C.O.R. de panna

SdM - Gennaio 2022 || role libera

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    Per quelle vacanze di Natale era rimasto al castello. Gli sarebbe anche piaciuto tornare a casa, farsi fare una lavatrice decente da suo padre, ne aveva comprata una nuova in un negozio babbano che sembrava essere un vero portento, ma aveva capito che parlare di lavatrici e bucato agli elfi domestici era considerato un vero e proprio affronto così non era più tornato sul argomento. Però alcune macchie erano troppo imbarazzanti perché gli elfi domestici potessero vederle. Aveva preso il vizio di tenere una scorta di cioccorane e in generale di dolciumi sempre vicino al letto, perché spesso nel cuore della notte lo assaliva una fame assurda e non sapeva proprio trattenersi, ma era finito per addormentarsi con del cioccolato in mano, che durante la notte si era sciolto e appiccicato ai boxer con quali dormiva. Aveva fatto un casino e prima che qualcuno gli desse l’appellativo di “cagone”, o qualcosa di più arguto che lui proprio non riusciva a immaginare in quel momento, si era affrettato a cambiarsi e a nascondere il più infondo possibile nel baule il corpo del reato. Avrebbe proprio avuto bisogno dì quella lavatrice, o era la lavastoviglie?, per lavare quegli indumenti. Ma aveva deciso di restare a Hogwarts, anche perché aveva perso in giro, lo aveva cercato un lungo e in largo, la pergamena con il permesso da far firmare ai suoi genitori per tornare a casa, però gli dispiaceva troppo dirgli che non sarebbe stato a casa per Natale per la sua sbadataggine e aveva così detto che era proprio una sua volontà quella dì restare al castello.
    Vivere Hogwarts senza la frenesia delle lezioni, l’ansia dei compiti o il terrore di qualche verifica era piacevole. Aveva avuto modo di interagire meglio con i suoi compagni di scuola, senza parlare necessariamente di scuola, di esplorare il castello senza la preoccupazione di perdersi per le scale, anche se si era inevitabilmente perso e allora aveva messo il doppio del tempo a raggiungere il luogo prestabilito.
    Quel giorno erano tutti sconvolti per qualcosa, tutti stavano leggendo la Gazzetta del Profeta, bisbigliavano tra di loro e c’era anche un gran trambusto al tavolo dei professori. Un clima stranamente caotico che tuttavia disturbava soltanto l’animo naturalmente pacato di O’Riley che dinnanzi ai cambiamenti e alle notizie in generale preferiva non sapere. Aveva così approfittato della piacevole giornata di sole, che comunque restava gelida, per recarsi da Mielandia a fare scorte per le prossime settimane di lezione che difficilmente gli avrebbero concesso il tempo di una piacevole gita a Hogsmeade. Si era vestito di tutto punto, avvolto in innumerevoli strati caldi e morbidi di lana e altri tessuti, cappello, sciarpa e guanti. Soltanto la riga degli occhi usciva per permettergli dì vederci qualcosa. Raggiunta Hogsmeade e Mielandia si trovò dinnanzi a un certo trambusto. Il suo naturale desiderio di normalità e tranquillità si agitò dinnanzi a quel cambiamento improvviso di piano, quasi lo tentava di andarsene via a tutta velocità, ma il suo altruismo aveva preso il sopravvento.
    « Madama, le serve una mano?» aveva domandato muovendosi un po’ impacciato nel entrare nel negozio all’interno del quale regnava il caos. Una rappresentazione su scala reale di come immaginava che fosse l’interno del suo cervello, certo non era un bello spettacolo, soprattuto l’affronto delle caramelle sprecate e sparse sul terreno. Prima ancora di ricevere una risposta affermativa si sarebbe mosso per iniziare a raccogliere alcune cioccorane che erano sfuggite alle loro scatole ora saltavano in giro, rimbalzando e facendo cadere le altre che erano rimaste sugli scaffali.
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    Detestavo il Natale. No, non era vero. Adoravo tutte quelle lucine colorate, gli addobbi, le vacanze che si avvicinavano, ma detestavo il senso di solitudine e sconforto che esso creava. Mi sentivo ancora più solo. Più emarginato. Osservavo il viavai di gente che si affaccendava lungo le strade per comprare regali e pensierini, mentre io avevo soltanto due misere buste, un libro di cucina per mia madre ed un nuovo paio di calzini per mio padre, tutto il mondo delle mie conoscenze a cui far regali racchiusi in due tristi sacchetti. Avrei voluto un amico a cui pensare, chiedendomi quale regalo fosse più appropriato fare, partecipare a quella conviviali che soltanto a Natale si generava. Invidiavo quelle persone che avevano così tanti amici da affannarsi per le vie dello shopping, in una corsa all’ultimo minuto per l’acquisto del regalo. O che ancora usavano dal scusa dello “scambiarsi doni” per uscire a cena, o a bere qualcosa, che avevano feste a cui andare. Non amavo la vita mondana, anzi la rifuggivo, eppure in rari momenti come quelli che suscitava il Natale, avrei tanto desiderato possederne una. Il senso di solitudine mi aveva attanagliato per tutto il mese di Dicembre, quando questa follia collettiva delle festività aveva preso il sopravvento sulla vita reale con i primi addobbi, e con l’avvicinarsi del 25, come in un calendario dell’avvento depresso, il mio senso di oppressione aumentava, addensandosi come una nube nera intorno alla mia folta chioma. Così avevo scritto una veloce lettera ai miei, dicendo che sarei rimasto a Hogwarts per trascorrere le vacanze con un gruppo di amici, che ovviamente mi ero inventato e su cui periodicamente fornivo qualche aneddoto per risultare meno paretico all’occhio dei miei genitori, e mi ero chiuso sempre più in questa forma di anti-Natale. Come predetto, non per meriti a Divinazione, le vacanze di Natale avevano fatto schifo, esclusion fatta per le abbuffate di cibo in Sala Grande e per una biblioteca praticamente deserta che mi permetteva di rifugiarmi e studiare in santa pace. Avrei voluto tanto degli amici, ma facevo di tutto per essere inavvicinabile. Verso la fine delle festività, mentre tutti si stavano incupendo per l’avvicinarsi della fine delle vacanze e in generale delle feste, io riacquistavo vigore e gioia. Nell’ultimo giorno di vacanza avevo addirittura deciso di compiere una pazzia: andare ad Hogsmeade. Il villaggio magico ed io non avevamo un buon rapporto, non ci eravamo mai piaciuti, ma quel girono mi sentivo di poter affrontare persino i cantori di cori e jingle natalizi. Ero quasi entusiasta della mia scelta, tanto che avevo scelto con cura l’outfit da indossare. Un cappello con la tesa, di velluto blu scuro, conteneva il ciuffo ribelle, che spuntava come una grande virgola, la morbida sciarpa di Corvonero era arrotolata con stile annoiato ma ricercato sulle spalle, coperte anche queste da un cappotto, di una meravigliosa tonalità beige. L’impatto con il villaggio fu sgradevole come di consueto ma cercai di restare ottimista. Tutto s’infranse quando notai lo scempio di Mielandia. Caramelle e zucchero erano sparsi ovunque, era ovvio. Uscivo dalla mia zona di conforto ed ecco che succedeva qualche problema. Per qualche motivo risentivo assolutamente affranto e colpevole.
    Oh per Merlino! esclamai sospirando, non riuscivo a ricacciare il senso di colpa in profondità, così cercai di rendermi utile. C’era già un altro ragazzo, non lo riconoscevo ma conoscevo così poca gente al castello da non stupirmene, che si era offerto di aiutare. Posso aiutare anche io, Madama. mi affrettai ad aggiungere, prima che il desiderio di solitudine mi colpisse di nuovo allontanandomi da questo contesto sociale. Estrassi la bacchetta e mi avventurai all’interno, dove l’altro ragazzo si stava già dando da fare con le cioccorane. Alcune compivano enormi balzi, invece che farne solo uno decente e gli altri no, sembravano essere state incantate per continuare a muoversi e saltare in giro. Forse dovremmo provare a immobilizzare, così non le prenderemo mai. suggerii rivelando subito la mia natura di insopportabile secchione, avrei estratto la bacchetta per aiutarmi, ma non ero sicuro di poterla usare fuori da Hogwarts.
     
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