Posts written by Peaky Éire

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    Visto che Callum ha qualche problema di PTSD, ho preferito un'altro tipo di approccio, spero possa servire nel caso qualcuna delle vostre intuizioni non fosse corretta per capirci di più e ragionarci al prossimo fato.
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    CALLUM MAHONEY
    Urla strazianti mi perforavano i timpani. Qualcosa mi offuscava la vista. Sangue? Terra? Non avrei saputo dirlo con quella pioggia battente. Stramaledetta Francia. In quel angolo d’Europa non aveva smesso un secondo di piovere. Il fango si era solidificato introno ai miei stivali rendendoli estremamente pesanti, ogni passo era un supplizio.
    Mi spostai verso le urla.

    Cercai subito feriti ma vidi soltanto uno scenario fatto d’acqua. Non era pioggia. Non era la Francia. Non ero in una trincea. Man mano che mettevo a fuoco il tempo presente, abbandonando alle spalle il terribile trauma della guerra, realizzavo di essere in un luogo che non conoscevo. Non c’era più nulla di quello che era il Wlaza. Solo acqua. E una mano che stringeva la mia. Una creatura magnifica. Sirena. Avrei tanto voluto affogare osservandola, sarebbe stata una morte così dolce rispetto al supplizio che dovevo vivere costantemente. « Cosa vuoi?» avevo domandato tra bolle d’aria che mi uscivano a ogni parola, sebbene non era necessario per me respirare. Ascoltai la melodia dolce che usciva da quelle labbra. Ero stranamente calmo e in pace. A dire il vero non avrei più voluto andarmene. « Dove sono?» chiesi, cercando di capire di più, nella speranza che la sirena mi rispondesse.
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    CALLUM MAHONEY


    Quali erano le conseguenze delle terribili esperienze vissute in guerra, degli scempi che si erano srotolati davanti agli occhi dei combattenti dietro una trincea nessuno poteva dirlo. Gli orrori se ne stavano appena sotto la superficie dei pensieri tangibili, tornando ad affiorare in superficie come squali famelici solo quando il velo dei sogni si faceva più spesso, ma con il passare del tempo erano diventati sempre più esigenti e sempre più sfacciati. I miei demoni ormai mi rincorrevano apertamente, gli incubi mi scorrevano davanti agli occhi aperti. Ero sveglio eppure mi sembrava di non essermi mai svegliato da quel terribile film che era la guerra. Avevo utilizzato un normale incantesimo, nulla di troppo aggressivo o eccessivo, senza tenere conto delle conseguenze che avrebbe avuto sulla mia psiche o , per dirlo in altro modo, sui miei incubi. L’esplosione non fu forte, ne fragorosa, nemmeno violenta eppure qualcosa si scosse sotto la pelle, terrorizzandomi. Granata! Nella mia mente esplose come era esplosa la statua e d’istinto mi gettai al suolo. Poco importava che mi sarei sporcato il vestito d’alta sartoria con i calcinacci, che il pavimento fosse particolarmente duro sul quale atterrare con ginocchia e gomiti. Anzi nulla di tutto questo sembrò entrare nella mia mente che si era ritrovata di colpo dietro a una trincea. Avrei agito prima ancora di pensare, prima ancora di capire che c’era un vero pericolo insito nella mano che correva verso il mio viso, gettandomi al suolo come ero stato abituato a fare da anni e anni di guerra al suono di granate ed esplosioni.

    Disteso sulla nuda terra, con la testa stretta tra i gomiti e il respiro che soffiava sulla polvere, non avrei sentito dire ne dove ne quando mi trovassi. Percepivo solo l’immediatezza di compiere movimenti basilari, mentre facevo un check-up delle mie condizioni. Le orecchie fischiavano, tormentate dagli acufeni, non me ne preoccupati perché era classico di fronte a uno scoppio, il mio respiro era affannato soprattuto a causa della polvere che stavo inspirando dal naso ogni volta che espiravo. Tuffandomi mi ero tagliato sulle mani, sentivo i palmi bruciate così come il ginocchio destro. Mi ci volle un po’ a capire che non ero in Francia, non ero intrappolato in una trincea, non ci sarebbe stato nessun proiettile a sfiorarmi la testa se mi fossi alzato. Frastornato da questo tuffo nel passato mi sarei rimesso in piedi, sfregandomi le mani sul vestito ormai rovinato in maniera indelebile. Ricordai il motivo per cui mi trovavo li, quello di impedire che altri dovessero affrontare delle guerre scatenate dalla stupidità babbana. Non erano adatti a prendere decisioni per il bene superiore erano troppi volubili, troppo fragili. Mi sarei guardato attorno per cercare di capire come procedere arrivati a quel punto. Avrei perlustrato la stanza, soffermandomi sulla parete cosparsa di Rune. Vi avrei posato il palmo, tagliato dalle schegge, per capire se ci fosse un meccanismo da far attivare.
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    Per me la soluzione è nel consiglio della settimana.
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    CALLUM MAHONEY
    Mal sopportavo qualunque forma di rumore che superasse un certo livello di decibel. Cercavo di tenermi ben lontano dai caotici centri metropolitani, con il rumore di quelle auto assordanti e lo sferragliare delle loro fabbriche, prediligendo di gran lunga un ambiente che fosse più tranquillo. L'idea di traferirmi su qualche cima isolata era senz'altro invitante, ma poco fattibile. Il dolce richiamo della mia Irlanda, con quei suoi prati verdi tempestati di greggi a fare l'unico rumore, era stato molto forte e quasi avevo preso un biglietto giù al molo per arrivare a Dublino. Potevo anche materializzarmi, utilizzare mezzi magici che mi permettessero di spostarmi con maggiore velocità ed evitando il rumore di un traghetto, ad esempio, ma non lo avevo mai fatto. Il Callum Mahoney che era salpato dalle coste irlandesi era morto in una trincea in Francia. Quello che era tornato dalla guerra, quello che ero io oggi, non era che un pallido surrogato di un uomo divorato dalla guerra e inseguito dai suoi fantasmi. Non sarei mai più stato solo, prigioniero degli incubi che quotidianamente riempivano la mia mente, di quegli orrori la cui ombra si allungava ancora sulle mie iridi di ghiaccio. Certo in contesti caotici, il mio terrore si acuiva. Ma non ero più tornato a casa, non volevo infettare quella terra e il ricordo che vi conservava di me con questa nuova versione. Un guscio vuoto che cammina, animato da pensieri negativi, da immagini di dolore, da rumori strazianti. Sobbalzai al suono di un clacson che un'autovettura, abbaglianti alzati, mi suonò prima di scartarmi malamente. Ero a New York, la città più caotica del mondo e stavo terribilmente male.
    Il senso di sconforto si acuiva al passare di ogni minuto, mentre affrettavo il passo per raggiungere quanto prima l'entrata dell'albergo. Non avevo più quella capacità necessaria per apprezzare qualcosa di tanto materiale come un palazzo, ne avevo visti troppi crollare sotto il peso delle bombe, o per trovare conforto nel degustare un buon cibo. Mi tenni lontano dall'alcol, demone che mi inseguiva da parecchio tempo e che dovevo tenere a bada, almeno finché non avessi dovuto ricorrervi per tornare nell'oblio del sonno.
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    CALLUM MAHONEY
    La guerra aveva macchiato in modo indelebile la mia mente, corrodendola e corrompendola con tutti i suoi orrori, orrori che ogni notte ero costretto a rivivere, cancellando quanto di buono vi era in questo mondo. Ogni esperienza positiva, flebile appiglio di speranza e allegria incontrata erano stati cancellati. Era un tumore che si continuava ad allargare, espandeva le sue metastasi corrompendo anche il cuore e qualunque altro tessuto potesse intaccare. Dell'uomo che ero, non restava che il vuoto guscio di carne e ossa nel quale ero avvolto, consapevole di quanto fosse marcio il suo interno. Ma per il breve istante in cui gli occhi verde-azzuri di Adeline si erano sgranati con tono giocoso avevo quasi scordato di quanto danneggiata potesse essere la mia anima. Aveva annuito, proseguendo sulla falsa riga di quel gioco che avevamo appena innescato. « Allora non mi preoccupo se c'è lei.» avevo risposto io, con aria complice e grata per quella inaspettata guardia del corpo. Non mettevo in dubbio che fosse un'eccellente fattucchiera, anche se non le avrei mai permesso, in una situazione di reale pericolo, di esporsi in prima persona per me. La strega emanava quest'aura di purezza che non poteva essere corrotta dal tipo di cose che avevo vissuto, d'impulso provai l'istinto di dover proteggere questo suo aspetto. Anche io un tempo ero come lei. Ora ero un uomo più arido, con molte meno, quasi nessuna, speranze, con qualcosa di irrimediabilmente spezzato nella mia anima, visioni di sofferenza che si rincorrevano con quelle di morte. Molte cose che in precedenza mi avrebbero fatto sorridere oggi non avevano più importanza. Era come se tutto il mondo si fosse decolorato, trasformandosi in una fotografia in bianco e nero, con molti grigi. Godere del buon cibo, di una bella risata, di una sconosciuta bellissima incontrata casualmente per strada era qualcosa che non provavo da diverso tempo. Tutto era incolore, inodore, senza gusto. Era come se il fumo delle sigarette che avevo iniziato ad aspirare in guerra si fosse espanso, intasando tutto il resto, annebbiando qualunque cosa mi circondasse. Non ero apatico, provavo molte cose, ma la maggior parte della quali era negativa, violenta, riempiva di cremisi questa visione in bianco e nero e poi spariva, aggiungendo un po' più di grigio. Fino a quel momento non avrei mai pensato di vedere un altro tipo di colore, non fino a quel berretto azzurro con tanto di pon-pon. Rapito, stupito persino di cogliere quest'aura azzurrina, non capii subito cosa stesse facendo la strega dinnanzi a me, seguendone con aria rapita i movimenti eleganti. Le spire di lana che venivano srotolate nel togliersi la sciarpa, l'altro guanto sfilato, l'azzurro del berretto tolto per svelare una chioma bionda. Rivolsi uno sguardo incuriosito, carico di dubbio, una serie di interrogativi si formavano dietro alle mie iridi gelide e lì si congelavano. Cosa sta facendo? Non ha freddo? Lo fa per...? Ripiegai su se stesse le sopracciglia, combattuto su cosa dire o come procedere, muovendo un passo verso di lei. Non me ne resi nemmeno conto. Era stato un gesto così improvviso, inaspettato che gli diedi una connotazione quasi intima. Forse stavo esagerando, forse la nota di colore che quella strega emanava mi stava facendo perdere il lume della ragione, ma sentivo un tenue calore riscaldare il mio petto in prossimità del mio cuore. Era come se si fosse spogliata, non solo di sciarpa e cappello, davanti a me. « Siete sicura di non aver freddo? Con tutti quegli strati di lana dovrete essere bollente di almeno trenta gradi» parlai, sentendo la necessità di rompere quel silenzio che ormai durava da troppo tempo, carico di un qualcosa che non seppi però cogliere. Piccole nuvole di vapore uscivano dalle sue labbra ad ogni respiro, incantato indugiai con lo sguardo sulla lieve condensa, ricordandomi solo in un secondo momento che non eravamo i soli per strada. Mentre lei parlava dei suoi due lavori, non potei fare a meno di chiedermi se lavorasse in qualche campo umanitario, magari come infermiera o insegnante, sembrava una persona che si prendeva cura degli altri, osservai la palla di lana che era formata dagli accessori di cui si era liberata passare nelle mani di Abe e poi sparire. Andati, ora la strega rischiava davvero di congelare per causa mia. Fui riscosso da una domanda che mi venne direttamente rivolta, sull'incontrare gente nuova o sconosciuta. Sarebbe stato imbarazzante dovermi addentrare nei motivi che mi spingevano a non dare in generale troppa confidenza agli sconosciuti, sempre inseguito da questi fantasmi di un passato bellicoso, sempre sul chi vive. Un tempo amavo circondarmi di persone sempre diverse, ero molto socievole ai tempi in cui vestito la divisa di Tassorosso. Quel ragazzo sarebbe stato molto deluso se avessi in qualche modo rivelato un mio aspetto così sconveniente alla bella bionda. Ma mentire non era affatto nella mia natura. « Soltanto alcuni sconosciuti creano incontri degni di essere ricordati. » tirai le labbra in un sorriso, ovviamente rivolgendomi alla donna che avevo dinnanzi, al suo elfo domestico con il cappello e al capello che lei aveva tolto. Aveva reclinato il capo, in un modo buffo che ricordava una civetta delle nevi, mentre mi stava osservando e forse cercava di elaborare non so che da me stesso. Era affascinante, al contempo però non facevo che domandarmi che cosa si celasse dietro ai macchinamenti che riuscivo quasi vedere formarsi dietro le iridi bicrome.
    « Davvero?» Non feci tempo quais a ribattere alla sua asserzione su un posto che mi sarebbe piaciuto e che lei conosceva, quando mi fu di nuovo porta una mano. La stesa che avevo stretto in precedenza. Ricordavo ancora il contatto caldo che avevo provato nel stingerla alla mia mano gelida. istintivamente fregai un paio di volte i palmi delle mie sul cappotto, come se questo attrito tra due superfici fredde potesse in qualche modo scaldare e attenuare l'impatto fuoco-gelo che sapevo ci sarebbe stato. No, non mi fidavo delle persone sconosciute ma per qualche motivo mi fidavo di lei. « Assolutamente. E poi, deve proteggermi dalle spie che ci osservano.» Sorrisi, ampiamente questa volta, divertito. Mi stavo tuffando in non sapevo cosa, un salto nell'ignoto, che non sapevo nemmeno dove mi avrebbe condotto. Accettai la mano che mi veniva offerta, lasciai scivolare la mia sul suo palmo rivolto verso l'alto, questa volta senza allontanare il contatto che si creò tra le nostre pelli. Riuscivo ancora a sentire il torpore che resisteva ancora nella sua. Mi tuffai ancora un'istante nei suoi occhi con i miei, domandando, chiedendo, indagando se vi fosse qualche indizio su quello che stava facendo, se lei era sicura di portare un perfetto sconosciuto...Dove? Mossi un passo, senza lasciare la presa, per mettermi di fianco a lei, osservare lo stesso panorama, quella linea di orizzonte verso cui anche lei guardava. Era forse tutta una questione di prospettiva? Da quel lato il mondo aveva ripreso a colorarsi? Mi voltai con il capo nella sua direzione, appena oltre la spalla, ancora con quelle domande impresse nel mio sguardo. Dove?
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    CALLUM MAHONEY
    Registrai nella mia mente le parole che la strega mi disse riguardo al vicinato. Una normale frase di cortesia forse, ma, per uno che era abituato a vivere il mondo come se la guerra fosse sempre in mezzo, apparivano strane. Provai un'immediata invidia, un sentimento che conoscevo poco ma che subito avvampò nel mio cuore, per qualcuno tanto ingenuo da suggerire a uno sconosciuto, nel cuore della notte, che abitasse nella zona nella quale ci trovavamo. Era fantastico che la donna avesse vissuto in un tale stato di ottimismo da ritenere saggio fornire questa informazione, abbandonata nel mezzo di una frase di cortesia con la facilità con cui si aggiungerebbe un avverbio per allungare un esame scritto, oppure che conoscesse tanto bene le sue doti di difesa da poter quasi non chiudere a chiave la porta di casa. La invidiavo e al contempo la ammiravo. Era di una spontaneità genuina, quella che un tempo era appartenuta anche a me. « Siamo spiati dunque?» Non era giusto lasciare che la fiamma dell'invidia mi consumasse o in qualche modo intaccasse quella conversazione così leggera, appesantire quella conversazione non avrebbe fatto altro che acuire la mia frustrazione che decisi di ricacciare a fondo. Sarebbe tornata a galla qualche ora più avanti nel corso della consueta lunga notte di incubi. Optai per cercare di appigliarmi a quello che restava, impolverato e malconcio, del Callum Mahoney che ero stato un tempo. Logorroico e sognatore, che asseconda gli estranei. La domanda era stata posta con un tono divertito, non c'era il sentore d'allarme che aveva sempre avuto solo pochi anni addietro, abbassando il tono di voce sull'avverbio temporale come a voler tenere segreto il nostro incontro. Questa situazione un tempo mi avrebbe divertito in maniera sincera e genuina, non fossi stato avvolto dal velo dell'apatia che ormai mi seguiva come un'ombra.
    Eravamo arrivati al punto delle presentazioni, Adeline Walker aveva il retrogusto di una melodia antica al sapore di whisky - Johnnie aveva accompagnato molte delle mie notti più oscure- ed era un nome piacevole da ripassare sulla lingua. Fu forse per il mio accento irlandese troppo marcato, più che per il piacere provato nel pronunciarlo, che anche la strega ripetette il mio nome al quale annuii. « Esatto.» replicai da bravo soldato, avvicinando istintivamente i piedi e irrigidendo la schiena come per pormi sull'attenti, anni di esercito babbano avevano formato questo aspetto del mio carattere. Inaspettatamente la strega sfilò una mano da un guanto e me la porse. Osservai questo gesto come se vedere quella pelle diafana esposta al gelo notturno, privo della protezione di lana, mi causasse un dolore sincero, ancora di più al pensiero di dovervi stringere la mia mano ruvida e certamente ghiacciata. Ma non potevo sottrarmi a quella richiesta di contatto e, seppur controvoglia, strinsi con vigore ma velocemente la sua mano con la mia. Il calore che emanava era quasi rovente, piacevole come un fuoco acceso al ritorno da una lunga ronda di pattuglia, un paradiso in terra. Giustamente mi venne chiesto se non avessi freddo con solo il cappotto, come uno studente colto in castagna con solo il maglioncino e nessuna protezione contro il freddo. « Scusatemi» mi affrettai ad aggiungere, convinto che tale domanda scaturisse proprio dalle mie mani ghiacciate « Ho sempre le mani gelide. E no, ormai al freddo ci sono abituato.» distolsi lo sguardo dalla donna per porgerlo verso la notte e sul cielo sopra di noi, più di una volta avevo dormito all'aperto cercando di vedere le stelle, luminosa speranza, in attesa che le luci dell'alba arrivassero, portando nuovo dolore, nuova morte.
    Avvolti nel vento freddo, unici esseri umani di quella via, avevo quasi dimenticato che ci fosse anche una creatura magica. A dire il vero non fu colpa unicamente mia, prima di tutto perchè come generazioni di maghi mi avevano inculcato nel dna ero abituato ad essere consapevole della loro presenza ma a surclassare, confinandolo quasi ad elemento di arredo, in secondo luogo perchè l'elfo domestico si era nascosto in maniera perfetta dietro alle gambe della sua padrona, rendendolo invisibile ai miei occhi, e terzo la strega che avevo davanti era davvero intrigante al punto che avrebbe eclissato anche un carro armato nella High Street. Mi ridestai, colto dalla terza presenza che si era infilato nel discorso della Walker. Parlava in tono gentile, ma capii dall'assenza di battutine o toni scherzosi come quello usato in precedenza sui vicini pettegoli, che questo aspetto per lei era molto importante, quasi fondamentale. Prestai attenzione, era nella mia natura ascoltare con sincero interesse quando le persone parlavano perchè questo era il mio carattere, ma cercai di essere ancora più concentrato. Colsi uno sguardo, uno sguardo che non seppi decifrare, ma che intuii essere carico di un messaggio. Non lo afferrai, forse era stato tutto nella mia testa, avevo passato troppo tempo in un mondo dove gli uomini sono solo soldati, numeri e targhette di metallo da restituire alle famiglie, per poter risolvere quello sguardo acquamarina che mi venne rivolto. Continuai comunque ad ascoltare quel discorso, ironicamente mi ci rivedevo molto, non come mago/padrone ma come elfo/servo. Libertà. Questa strega parlava di libertà a un uomo che era prigioniero delle sue stesse esperienze. « Libertà.» feci eco alle sue ultime parole, trovando altamente ispirante il discorso appena sentito. Non le avrei mai detto, perchè avrei dovuto rivelare a una sconosciuta, di quanto fossi simile al suo Abe. Sorrisi, ci provai di nuovo, con sguardo un po' malinconico. « Trovo davvero molto ispirato il vostro discorso e non posso che condividerlo: la libertà è tutto.» Sollevai le spalle, stringendomi nel mio cappotto, colpito da quella nuova consapevolezza su me stesso che mi aveva dato una perfetta sconosciuta parlando di una creatura magica. « Nessuno dovrebbe esserne privato. E sono molto contenta che lei abbia trovato un amico leale, non è cosa di tutti i giorni.» provai un'immediata affinità con la creatura che ora aveva ripreso coraggio ed era tornata mostrarsi oltre le gambe di Adeline, con il suo cappello buffo e un moto di orgoglio lo spinse a dire quelle che erano le prime parole che gli sentivo pronunciare.
    « Signor Abe, il piacere è mio.» ricambiai, abbassando leggermente il capo in cenno di assenso, come avrebbero fatto due gentiluomini qualunque nel presentarsi senza stringersi le mani. Ero ancora concentrato a studiare le fattezze del berretto, quando la donna richiamò la mia attenzione chiamandomi nuovamente per cognome. Questa volta l'angolo delle mie labbra si sollevò in un mezzo sorriso, coinvolgendo anche gli occhi di ghiaccio che erano tornati a riflettersi sul volto di lei. « Irlandese, mylady. Siete esperta di cognomi o avete un'orecchio molto allenato per gli accenti? » domandai, ora curioso di conoscere cosa mi avesse tradito. Ma già sapevo che il mio accento era il Giuda della situazione.
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    CALLUM MAHONEY
    Ridere. Sembrava una cosa di un altro modo, addirittura di un'altra epoca, un epoca antecedente alla guerra che aveva squarciato il mondo per la prima volta - non sarebbe stata l'ultima visto il temperamento bellico insito nel genere umano- il suono di una risata. Non la sentivo da così tanto tempo che non avevo riconosciuto subito il suono gutturale che usciva dall'esile corpo della donna caduta in terra, la mia mente danneggiata dagli orrori vissuti aveva subito collegato questo suono a qualcosa di straziante, negativo, un singhiozzo o un rantolo di dolore ad esempio. Era triste che non riuscissi a riconoscere una risata, qualcosa di così puro e spontaneo, e che pensassi subito al peggio. Non ero sempre stato così. Un tempo riuscivo a vedere sempre e solo il buono nelle persone, ero ottimista, avevo speranza. Forse non significava molto, anzi al momento mi sembrava la cosa più distante da me stesso, ma un tempo ero stato un Tassorosso, coloro che sono leali e vedono sempre un lato positivo. Il mondo di Hogwarts, con le sue case sicure, le sue alte mura, culla di una magia sicura e controllata apparivano come un paesaggio lontano, paradisiaco certo, ma avvolto nelle nebbie dei ricordi e sempre più sfuggente, come un sogno che la mattina sbiadisce. Un'altra cosa che i venti della guerra si erano portati via: sogni. Incubi ne avevo un'infinità, ma il primo sentore della mia speranza recisa brutalmente era stata l'impossibilità di sognare cose che fossero felici. Chiudevo gli occhi e ripiombavo in un mondo di dolore e sofferenza, violenze e brutalità. Preferivo allontanare questo momento posticipando il più a lungo possibile il mio coricarmi a letto, quando collassavo per la stanchezza, e il modo migliore per farlo era camminare. Camminavo tanto, con una sigaretta stretta tra le labbra e evidenti segni viola sotto il mio sguardo stanco, avevo camminato così tante volte, avanti e indietro, che se si fossero distesi in linea retta tutti i miei passi non mi sarei stupito se mi avessero detto che avevo già fatto il giro del mondo, kilometricamente parlando. La strega stava bene. Mi comunicò le sue condizioni mentre si rimetteva in piedi, un po' troppo agilmente per i miei gusti, facendo aggrottare una ruga di preoccupazione proprio al centro della mia fronte. Ascoltai la sua spiegazione, un banale incidente relativo al ghiaccio, qualcuno avrebbe dovuto manutenere a dovere quella strada così accidentata, e mentre si sistemava il capotto allontanando i residui di neve e ghiaccio, potei osservarla con un po' più di attenzione. Aveva un bel fisico, sebbene non guardassi più in maniera carnale una donna dovevo ammettere che aveva dei bei lineamenti e, per quanto si potesse intuire sotto gli spessi strati di lane invernali che indossava, aveva delle belle proporzioni. Il suo sguardo bicromo mi inchiodò sul posto, come se fossi stato sorpreso a fare fantasie sulla vicina di casa, facendomi deglutire. « Mi avete fatto preoccupare, siete sicura vada tutto bene?» risposi cercando di accennare un sorriso, stropicciando i muscoli delle guance che però non erano più abituati a prendere quella posizione e si rifiutavano di collaborare. « Sono stupito che nessuno si sia ancora affacciato a controllare, in questa via sono piuttosto suscettibili e il suo sedere, mi scusi sono stato scortese... la sua caduta ha fatto un bel boato.» Era forse la frase più lunga e articolata che avessi mai detto a uno sconosciuto e che non riguardasse mere indicazioni stradali o simili sciocchezze, anche se solitamente il mio atteggiamento schivo dissuadeva chiunque dall'instaurare una conversazione, per quanto casuale, con il sottoscritto. Tutti questi elementi di normalità, una bella ragazza che scivola e ride della cosa, scambia frasi più lunghe di quanto uno si aspetterebbe, erano stimoli assolutamente insoliti per me e il mio cervello sembrava processare più lentamente le informazioni ricevute. Ad esempio, per poter formulare la frase precedente aveva messo così tanto impegno, riuscendo malamente peraltro a selezionare le parole, che non avevo più visto, quasi me lo fossi dimenticato, la strana creatura con l'informe cappello sulla testa. Rimasi interdetto della presentazione della donna, notando solo in seguito la piccola creatura che si nascondeva dietro le gambe della strega quasi al punto di voler scomparire dentro un suo polpaccio. Era poi insolito che fosse prima presentato l'elfo domestico, finalmente la razza della creatura era svelata, e poi la strega. « Callum Mahoney, piacere di conoscervi.» se prima l'accento irlandese era mitigato da anni passati a nasconderlo, era impossibile non notare l'inflessione d'Irlanda sul mio cognome. « Non avevo mai visto un elfo con un cappello...» aggiunsi, ricordando la perplessità iniziale di quella strana visione. Non volevo fare pessime figure, il fatto che mi fosse prima presentato Abe era indicativo del legame che univa i due, perciò cercai di ponderare bene le parole della mia frase successiva. «Credevo...Credevo che gli elfi domestici non potessero indossarli.» ricordavo tutta una serie di regole sul comportamento da tenere con gli elfi domestici nel tempo in cui avevo vissuto con mia madre e era proibito dare loro indumenti o accessori da indossare di qualunque genere.
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    CALLUM MAHONEY
    C'era un qualcosa di familiare nell'aria gelida che pizzicava sopra la pelle, un qualcosa che manteneva accesi i sensi eppure in un certo senso li teneva anche addormentati, come per non farci rendere conto di quanto fosse freddo. Quando ero uscito di casa, non avrei saputo dire che ore fossero, ero vestito in maniera troppo leggera per affrontare il gelido inverno della Scozia, eppure non mi pareva quasi di percepirlo il freddo. Indossavo il mio abituale abito in tweed, elegante, non troppo raffinato a dirla tutta si potevano vedere alcuni segni di usura sulle articolazioni come i gomiti e alcuni fili erano bruciacchiati dalla punta di una sigaretta che maldestramente avevo abbassato troppo vicino al tessuto. Il cappotto non se la passava meglio e una nuvola di odore di fumo mi accompagnava a ogni mio passo, intensificandosi a ogni movimento meno coordinato nel precedente. Tra le dita reggevo un altro di questi aggeggi babbani che avevano annebbiato per la prima volta i miei polmoni in tempo di guerra e che da allora non ero più riuscito a dimenticare: come per gli orrori del fronte, il fumo di sigaretta non mi aveva mai abbandonato. Tirai una decisa boccata di fumo dall'estremità del cilindro, innondando il mio apparato respiratorio di nicotina e chissà quale altro veleno come nella speranza che potesse uccidermi, e sbuffai fuori a labbra strette la nuvola di fumo che sembrò condensarsi a contatto con l'aria fredda, prima di volare dietro alle mie spalle al mio passo successivo.
    Quasi nessuno aveva avuto il coraggio di avventurarsi in simili condizioni, sia di buio che di freddo, per le vie di Hogsmeade e mi beavo della mia solitudine quando un rumore mi mise in allarme. Forse era solo un'imposta che sbatteva, una pattumiera che veniva posta fuori dall'uscio di casa o un qualche gatto, ma anche il benchè minimo rumore che fosse dissonante rispetto l'ambiente nel quale mi trovavo mi metteva in allarme. Senza rendermene conto avevo lasciato cadere la sigaretta, la punta ancora rovente si era sparpagliata sul terreno e fumava a contatto con la neve fresca, e a passo accelerato mi ero diretto verso la fonte del disturbo: nonostante i miei problemi, più o meno marcati, correvo sempre incontro al pericolo come se un insito pensiero di morte accompagnasse ogni mia azione. Quasi con una certa delusione constatai che si trattava di una strega, riuscivo solo a vedere alcune ciocche bionde sfuggire dal cappello che indossava e quella che doveva essere la sciarpa più voluminosa mai vista, seduta in terra e una strana creatura che... emetteva un suono davvero raccapricciante. « Madame!» chiamai avvicinandomi e raggiungendo il punto esatto che si trovava tra la donna e l'essere. Sembrava un elfo domestico, ma indossava un cappello quantomai insolito. Lo squadrai con una certa diffidenza, non comprendendo davanti a cosa mi stessi trovando. « Va tutto bene?» il mio sguardo tergiversò ancora un po' sulla figura della creatura per poi rivolgersi, così come la mia domanda, alla strega che sedeva in terra. Forse era caduta, forse era stata spinta dall'elfo o chissà quale altra dinamica era in azione.
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    Aye! Per dare una svolta a Callum volevo farlo diventare auror... ora mi chiedevo io ho fatto il provino come arbitro ma posto al ministero per le valutazioni: sono considerato dipendente ministeriale?
    Nel caso fosse così posso lasciare il posto è diventare auror? Come funziona?
    Grazie!
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    Nessun giocatore avendo risposto entro la scadenza viene decretata la perdita a tavolino per tutte le vostre squadre.
    Ulteriori indicazioni seguiranno da parte di Wizarding World Master
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    GIORNATA


    ARBITRO: CALLUM MAHONEY
    Si tornava in campo per una nuova giornata di campionato. La prima era scivolata via piuttosto velocemente, arbitrare era stato semplice, nessun giocatore aveva commesso fallo e non c'era stata nessun caso limite, come novellino non avrei potuto chiedere di meglio.
    Quel giorno tuttavia il caldo cocente arroventava il campo di gioco, con un afa piuttosto persistente e con nemmeno un accenno di aria fresca per i giocatori. Avevo svolto un giro di perlustrazione lungo il campo, ma sembrava che il getto di aria calda che era stato rivolto verso il terreno non accennasse a placarsi nemmeno quando si volava. Gocce di sudore iniziavano a spuntate sulla forte, tra i capelli radi per il taglio militare che non ero mai riuscito ad abbandonare. Mi umettai le labbra con la lingua in cerca di un po' di sollievo, giocare in quelle condizioni sarebbe stato davvero difficile. Ma il quidditch non si fermava per un caldo inaspettato.
    puddlemere united vs holyhead harpies
    Due squadre che avevano vinto nella prima giornata, ma una delle due avrebbe dovuto cedere all'altra in quel giorno. Nella calura estiva i giocatori erano schierati. La Pliuffa fu liberata e conquistata dagli United, che con un passaggio alle spalle cercarono Alaster Lagrein. Doveva dribblare due Harpies che subito si erano lanciate alla conquista della sfera.
    Sul lato bolidi tutto taceva ma forse James Kennegan sarebbe stata graziata da una ricerca costante.
    tutshill tornados vs falmouth falcons
    Più agguerriti che mai i Falcons scendevano sul campo di gioco, ma nonostante questo perdevano il possesso della palla alla prima contesa. Il capitano aveva subito richiamato i cacciatori per disporsi a formazione a testa di falco con Dean Lawrence come ala per affrontare Terry Austin e sottrargli la Pluffa.
    appleby arrows vs montrose magpies
    Eve Moore aveva la possibilità di replicare la conquista del boccino d'oro che aveva portato alla vittoria delle Arrows nella prima di campionato. Ma per il momento non c'era molto da fare se non impegnarsi nella ricerca del boccino d'oro.
    wimbourne wasps vs kenmare kestrels
    Freschi di turno di riposo i Kenmare erano più agguerriti che mai. Le Wasps puntavano tutto ancora una volta su Chloe Walsh: la cercatrice notò come Monica Vang, sua avversaria diretta, fosse partita a gran velocità verso gli anelli del kestrels.
    pride of portree vs caerphilly catapults
    chudley cannons vs wigtown wanderers
    I Cannons dovevano rifarsi della amara sconfitta e volevano riprovarci in casa. La partita era iniziata con il favore di Chudley, ma la squadra di Wigtown poteva ribaltare la situazione. Brad McNeal stava cercando un bolide e gli sembrò di vederne uno proprio sopra gli anelli dei suoi.
    p4Tw05F I giocatori hanno tempo fino al 20 agosto per rispondere al primo fato della seconda giornata di campionato.
    Da quella data sarà necessario aver acquistato un numero minimo di 2 carte giocatore, pena la perdita a tavolino.
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    GIORNATA


    ARBITRO: CALLUM MAHONEY
    Stretto tra le mie labbra il fischietto risuonò per ben tre volte quando le dita del cercatore si strinsero intorno al boccino d'oro, decretando la fine della partita.
    La prima giornata di campionato si era conclusa con vincitori e vinti, piano piano nella classifica generale alcune squadre salivano mentre altre restavano al via. E chi ben comincia...
    holyhead harpies 180 vs pride of portree 50
    Con un intervento provvidenziale James Kennegan ribalta le sorti della sua squadra. Il colpo preciso colpisce la cercatrice avversaria, senza lasciarle scampo. Alina Finley viene sbalzata via dalla sua scopa e solo un arresto momentum ne frena la caduta. I medimaghi accerteranno la presenza di una spalla lussata. nuovo acquisto della squadra, aveva trovato un bolide poco lontano dall'inseguimento del boccino.
    appleby arrows 160 vs chudley cannons 10
    Eve Moore conquista il boccino d'oro e regala alle Arrows la loro prima vittoria in campionato.
    tutshill tornados 0 vs wigtown wanderers150
    Il portiere dei Wanderers deve molto al salvataggio di Brad McNeal che per tutta risposta stende il suo avversario Reeves. Il battitore avversario scende a terra con un forte dolore al polso che si è probabilmente fratturato nel tentativo di ripararsi dal bolide che lui stesso aveva scagliato. Nel frattempo i Wigtown conquistano il boccino d'oro.
    puddlemere united 160 vs ballycastle bats 50
    Dopo la conquista della pluffa ad opera di Alaster Lagrein che si rivela il migliore cacciatore in campo, le cose si mettono male per i Puddlemore che arrancano sotot una pioggia di goal dei Bats. Ma il boccino è conquistato dagli United che agguantano così una vittoria inaspettata.
    falmouth falcons 180 vs caerphilly catapults 0
    Primo goal dei Falcons a opera di Dean Lawrence, che apre le danze anche agli altri deu giocatori. In vantaggio di 30 dopo appena mezz'ora di gioco i Falmouth la portano a casa con la conquisa del boccino d'oro. Nulla di fatto per gli avversari.
    montrose magpies 0 vs wimbourne wasps 150
    In extremis Chloe Walsh si salva da un bolide, con una manovra perfetta e dopo meno di qualche menuto trova e conquista il boccino d'oro.
    p4Tw05F Si richiede l'intervento di mad!max per il trasporto feriti al San Mungo.

    Inoltre si è deciso di assegnare +2 punti nella classifica del Campionato di Quidditch alle Squadre vincenti, mentre in caso di sconfitta si avranno 0 punti.
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    Ho aperto una role libera qui.
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    CALLUM MAHONEY
    Si chiamava Nicholas Shelby e fu il primo ad offrirmi un tiro. Era un soldato dell'esercito inglese, io un mago arruolato in quello stesso esercito a combattere un nemico babbano che non conoscevo, ma di cui comprendevo l'enorme minaccia. Ero un'uomo totalmente diverso, con ideali e principi puri, consideravo la mia nazione come sacra e anche se il nemico che combattevo usava proiettili e cannoni, invece di incantesimi e maledizioni, la mia patria era in pericolo. Fu il primo tiro di sigaretta che feci, mi sembrò di morire. Nicholas morì per davvero, due giorni dopo, con il cervello crivellato da un colpo di fucile. In suo onore fumai un'intera sigaretta, e poi un'altra per il morto successivo. A fine settimana avevo già consumato di due pacchetti che Shelby aveva lasciato in eredità nel suo buco in trincea. Non smisi più di fumare. Ogni volta che la nuvola acre di nicotina si infilava lungo la mia trachea riempiendomi i polmoni di fumo tossico ripensavo a Nicholas e al suo cervello scoperchiato, a quanto effimera fosse la vita e che se non mi avesse ucciso il fumo lo avrebbe fatto sicuramente qualcos'altro. E così tiravo una nuova boccatta dalla sigaretta.
    Quando le luci del crepuscolo iniziavano ad affievolirsi, la notte si allungava come un manto sul paesaggio, sapevo che era tempo di una nuova sigaretta. Mi trovavo per le vie di Hogsmeade, camminare calmava sempre i miei nervi, con diverse persone ancora in giro per via dell'imminente arrivo dell'estate, quando il sole scomparve definitivamente e le prime stelle comparvero nella volta celeste. istintivamente la mia mano cercò il pacchetto di sigarette, acquistate esclusivamente nella Londra babbana, e l'accendino con cui mi accesi uno dei cilindri di nicotina. Aspirai a fondo, accendendo di rosso la punta, e lasciandomi avvolgere dal fumo all'espirazione successiva.
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39 replies since 19/11/2019
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