e questo era già un vantaggio - e anche quelli che c'erano non avevano la minima voglia di cercarlo, di andare nel suo ufficio, vista anche la severità del docente. E, in più, poteva mangiare quanto voleva cibo delizioso che a casa sua non sarebbe mai riuscito a cucinarsi. Aveva accettato anche quell'anno, consapevole che gli unici momenti dove poteva passare del tempo in compagnia erano quelli nella Casa dei Wampus, visto che lui ne era il Responsabile. Ma, tralasciando qualche strigliata a dei ragazzini un po' troppo stupidi, anche quei minuti lì erano trascorsi senza troppi pensieri. Theo era stato tutti i giorni da inizio feste ad alternare il suo deretano tra la sedia del suo ufficio, quella del Salotto Comune e il letto del suo dormitorio. Nemmeno con gli altri docenti aveva avuto chissà quali conversazioni, troppo presi anche loro - quelli rimasti, s'intende - a far finta che andasse tutto bene e che il Natale fosse per loro una gioia, quando era evidente a tutti che si trattava solo di una liberazione da ore di lezione, ma dirlo sarebbe stato scortese e sarebbe arrivato alle orecchie della Preside che sicuramente gliene avrebbe dette quattro e non aveva voglia di sentirsi una ramanzina inutile durante quelle feste: doveva rimanere invisibile.
    Eppure tutto aveva fatto quel Natale tranne che lasciarlo tranquillo e invisibile. Si era trovato gli Auror all'interno della Scuola - chi cazzo li aveva chiamati tra l'altro? - che avevano bisogno di lui e degli altri Responsabili delle Case. E poi domande, domande inutili, che volevano cercare sicuramente di incastrarlo in qualche modo. Ma lui aveva il culo parato per quel giorno, perché era stato tutto il giorno in ufficio e l'Elfo Domestico che gli era servito per fare dei calcoli sulla traiettoria di raggi luminosi poteva confermarlo.
    Ancora in tuta, usata per dormire, Theo venne portato dagli Auror nel Salotto Comune davanti a quello che riconobbe come Capo Auror. Doveva ammetterlo a se stesso, quella figura lo metteva a disagio. E se fosse stato un Legilimens? L'avrebbe sicuramente incarcerato per tutti i suoi crimini. Ma in effetti, fino a quel momento, lui non aveva commesso crimini, se non coprire qualche movimento di bacchette, per nascondere dei seguaci di Grindelwald all'interno del suo Hotel e sostenere il più grande mago di tutti i tempi. Forse si sarebbe preso qualche mese di carcere, ma sicuramente non l'ergastolo o la pena capitale. Era pur sempre un Ministeriale e un Professore dannazione! Sicuramente era successo qualcosa comunque, forse proprio Grindelwald era l'artefice, perché tutti quegli Auror altrimenti non si spiegavano. Sospirò, guardando l'uomo che più lo spaventava all'interno di quella stanzetta.
    "Allora? - disse incapace di calmarsi. - Perché ci ha chiamati qui? Che è successo?"
    Guardò quindi i colleghi, come per prendere le loro parti e per far credere che la domanda fosse stata fatta da parte di tutti, ma non gliene fregava un cazzo degli altri. Che volevano gli Auror da Theodore Skyfield?

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    fato 2

    Aveva dovuto fare molte cose... difficili nel corso della sua carriera. Non era mai arrivato a quella linea che a suo avviso demarcava un punto di non ritorno che era l'utilizzo di una delle Maledizioni Senza Perdono, ma in qualche modo aveva ottenuto risultati simili. Aveva imposto la sua volontà su quella degli altri, aveva torturato... aveva ucciso. Non era come quel novellino che appena vede del sangue, o un cadavere, o qualcosa che non fosse considerabile di ordinaria visualizzazione rimetteva eppure. Eppure la vista di tutto quel sangue, troppo sangue, davvero troppo per essere quello di una singola persona... il fatto che una persona di tale spicco fosse morta. Si era seduto con aria stanca su una delle poltrone del grazioso salotto, l'albero di Natale gli restituiva bagliori intermittenti, decorazioni troppo caotiche tutt'intorno. Sembrava così grottesco quell'incontro di due mondi, la gioia del Natale e la brutalità dell'omicidio, e lui era il pazzo che li avrebbe fatti collidere. Sarebbe stato il caos. Un senso di nausea cominciò a impossessarsi del suo stomaco, tensione che gli contorceva le budella. Sentì dei passi arrivare e ancora non aveva deciso che cosa dire, come dirlo. Si trovò davanti i responsabili delle case, due su quattro, ancora in tenuta da notte. Sentiva il peso delle occhiaie fari strada nei solchi violacei che affliggevano da troppo tempo il suo incarnato mentre studiava i volti dei presenti. Un gesto del capo, delicato ma deciso, per congedare la piccola scorta di Auror che si era assicurato del trasferimento fino a quel punto del castello. Aveva fatto scorrere lo sguardo dal direttore di Thunderbird a quello di Wampus, ancora indeciso su come rivelare una simile notizia, quando du interrotto da quest'ultimo, la tensione palpabile nella voce. C'erano molti modi per iniziare quella conversazione, lo sapeva bene. Avrebbe potuto raccontare diverse cose, ma era molto tardi per tutti e di colpo il Capo Auror sentì venire meno quelle energie che invece gli sarebbero state molto utili. Necessarie viste le molte ore di lavoro che si profilavano. Non sospirò, non indorò la pillola. Fissò un punto vuoto della stanza oltre le spalle dello Skyfield e della Wilkinson, poi disse, con voce così estranea da sembrare appartenente a un entità umanoide. « Lena Lynch è morta.» una breve pausa, non sufficientemente lunga da permettere ai suoi interlocutori di infilarci dentro domande o reazioni che potessero ostacolare il proseguo delle sue parole. « Assassinata.» il tono grave della sua voce risuonò nella sua stanza, dove persino il caminetto acceso sembrava aver attenuato il crepitio delle sue fiamme e le decorazioni di Natale essersi fatte più sobrie in segno di rispetto. «E Darren Lynch è scomparso.» Un novellino avrebbe immaginato che condividere questa serie di notizie, che equivaleva un po' all'informare i parenti più stretti, alleviasse quel senso di oppressione e responsabilità che pesavano come macigni sulle proprie spalle, ma lui sapeva perfettamente che soltanto la cattura del responsabile avrebbe allentato il peso di questo fardello. Avrebbe lasciato il tempo di elaborare le nozioni appena apprese ai due, sarebbe rimasto a disposizione per rispondere ad eventuali domande prima di passare a quello che sarebbe successo dall'indomani, un altra bomba da sganciare.
    « Disporrò la chiusura immediata di Ilvermorny. A partire da domani. Il tempo di informare Hogwarts, o altre scuole se le famiglie lo desidereranno, per allocare gli studenti e ovviamente i docenti... Ma di questo ne discuteremo domani mattina, con il resto del corpo insegnanti.» precisò, con voce incrinata dalla stanchezza sulle battute finali.
    « Madama Wilkinson, sarà accompagnata nuovamente nella torre di Thunderbird, o in qualunque altro luogo desideri, dai miei uomini.» congedò la donna presente in stanza, indicandole la porta con un gesto della mano.
    « Devo parlare in privato con il professor Skyfield.»

    ✖ THEODORE SKYFIELD ✖

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    Edited by crw - 2/1/2022, 23:18
     
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    Theodore Skyfield
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    Skyfield trattenne il fiato per un numero indefinibile di secondi. Il mondo sotto di lui sembrò crollare, come se fosse stato lanciato il più potente dei Bombarda Maxima verso i suoi piedi. Sentì solo come un fischio dopo le parole del Capo Auror, un fischio infinito che venne interrotto solo dalla realizzazione di ciò che stava succedendo. Gli Auror non erano lì per lui, né per Grindelwald o chissà quale torto al Magico Congresso. Erano lì perché la Preside di Ilvermorny era stata trovata morta, assassinata. Theodore non era affezionato alla donna, non lo era affatto, però in quel momento alcune delle sue certezze caddero a pezzi. Era stato qualcuno dei suoi? Perché non avvisarlo allora? Sapevano tutti che lui era infiltrato nella scuola, sapevano tutti che Theo aveva la fiducia della Lynch e di tutti gli altri Professori. Scosse il capo, cercando di rimettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Grindelwald non avrebbe mai ucciso - o fatto uccidere - una strega di quel calibro senza motivo, anzi avrebbe cercato di sedurla per portarla tra le sue fila. Sarebbe potuta servire una donna di tale influenza. E allora chi poteva essere stato? Darren Lynch, forse. Ma non aveva senso uccidere la moglie, soprattutto lui, Ministeriale, con quella notorietà. Tuttavia non si trovava, quindi o era fuggito perché davvero l'assassino o era chissà dove assassinato anche lui. Per la prima volta dopo chissà quanti anni, Skyfield rabbrividì. La presenza del Capo Auror lo metteva a disagio e questo contribuiva alla sensazione di nausea che provava. Imprecò Merlino mentalmente. Come avevano fatto ad entrare ad Ilvermorny ed ammazzare la Preside? Avrebbero potuto uccidere chiunque quindi, lui compreso. La scuola che tanto vantava di essere un posto sicuro non sapeva nemmeno essere difesa dalla stessa Preside. Ottimo, in che guaio si era cacciato. Fortunatamente non poteva essere uno dei sospettati, avrebbe chiesto all'Elfo Domestico di testimoniare per lui, ma dallo sguardo di Wright sembrava proprio che Theodore e la collega non erano tra gli additati. Che era un sollievo sotto un punto di vista: si sarebbe evitato domande scomode che potevano portare a Grindelwald in qualche modo.
    Provò a pensare a cosa dire, ma non aveva bene idea di cosa fosse solito pronunciare in quei casi. Sì, era un peccato che una strega di tale portata - che si fidava di lui, tra l'altro - fosse passata a miglior vita, però non è che gli dispiacesse poi chissà quanto. Era curioso, però, di sapere il modus operandi dell'assassino, ma sembrava forse indelicato chiederlo davanti alla Wilkinson, visibilmente scossa dalle parole dell'Auror. Tuttavia una domanda, magari due, per il momento, poteva farle.
    "Da quanto è successo? - pronunciare la parola morta sarebbe stato altrettanto indelicato. - Non avete idea di chi possa essere stato e di come possa essere entrato nella Scuola?"
    Il tono era serio e lo sguardo era davvero cupo. Theo aveva ancora un interminabile senso di nausea, ma comunque trovò la forza di fare delle domande che, indirettamente, provocavano gli Auror. Era il loro lavoro, dovevano sapere di cosa si trattasse.
    Attese poco, Theo, prima di ricevere un'altra bomba. Ilvermorny chiusa. Dannato Merlino. Lui ci teneva a quel posto, ci teneva eccome! Tuttavia, sentire Hogwarts e la possibilità di trasferimento in Inghilterra poteva essere un'occasione importante per avere le mani in pasta un po' ovunque. Annuì, non potendo fare altro. Da un lato era incazzato, dall'altro era speranzoso. Sicuramente però non gli faceva piacere sapere che quella notte, vicino a lui, c'era stato un omicidio, un omicidio di una delle streghe più potenti e influenti del mondo magico. Wright congedò la Wilkinson, poi si rivolse verso di lui. Di nuovo un brivido, ora di paura. Perché voleva parlare con lui? Theo tenne lo sguardo alto. Non voleva abbassarlo, non voleva risultare colpevole, ma si stava davvero facendo sotto per quanto quella presenza lo stava mettendo sotto pressione. Nemmeno aveva fatto in tempo a prendere la bacchetta che era stato portato nel Salotto Comune. E anche se ce l'avesse avuta, di certo non avrebbe potuto attaccare un Auror in quella circostanza. Era circondato. Adesso doveva solo seguire gli ordini e stare calmo.
    "Com'è morta?"
    Chiese d'un tratto, accertatosi che la collega fosse ormai lontana per poter sentire. Era davvero curioso del modus operandi, ma cercò di nasconderlo come se fosse interessato alla Preside. Continuò a guardare Wright, sperando che il motivo per cui volesse parlare in privato con lui non arrivasse mai.

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    fato 3

    Con un cadavere a pochi metri da loro, qualche piano più in alto, era forse indelicato provare un certo sollievo. La lontananza dalla scena del crimine lo stava facendo tornare lucido, lo shock iniziale stava scemando, l'adrenalina nel suo sangue si stava riassestando a livelli normali e il caffè che aveva ingurgitato mezz'ora prima non minacciava più di abbandonare il suo stomaco. Il senso di spossatezza restava, ma una calma surreale si era impossessata ora delle sue membra e della sua mente. Spostò lo sguardo da un docente all'altro, i volti tesi iniziavano a mostrare segni di cedimento dinnanzi alla brutalità della notizia appena comunicata. Era stato diretto, forse troppo, ma lunghi giri di parole avrebbero soltanto confuso i suoi interlocutori, soprattutto a quell'ora tarda. Detestava quei modi più eleganti per dire che una persona era deceduta. É mancata, è spirata, non è più tra di noi. Non rivelavano l'efferatezza di questo momento, la brutalità del trapasso, soprattuto quando si tratta di un omicidio. La Wilkinson iniziò a impallidire notevolmente, con alcuni rivoli che iniziavano a segnarle la pelle, mentre Skyfield poneva delle domande lecite, ma a cui era difficile rispondere. « Un paio di ore, non di più.» deglutì, mentre i suoi pensieri correvano ancora alla scena del crimine, alle prime ricostruzioni. Sperava che i suoi trovassero qualche elemento significativo, un'impronta, un messaggio... qualcosa di determinante, ma sapeva bene che in quel bagno di sangue sarebbe stato molto difficile trovare qualcosa che potesse aiutarli. Sarebbe già stato difficile capire le dinamiche, trovare l'omicida e il modo in cui si era introdotto nel castello - ammesso che non si trattasse del marito, cosa che avrebbe semplificato fin troppo i suoi problemi, e per natura tendeva a diffidare delle cose semplici- sarebbe stato un grosso drago da domare. Scosse lievemente il capo alla seconda domanda del docente di Arti Oscure, in segno di negazione. « Le indagini sono... complicate. E appena iniziate.» Tagliò corto. Non aveva motivo di sospettare di nessuno dei presenti, aveva fatto fare un veloce controllo degli alibi dei suoi interlocutori prima di convocarli, tuttavia non si sarebbe sbilanciato con nessuno, probabilmente nemmeno con sua madre, durante le delicate fasi d'indagine. Troppe orecchie indiscrete erano deleterie.

    Rimasero soli, un lungo silenzio ammantò la stanza mentre i singhiozzi offuscati della Direttrice dei Thunderbird si allontanava scortata da alcuni auror. Non aveva affatto superato la parte difficile. Si trattava di una maratona, doveva dosare bene le energie lungo il percorso per riuscire ad arrivare al traguardo sui suoi stessi piedi. Lasciò il crepitio del fuoco come unico rumore, riorganizzando le idee, le prossime mosse da compiere. Dietro questa calma glaciale c'era una fucina di idee, pensieri, prossimi passi. Tuttavia la domanda che gli pose Theodore Skyfield, realizzò che aveva atteso che fossero soli per non turbare ulteriormente la collega, lo raggiunse a bruciapelo, facendolo reagire nella maniera più umana possibile. Un lungo sospiro, fu il primo segno di cedimento dinnanzi alla visione della camera piena di sangue che avrebbe tormentato i suoi incubi nelle prossime settimane, addirittura mesi. E ancora non c'era stato l'assalto della stampa. Quella era la calma prima della tempesta.« È tutto...» cercò di trovare un aggettivo che potesse descrivere il casino in quella camera, con il sangue e oggetti ovunque « Deve essersene accorta, ma è stato veloce.» Non c'erano segni evidenti, forse il sangue copriva qualcosa, ma non sembrava ci fossero segni evidenti sulla Lynch. Forse era stato un'anatema che uccide. Forse era stato veloce, ma... il sangue doveva essere un messaggio. « Preferirei non sbilanciarmi, è tutto ancora molto confuso e all'inizio. La terrò informata.» prese un lungo sospiro, sporgendosi in avanti come se quello che stava per dire richiedesse una postura più eretta. « La terrò informata perchè dobbiamo discutere di una questione molto importante. E delicata.» posò lo sguardo sul pavimento, una moquette decorata con ghirigori floreali spuntava sotto le sue scarpe, un segno rosso era rimasto incastrato nel tessuto. Sangue, forse. O un fiore. Lo coprì con la scarpa spostando il piede. Sollevò di nuovo lo sguardo sul docente, la cui vita sarebbe stata stravolta più di altri. « Maxine Lynch. Dobbiamo...» deglutì umettandosi le labbra. Aveva pensato molto alla sua etica di dire sempre la verità, nella maniera più diretta possibile. Se fosse il caso di stravolgere la vita di una ragazzina. Se si potesse in qualche modo proteggere, almeno per un po'. Sua madre era via per lavoro, sembrava una scusa plausibile ma sul lungo periodo sarebbe forse stato peggio. « Senza genitori, come mentore dei Wampus, lei è... Signor Skyfield lei è il tutore più prossimo della minorenne.» E questo implicava che una serie di responsabilità, enormi responsabilità, si sarebbero schiantate sulle spalle del mago senza alcun preavviso. Non era semplice, ma alla fin dei conti alla studentessa restava solo il suo direttore. « Almeno finché non sarà trovato il padre, chiarita la sua posizione in questa vicenda.» Si affrettò ad aggiungere, forse per indorare la pillola per la prima volta da quando si trovavano in quello stanzino. « E sta a lei decidere come procedere, da qui in avanti.» precisò « Dovremo dirle qualcosa, ma quanto della realtà possa sopportare, questo lo sa lei. Ci sono alcune cose che si possono omettere, altre che vanno dette...» Una questione molto delicata che andava discussa, prima che fosse svegliata una ragazzina dai suoi sogni e trascinata nel più vivido e terrificante degli incubi.
    ✖ THEODORE SKYFIELD ✖

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    Theodore Skyfield
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    Lena Lynch poteva essere stata assassinata per mille e più motivi. Era pur sempre una delle streghe più influenti e di spicco dell'intero mondo magico, ma ancor di più degli Stati Uniti, dove in quegli anni erano successe cose alquanto strane, partendo proprio da Grindelwald e da un Obscuriale. E il potere di Lena Lynch faceva gola, faceva gola a chiunque anche a chi, ovviamente non c'entrava nulla con il mago più potente del mondo. E perché non considerare il marito sparito nel nulla come possibile omicida? Era pur plausibile che fosse scappato per non farsi più trovare. Dopotutto la donna doveva avere molte ricchezze e Darren ne era sicuramente a conoscenza. Oppure ancora poteva essere stata fatta fuori da qualcuno di vicino a lei, un Professore magari, che non ne poteva più dell'arroganza e della posizione così importante della Preside. Insomma, ipotesi ce ne potevano essere davvero tante e fu proprio questo il motivo per cui Theodore Skyfield non rimase troppo di stucco quando capì che gli Auror non sapevano da che parte girarsi. Sicuramente avrebbero dato la colpa a Grindelwald, visto il periodo, poteva far scalpore e fargli perdere punti sull'apprezzamento generale della popolazione, che era sempre in crescita. Eppure quella storia non doveva uscire fuori da quelle mura. Solo la chiusura della scuola doveva essere comunicata alla stampa, come se non fosse palese che qualsiasi giornalista avrebbe poi richiesto un'intervista alla Preside, diretta interessata, per chiedere delucidazioni a merito. E quanto ci sarebbe voluto prima di scoprire che la Lynch non era più nei radar? Forse qualche giorno, magari settimana se andava di lusso. Ma Theo non era lì per discutere le scelte degli Auror, se la sarebbero vista loro con la stampa non era un suo problema. Restava un suo problema, invece, sapere come avevano fatto ad ammazzare una strega di quel calibro in uno dei luoghi più sicuri del Nuovo Mondo. Di certo avrebbe mandato uno dei suoi a informarsi sui movimenti di Gellert, per essere certo che lui non c'entrasse con quella brutta storia.
    Finalmente la collega se ne andò e Skyfield ne approfittò per fare un'altra domanda al Capo Auror, senza che orecchie indiscrete ascoltassero. Voleva sapere il modus operandi, era certo che scoprendo quel dettaglio qualche idea in più l'avrebbe avuta anche lui. E poi era un metodo perfetto per far capire che lui, in primis, non era coinvolto, e poi per allungare il brodo ed evitare che Wright potesse incastrarlo in qualche modo. Era un Auror dopotutto e non ci si poteva fidare in alcun modo di lui. La risposta che diede non lo soddisfò del tutto, ma lo fece ragionare. Se nemmeno Wright voleva esporsi su com'era stata uccisa significava che la scena del crimine era confusa, magari c'erano più impronte o magari era talmente pulita da poter pensare che nessuno fosse stato presente lì con lei, come se fosse stato un fantasma ad aver assassinato la strega.
    Theo annuì, dispiaciuto, dopo aver sentito che l'esecuzione era stata rapida, ma non abbastanza da non far accorgere la Preside di ciò che stava capitando. Non aveva avuto il tempo di reagire quindi l'assassino o era stato particolarmente silenzioso, o era un mago abilissimo oppure era qualcuno da cui lei mai si aspettava di essere tradita. L'ipotesi del marito che magicamente era sparito cominciava a prendere sempre più piede nella sua testa, ma non disse nulla. In fondo lui non era nessuno, né un Auror, né un investigatore.
    "La ringrazio."
    Commentò velocemente, prima che Wright potesse aver modo di dire altro. Sapere che l'Auror gli avrebbe dato informazioni lo preoccupava da un lato, ma dall'altro lo tranquillizzava. Se si fosse creato un rapporto di fiducia e rispetto sarebbe stato più facile ottenere un altro tipo di informazioni e chissà, magari anticipare le mosse per poi colpire. Quella però sarebbe stata un'altra storia. Fu poi lo sguardo, accompagnato da parole tutt'altro che rassicuranti, del suo interlocutore che lo congelò completamente all'istante. In quel secondo Theodore non riuscì a pensare a nulla, la mente si offuscò all'improvviso e il battito cardiaco cominciò ad accelerare. Era paura quella, Skyfield. Il nome che fece Wright però non era né quello di Grindelwald né quello di uno dei suoi contatti. Maxine Lynch. Era stata lei ad uccidere la madre? Era sparita pure lei insieme al padre? Magari era stata rapita. E lui però cosa c'entrava in tutta questa storia? Ok, era il Responsabile della Casa dove la piccola Lynch era stata smistata, ma non poteva di certo fare molto per aiutare le indagini.
    Signor Skyfield lei è il tutore più prossimo della minorenne.
    "Cosa?"
    Disse con un tono di voce decisamente più sostenuto di prima, incredulo e visibilmente più bianco. Maxine quindi non c'entrava nulla. Era un'orfana di madre, proprio come lui, senza padre, che era scappato, proprio come aveva fatto il suo. Maxine in quel momento era molto più simile a Theodore di quanto nessun altro lo fosse mai stato.
    "Non ha un nonno, uno zio, un cane, o che so io?"
    Sbiascicò poi, ancora non lucido, investito completamente dagli eventi che gli stavano piombando addosso in quella serata orribile. Poteva rifiutarsi? No, non poteva sicuramente. Sia perché era il Capo degli Auror che glielo stava chiedendo e sicuramente aveva controllato tutto l'albero genealogico prima di affidarsi a lui, sia perché moralmente non poteva lasciare una ragazzina che aveva perso i genitori esattamente come lui quando era piccolo da sola, senza nessuno. Solo che... Come poteva fare? Lui non sapeva badare nemmeno a se stesso, figuriamoci a una adolescente in piena crisi di ribellione, forse anche ormonale. Si passò una mano tra i capelli, cercando di mettersi a posto le idee. Ma come se non bastasse quella notizia, le successive parole di Wright lo fecero cadere ancor di più nel panico.
    "Non possiamo nasconderle che la madre è morta, si verrà a sapere! E lei lo sa benissimo. - disse secco, pensando poi a cosa potersi inventare per far stare più tranquilla la piccola Lynch. - Suo padre è indagato, immagino. Forse questo è meglio evitare di dirlo ufficialmente, ma non penso sia così stupida da non arrivarci da sola. La madre muore e il padre sparisce, sicuramente non è una bella situazione. Cosa dovrei dirle?"
    Theodore cercò di fare il punto della situazione, anche per farsi aiutare dall'uomo accanto a lui. Non poteva lasciargli una ragazzina e tutto il peso di quelle cose da dirle.
    "Dovremo andare in Inghilterra, quindi."
    Constatò da solo, pensando ad un altro trauma che si sarebbe trovata a vivere Maxine. Stranamente quella volta, Theo si stava dimostrando meno egoista del solito, forse perché la situazione molto simile a quella della sua infanzia aveva aperto una ferita che ancora bruciava sulla pelle del mago. Sarebbe stato lui con Maxime, una responsabilità enorme da portare sulle spalle. Lui sarebbe dovuto diventare quella figura paterna che mai aveva avuto, nemmeno suo zio l'aveva sostituita e anzi, a dirla tutta non aveva minimante rapporti con lui. Imprecò di nuovo Merlino mentalmente, cercando poi con lo sguardo - fino a quel momento perso chissà dove nella stanza - il Capo Auror.
    "E va bene. Non penso di avere alternative. Le dirò tutto e mi prenderò cura di lei, in attesa di quel... Lynch."
    Avrebbe voluto aggiungere tanti aggettivi accanto a quel cognome, ma non era il momento più adatto. Ora doveva solo pensare a cosa dire alla ragazza.

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    fato 4

    Non diventava mai facile. Fare quella professione, era un continuo spingersi oltre ogni limite. Fisico, psicologico, alle volte anche morale. Ma avrebbe preferito doversi impegnare in un duello per un pomeriggio intero, piuttosto che dover affrontare quel genere di conversazioni che portavano ad aprirsi vecchie ferite, a doversi interrogare sul proprio operato. Perché non erano riusciti ad intercettare la minaccia? Ilvermorny non era mai stato considerato un obiettivo sensibile, come invece in passato era accaduto per Hogwarts o per il MACUSA. Avevano tralasciato qualche indizio importante? Forse avevano trovato la tessera del puzzle, ma non avevano capito in che puzzle si collocava e questo aveva provocato un effetto domino che si era concluso con la morte di una valorosa strega, la scomparsa di un mago di spicco e la devastazione di una ragazzina. Non poteva sopportare l'idea di frantumare l'adolescenza, età spensierata e fatta di avventure, con la dura realtà che sottoponeva la vita. Quella povera ragazza sarebbe diventata adulta nella maniera più brutale possibile, strappata troppo presto all'estate della fanciullezza e gettata nel gelido inverno della solitaria maturità. Niente e nessuno poteva prepararla ad affrontare quel momento, persino i maghi adulti presenti in quella stanza, con un vissuto a gravare sulle spalle di entrambi sembravano essere pronti a fronteggiare le incognite di quel futuro grigio.
    Interruppe quello che sembrava il principio di un attacco di panico con un gesto veloce della mano, protesa con un palmo aperto e poi raccolta in un pugno, come a tirare redini invisibili che potessero in qualche modo controllare l'uomo. « Non è una situazione facile, mi rendo conto... ma quella povera ragazza non ha parenti prossimi. I Lynch sono stati ferri sostenitori della Legge Rappaport e... il loro albero genealogico è piuttosto spoglio.» Avrebbe potuto rintracciare qualche lontano parente, come famiglia purosangue c'era sicuramente qualche lontano cugino tra Black o i Potter, ma erano possibilità remote e inserirsi in un contesto tanto acerrimo come le famiglie nobili era un ginepraio anche per il Wright, che non aveva alcuna intenzione di addentrarsi nelle delicate faide famigliari. « Ma tenga presente che è solo una situazione temporanea.» non si era ancora sbilanciato nei confronti di Darren Lynch, se vittima o carnefice, sperava in una conclusione positiva di questa faccenda per quanto riguardava almeno la sua sparizione « Potrebbe essere ripresa dal padre se la situazione lo permetterà...e comunque le stiamo affidando una ragazzina di quindici anni fino al compimento della maggiore età. Sono solo due anni, Skyfield, due anni che per la maggior parte del tempo trascorrerà a Hogwarts...o a Ilvermorny. » Cercò di sembrare ragionevole, di mettere in evidenza aspetti positivi di quella situazione, per quanti riuscisse a trovarne. La Lynch non avrebbe gravato eccessivamente sulla vita del uomo, aveva già un'età quasi adulta, con sue idee e indipendente, non si trattava di affidare un bambino di pochi anni a un estraneo. Inoltre la dimestichezza del docente a lavorare con adolescenti era sicuramente qualcosa che deponeva a suo favore, più che l'affidamento a chiunque altro non fosse un parente stretto. Quelle parole sembrarono tranquillizzare, seppur momentaneamente, il suo interlocutore. Si rendeva davvero conto della difficile posizione nella quale si sarebbe trovato da quel momento in avanti, con un posto di lavoro nuovo, una routine stravolta, ma cinicamente immaginava che sarebbe riuscito a sopportare un temporaneo sconvolgimento per permettere a una ragazzina che aveva perso tutto nel giro di una sera di poter avere una parvenza di normalità, un volto famigliare al quale fare riferimento che non fosse pieno di brufoli e con un discutibile uso del rossetto. Lasciò invece che i pensieri, dubbie. domande, fluissero ad alta voce nella stanza, prima di rispondere alla domanda che gli fu posta, ancora una volta a bruciapelo. Ma se l'aspettava, era una domanda ovvia, e si era preparato a che risposta fornire, perchè lui stesso si era interrogato su quello che sembrava essere il punto cruciale. Che cosa dire alla ragazza? Iniziò ripetendosi l'inizio che altre dieci volte si era detto con la voce della sua mente per sembrare professionale, il più fluente possibile « In questi casi si tende a seguire due linee, agli antipodi tra di loro. » inspirò una lunga boccata d'aria, mentre cercava di estraniarsi da ogni emozione che potesse provare, immaginando di essere in un momento di lezione con le sue reclute. « Il primo approccio è drastico. Lo definiamo shock al sistema. Si dice tutto, tutta la verità. Ovviamente con parole calme e non troppo brusche, ma di fatto la verità. In maniera meno grezza, come vi ho comunicato poc'anzi gli avvenimenti di stasera. Chi riceve la notizia ne viene così sconvolto che per qualche giorno si trova in una specie di limbo. Si attraversano tutte le fasi del lutto, dalla negazione alla rabbia. È intenso, ma permette poi l'avvio di una elaborazione quasi immediato.» Indugiò qualche istante con lo sguardo sul docente, probabilmente anche a loro veniva insegnato qualcosa del genere prima di salire in cattedra. « Il secondo metodo è conservativo. Al soggetto viene comunicato lo stretto necessario, magari con una storia ben costruita, per preservare una parvenza di vita normale. Ovviamente trattando di un personaggio pubblico possiamo arginare la cosa per un breve periodo di tempo. Potremmo forse arrivare alla fine dell'anno scolastico, se non ci fossero evoluzioni catastrofiche del caso» ritrovare il cadavere di Darren Lynch in un luogo pubblico avrebbe smascherato il loro costrutto di menzogne « È complicato, ma in alcuni casi può essere utile nel breve periodo. Potremmo decidere di percorrere questa strada fino al ritrovamento di Darren, ma anche in questo caso ci sono troppe variabili. »
    Era ormai diventata una conversazione dove ogni barriera formale sembrava essere stata superata, rotta dall'impellenza che richiedeva il prendere una decisione. Alla successiva asserzione del mago si limitò ad annuire con il capo. Sarebbero dovuti trasferirsi in Inghilterra, tutti quanti. Non riusciva ancora a comprendere in maniera razionale come qualcuno avesse potuto introdursi nel castello e compiere un simile ed efferato crimine. E se era qualcuno che aveva agito dall'interno, Hogwarts era così vicino al suo ufficio di Londra, con una giurisdizione che avrebbe potuto essere coperta dai suoi auror, che era assolutamente necessario chiudere Ilvermorny. Temporaneamente, fino al ritrovamento del Lynch e di chiunque fosse il colpevole. « Speravo di sentirle dire qualcosa di simile, Skyfield.» disse senza riuscire a dissimulare un certo sollievo nell'apprendere di essere riuscito a convincerlo che era una scelta necessaria, un atto doveroso verso qualcuno di così indifeso ed esposto. « Starò qui tutto il tempo che sarà necessario, preferirei fosse un volto noto a comunicare una simile notizia, ma posso farlo io e lei può soltanto essere presente e inseristi in seguito, come supporto e per fornire soluzioni... l'Inghilterra e Hogwarts finchè il padre non sarà trovato.» Ovviamente sempre che la linea scelta fosse quella di dire tutta la verità senza alcuna omissione. « E tutta una serie di altre questioni che possiamo affrontare in seguito e con maggiore calma.» Insomma, non sarebbero scomparsi nel giro di poche ore, per questioni d'indagini Max sarebbe stata in qualche modo coinvolta, ma non avrebbero lasciato Skyfield nel marasma senza la possibilità di avere un appiglio. Si alzò in piedi, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni, un lungo sospiro mentre osservava la porta. « Suggerirei di farlo ora. Posso mandarla a chiamare o può svegliarla lei. Sarà più facile ora, perchè domani mattina dovrete tutti radunare le vostre cose e ci saranno molte altre domande sul futuro con il quale confrontarsi.» Non sarebbero state delle ore tranquille quelle successive, anche una volta che avessero affrontato il grande scoglio di comunicare a Maxine della prematura dipartita della madre, non sarebbe stato per nulla una passeggiata. Dovevano essere pronti.
    ✖ THEODORE SKYFIELD ✖ MAX LYNCH

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    Gli insegnati attualmente attivi possono richiedere la cattedra che più li aggrada segnandosi al colloquio ma senza doverlo sostenere.

    Per qualunque domanda o dubbio rivolgersi a Wizarding World Master .

    Ilvermorny resterà chiusa finchè non aumenteranno i numeri di studenti e insegnanti.
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    Theodore Skyfield
    Docente di Arti Oscure
    Per il bene superiore!


    Responsabilità. Impegno. Dedizione. Theodore Skyfield stava per cambiare vita. Un cambiamento non da poco, che quasi si avvicinava a diventare padre. Certo, non proprio padre a tutti gli effetti, visto che non si sarebbe trovato una neonata in casa o una bambina di pochi anni, bensì un'adolescente che già conosceva da qualche tempo e che sembrava abbastanza matura, quantomeno. Ma l'egoismo e la trascuratezza che riempivano le giornate del Docente di Ilvermorny dovevano essere rimossi. Certo, la ragazza non avrebbe passato tutto il tempo con lui fortunatamente, dato che sarebbe stata ad Hogwarts per la maggior parte del tempo, ma di certo non poteva lasciarla da sola a casa con il frigo vuoto e i pavimenti sporchi. Sarebbe diventato il tutore di Maxine per due anni, forse, con la speranza di ritrovare - vivo - il padre, attualmente scomparso. Sarebbe potuto essere suo tutore anche per più tempo, perché lasciare una ragazza appena maggiorenne da sola in un mondo adulto era da pazzi. E lui lo sapeva bene, visto che se n'era andato di casa dello Zio il giorno stesso in cui avrebbe dovuto spegnere le diciassette candeline. Non era stata facile per lui e, con un po' di tenerezza nel cuore, non avrebbe lasciato che un'orfana facesse la sua stessa vita di merda. Sicuramente avrebbe dovuto fare attenzione, perché fare ciò che faceva lui da solo era più facile, ma in due... Ogni collegamento a Grindelwald doveva essere nascosto nel migliore dei modi, la seconda bacchetta non doveva vedere la luce del sole in presenza della Lynch e nessuno dei suoi contatti avrebbe mai dovuto sapere l'ubicazione della nuova abitazione dello Skyfield e soprattutto la presenza della ragazza nella sua vita. Non gli importava se fossero stati loro a commettere l'omicidio, perché in quel caso sicuramente ci sarebbe stato un valido motivo, ma la Lynch non c'entrava nulla e non doveva essere toccata. La legge Rappaport era una legge che Grindelwald voleva abolire, almeno per ottenere ancora più consensi politici, e far fuori dei sostenitori poteva essere stata anche una mossa di propaganda. La ragazza, però, doveva starne fuori.
    Skyfield annuì, ormai consapevole del fatto che toccava a lui e che tirarsi indietro era impossibile. Wright aveva ragione, quella sarebbe stata una situazione temporanea che non gli sarebbe gravata poi chissà quanto. Se solo lo avesse saputo, si sarebbe di certo opposto più per l'incolumità di Maxine che per il peso sulle spalle del Professore. Era quasi metà anno scolastico. Theo e Max si sarebbero trasferiti in Inghilterra, sarebbero stati qualche giorno insieme e poi lei sarebbe andata ad Hogwarts, nel dormitorio di chissà quale casata e avrebbe visto il tutore, forse, insegnare qualche materia per poi tornare insieme l'estate successiva, sempre che Darren non fosse tornato prima. Non era poi così inquietante l'idea.
    Di certo, comunque, non era diventare tutore della Lynch che lo spaventava più di ogni altra cosa, quanto, invece, dire lei la verità su quanto accaduto quella sera a Ilvermorny. Trovare le parole per avvisare che una madre era venuta a mancare era una delle sfide più difficili che Skyfield avesse mai affrontato. Anche uccidere sarebbe stato più semplice per lui. Notevolmente più semplice. Quella sera stava per uccidere i sentimenti di una ragazzina, la stessa ragazzina che avrebbe poi dovuto portarsi con sé in Inghilterra e con la quale sarebbe stato nei mesi, forse anni, successivi. Ascoltò i consigli dell'Auror, ma Theodore era già certo di quale strada percorrere. Voleva dire la verità, nonostante fosse più facile mentire.
    "Non dico spesso bugie e credo che in questo caso, più che mai, sia necessaria l'onestà."
    Era piuttosto bravo a recitare, eppure quella volta la sua abilità non sarebbe servita.
    "Lo verrà a sapere e se, per caso, dovesse scoprire che io ho sempre saputo ciò che è successo, finirebbe per odiarmi. Potrei dare la colpa a voi Auror, potrei provare a nascondermi dietro un dito, ma soffrirebbe due volte. Credo che lasciarla col dubbio sia ancora peggio. Come ha detto lei, Maxine non è più una bambina. Certo, non è un'adulta, ma confido che riesca a superare lo sconvolgimento iniziale."
    Ci avrebbe messo giorni, settimane, mesi a superare tutte le fasi del lutto, ma come aveva detto Wright avrebbe subito cominciato una lenta elaborazione che l'avrebbe portata quantomeno ad accettarlo il prima possibile. Theo doveva solo trovare quindi le parole per dirle come stavano le cose, senza risultare troppo diretto, ma senza girarci intorno. Prenderla in giro l'avrebbe solo ferita di più e in quel momento lui stesso si sentiva triste per la ragazza.
    "Ci penso io a dirglielo, sì. Forse lei è più bravo con queste cose, più abituato, ma dovrà stare con me e preferisco che sia io a darle la notizia. Può ovviamente intervenire quando vuole per correggermi o per aiutarmi. Insomma, non mi capita tutti i giorni di diventare tutore di una ragazza che ha perso madre e padre in una sola sera."
    Theodore era agitato. Le mani gli tremavano visibilmente, ma per evitare che si notasse troppo Skyfield continuava a muoverle sulle ginocchia, come per scaldarsi. La sua mente era piena di pensieri, ma il flusso costante non gli permetteva di trovare qualcosa sensato da dire. Era succube degli eventi, incapace di reagire, spaventato più della situazione che stava per affrontare che della presenza del Capo Auror al suo fianco.
    "La mandi a chiamare per favore. Non riuscirei a darle uno shock così, subito dopo il risveglio."
    Se avesse urlato e pianto, inoltre, avrebbe svegliato tutti e si sarebbe venuto a sapere in un modo o nell'altro la triste verità. Una verità che purtroppo doveva rimanere nascosta ancora per un po', soprattutto tra gli studenti.

    Furono i minuti più lunghi della sua vita, quelli mentre aspettava di vedere Maxine, accompagnata da un Auror all'interno del Salotto Comune dove si trovava insieme a James Wright. Aveva provato il discorso nella sua testa più e più volte, ma sempre senza successo. La sensazione di nausea era aumentata e da lì a poco Theodore avrebbe vomitato se non si fosse mosso a sputare l'enorme peso che aveva addosso. Non riusciva a immaginare cosa avrebbe passato la ragazza da lì a poco.
    Max arrivò. Non sapeva se era un aspetto positivo o negativo, ma non poteva tirarsi indietro. Chissà come l'avevano svegliata, chissà se l'Auror che l'aveva fatto si era presentato e chissà se la Wampus aveva già capito che c'era qualcosa che non andava. Chissà cosa le passava per la testa in quel momento, chissà a cosa pensava dopo essere stata chiamata da uno sconosciuto e ritrovarsi nel Salotto con il suo Professore di Arti Oscure e un altro sconosciuto seduti con due facce a dir poco eloquenti. Theo si alzò in piedi, come per forma di rispetto, allungando il braccio davanti a lui per indicarle un posto a sedere davanti ai due. Una volta che lei si fosse accomodata, l'avrebbe fatto anche lui, riprendendo il posto che aveva in precedenza.
    "Mi dispiace di averti fatta svegliare, Maxine. Come avrai capito, il motivo è urgente."
    Era inutile girarci attorno troppo, doveva sputare il rospo subito e far capire alla strega ciò che era successo. Le diede per la prima volta da quando insegnava del tu, chiamandola addirittura per nome, per metterla a suo agio, forse, o forse perché si sentiva più vicino a lei.
    "Lui è il Capo degli Auror ed è qui perché stasera, inspiegabilmente, è successo qualcosa di increscioso. - Tragico forse era più accurato. - Maxine. - Fece un lungo respiro. - Tua madre è venuta a mancare."
    Un conato. Poi un secondo. Theodore cercò di calmarsi, ma era visibilmente agitato. Smise di parlare per un attimo, ma riprese. Non aveva finito di sganciare la bomba.
    "Non si sa ancora come sia successo, chi sia stato, né il perché. Gli Auror sono qui per questo. - disse appositamente 'chi sia stato' per farle intendere che non era stata una dipartita naturale, anche se a quell'età era piuttosto ovvio. - Tuo padre, invece, non si riesce a trovare da nessuna parte. Non è nel castello, non è a casa, gli Auror non riescono a rintracciarlo."
    Theodore guardò Wright, forse per ritrovare un po' di calma e per avere conferma che ciò che aveva detto era corretto. Era stato sicuramente duro nel dire tutto ciò, ma la Lynch doveva sapere la verità, tutta la verità e doveva cominciare a elaborarla. Stette zitto. Ora era il momento di Maxine. Poteva prendersi tutto il tempo che voleva per piangere, per picchiarlo, per strapparsi i capelli, per fare ciò che voleva. Non poteva capire cosa stesse provando, ma lui stesso stava a pezzi. Un uomo tanto duro, tanto capace di fare del male alle persone, in realtà non riusciva a fare male a una ragazza innocente. Era quello il suo limite? Scosse il capo, osservando poi la Lynch negli occhi. Come ci si comportava in quei casi? L'avrebbe dovuta abbracciare? Lui non era molto da contatto fisico affettuoso, né tanto meno voleva costringerla a sfogarsi con lui proprio in quel momento. Spettava a lei fare qualsiasi cosa. Attese più tempo possibile, prima di aggiungere l'ultima bomba, la risposta a quella classica domanda che passa nella testa di chiunque 'e adesso che succede?'
    "Ilvermorny chiuderà per un po', fino a quando questo caso non sarà risolto. Andrai ad Hogwarts nel frattempo e io sarò il tuo tutore, momentaneamente, fino a che tuo padre non verrà trovato."
    L'aspetto burocratico di quel trasloco l'avrebbe gestito interamente lui, ma quello e il trasferimento in una nuova scuola erano altri traumi per la piccola Maxine. Decise di darle comunque una piccola speranza, una speranza che in fondo aveva anche lui: il ritrovamento del padre - vivo - e che questi non fosse il colpevole dell'omicidio natalizio.

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    fato 5

    C'erano volte in cui riusciva a meravigliarsi di se stesso. Nonostante tutto il trambusto, la confusione iniziale, lo shock e quello che era successo quando lui e la sua squadra di auror si erano trovati su quella scena del delitto, un angolo recondito della sua mente aveva mantenuto una lucidità disarmante. Katrina Ross era una valida recluta, fresca di diploma a Hogwarts da meno di un anno, per qualche motivo non le aveva permesso di recarsi sulla scena ma l'aveva mandata nell'Ufficio del Preside a cercare indizi. L'aveva tenuta fuori da quel grande marasma, che sarebbe stato estremamente valido come addestramento, anzi lo avrebbe sicuramente incentivano, ma in quel caso ... Non lo aveva fatto. Forse era stato l'inconscio a farlo agire in un modo simile o più probabilmente era quella percentuale sempre calcolatrice della sua mente che era entrata in azione, in maniera subdola e passando inosservata, ma sapendo in qualche modo i motivi esatti per cui veniva presa una certa scelta piuttosto che un'altra. Qualche ora più tardi il Capo Auror si trovava ad annuire alle parole del Mentore dei Wampus, concordando sul fatto che la ragazzina non potesse essere svegliata con la notizia della morte della madre. « Manderò uno dei miei.» disse, muovendo alcuni pesanti passi verso la porta del salotto comune dove si trovavano. Nel giro di pochi minuti chiamò la Ross, istruendola in maniera veloce ma precisa su cosa si aspettava da lei, poi diede alla poco più che maggiorenne una divisa di Ilvemrorny e gliela fece indossare. « Famigliare e rassicurante. Sii vaga, ma decisa. Max, ricorda che si fa chiamare Max. Devi condurla qui, nessuna deviazione o divagazione Ross. É un tragitto semplice. Farò in modo che non incontriate nessuno sulla vostra strada qui. » Avrebbe potuto sentire anche lo Skyfield oltre la porta semiaperta, infondo erano semplici istruzioni e non stavano disquisendo di nulla che sarebbe rimasto segreto. E magari far sapere le modalità con cui era stato deciso di affrontare questa parte della notte avrebbe forse avvantaggiato il docente nel delicato compito.

    Avanzava con passo incerto lungo i corridoi deserti del castello. Katrina Ross era incazzata per essere stata tenuta fuori da qualcosa di grosso, di davvero grosso se mezzo corpo auror era stato chiamato a Ilvermorny dalla Preside in persona. O così pensava lei, visto che subito erano stati mandati all'alloggio privato della strega e lei in ufficio a verificare che fosse tutto in regola. Non aveva trovato nulla fuori posto, quella donna aveva una cura maniacale, un ordine che quasi spaventava la giovane recluta degli auror. Aveva scelto di intraprendere quella strada per ambizione personale, oltre che per una spiccata bravura nei duelli, ma non aveva ancora avuto modo di mettere mano alla bacchetta in quei primi mesi di addestramento. E ora era vestita come una studentessa qualunque, avventurandosi nella Sala Comune di una casa che non conosceva per svegliare una ragazzina. Non una qualunque, ma la figlia della Preside. Cercò di essere veloce e silenziosa, raggiunto il dormitorio delle ragazze e individuato il letto della strega, evocò una tenue luce per illuminare la porzione della stanza nella quale si trovava Maxine Lynch. Si avvicinò rapida al letto, inginocchiandosi lì accanto al cuscino. Posò una mano sulla spalla della ragazzina addormentata, scuotendola leggermente. « Max, Max. Devi svegliarti.» cercò di usare un tono di voce calmo e rassicurante, ma facendo comunque trasparire una certa urgenza. « Non spaventarti, ma dobbiamo fare in fretta.» avrebbe aggiunto, quando la ragazza avesse aperto gli occhi o dare segni di essere reattiva. « Ecco le tue ciabatte, forza, dobbiamo proprio andare.» Dinnanzi ad eventuali domande si sarebbe stretta nelle spalle, mostrando una sincera confusione, nemmeno lei sapeva cosa era successo. Il Capo Auror non le aveva detto nulla, anche volendo non avrebbe saputo che rispondere. « Non lo so Max, so solo che ti aspettando nel Salotto Comune.»

    Rosso fuoco. O rosso sangue. La tonalità di capelli di Max, quando varcò la soglia della stanza in cui le avrebbero distrutto la vita, era identica a quella della madre. Abbassò lo sguardo sul pavimento cercando di scacciare l'immagine di Lena e di tutto il sangue che la circondava, doveva essere concentrato soltanto su quella parte del piano. Spostò nuovamente lo sguardo sulla recluta, congedandola con un cenno del capo. Non doveva stare nella stanza, ma sarebbe stata lì fuori, pronta a intervenire se alla Wampus fosse servito l'appoggio di qualche simil-coetaneo. Forse avrebbe dovuto scoprire quali fossero le sue amicizie, magari aveva un fidanzatino o fidanzatina, qualche migliore amico che poteva essere una spalla su cui piangere. Ma non c'era stato il tempo, non ci sarebbe stato tempo per farlo. Rimase in piedi per tutto il tempo, pronto ad intervenire al minino segno di cedimento di Skyfield. Ma il docente fu perfetto. Lineare, preciso. A tratti paterno. Il capo auror dovette soltanto accompagnare le dichiarazioni che faceva l'altro mago con qualche cenno del capo, magari un gesto di assenso o comprensione. E attendere la reazione della strega la cui vita era appena stata sconvolta nel cuore della notte.
    ✖ THEODORE SKYFIELD ✖ MAX LYNCH

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    Max Lynch

    wampus15 y.o.brokenTHE END

    Rosso. Bagliori cremisi danzano sulle sue iridi come la luce del sole che accarezza le pianure durante l’alba. O il tramonto. I toni cupi dell’intero ambiente le ricordano il crepuscolo. La fine di qualcosa più che l’inizio di un nuovo giorno. Immagini confuse si susseguono, lampi di rosso, rosso, rosso…

    Si sveglia di soprassalto, madida di sudore nel letto a baldacchino del dormitorio di Wampus. Ha il pigiama appiccicato alla schiena, i capelli un groviglio confuso che le si appiccia alla fronte sudata. Beve un sorso di acqua dal comodino cercando di calmare il battito del suo cuore, che non sa perché sia così agitato, e si ricordi a per addormentarsi nuovamente.


    Barcolla sul posto, spostata da un vento invisibile. Si sente incorporea, incapace di far reagire il proprio corpo agli stimoli in tempi veloci. Se avesse mai vissuto l’esperienza di osservare un ricordo dentro a un pensatoio, direbbe che è una sensazione molto simile, sebbene più rallentata. Immagina che è così che si sentano le meduse in un mare in tempesta, i fantasmi quando incontrano una corrente d’aria nei corridoi. Di nuovo rosso. Ma questa volta non è più solo un estrazione incorporea del colore. No, lo vede. La circonda come secchiate di vernice sparsa su una tela, una stanza. Qualcosa nel suo subconscio si accende, quel brivido affinato lavorando al San Mungo. L’odore ferroso le pizzica la punta della lingua. Sangue. Rosso sangue. Prova a svegliarsi, lontana da quel luogo sa che è solo un sogno, si agita e prova a reagire ma non succede nulla. La pellicola continua a girare. Lei continua a guardare.
    Sulle superfici il sangue non si è ancora rappreso. Sta ad osservarla come una strana vernice cremisi. Dal suo lavoro al San Mungo capisce che chiunque abbia perso tanto sangue non può avere alcuna possibilità di sopravvivenza. Un corpo umano può avere qualcosa come sei litri di sangue, ma almeno la metà saranno riversati su tutto l’ambiente che la circonda. Non ha mai visto tanto sangue in vita sua. Nemmeno nelle ferite più gravi, nemmeno in caso di amputazione di un femore. Mai. È una vera fortuna che sia soltanto un sogno. Soltanto un sogno…

    Mani fredde la scuotono leggermente per le spalle. Non riconosce la voce che la chiama, facendola riemergere dai suoi incubi. Sbatte le palpebre un paio di volte, ma non riesce a scacciare il sangue e il rosso dalla sua vista. Qualcuno, quel qualcuno che la sta svegliando, la chiama con una voce dolce, ma urgente. È proprio questo secondo aspetto che porta la Lynch a svegliarsi definitivamente. Non riconosce la ragazza che ha di fronte ma non deve essere tanto più grande di lei. Forse fa l’ultimo anno. Sicuramente non è un prefetto. Aggrotta la fronte, nel buio della stanza domandandosi cosa possa essere successo. Come minimo si aspetta un incendio nel dormitorio per essere svegliata così. ”Dov’è l’incendio?" domanda con voce roca, il sapore del ferro ancora sulla lingua. Quel incubo l’ha proprio sconvolta. Si muove come mossa da un automa, con movimenti meccanici, infila le ciabatte che la compagna le porge ed esce dal letto. Si avvia per i famigliari corridoi di Ilvermorny, ogni passo che l’allontana da quel incubo sembra in qualche modo calmarla. Ritrova la lucidità, capendo che non è normale che siano solo loro due le uniche in giro per il castello. È troppo vecchia per subire qualche rito di iniziazione che è riservato ai primini, non fa parte di nessun club e come figlia della Preside dubita che qualcuno la coinvolga in qualcosa vietato agli studenti. Certe volte vorrebbe non essere la figlia di sua madre, soltanto la figlia di qualcuno che non è lì a Ilvermorny per controllarla.
    Molti pensieri affollano la mente, ancora addormentata e intrappolata negli ultimi artigli di quel incubo, ma non abbastanza quanti ne avrebbe avuti se fosse stata davvero reattiva. Poche parole uscivano dalle labbra della Lynch che tuttavia a ogni passo sentiva che qualcosa non andava. Un ansia strana, ben diversa da quella che provava prima di un esame o di conoscere l’esito dello stesso. "Ho fatto qualcosa?" domandò a un certo punto, sempre più perplessa da quella situazione che sembrava surreale quanto il sogno di prima.

    Un ultimo sguardo perplesso rivolto alle sue spalle, a quella ragazza che l'aveva accompagnata lungo i corridoi con gli stessi dubbi e le stesse incertezze. Non entra anche lei? Sembrava chiedere quell'ultimo, fugace sguardo, mentre con la mano apriva la maniglia che avrebbe svoltato il suo futuro. Entra nella famigliare stanza, il salottino comune che ha accolto tante feste serali, tante risate nei pomeriggi in cui si sarebbe dovuto studiare, ma a quell'ora della notte appare così tetra e cupa, così diversa dall'ambiente accogliente che vive nei suoi ricordi. Lo sguardo sconcertato della Lynch saetta su quel mobilio famigliare, poi sulle due figure presenti in stanza. Non si tratta dei suoi genitori, una delle varie ipotesi che si era prefigurata di trovare, e riconosce immediatamente il professor Skyfield. "Buonasera" dice per automatismo, anni trascorsi a salutare con formalità il corpo docenti anche quando ancora non aveva l'età corretta per trovarsi a Ilvermorny eppure ne attraversava i corridoi, tirano fuori delle reazioni che ormai sono insite in lei. Con espressione ancora perplessa sposta la sua attenzione sulla seconda figura, che le è famigliare ma alla quale non riesce ad associare un nome. Sicuramente non è un professore. Seguendo il movimento del braccio del mentore di Wampus, prende posto su una delle poltrone che le sono indicate. La stoffa è fredda a contato con lei, che rabbrividisce, ma forse è solo una reazione di nervosismo più che fisica. Non capisce perché debba trovarsi in una stanza di adulti senza che siano presenti sua madre e suo padre. Insomma, qualunque sai il motivo di tale convocazione, più ci pensa più non trova qualche cosa di sbagliato che ha fatto per essere ripresa, non capisce perché debba affrontarla da sola. Questo pensiero la fa agitare sulla sedia, spostando il peso da una gamba all’altra, nascondendo le mani sotto le cosce. Non sa bene cosa fare, come mettersi, cosa aspettarsi. E non può fare altro che aspettare. Sta osservando l’altro mago, quello con l’espressione più fredda ma anche più rughe a solcargli il viso, quando Skyfield rompe il silenzio imbarazzante che sembra aver riempito per ore quella piccola stanza. “Mi dispiace di averti fatta svegliare, Maxine. Come avrai capito, il motivo è urgente.” Di scatto le sue iridi si posano sul volto del docente, le labbra si tendono in una riga sottile, tese e risucchiate all’indentro, dove inizia a tormentare con la lingua una pellicina. Annuisce lievemente con il capo, più per una di quelle reazioni innate, perché non ha capito nulla di quello che le sta accadendo introno. Non sa perché si trova lì. Eppure non ha dato fuoco a nulla, non ha rubato o nascosto nulla. Insomma lo scorso anno è sgattaiolato fuori dal castello di notte e ha cercato di fingersi malata per evitare una verifica, ma di recente si è comportata sempre bene… la sua media non è impeccabile ma…”Lui è il Capo degli Auror ed è qui perché stasera, inspiegabilmente, è successo qualcosa di increscioso. Maxine. Tua madre è venuta a mancare.” Non era sicura dì aver sentito bene. Sbattè velocemente le palpebre, sporgendosi in avanti, come per afferrare meglio le parole. "C-c-come?" ”Non si sa ancora come sia successo, chi sia stato, né il perché. Gli Auror sono qui per questo.
    Tuo padre, invece, non si riesce a trovare da nessuna parte. Non è nel castello, non è a casa, gli Auror non riescono a rintracciarlo.”
    Per Max Lynch il mondo si paralizzò in un istante, imbrigliato in quel momento. Riusciva a sentire il battito del suo cuore pulsare nelle orecchie, scuotersi impazzito all’interno della gabbia toracica a mostrare quella reazione viscerale che avrebbe dovuto manifestare all’esterno, ma era come paralizzata nel suo stesso corpo. Vedeva, senza vedere davvero le figure che le stavano dinnanzi. Il gusto amaro del sangue, quel odore ferroso che aveva imperversato nei suoi incubi notturni, le riempì di nuovo la gola. Forse stava per vomitare. In quel marasma di emozioni che stava provando, sentiva il cuore distruggersi in mille pezzi e ricomporsi per poi frantumarsi al battito successivo, sentiva un groppo alla gola che le mozzava il respiro e avvertiva le lacrime che si addensavano dietro le palpebre e iniziavano a rigarle il volto. In tutto questo caos e confusione, non urlò. Non singhiozzò neppure. Abbassò lo sguardo una volta sola sul pavimento, le lacrime si impigliarono alle sue cilia offuscando la vista, quando riportò lo sguardo sui due uomini. " Ha almeno un’amante" disse in un sussurro appena udibile. L’idea che suo padre non fosse rintracciabile perché era in giro a tradire la moglie, a violentare quel matrimonio, le faceva venire rabbia. Di tutti i sentimenti tristezza, sconforto, smarrimento, si aggrappò al più volendo. Stringendo tanto i pugni da sbiancarsi le nocca, da infilare i palmi con le sue stesse unghie.
    ” Ilvermorny chiuderà per un po', fino a quando questo caso non sarà risolto. Andrai ad Hogwarts nel frattempo e io sarò il tuo tutore, momentaneamente, fino a che tuo padre non verrà trovato.” Non gliene fregava molto. In tutto questo cosa sarebbe successo dopo sembrava così insignificante rispetto agli eventi accaduti che non ci aveva nemmeno pensato. Annuì, lasciando andare i pugni, lasciando andare quella rabbia che scorreva ancora nelle sue vene, che la lasciò svuotata. Incapace di parlare, aggiungere altro. Lacrime scorrevano incessanti sulle sue guance. Voleva andare via. Voleva solo andarsene. Voleva correre via da quella stanza. Da quel castello. Da quei ricordi che, seppur non erano affettuosi o materni, ora cominciavano a tornarle in mente come in un perverso scorrere di diapositive, ciascuna che infieriva una stilettata a ogni immagine. " Portatemi lontano. Via. Io…" il mutismo si impossessò nuovamente della ragazza, questa volta scossa da brividi e singhiozzi, il volto rivolto verso il basso e nascosto nelle mani. Basta. Basta, voleva che tutto questo finisse. Come il suo incubo. Voleva svegliarsi, svegliarsi lontana.
    it's M A X - not maxine
     
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9 replies since 31/12/2021, 16:21   242 views
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