Posts written by Christelle ~

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    Contrariamente a quanto si potesse pensare, visto il carattere socievole ed espansivo, Christelle non amava parlare troppo di sé: non le piaceva quella sensazione di sgomento che le si creava attorno quando gli altri percepivano il privilegio della sua famiglia ricca e purosangue, era fonte di imbarazzo per lei avere così tanto ed essere in grado di restituire al mondo così poco – d’altronde aveva solo quindici anni. Naturalmente tutta la scuola conosceva la sua famiglia, Godric’s Hollow era antica e famosa tanto quanto Villa Jones e di conseguenza i suoi parenti che abitavano lì da sempre. Per questo motivo, forse, il rapporto con il padre era più stretto rispetto a quello con la madre: lui aveva una storia diversa, anche oscura sotto certi versi, sicuramente non aveva mai vissuto da ricco e potente, anche bene in vista nella comunità. Aveva imparato il significato di quelle parole solo da sposato.

    «Oh, capisco» gli rispose arrossendo. Non aveva idea di dove fosse South Kensigton, eppure conosceva Londra abbastanza… Insomma, l’aveva visitata diverse volte sotto copertura, vestita da babbana. Stava giusto per chiedergli informazioni cercando di non apparire troppo ingenua ai suoi occhi, anche su sua madre, e Adeline, la cugina che aveva conosciuto poco tempo prima, quando sentì un rumore provenire dalle scale che portavano alla Torre di Astronomia. Passi. Passi che si avvicinavano a loro.

    «Hai sentito?» gli chiese non troppo allarmata, in quelle situazioni tendeva a preoccuparsi più per Draven che per sé stessa. «Forse è meglio se ce ne andiamo, prima che qualcuno ci trovi..»

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    Personaggi Partecipanti: Christelle + Adeline Walker
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    Hogwarts era la sua casa. Le era bastato un solo sguardo per capirlo, tanti anni prima, osservando il castello dalla barca con cui i ragazzini di undici anni attraversavano il lago. Al contrario di tanti altri della sua età non aveva problemi irrisolvibili in famiglia, viveva una vita privilegiata, ricca e purosangue. Stimata anche, grazie alle professioni dei genitori, un Auror e una Medimag. Amata, grazie all’affetto di una grande famiglia che conviveva in un altrettanto grande casa. Era tutto perfetto a prima vista: eppure, a Hogwarts si era sentita bene come non le era mai capitato prima. Lì cresceva di giorno in giorno, nonostante gli insuccessi e le fatiche, le punizioni, le sgridate da professori e genitori. Non si era mai sentita fuori posto, sapeva che quello era il suo mondo, casa sua. Il senso di appartenenza al dormitorio, alla Sala Grande dei Grifondoro, era più grande di quanto fosse mai stato quello nella sua cameretta di Villa Jones. L’estate le piaceva, certo, quando non doveva litigare con sua madre, ma ancor più bello era il ritorno a Hogwarts del primo settembre. Fu su quella linea di pensieri che si perse alla domanda di Draven: dove vivi quando non sei ad Hogwarts?

    Il fatto che lui non avesse mai avuto una ragazza, dovette ammettere a sé stessa, la sorprese molto. Le sembrava il tipo da fidanzate segrete, scappatelle notturne e quel genere di cose eccitanti, ma ancora una volta si era sbagliata sul suo conto. D’altronde, prima di sua sorella, non aveva sentito un solo pettegolezzi sul conto di Draven. Ancor di più si stupì quando rimbalzò la domanda, in effetti non sapeva se sarebbe stato carino nominare Michael, l’unico ragazzo con cui fosse mai uscita, al loro primo appuntamento. S’immaginò l’imbarazzo e infatti, come se il Serpeverde l’avesse letta nel pensiero, cambiò idea. Christelle si sentì rincuorata.

    «Vivo a Godric’s Hollow» lo guardò negli occhi, le si era avvicinato in maniera quasi… Pericolosa? Forse era stato involontario, ma ancora una volta ebbe l’impulso di toccarlo. A Christelle il contatto fisico piaceva, ma era evidente come lui non fosse della stessa idea.

    «La nostra casa è grande, appartiene alla famiglia di mia madre da molte generazioni. Vivo lì con miei genitori, Isla e Oliver, i miei nonni, i miei zii e i miei cugini piccoli» gli spiegò. Il fatto che la casa fosse abbastanza grande da regalare un enorme fetta di privacy ad un bacino così ampio di persone la diceva lunga: ognuno, ad esempio, disponeva di una stanza privata. «C’è anche un parco grande, mio nonno ha un Ippogrifo» aggiunse infine, ricordando un loro incontro con un appena accennato sorriso.

    «E tu dove vivi?» fece rimbalzare anche lei la domanda quando cominciò a riflettere sul fatto che non sapeva granché di Draven, era sempre stato molto misterioso, qualità strana per i Serpeverde che tendevano a spiattellare i loro successi a destra e manca. A sua volta gli si avvicinò, per stare più comoda sotto quel mantello, si disse. Il ginocchio magro e appuntito di Christelle, coperto dalle calze nere coprenti e dalla gonna, sfiorò quello di Draven, decisamente più possente. Cercò i suoi occhi e provò un forte imbarazzo nel trovarli, tanto da costringerla a distogliere lo sguardo.

    «Non so molto di te, tranne che sei un Serpeverde so-tutto-io» aggiunse per sdrammatizzare.

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    Christelle aveva avuto solo un altro primo appuntamento nella sua giovane vita, ed era stato persino più imbarazzante di quello con Draven. Michael Hughes le aveva chiesto di uscire con un bigliettino recapitatole tramite un impacciato Wingardium Leviosa, non appena era uscita dalla Sala Comune di Grifondoro. Lì sulle scale lo aveva letto mentre il Corvonero la osservava da lontano, nascosto, e solo quando lei lo aveva cercato con lo sguardo si era fatto vivo per sapere se avrebbe accettato o meno. Lei gli aveva detto di sì. Una domenica pomeriggio primaverile, quindi, avevano passeggiato e chiacchierato per le strade di Hogsmeade, i loro appuntamenti erano quasi sempre uguali. Michael l’aveva baciata dopo almeno un mese rendendo ufficiale la loro relazione da quel momento, mentre Christelle si perdeva nella propria confusione e accettava quell’etichetta di fidanzata solo per non mettere il ragazzo a disagio, o ferire i suoi sentimenti. Erano andati avanti per più di un anno, la Grifondoro l’aveva lasciato l’estate seguente con un discorso attento e delicato, poco prima di tornare a casa. Da lì era iniziato il dramma familiare. Michael era un ragazzo studioso e di buona famiglia, sempre attento, educato e rispettoso. Ricco. Purosangue. La madre di Christelle era una donna vecchio stampo, non bigotta né troppo conservatrice, ma di sicuro molto attenta ai vecchi valori del mondo magico. Dopo un estate di litigi senza riappacificarsi mai, Christelle si era fatta accompagnare al binario dell’Hogwarts Express da suo padre senza neanche salutarla, e adesso non si vedevano né parlavano da mesi. Si domandò cos’avrebbe pensato di lei nel vederla con un altro ragazzo, Draven, un Serpeverde la cui famiglia le era semi-sconosciuta. Forse l’avrebbe schiaffeggiata o quantomeno insultata o forse no, Christelle non ci teneva a scoprirlo. Era certa anche che, se avesse saputo del litigio tra le e Isla, avrebbe dato ragione alla sorella a qualunque costo.

    «Hai mai avuto una ragazza?» parlò a bruciapelo e gli sorrise furbesca, ma docile, all’improvviso ammorbidita. Forse la situazione si stava finalmente sciogliendo. Si sentiva bene lì con lui, sotto il mantello, a distanza così ravvicinata. Aveva voglia di prenderlo per mano, e l’avrebbe fatto se non avesse reagito così male quando si erano parlati al lago. Le sue dita le piacevano molto, erano lunghe e magre ma sembravano forti, il dorso era nodoso di vene, i polsi affusolati. Draven risultava elegante all’occhio esterno senza alcuno sforzo.

    «Voglio dire, una fidanzata, una ragazza con cui uscire. So già che hai conquistato Isla con un bacetto, non serve ribadirlo.» aggiunse ancora sorridente. Gli piaceva l’idea di sapere qualcosa di nuovo su di lui e sperava avrebbe risposto senza fatica o evitare gli argomenti com’era solito fare. Christelle aveva a cuore la condivisione con gli altri, non era fatta per stare sola, le piaceva avere molta gente intorno e sapere quanto più possibile su di loro. Quell’appuntamento, se così poteva chiamarsi, era stato organizzato proprio per conoscersi meglio, no?

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    Che imbarazzo. Da quando era diventata così imbranata? Addirittura impacciata!? Lei sempre impeccabile, testarda, orgogliosa, piena di voglia di fare, vedere, cambiare… Si bloccava inesorabile per colpa di Draven e di una coincidenza assurda come quella, le probabilità di incontrare e conoscere, tra tanti ad Hogsmeade, proprio sua cugina erano bassissime se non inesistenti: eppure, eccole lì. Fortunatamente Adeline era tutto il contrario del Serpeverde, una ragazza gentile e amorevole, ispirava tranquillità e socievolezza da tutti i pori. Non poté fare a meno di chiedersi come fosse possibile quella parentela tra loro, uno agli antipodi dell’altro in tutto e per tutto.

    Aveva deciso di consegnare lo stesso quel pacco proprio perché la giovane donna le aveva fatto un ottima impressione, d’altronde i Corvonero le erano sempre piaciuti dal momento in cui aveva saputo che suo fratello maggiore Oliver, contrariamente alle aspettative di un’intera famiglia di Grifondoro da generazioni e generazioni, era stato smistato proprio tra loro con grandissimo stupore di tutti. Oliver era la persona di cui Christelle si fidava di più al mondo insieme al padre e Isla, sua sorella, e il litigio tra loro l’aveva gettata in un enorme baratro di insicurezza, tristezza, e anche rabbia. Si sentiva sola senza di lei.

    Quando vide i colori del pacco cambiare ne fu confusa e impressionata in positivo. Non poteva credere ai suoi occhi… Era alquanto divertente, ma dovette ammettere a sé stessa di aver appena rubato un pacco di dolci a Draven. Non glielo avrebbe mai detto, non per il momento almeno. In fondo chissà se e quando si sarebbero rivolti la parola di nuovo. «Non so cosa dire…» borbottò imbarazzata ma felice visto il profumo che proveniva dal pacchetto.

    «Non dovevi, adesso oltre a non aiutarti nella consegna ti sto anche rubando dei dolci» afferrò il pacco un po’ incerta, finché una sincera risata alle parole di Adeline ristabilirono un’atmosfera meno impacciata tra loro. Al solo nominare le Creature magiche cercò di riprendere il discorso con lei, soprattutto la parte che riguardava il Grugnocorto Svedese. Creature affascinanti, i Draghi. In quel momento sentì Oliver chiamarla, la stava cercando tra gli altri visitatori di Hogsmeade.

    «Quello è mio fratello, il Corvonero di cui ti parlavo» disse ad Adeline indicandoglielo. «Sei sicura per questi dolci…? Potrei portarli a Draven insieme ai tuo saluti, sono sicura che ne sarebbe contento…»

    Chissà perché Adeline era così convinta che Draven non provasse antipatia nei suoi confronti, le sarebbe piaciuto chiederglielo, ma le sembrò anche inopportuno vista la parentela tra i due.

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    Intercettò con lo sguardo le sue mani grandi, nodose e magre, nervose. Ne scrutò i movimenti, prese a fantasticarci sopra. Non era la prima volta che Christelle si rendeva conto della bellezza di Draven, misteriosa e poetica, ma non le era mai successo di fantasticare pensando a quelle mani scivolare sul proprio viso, stringerle i capelli, scivolarle lungo le curve del corpo. Aveva mai provato vera attrazione per qualcuno? Forse no. Di certo non per Michael Hughes, e non le veniva in mente nessun altro apparte Draven, non aveva mai sentito il desiderio di fantasticare su nessuno dei pretendenti. Forse il Serpeverde l’avrebbe baciata quella sera, forse no, Christelle non aveva ancora capito se ne avesse voglia o meno. Il contatto fisico tra loro era stato raro e sporadico, quasi inesistente, e l’ultima volta che ci aveva provato, accarezzandogli la punta delle dita… Bè, la situazione si era messa piuttosto male, tanto che la Grifondoro se ne era sentita umilata. Non aveva il coraggio né il desiderio di prendere una seconda volta l’iniziativa.

    L’aria della notte era fredda ma non fastidiosa, non c’era umidità intorno a loro e cosa migliore di tutti: erano completamente soli. Christelle adorava la Torre di Astronomia, ma era sempre popolata da studenti o dal professore e non aveva quasi mai trovato un momento di privacy per sé stessa che non fosse in piena notte. Stava giusto per dire qualcosa su quella serata piacevolmente fredda e senza nuvole, tanto per spezzare il silenzio imbarazzante, quando fu lui a parlare per primo lasciandola del tutto sbigottita.

    «Davvero credi che io non abbia voglia di stare qui con te?»

    Parlò, anzi, bisbigliò in un tono di voce così limpido e sincero, cristallino, addirittura pacifico. Non era da lei restare calma dopo un insinuazione simile, nel profondo se ne sentì offesa, ma s’impose di non reagire con altra rabbia. Non aveva mai funzionato con lui. Al contrario, optò per sincerità e diplomazia.

    «Ho contato per un’intera settimana i giorni che mancavano a oggi. Ho cercato di sembrare carina. Non vedevo l’ora di parlare un po’ con te» la voce le si spezzò sul finale e di conseguenza distolse lo sguardo per non darglielo troppo a vedere.

    «Sono solo confusa» aggiunse poi ma senza specificare i motivi di quella confusione, alcuni erano ovvi come Isla e altri un po’ meno.

    «Tu ti accorgi improvvisamente che esisto, poi finiamo in punizione e litigo con mia sorella, non ci parliamo più e poi mi dici che ti piaccio, anzi, che ti sono sempre piaciuta e addirittura hai baciato Isla perché l’hai scambiata per me dopo troppe burrobirre, e appena muovo un passo verso di te scappi come uno scoiattolo spaventato. Poi mi arrabbio e scappo io, quindi tu mi insegui di nuovo perché vuoi uscire con me. E adesso siamo qui» sentì di aver fatto un riassunto molto fedele di quella strana situazone.

    «E poi… Insomma, sono uscita con un solo ragazzo per poco più di un anno, non so come si fanno queste cose» confessò infine prima di zittirsi.

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    Non riuscì a fare a meno di pensare a cosa le avrebbero detto, o urlato, Isla e Oliver nel vederla lì con Draven. Anche se, tecnicamente parlando, non li avrebbero mai scoperti sul serio, erano nascosti sotto quel mantello… Ma lei avrebbe potuto raccontarglielo, fosse stata abbastanza onesta per farlo. Non lo era. Codarda, invece. O forse troppo spaventata all’idea di perdere definitivamente una sorella e amica. Non si parlavano ormai da quanto? Un mese? Persino Oliver aveva rinunciato con i tentativi di far fare loro pace, secondo lui il fatto che riuscissero a tollerarsi nella stessa stanza era un grande traguardo. Il problema stava proprio nel fatto che se fino a pochi giorni prima Christelle aveva portato avanti le sue idee, convinta di avere ragione, da quando Draven le aveva confessato – sì, insomma, si era dichiarato, se quelle quattro parole biascicate e i silenzi tombali erano abbastanza da definirsi “dichiarazione”… - di provare sentimenti non meglio identificati per lei, i sensi di colpa erano riaffiorati insieme alla confusione. Draven mi piace? Cosa mi piace di lui? È solo attrazione fisica? Mentale? Impulso infantile di conquistare ciò che è proibito? Amore? Cotta adolescenziale? Quelle domande le vorticavano in testa da più tempo di quanto le piacesse ammettere, con la differenza che se prima le ignorava e fingeva di non essersi mai sentita confusa nei confronti del Serpeverde, adesso era stata costretta ad ammetterlo a sé stessa. Nel momento peggiore, oltretutto, perché lo schiaffo di Isla, seppur in via del tutto metaforica, le bruciava ancora sulla guancia. Pessimo segno.

    «Non ho niente..» avrebbe voluto aggiungere: non ho niente, ma noi cosa stiamo facendo? Perché siamo qui? È una messinscena inutile. Non funzionerà mai. E se dovesse funzionare, non potremmo dirlo a nessuno. Non potrei presentarti neanche a mia madre e mio padre. Isla non era innamorata di Draven, forse ossessionata da adolescente qual’era, si era presa una bella sbandata a dir tanto, ma il problema stava alla base: c’erano così tante cose non dette tra loro, da sempre, fin da bambine, che aggiungerne un’altra così grossa sarebbe stato pressoché letale. Non poteva permetterselo.

    «Oh già, avete perso» lo disse con voce un po’ vacua, quasi distratta, di certo pensierosa. In effetti aveva pensato sarebbe stata una bella occasione di prenderlo in giro, ma aveva visto la partita, e lui era stato così bravo che non se la sentì. Draven parava tutte le pluffe alla perfezione. Nel fare il tifo per i Grifondoro si era sforzata più volte di non guardarlo, non voleva destare sospetti considerato che Isla si era seduta a pochi metri da lei. Ciò non significava fosse passato inosservato ai suoi occhi.

    «Sì, l’ho conosciuta ad Hogsmeade, perché?» quando notò la sua espressione stizzosa, non poté fare a meno di indurire la propria, come se ormai le fosse diventato automatico. Draven si innervosiva o, almeno, sembrava nervoso? Lei alzava le difese e diventava più scontrosa di lui. Un meccanismo malsano da cui chissà se si sarebbero mai liberati. Gli parlò, al tempo stesso, come fosse normale che lei e sua cugina si conoscessero, quasi non ci vedesse niente di strano. In realtà era alquanto inusuale e lo sapeva benissimo, la coincidenza era stata a dir poco assurda, ma per chissà quale ragione non voleva ci desse troppo peso.

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    Lezioni, compiti, punizioni, lezioni supplementari, tanti libri da leggere… La settimana di Christelle era passata molto in fretta. Ormai abituata alla nuova routine e, anzi, con il passare del tempo lei e Isla avevano ritrovato la capacità di stare nella stessa stanza per più di cinque minuti senza diventare rispettivamente isteriche. Sua sorella le mancava molto, ma non voleva dargliela vinta. Il suo non era nient’altro che un capriccio, giusto? Quel pensiero l’aiutava ad acquietare i sensi di colpa per l’appuntamento con Draven di quella sera. Non aveva alcuna aspettativa. Era stata molto scontrosa con lui, per orgoglio, in risposta a quanto il Serpeverde lo era stato con lei, ma l’aveva comunque stupita visto che chiunque altro al posto suo l’avrebbe mandata al diavolo. In ogni caso quell’ennesima pausa di una settimana tra loro le aveva fatto bene, la rabbia nei suoi confronti era passata ed adesso aveva voglia… Molta voglia, anzi, di vederlo. E di ricredersi anche. Aveva accettato di uscire con lui, nonostante la rabbia e la voglia di schiantarlo, perché sperava di annoiarsi terribilmente o di avere la conferma che tra loro non avrebbe mai funzionato in quanto non compatibili. Ci aveva sperato davvero. Invece si ritrovava a pensare al suo viso, al sorriso che conosceva pochissimo, e poi alle spalle considerevoli, il corpo, possente e vivo, molto bello…

    Si ridestò da quei pensieri sbattendo le palpebre, aveva riletto la stessa riga di Guida completa alla lingua e ai costumi dei Maridi per almeno, quanto? Tre volte? Si era persa a pensare all’uscita di quella sera, anzi, notte e non c’era verso di concentrarsi. Si sedette sul letto a gambe incrociate, ripose il libro sul comodino. Le sue compagne di stanza erano quasi tutte addormentate, alcune in dormiveglia, Isla compresa, ormai erano quasi le due. Si alzò dal letto solo per sfilarsi il pigiama, indossare dei vestiti comodi, e dopo aver coperto il letto con le tende rosse fiammanti del baldacchino uscì dal dormitorio e infine dalla Sala Grande attraverso il ritratto della Signora Grassa.

    Sei sicura di sapere cosa stai facendo? Ti caccerai in guai tremendi.

    Il cuore le batteva all’impazzata e non si calmò finché, raggiunta la Torre di Astronomia, lo vide. Credeva non sarebbe venuto, credeva non avrebbe accettato la sfida di infrangere di nuovo le regole con lei. E invece eccolo lì. Intorno a loro il buio era asfissiante, ma raggiungere la Torre era stato facile visto che si trovava a poche rampe di scale dalla Sala Comune dei Grifondoro. Sforzarsi in tutti i modi di salire le scale il più silenziosamente possibile, tuttavia, era stato molto più complicato del previsto.

    Faticò a capire sotto cosa fosse nascosto, ma intuì che in un modo nell’altro era riuscito a rendersi invisibile. Lo assecondò poco convinta e solo dopo averlo raggiunto si rese conto di essere sotto un mantello. Non un vero mantello dell’invisibilità, ma insomma, era già qualcosa. Di sicuro nessuno li avrebbe scoperti. Sedette a terra, incrociò le gambe. Erano terribilmente vicini.

    «Conosco tua cugina» disse di getto. Non aveva ancora aperto bocca e adesso erano lì, sotto quello strano mantello, dopo non essersi quasi visti né parlati per un’altra settimana. Avrebbe voluto fargli i complimenti per esser riuscito in un incantesimo così difficile, insomma, non era da tutti, ma l’orgoglio glielo impedì e anzi, subito cambiò discorso.

    «Non credevo saresti venuto» appoggiò entrambe le mani sul pavimento freddo, stando attenta a non scoprire nessuno dei due da sotto il mantello. «Di solito non ti metti nei guai..»

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    Christelle era già pronta ad andarsene, quella situazione si era rivelata molto più pesante e insopportabile di quanto credesse ed era solo colpa di Draven. Di nuovo. Perché doveva rendere tutto così difficile e frustrante? Non lo sapeva, anzi, in realtà aveva ben poche informazioni su di lui, e se non fosse stato per quel fortuito incontro con la cugina Adeline solo pochi giorni prima ne avrebbe avute ancor meno. In ogni caso era già stanca lo odiava per averla illusa e cambiato idea, qualsiasi fossero le sue giustificazioni non le avrebbe ascoltate.

    «Va’ al diavolo, mi hai stancata!» gli urlò di rimando, a voce più alta della sua quando lui le gridò – letteralmente – in faccia di stare zitta. Chi credeva di essere? Se era un tipo scaramantico aveva fatto male, malissimo a dirglielo, anzi, gridarglielo in quel modo.

    «Non ho più voglia di uscire con te» man mano che la discussione andava avanti si sentiva sempre più stanca e sfiduciata. Ferita. Voleva andarsene. Non gli permise neanche di continuare la frase, solo scuoteva la testa e ripeteva: non funzionerà. E lo pensava davvero. Era irremovibile.

    Solo alla sua ennesima insistenza, forse più per disperazione che altro, si lasciò andare a un lungo sospiro di rassegnazione. Avrebbe accettato. Avrebbe accettato per toglierselo definitivamente dai piedi, sì, le sembrava un buon piano. Era così arrabbiata che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di andarsene senza ritrovarsi costretta a prenderlo a pugni o, peggio, sfoderare la bacchetta. Qualsiasi sentimento positivo provato nei suoi confronti nell’ultima mezz’ora era scomparso per lasciare posto a una furente rabbia cieca.

    «Lo sai che non posso, anzi, non voglio farmi vedere insieme a te» ovviamente si riferiva al problema con Isla, ma per un attimo sperò di averlo ferito. In fondo era stato lui a iniziare, no? «Nelle condizioni che decido io, okay: ci vediamo venerdì prossimo, a mezzanotte, anzi… Le due di notte, alla Torre di Astronomia. Pensi di potercela fare?» lo stava sfidando in un certo senso, e se non si fosse presentato avrebbe chiuso per sempre con lui. Christelle non aveva problemi a infrangere le regole di continuo, ma Draven? Almeno avrebbe avuto un quadro chiaro della situazione.

    Gli rivolse un’ultima occhiata, questa volta meno dura rispetto alle altre, si sentì improvvisamente triste. Non aveva immaginato così quel momento né si sarebbe aspettata un risvolto del genere, tutta quella rabbia, la voglia di chiudere all’istante, l’ennesimo litigio. Non facevano altro che litigare, anche quando parlavano più o meno a cuore aperto. Forse era solo l’ennesima dimostrazione che tra di loro non poteva funzionare, Christelle si era convinta ad uscire con Draven, almeno a detta sua, solo per toglierselo da piedi. Eppure sapeva anche lei, lo voleva, voleva capire come sarebbe potuta andare tra loro. Male, di sicuro. Ma voleva esserne certa, zero rimpianti.

    «Ci vediamo» concluse.



    Edited by Christelle ~ - 17/6/2020, 23:14
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    Come spiegare a quella ragazza, anzi, quella donna, una medimag fatta e finita… Che i problemi tra lei e suo cugino derivavano da tutt’altro rispetto alla banale rivalità tra Case di Hogwarts?

    Certo, Grifondoro disprezzava Serpeverde, e viceversa, era innegabile. E Christelle, in compagnia delle amiche, avesse fatto diversi scherzi a danno delle Serpi… Innegabile anche quello. Ma ricordava benissimo, anni prima, quando era ancora un innocente ragazzina di undici anni, di aver cercato di rompere il ghiaccio con Draven con risultati a dir poco deludenti. Lui non si era mai aperto con lei, e non lo faceva tutt’ora, anzi, soprattutto a oggi visti i recenti problemi sorti tra loro. Che imbarazzo. La Grifondoro era molto sfortunata di quei tempi, che probabilità c’erano, tra tanti, di incontrare proprio la cugina del Serpeverde? Quasi inesistenti.

    Christelle annuì alle spiegazioni della ragazza, l’ascoltava con una certa curiosità. L’unico lato positivo di quella strana e imbarazzante situazione stava nel fatto che finalmente, dopo quattro anni, aveva scoperto qualcosa, seppur poco e niente, su Draven. Non conosceva neanche il nome del suo gatto, quel bellissimo certosino grigio.

    «Sì, ci conosciamo. Insomma, non così bene. Ma sì, lo conosco. Bene. Non proprio. Ecco..» inciampò nelle sue stesse parole, ecco perché non raccontava mai di Draven a nessuno. La metteva in imbarazzo, e con l’ambigua situazione tra loro le cose andavano sempre peggio. Avvampò in faccia.

    «Frequentiamo lo stesso anno» ma non l’aveva già detto? Odiava i silenzi, imbarazzanti e vuoti, e dire che era stata proprio lei stessa a crearli con quel suo disagio solo a sentirlo nominare.

    «In realtà, no. Non è per quello. Lui è il fidanzato di mia sorella» …che? E da quando?! Christelle, rimedia… «Volevo dire… Lui piace molto a mia sorella, ma non sono fidanzati» scosse energica la testa, mentre il rossore si propagava fino al collo. Una figuraccia. «Abbiamo ricevuto una punizione insieme, non gli sto molto simpatica» cercava di chiudere quel discorso, e si aggrappò disperata alla domanda di Adeline. «Mi piacerebbe molto… Allevare e studiare i Draghi» fece una pausa, perché era abituata alle prese in giro quando ne parlava: tutti credevano non fosse credibile, da bassa e mingherlina com’era, nel ruolo di studiosa e allevatrice, addirittura esperta, di Draghi. «O forse Ippogrifi. O Maridi. Insomma… Mi piacciono le creature magiche, vorrei sperimentare in questo campo» un moto di senso di colpa l’assalì. «Senti, Adeline, posso portare io il pacco. Non voglio crearti problemi, anzi, sarebbe un piacere» concluse forzata.

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    Le venne voglia di affondare il viso in un cuscino e urlare a squarciagola, e lo avrebbe fatto, il prima possibile non appena messo piede in Sala Comune. Non si era mai sentita così stupida e umiliata, rifiutata, respinta. Odiava Draven non per come si era comportato, per quel cambio di umore nel giro di, quanto? Cinque secondi? A infastidirla era stata soprattutto la facilità con cui aveva minato alla sua sicurezza e autostima. Inaccettabile. Falcava il terreno adiacente al Lago Nero con passi intrisi di rabbia e nervosismo, sbatteva i piedi nell’erba fresca, ed aveva già percorso almeno metà strada quando sentì correre alle proprie spalle e poi la sua voce. Il cuore prese a batterle all’impazzata. Rallentò e si girò a guardarlo per ascoltarlo, sforzò ancora quell’espressione impassibile e impenetrabile di poco prima.

    «Mi hai detto che ti piaccio per poi scacciarmi malamente non appena ho dato cenno di ricambiare. Questo non è essere confusi o lunatici. Questo è essere stronzi.» non le importava un bel niente del suo provino di Quidditch, non avrebbe giustificato quell’atteggiamento così contraddittorio una sola volta di più, la faceva andare fuori di testa e odiava quella sensazione. Incrociò e strinse le braccia al petto, non osava avvicinarsi, si manteneva a debita distanza di alcuni passi dal Serpeverde.

    Lui si aspettava un suo rifiuto, e la cosa più assurda fu che Christelle gli credette subito senza esitazione: non aveva mai creduto, neanche per un secondo, che lui provasse qualcosa per lei, quindi era naturale che Draven la pensasse allo stesso modo nei suoi confronti visti i loro precedenti. Bel casino.

    «Non funzionerebbe.» parlò con tale velocità e schiettezza da spaventarsi lei stessa per prima. Lo pensava sul serio. Christelle era fuori di testa e Draven sembrava esserlo almeno quanto lei, inoltre i pettegolezzi li avrebbero stroncati sul nascere se non fosse stata Isla per prima a tagliarle la testa. Inutile girarci intorno, inutile fantasticare, inutile decifrare quali sentimenti provasse nei confronti del Serpeverde: tra loro non c’era alcun futuro. Per non parlare della vocina nella testa, quella vocina che le ripeteva da almeno dieci minuti: tu non gli piaci, si è fatto un’idea sbagliata di te, ti sta solo idealizzando. Lascialo perdere.

    «Sono sicura che il provino andrà benissimo, buona fortuna.» voleva congedarlo lì e subito, non se la sentiva di parlare ancora con lui, l’imbarazzo e il disagio di quella situazione le stavano dando un forte mal di testa. Ancora una volta si maledì per aver seguito il certosino nonostante sapesse benissimo che il suo padrone era Draven, cosa sperava di ottenere? Solo disagi, imbarazzi e litigi come al solito.

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    Christelle dava molta, addirittura troppa, importanza alla propria dignità, per questo motivo non piangeva in pubblico e portava avanti l’immagine di giovane Grifondoro con la fierezza e il coraggio che la contraddistinguevano, mai si mostrava spaventata o preda di sentimenti negativi a meno che non si fidasse al cento per cento della propria interlocutrice o interlocutore. Le bastarono pochi secondi in più vicino a Draven per capire che non si fidava di lui, a voler essere precisi dal momento in cui sciolse le dita da quelle della Grifondoro senza un motivo apparente, Christelle percepì un cambiamento che, allo stesso modo, le sembrò innaturale e insensato. Tuttavia lo accettò, anzi, non incolpò il Serpeverde, ma sé stessa per essersi lasciata andare. Quella sensazione fu confermata da ciò che disse dopo, di nuovo ambiguo ed ermetico, ma più di tutto fu il tono di voce a irritarla: era freddo come il ghiaccio. Christelle sentì la rabbia montarle dentro per l’ennesima volta da quando quel maledetto gatto l’aveva ingannata per condurla da Draven, e questa volta decise l’avrebbe sfogata solo dopo essersi allontanata. Non gli avrebbe regalato quell’ennesima soddisfazione.

    Confusa ma inflessibile, lo guardò dritto negli occhi senza il minimo cambiamento d’espressione, non sorrideva. Solo chi conosceva davvero la Grifondoro sapeva quanto fosse difficile per lei restare calma e non esplodere, non lasciarsi trascinare dai sentimenti, l’indifferenza non era mai stata il suo forte. Che razza di idiota, si ritrovò a pensare.

    D’istinto fece un passo indietro come se la vicinanza d’improvviso non solo la ripugnasse, ma la spaventasse anche. Aveva sbagliato a seguire quel gatto ed a rompere il silenzio di tre lunghe settimane tra loro, dato che aveva vissuto benissimo senza Draven per quattro lunghi anni, cosa le faceva credere che non ce l’avrebbe fatta fino al settimo? Ci sarebbe riuscita eccome, a partire da oggi. Quante volte le era capitato che dei ragazzi la idealizzassero, fin dal suo primo e unico fidanzato, Michael Hughes, e a seguire tutti gli altri. Era convinta che nessuno di loro la conoscesse davvero se non per le dicerie su di lei, la popolarità, il carattere forte e risoluto. Per circa cinque secondi aveva creduto di piacere sul serio a Draven, ma aveva già capito di essersi sbagliata. Lui non la conosceva e non era interessato a farlo, non lo sarebbe mai stato, quell’atteggiamento da pazzo glielo aveva confermato. Christelle stava bene, anzi, meglio da sola – aveva sempre sospettato di trovarsi più a suo agio senza un fidanzato tra i piedi, e quella ne era l’ennesima conferma. Non le era ancora chiaro se stesse solo cercando di auto convincersi per nascondere la delusione, o se quei pensieri così invincibili fossero anche autentici: in ogni caso la facevano sentire molto meglio.

    «Ci vediamo» gli disse senza una particolare inflessione o emozione nella voce, e a quel punto si voltò per andarsene, allontanandosi definitivamente da lui, diretta all’altra sponda del lago dove l’aspettavano gli amici e poi al Castello. Non gli augurò buona fortuna né fece domande sul provino di Quidditch, non le importava un bel niente, voleva allontanarsi il più possibile dal Serpeverde e si lasciò andare a un lungo sospiro solo quando fu abbastanza lontana.

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    La rabbia, da imponente e massacrante che era, un sentimento con la tendenza a renderla impulsiva quanto una furia senza controllo, stava via via scemando per lasciare al suo posto della sana confusione e paura, imbarazzo, oltre all’assoluta indecisione su come comportarsi. Possibile non avesse mai avuto neanche un piccolo dubbio riguardo ai sentimenti di Draven nei suoi confronti? E ancora, possibile lei li ricambiasse? Nel caso… Cos’avrebbe detto a Isla?

    Le doleva la testa dalla quantità di pensieri e domande, si sentiva stanca e addirittura spossata, sarebbe tornata volentieri al dormitorio a dormire. Eppure era lì con Draven, lui aveva appena risposto affermativo a tutte le sue domande, tranne una, l’ultima, lo aveva ribadito per l’ennesima volta: non l’odiava e non l’aveva mai odiata. Per la Grifondoro era difficile da credere, solo vagamente riusciva ad accettare quanto il suo atteggiamento e modo di pensare fossero così diversi dal proprio: al suo posto mai, mai e poi mai si sarebbe comportata così, se lui non l’avesse ignorata ed evitata fin dall’inizio forse le cose sarebbero andate in un altro modo. Se i due si fossero avvicinati già alla Cerimonia dello Smistamento, ad esempio, e fossero usciti insieme, Christelle si sarebbe risparmiata un anno di pura noia insieme al Corvonero Michael Hughes, per non parlare dell’estate tormentata dai litigi con la madre per “aver lasciato un ottimo partito”. Ma non erano solo quelli i motivi: la verità era che così forse sarebbe uscita con qualcuno per cui aveva provato qualcosa fin da quando aveva undici anni, non lo sapeva, non aveva mai potuto esplorare quei… Sentimenti? Qualsiasi cosa fossero. In quel momento però, e di questo ne era sicura, l’unica cosa a cui non riusciva a smettere di pensare era il suo odore e la sua vicinanza: Draven profumava di buono, le era sempre sembrato puro, uno stronzo ma sincero e affidabile. Infine con tutta sé stessa si sforzò di non pensare a come, nel caso in cui loro si fossero avvicinati già dal primo anno di Hogwarts, Isla e Draven non si sarebbero mai baciati e il problema adesso non esisterebbe.
    Che gran casino. Non riusciva in nessun modo a riordinare i pensieri.

    La situazione peggiorò quando lui in silenzio si fece più vicino, e il cuore di Christelle prese a spingere, perfino e urlarle nel petto come stesse esplodendo. La distanza tra loro adesso era inesistente. Draven prese a giocare con i suoi capelli, le sfiorò la frangetta, li sistemò dietro le orecchie. Quel breve contatto tra la punta delle sue dita e l’orecchio la fece rabbrividire e le diede anche coraggio.

    «Mi dispiace» iniziò. «Ho un brutto carattere, e.. Ti aggredisco spesso perché non riesco a capirti, è il mio modo di reagire» fece qualcosa di inaspettato persino per sé stessa e mentre parlava andò a sistemarsi i capelli: in realtà voleva solo approfittarne per sfiorargli di nuovo le dita, questa volta con le sue. Lo fece con un’estrema delicatezza dei polpastrelli, prima andando a intrecciare l’indice e il medio ai suoi, poi accarezzandolo fino al polso con il pollice, ne tracciava le linee, come a voler studiare la sua pelle in quel primo contatto tra loro. Adesso ne conosceva l’odore e parte dei lineamenti. Solo a quel punto alzò gli occhi sul suo viso. «Perché me lo stai dicendo? Adesso..?»

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    Visto che non dormo ne approfitto per giocare 😂

    Anche se la quarantena è finita (?) una serie che consiglio tantissimo è The Bold Type!

    La player prima di me ha creato una pg super carina 🌼

    La/il player dopo di me... Seguiva Adventure Time? 🤭
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    Quel cosiddetto fiume in piena di parole aiutava Christelle a innalzare un muro tra lei e l’interlocutore, la faceva sentire protetta da eventuali silenzi imbarazzanti o gesti sconsiderati, finché parlava non le sarebbe successo niente di male. Fin dal primo anno a Hogwarts era stata convinta che Draven non riuscisse a stare con lei perché la mal sopportava, i due avevano caratteri così diversi e se Christelle detestava i silenzi, lui le aveva dimostrato più volte di non sopportare le chiacchiere inutili. Si sentì una stupida, era assolutamente convinta le avrebbe rifilato un discorso alla “non sei tu, sono io” per allontanarla, glielo avrebbe fatto capire indirettamente, ne era certa. Si sentì afflitta perché per un attimo, e solo un attimo, aveva addirittura pensato di essersi presa una cotta per lui, avrebbe spiegato molte cose, tra l’altro non l’aveva ancora confessato a nessuno. Il batticuore nei corridoi e a lezione, il pensiero costante e ossessivo in quelle tre settimane di silenzi, il fastidio nei confronti di Isla, la paura che si fossero fidanzati in segreto, la gelosia per quel bacio… Sul serio provava qualcosa per Draven?

    Interruppe quel flusso di coscienza solo quando lui le chiese, gentile e stranamente docile, di ascoltarla e basta. Si zittì, decise per una volta di dargli retta, ma quando si girò verso di lei, e si guardarono, rischiò di riprendere a vomitare parole solo per cancellare quel momento così imbarazzante. Non lo fece, riuscì a trattenersi. Le aveva posato una mano sulle labbra, un po’ a mo’ di scherzo e un po’ seriamente, e quel contatto fisico tra loro a cui non era abituata la fece avvampare più di prima. Che imbarazzo, si sentiva così stupida. Si limitò a fargli cenno di sì con la testa e lo ascoltò in silenzio per tutto il tempo, ma man mano che Draven andava avanti con il suo discorso, breve e conciso in realtà, lei si sentiva sempre più confusa e allarmata, fu quasi al punto di saltare in piedi come una molla soprattutto quando, dopo averle detto… Cosa le aveva detto, in realtà? Che lei gli piaceva? L’aveva baciata scambiandola per Isla, quindi…? In ogni caso, alla fine scattò in piedi poco dopo di lui, addirittura spaventando il gatto che sobbalzò, indeciso se seguire il padrone o restare immobile.

    «Stai scherzando? E cosa dovrei farci con questa informazione?» gli disse con una rabbia montata negli ultimi circa sei secondi, era confusa e nervosa da quel suo tentativo di fuga. Ebbe l’istinto di tirare fuori la bacchetta e scagliare una qualsiasi maledizione contro di lui. «Sganci la bomba e poi te ne vai? Sei impazzito per caso?» stava alzando la voce. Forse avrebbe pensato che era impazzita e avrebbe ritirato tutto ciò che le aveva appena detto, quindi si prese un paio di secondi per chiudere gli occhi e respirare, calmarsi, ricominciare da capo.

    «Ok» disse. «Hai baciato mia sorella perché l’hai scambiata per me? Questo significa che ti piaccio?» la voce tremava e si rese conto di come, dal momento in cui era riuscita a placare la rabbia, imbarazzo e paura avevano preso il sopravvento. Si passò una mano sul viso per strofinarselo, poi le dita tra i capelli a scompigliare la frangetta.

    «Da quattro anni ti comporti come se mi odiassi» avrebbe voluto chiedergli perché ma la verità era che quell’inaspettata confessione non aveva alcun senso, o forse Christelle era troppo spaventata per trovargliene uno. Senza neanche volerlo il suo cervello prese a esplorare sentieri e territori pericolosi: baciare Draven, ad esempio, proprio lì al Lago Nero, in quel momento, chissà come sarebbe stato. Oppure prenderlo per mano, abbracciarlo. Il contatto fisico tra loro era stato scarsissimo, a malapena sapeva quale fosse l’odore della sua pelle. O forse sì. L’aveva sentito chiaro e tondo dopo la litigata con Isla, tre settimane prima, quando lui l’aveva tirata per un braccio e si erano nascosti vicino alle scale per parlare. Ricordava di aver pensato: Draven ha un buon odore. Non gli era mai stata abbastanza vicina per rendersene conto…

    «Non andare via, per favore» concluse con un filo di voce, senza osare guardarlo negli occhi.

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